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Autore: WhiteOphelia    19/10/2013    14 recensioni
"E mentre il mio corpo scivola giù nell'oblio e la mia mente si annebbia per la mancanza d’ossigeno, l’unica cosa che penso è che la vita è sempre troppo breve per chi ama senza misura."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Love is a losing game'
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Silent Lucidity 

“Hush now, don’t you cry
Wipe away the teardrop from your eye
You’re lying safe in bed
It was all a bad dream
Spinning in your head
Your mind tricked you to feel the pain
Of someone close to you leaving the game of life
So here it is, another chance
Wide awake you face the day
Your dream is over… or has it just begun?”

Silent Lucidity – Queensrÿche 

 

 

 

Osservo le rive scure del Tamigi.
Queste acque dense e fredde hanno sempre avuto un immenso potere su di me.
Riuscivano a calmarmi, mentre il vento fresco scompigliava i miei capelli.
Riuscivano a farmi sorridere, mentre un bambino guardava ammirato il sole specchiarvisi.
Riuscivano a farmi vedere la bellezza del mondo che mi circondava, la notte, quando la luna si rifletteva placida e le luci illuminavano una città d’acqua.
Chi mai l’avrebbe detto che voi acque avreste visto il mio ultimo respiro?

Le lacrime mi offuscano la vista del riflesso dell’orologio più famoso di Londra che, imponente, sovrasta quelle acque scure e vi si perde al suo interno.
Il ponte è deserto; nessun uomo a solcarne la via in questa fredda notte di novembre.
Scavalcarne la costruzione in pietra è semplice: la bellezza non è servita alla funzionalità ed alla sicurezza che, per preservarne l’arte, ha fatto di questo ponte un trampolino verso le acque gelide nelle quali si specchia.
In piedi, su quella cinta regolare, guardo le leggere onde che muovono il riflesso di una città dormiente; la mia città, la nostra.
Ricordi?
Dovevamo venire a vivere qui, insieme.
Ti eri ricreduto sui babbani quel giorno. Lo ricordo ancora, sai?
Eravamo proprio qui, passeggiavamo mano nella mano mentre il sole primaverile ci accarezzava il viso.
Quello specchio d’acqua che ora guardo da quassù, le bellezze in esso riflesse ed il sorriso di quella bambina che, per sbaglio, ti aveva urtato – raggiungendo a malapena le tue ginocchia – e, voltatasi per scusarsi, ti aveva detto che eri un angelo e che dovevi tornare in cielo tra quelli belli come te, per vegliare sulle bambine come Lynda, la sua amica, che era obbligata a stare in ospedale per una brutta malattia.
Ti disse, con quella vocetta infantile e deliziosa e le mani paffutelle sui fianchi - in una giovane posa da mamma adulta - che dovevi correre, altrimenti Lynda avrebbe sofferto tanto e ti diede un bacio, proprio quando ti abbassasti per farle una carezza.
Un angelo…
Dicono che i bambini siano gli unici in grado di vedere l’anima di una persona.
Quella bambina, evidentemente, non conosceva ancora il significato di bene e male.
Ti aveva confuso.
Sì, perché nessun angelo avrebbe fatto quello che hai fatto tu.
Nessun angelo avrebbe fatto finta d’amare una persona solo per ferirla ed umiliarla.
Nessun angelo avrebbe spezzato l’anima ed il cuore di una donna.
Nessun angelo mi avrebbe usata e buttata, con male parole, come hai fatto tu.

 

Eravamo nel mio appartamento, quella notte maledetta di quattro mesi fa.
I M.A.G.O. superati con successo, la voglia di vivere a fluirci nelle vene, l’amore a renderci – rendermi – ciechi.

«È inutile che tu ti prepari, Mezzosangue.»
Quell’appellativo, quel tono freddo che non sentivo da mesi.
Stavo cercando di alzare la zip del mio vestito verde – preso in occasione della cena, la cena in cui mi avresti presentato alla tua famiglia come tua fidanzata – dandoti le spalle, quando quelle parole mi raggiunsero.
Mi bloccai, come pietrificata.
Mi voltai lentamente, pronta a leggere il riso sul tuo viso.
Ma di risate, su quella bocca d’angelo, non vi era nemmeno l’ombra…
«Non capisco, Draco. La cena è stata annullata?» chiesi confusa.
Tu ghignasti.
Non fu un sorriso, né un ghigno malizioso come quelli che mi riservavi tra le lenzuola, quello.
Fu un ghigno perfido e maligno.
Ti portasti teatralmente il dito indice al mento, poi mi rispondesti: «Oh, sì, Mezzosangue. È stata annullata… per te.» conclusi sprezzante, gli occhi d’acciaio ed in viso una smorfia crudele.
Mi sentii la testa girare.
Che stava succedendo?
«Draco, ma che dici? E perché continui a chiamarmi-» non mi facesti finire.
Ti avvicinasti d’un passo, le mani in tasca e l’espressione più fredda e distaccata che ti avessi mai visto in viso.
«Mezzosangue, dici? – giocasti con la bacchetta, come se quello che stavi per dire fosse un'ovvia constatazione - Beh, perché è quello che sei. Una schifosa babbana non degna di portare la bacchetta.» dicesti crudele, una smorfia di disgusto a solcarti il viso.
Poi, continuasti. E fu l’inizio della fine.
Della nostra fine, della mia fine.
Parole crudeli che mi trafissero come pugnali.
«Credevi davvero che ti amassi? Te?» calcasti l’ultima parole con disprezzo, come se fosse impossibile per te amarmi e cominciasti a ridere cattivo.
Eppure me lo dicesti, la prima volta che facemmo l’amore. Dicesti d’amarmi.
Continuasti imperterrito, mentre il mio cuore veniva straziato.
«Salazar, sono stati i mesi più belli della mia vita, sai? Ti ho avuta nel mio letto, la Mezzosangue amica di Potter. Ti ho fatto invocare il mio nome, implorare il mio corpo… E che soddisfazione sei stata!» ridesti, crudele, mentre la testa mi vorticava veloce.
«Hai perso Potter e Weasley. Hai trascorso gli ultimi mesi di Hogwarts senza i tuoi amici, abbandonata da coloro che credevi persone fidate. Ti rendi conto di quale regalo tu mi abbia fatto? – continuasti a ridere, mentre la bacchetta girava lenta tra le tue dita - Sette anni. Sette anni d’odio ed umiliazioni per arrivare a questo momento: il momento in cui ti faccio a pezzi.»
Non riuscivo a credere a quello che sentivo.
Pensai di star sognando, quegli incubi maledetti che mi facevano visita quando ero piccola, ma era tutto reale.
L’incubo era appena iniziato.
Vedesti tutto, ogni mia emozione, ogni mio dolore e ne godesti.
Ero straziata, a pezzi, senza un briciolo d’aria nei polmoni.
La mia mano teneva stretta la stoffa all’altezza del cuore, come per proteggermi.
Ma non c’erano protezioni a quei pugnali intrisi di veleno che mi scagliasti contro.
Il sorriso crudele che mi riservasti quel giorno sarà il mio tormento eterno.
La tua risata cattiva riecheggiò nell’appartamento.
Caddi a terra in ginocchio.
«Merlino, quanto sei stata sciocca. Ti ho tolto tutto, ogni cosa. Ti ho usata e spezzata ed ora ti lascerò qui, a pezzi, a terra, sotto i miei piedi. Perché, cara Mezzosangue, è proprio quello il posto che ti compete: ai miei piedi come la feccia che sei.» finisti guardandomi dall’alto sprezzante, mentre i tuo passi ti portavano, poi, alla porta, una porta che non avresti solcato mai più.

Non ricordo quanto tempo rimasi in quella posizione, a terra, distrutta.
Minuti? Ore? Forse, giorni.
Forse lo sono ancora…

 

Sono passati quattro mesi da quella notte e tu ti sei sposato.
Sposato.
Con Astoria Greengrass, poco più di un mese fa.
Hai sposato la Purosangue scelta per te da tuo padre, la donna dal sangue perfetto.
Hai sposato la bionda e bella Astoria, la dolce ed educata Astoria.
Avete festeggiato in grande stile nel giardino del tuo Manor, baciati dal sole di fine settembre.
Le foto sono apparse su tutti i giornali del Mondo Magico.
Impeccabile nel tuo abito nero, baciavi delicato una bambola di porcellana dalle splendide fattezze.
I tuoi sorrisi erano per lei, la tua mano sulla sua.
Ti sei sposato il giorno del mio compleanno, Draco.
Il giorno del mio compleanno…

Che senso ha vivere se tu non mi sei accanto?

Ed ora, mentre ripenso ai nostri momenti passati insieme, non posso fare a meno di pensare a quanto io sia stata stupida.
Ti ho amato come si ama una volta sola nella vita, follemente e totalmente.
Ti ho amato come solo i ragazzi possono fare, con passione e pazzia.
Ti ho amato come solo gli anziani sanno fare, con cura e dedizione.
Ti ho amato come solo una donna può amare: per sempre.
E mentre il vento mi sferza gelido i capelli ed il mio corpo si avvicina all’acqua scura, l’unica parola che il mio fiato ancora sussurra è il tuo nome.

Draco…

E mentre il mio corpo scivola giù nell’oblio e la mia mente si annebbia per la mancanza d’ossigeno, l’unica cosa che penso è che la vita è sempre troppo breve per chi ama senza misura.

 

"Le gioie violente hanno violenta fine,
e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo,
che si consumano al primo bacio.
Perciò ama moderatamente: l'amore che dura fa così."*

 

 

Ed ora che è tutto finito, io capisco d'avere ancora troppi rimpianti che mai potranno trasformarsi in ricordi.
Non saprò mai delle lacrime che versasti quella notte di giugno, Draco.
Non saprò mai del dolore che portasti dentro quel diciannove settembre, mentre sposavi una donna che non amavi, una donna che non ero io.
Non saprò mai delle lacrime che hai trattenuto quella prima notte di nozze, mentre accarezzavi un corpo che non desideravi.
Non saprò mai del ricatto che ti fece tuo padre.
Non saprò mai che mi lasciasti per proteggermi.
Non saprò mai della folle corsa che facesti quel secondo giorno di novembre, quando il mio corpo venne ritrovato senza vita nelle acque fresche del Tamigi.
Non saprò mai del dolore sordo che sentisti nel petto quando vedesti il mio corpo sulle sponde, quando notasti che tra le mani stringevo il tuo ciondolo, quello che mi regalasti per il nostro primo mese insieme.
Quel “Sono tuo, ora e per sempre” inciso nel freddo metallo che le mie mani, anche durante l’ultimo respiro, non vollero abbandonare.
Non saprò mai che, quella stessa notte, una luce verde partì dalla tua bacchetta, nel mio appartamento.
Non saprò mai che, il giorno dopo, nel mio letto venne ritrovato un corpo privo di vita, il tuo corpo.
Non saprò mai che nella tua mano sinistra venne ritrovata una foto, una mia foto, e che le ultime parole che le tue labbra pronunciarono furono il mio nome ed una preghiera.

Non saprò mai, Draco, che, in realtà, tu mi amavi davvero, più della tua stessa vita.

 

“Perdonami, Hermione…”

 

 

 

 

 

 

*William Shakespeare, Romeo e Giulietta - Frate Lorenzo, atto II, scena VI

   
 
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