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Autore: Funnydays    19/10/2013    5 recensioni
Sento il suo sguardo su di me, brucia come il fuoco, mi innervosisce. Passano un paio di minuti, ma non parla. Forse sta pensando a cosa dire.
“Non hai una bella cera!”, ecco forse era meglio che continuava a star zitto.
“Scusa?”, domando arrabbiata.
“Sei pallida!”, constata in modo serio e con una nota di preoccupazione nel tono di voce. Si, è proprio preoccupazione; in un’altra situazione avrei riso, ma non ora, non oggi.
“Non vedo perché debba interessarti.”
“Sai la mia ragazza..”
“Sei sicuro di avere una ragazza?”, mi guarda in un modo che non saprei decifrare, o forse si.. mi dico che non mi importa se l’ho ferito con la mia domanda. No che non mi importa, non deve importarmi dopo tutto..
“Stavo dicendo che la mia ragazza ha paura di prendere gli aerei! Diventa pallida come un cadavere, ogni volta chiede la mia mano solo per tranquillizzarsi, anche se lei non lo vuole ammettere.” , mi guarda con un sorriso divertito e un po’ ironico. Sposto il mio sguardo al finestrino e decido di non rispondergli. Anzi decido proprio di non starlo più a sentire.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nessun giorno è più così buio.
 

"Volo 412 in partenza verso Los Angeles.”
 
Sono più di cinque minuti che fisso la schermata dei voli in partenza. Dentro di me un tornado di emozioni, e non solo. Qualche settimana fa la mia vita andava a meraviglia, i soliti alti e bassi. A chi non capita dopo tutto di avere giornate storte, quelle giornate in cui pensi sarebbe stato meglio non alzarti dal letto, però sai che passeranno e dici “ma si! Domani è un altro giorno!”. E invece no! Io penso che per me domani non sarà un altro giorno, non uno come tanti. In questo momento non riesco proprio a vedere uno spiraglio di luce in questi giorni bui. Sette giorni. Sette giorni in cui sono caduta in una specie di apatia, non mi sono nemmeno presentata al lavoro, se non fosse che il mio “capo” sia anche la mia migliore amica a quest’ora mi ritroverei senza un lavoro, licenziata in tronco. Invece lei mi ha consigliato di prendermi una vacanza, di staccare la spina e usare tutti quei giorni di ferie arretrate per andare a trovare i miei. Beh, in fin dei conti non è stato un consiglio sbagliato, dopo un po’ di titubanza ho deciso di ascoltarla e di riprendere in mano la mia vita, non sto scappando, sto semplicemente, per una volta, pensando a me.
 
“Volo 315 in partenza verso New York.”
 
La voce metallica mi distoglie dai miei pensieri, afferro la mia valigia e mi avvio al gate per l’imbarco.
Ho sempre avuto un po’ paura di volare, ma non mi sembra il caso di farmi prendere dall’ansia, non ora che sono decisa a riprendere in mano la mia vita, di non farmi abbattere dalla solitudine che mi ha pervasa nell’ultima settimana.
Trovo il posto assegnatomi, vicino al finestrino; forse osservare il cielo limpido e le soffici nuvole, mi aiuteranno a rilassarmi. Guardo il posto accanto al mio ancora vuoto, spero solo di non dovermi ritrovare di fianco qualche gentile signora troppo chiacchierona, ora come ora non lo sopporterei. Nella fila accanto riesco a scorgere una bambina dalle codine color oro, avrà quattro anni circa, un sorriso mi nasce spontaneo; sta giocando col suo peluche, si accorge che la sto fissando e la sua boccuccia si apre in un sorriso un po’ sdentato che io ricambio. Ho sempre amato i bambini, e ho sempre pensato che una volta giunto il momento ne avrei voluti almeno tre, di più si di meno no. La mia famiglia è sempre stata numerosa, e anche se a volte questo risulta un po’ un problema, specie durante le feste dove il caos regna sovrano, alla fine ti ritrovi comunque a pensare che è la tua famiglia, e non la cambieresti per nulla al mondo e un paio di giorni insieme a loro non sono poi tanto male.
Vengo distratta da un movimento al sedile, qualcuno ha appena preso posto accanto a me. Mi volto e mi ritrovo a guardare due occhi color ghiaccio, mi sembra di annegare. Distolgo lo sguardo giusto in tempo per vedere l’hostess che si appresta ad indicare come allacciare le cinture di sicurezza e invita tutti i passeggeri a farlo, visto l’imminente partenza. Prendo la mia cintura, la allaccio, ma nel farlo la mia mano si scontra con la sua, mille brividi mi assalgono, so già che sono brividi di piacere, ma non posso farlo, non posso lasciarmi andare ai miei istinti, non dopo tutto quello che ho passato.
Sento il suo sguardo su di me, brucia come il fuoco, mi innervosisce. Passano un paio di minuti, ma non parla. Forse sta pensando a cosa dire.
 
“Non hai una bella cera!”, ecco forse era meglio che continuava a star zitto.
 
“Scusa?”, domando arrabbiata.
 
“Sei pallida!”, constata in modo serio e con una nota di preoccupazione nel tono di voce. Si, è proprio preoccupazione; in un’altra situazione avrei riso, ma non ora, non oggi.
 
“Non vedo perché debba interessarti.”
 
“Sai la mia ragazza..”
 
“Sei sicuro di avere una ragazza?”, mi guarda in un modo che non saprei decifrare, o forse si.. mi dico che non mi importa se l’ho ferito con la mia domanda. No che non mi importa, non deve importarmi dopo tutto..
 
“Stavo dicendo che la mia ragazza ha paura di prendere gli aerei! Diventa pallida come un cadavere,  ogni volta chiede la mia mano solo per tranquillizzarsi, anche se lei non lo vuole ammettere.” , mi guarda con un sorriso divertito e un po’ ironico. Sposto il mio sguardo al finestrino e decido di non rispondergli. Anzi decido proprio di non starlo più a sentire.
 
“Sono uno stupido..” , ricomincia a parlare, ma non voglio guardarlo, anche se non posso fare a meno di ascoltare ciò che dice, “.. ho rovinato tutto con lei. Ho rovinato l’unica cosa bella che la vita mi abbia donato.” , si interrompe un attimo, sembra cercare le parole giuste.
 
“L’ho ferita, e anche tanto. Stiamo insieme da 5 anni. Lei si fidava di me, e io l’ho delusa. L’ho delusa in un momento così delicato per lei, per noi.”, mi volto, è un attimo, ma vedo i suoi occhi ricoperti da un velo, decido di nuovo di dargli le spalle senza fiatare. Riprende comunque il suo discorso.
 
“Sono cresciuto in una casa dove non ero mai tranquillo, non mi sentivo mai al sicuro. Ogni giorno contavo le ore, i minuti, i secondi, che mancavano prima che lui tornasse da lavoro già mezzo ubriaco, già pronto a picchiarmi solo perché ero troppo rumoroso, o troppo silenzioso, o troppo magro; insomma ogni scusa era buona. Fino a quando di scuse non ce ne sono state più e picchiarmi per lui era ormai un’abitudine.”, una lacrima solca il mio viso.
 
“Mia madre non mi ha mai difeso. Non le importava di me. Non ero previsto nella sua vita, sono solo capitato. Il divertimento di una sera le ha rovinato la vita, portandole me, un bambino avuto da un uomo che non amava, un amico che faceva parte della sua stessa compagnia di strafatti. Se non fosse stato per quella santa donna della mia vicina, i servizi sociali mi avrebbero trovato già morto. I miei genitori, se davvero così si possono definire, per me sono morti quel giorno, lo stesso giorno in cui ho lasciato quella maledetta casa.”, lo guardo, non voglio più ignorarlo, non l’ho mai voluto..
 
“Quando mi hai detto di essere incinta ho avuto paura.. una fottuta paura di non essere all’altezza di ricoprire un ruolo così importate qual è quello di fare il padre, ho avuto ed ho ancora paura di non essere un buon padre, di essere come lui..”, si interrompe un attimo, asciuga una lacrima che silenziosa è sfuggita dai suoi meravigliosi occhi, “..mi dispiace averti ferita, mi dispiace averti lasciata sola per così tanto tempo in un momento che doveva essere il più bello della tua vita, della nostra vita. Oh Dio..non so come ho potuto! Non so cosa mi sia preso! pr  Era Era come se dopo le tue parole non riuscissi a fare niente. Non ho fatto altro che pensare, pensare e pensare.. So che no ho scusanti, abbiamo sempre parlato di avere bambini, e giuro che ogni cosa detta da parte mia valeva e vale ancora adesso. Solo che ora è tutto così.. vero, reale, non più solo un’ipotesi. ”, si passa una mano tra i capelli, tirandone qualche ciocca, poi lo sento afferrarmi il viso tra le mani, cerca di asciugare le mie lacrime.
 
“Potrai mai perdonarmi?”, la sua non è una domanda, è quasi una supplica.
 
Prendo le sue mani tra le mie ancora appoggiate al mio volto, abbasso lo sguardo,non so che dire. So di dover trovare il coraggio di non scoppiare in un pianto disperato. Mi è mancato così tanto in una sola settimana, come potrei farne a meno per tutta la vita?! Adesso so cosa lo ha spinto ad abbandonarmi in un momento così importante per me. In 5 anni è sempre stato molto vago sui suoi genitori, avevo già capito che di lui a loro non importava nulla, ma addirittura picchiare il proprio figlio?! Questo non me lo aveva mai confessato. E’ sempre stato lui la roccia nel nostro rapporto, non si è mai mostrato debole, deve essergli costato tanto farlo proprio adesso. Riporto il mio sguardo su di lui, che aspetta speranzoso una mia risposta.
 
“Mentirei dicendoti che non mi hai ferita. Ho passato una settimana d’inferno, in lacrime, senza quasi toccare cibo, troppo presa a pensare al perché del tuo gesto, della tua decisione di andare via di casa senza dirmi una parola, senza mostrare interesse verso il bambino. Tuo figlio. Ho pensato a mille motivi diversi per cui tu non volessi questo bambino, per cui non volessi me. Ho creduto addirittura che tu avessi un’altra, anche sapendo quanto sia importante per te la fiducia e il rispetto nel non tradire il proprio partner.  Ma… solo adesso capisco perché te ne sei andato. Come hai ammesso hai avuto paura.. Non c’è niente di male in questo. Anche io ho avuto un’immensa paura fin dal momento in cui ho capito che non era un semplice ritardo, ma una nuova vita che voleva venire al mondo.”, adesso sono io a prendere il suo volto tra le mani per spingerlo a guardarmi, “Tu non sei come lui, non sei come tuo padre. Tu amerai il nostro bambino e sarai un bravo padre, e il nostro bambino ti amerà proprio come ti amo io.”, ormai le mie lacrime scorrono libere così come le sue, avvicino di più il mio viso al suo ed a un soffio dalle mie labbra lui mi chiede ancora “Puoi perdonarmi?”, non rispondo, ma sono sicura che il mio bacio valga più di mille parole.
 
Stretta tra le sue braccia ripenso alla settimana trascorsa senza lui, la più brutta della mia vita. Probabilmente se non fosse tornato da me avrei continuato la mia vita per il bene della piccola creatura che adesso cresce in me; ma non sarebbe stata la stessa cosa senza lui al mio fianco. L’uomo della mia vita, il mio principe azzurro. So che ci sono ancora mille dubbi e mille paure da affrontare e chiarire, ma insieme i giorni non mi sembrano più tanto bui.
 
“Rick?”
 
“Cosa c’è amore?”, mi guarda preoccupato.
 
“Devo andare in bagno!”
 
“Oh Dio ti senti male? Il piccolo? Devi vomit..”, senza farlo finire di parlare scappo in bagno, sotto lo sguardo un po’ stranito dell’hostess. Chiudo la porta, aspetto.
 
“E tre.. due.. uno..”, sento battere alla porta e un sorriso si dipinge sul mio volto.
 
“Julie?.. Amore stai bene? Aprimi ti prego..”, delle volte fa tanto il duro e poi invece è così tenero. Mi avvicino alla porta per aprirgli, aspetto che entri e la richiudo a chiave.
 
“Amore stai bene?”
 
“Mai stata meglio!”, non riesco a non guardarlo con un velo di malizia negli occhi. Lui sembra stranito, non capisce che succede, o per lo meno cerca di non darlo a vedere. Credo si senta ancora in colpa per ciò che è successo. Beh, stavolta tocca a me la prima mossa.
 Cerco di spingerlo alla porta, per quanto il mio esile corpo me lo permetta, e avvolgo le mie labbra sulle sue che subito si aprono, le nostre lingue si ritrovano, danzano insieme. Non voglio staccarmi, ma abbiamo bisogno d’aria. Ne approfitto per passare la mia mano sulla patta dei suoi jeans e riesco a sentire la sua erezione. Mi lecco le labbra, lui se ne accorge, mi afferra i glutei e mi poggia al lavandino.
 
“Ti voglio!”, soffia con voce roca, baciandomi il collo. Non posso fare a meno di ansimare.
 
“Anch’io ti voglio!”, cerco di slacciare la sua cintura e abbassare la zip.
 
“Aspetta!”, blocca la mia mano e mi guarda indeciso.
 
“Cosa c’è amore?”
“Il bambino.. non vorrei facessimo del male al bambino.”, non riesco a non ridere e a non intenerirmi. Subito lui fa un faccino imbronciato, un pò offeso, che mi eccita ancora di più. Avvinghio le mie gambe attorno ai suoi fianchi per avvicinarlo di più a me.
 
“Amore il bambino starà benissimo vedrai! E’ ancora un fagiolino, non faremo mai del male al nostro fagiolino.”, non sembra del tutto convinto, ma prima che possa dire qualcos’altro riprendo a baciarlo. Lui si lascia andare. Abbassa i miei pantaloni tirando via anche gli slip, fa altrettanto con i suoi. E’ un attimo, mi penetra con la sua vistosa erezione, ansimiamo entrambi.
 
“Scusa..”, si ferma un attimo.
 
“Non preoccuparti, ti prego continua.”, riprende a spingere continuando a baciarmi. Man mano il ritmo diviene più frenetico. Mi accarezza i seni da sotto la maglietta. Cerco di sbottonare la camicia e baciare il suo petto muscoloso. Sento di stare per venire. I nostri gemiti diventano più frequenti, e ho quasi paura che gli altri passeggeri possano sentirci.
 
“Mi sei mancata..”
 
“Mi sei mancato anche tu..”
 
Siamo ormai senza controllo. Dopo un colpo più forte sento le mie pareti restringersi attorno al suo membro, raggiungiamo l’orgasmo, lui esplode riversandosi in me. Cerchiamo di regolare il battito dei nostri cuori, lui poggia la testa sulla mia spalla, riesco a sentire il suo respiro che mi fa ricoprire ancora una volta di brividi. Stavolta è lui ad interrompere il silenzio.
 
“E se fosse una fagiolina?”
 
“ Cosa?”, chiedo confusa.
 
“Intendo, se non fosse un bambino, ma una bambina?”, sorrido. So che è ancora spaventato, anche io lo sono.
 
“Sarai ugualmente un padre meraviglioso.”, dico convinta. Un gigantesco sorriso illumina il suo volto.
 
“E tu sarai una splendida mamma. Ti amo.”, sento gli occhi riempirsi di lacrimucce. “Stupidi ormoni!” penso.
 
“Ti amo anch’io. Ma..”
 
“Ma..?”, mi guarda perplesso.
 
“Mi amerai anche grassa, piagnona, piena di voglie, isteric..”, con un dito sulle labbra zittisce il mio sproloquio.
 
“Ti amerò sempre e per sempre. Non ti abbandonerò più, anzi non vi abbandonerò più. Dovrai sopportarmi per il resto della nostra vita.”, mi guarda negli occhi e di nuovo mi perdo in quel ghiaccio che riesce a sciogliermi. Accarezza il mio ventre con un sorriso, non riesco più a trattenermi e scoppio in lacrime, in lacrime di gioia. Torniamo a baciarci e penso che i miei giorni bui sono finiti, con lui nessun giorno è più così buio, lui è la mia luce, il mio sole.




Spazio d'autore: ciao a tutti, questa è la mia prima storia. Sono un'accanita lettrice di fan fiction, ma non avevo mai pensato a pubblicarne una tutta mia, almeno fino a questo pomeriggio di noia dove sono stata colta da improvvisa ispirazione. Spero che la storia vi piaccia almeno un pochino, e spero di non aver fatto troppi errori di ortografia.. :) Beh, fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe davvero piacere. Un saluto a tutti e grazie per aver letto la mia storia! 
  
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