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Autore: _Rael_89    10/04/2008    9 recensioni
[L’amore, prodotto per una società edonistica]
“Ella vende per soli tre soldi
le cosce, i seni, le menzogne dei suoi sguardi,
i baci del suo sorriso,
il suo pudore!”
mormorò un’artista della parola.
Ma, lì al bar delle Folies-Bergère, era la norma.
[Pairings:SasuInoIta, NaruSakuGaa, ShikaTema]
Genere: Romantico, Suspence, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Temari, Altri, Ino Yamanaka, Sakura Haruno
Note: Alternate Universe (AU), OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Il bar delle Folies-Bergère

Il bar delle Folies-Bergère

[L’amore, prodotto per una società edonistica]

“Solo posto, a Parigi, che puzza così deliziosamente
di trucco, di tenerezze pagate e di latrati,
di cani corrotti.”

[J. K. Huysmans]

Attraverso la cortina perlacea, diffusa nell’aria dai sigari fumanti, i loro occhi si accendevano come scintille alle scollature generose delle lavoratrici, avvolte in morbidi e larghi abiti dalla foggia particolare ed i colori infiammati, dotate di grazia solo per qualche accorgimento: orecchino di perla, collarino nero di velluto, papavero o camelia poggiato sopra l’orecchio. Un mondo corrotto, vero specchio della società: dove il puzzo di alcool e tabacco, servito da quelle gentili signorine, si mescolava all’odore del sesso femminile; ma celato in mirabile modo da un forte olezzo che, pungendoti al naso, era abile maestro nel riaccendere i tuoi desideri [abile ingannatore nel drogarti- incenso-].
Così come quelle signorine erano perfette allieve di quell’arte: sempre sorridenti nel servire i clienti al bancone; una promessa ben evidente in quegli occhi circondati da ciglia lunghe, mentre ti invitavano a salire ai piani superiori [meta peccaminosa al solo pensiero-
le loro stanze da letto- ]; generose nello sporgersi per mostrare anche più di quel che il vestito lasciava intravedere, al ritmo di una leggiadra musica, cavalcando il palchetto con i tacchi a spillo.

Il bar delle Folies-Bergère: dove l’amore diventava veramente il prodotto edonistico per la società moderna.

1- Sguardo che ti rendeva possibile sognare le sue carezze [G. Verga]

Nonostante i ciuffi color grano che pungevano le sue palpebre, non volle chiudere gli occhi: la osservò totalmente rapito dalla sua grazia, mentre, con mani lattee e sottili unghie smeraldo, eseguiva una perfetta combinazione di gesti nel preparare il suo drink. Si poggiò con i gomiti sul bancone, studiando la sua figura attraverso lo specchio alle sue spalle, soffermandosi sulle rotondità del sedere che la sua gonna color giglio tendeva a risaltare, tornando al petto, piccolo ma vigoroso seno che lo attraeva magneticamente, forse per la presenza di una grossa spilla a risaltare il semplice corpetto che la stringeva.
Si mise in ordine il colletto della camicia.
-Come ti chiami?-
La fanciulla alzò lo sguardo su di lui [
pura menta]. –Ti interessa, bel biondino?-
Il suo sorriso alludeva ai suoi desideri.
-Madmoiselle Sakura, no?- la voce provenne dal rosso lì di fronte, accompagnatore del giovane. –Sei famosa per le tue manine d’oro.-
-E non alludono solo al modo in cui preparo le bibite.- si sporse per versare il contenuto alcolico preparato dalla brocca; trasportò l’immagine della sua scollatura direttamente nel profondo di quegli occhi azzurri che erano invasi, sulle guance rigate da cicatrici, da un rossore molesto. –Tu invece, caro?-
-… Naruto.- proruppe d’un fiato, afferrando il bicchiere e bevendolo d’un sorso; si pulì la bocca con la manica.
[Ansia che cresceva in lui -
lei era troppo, decisamente, per chiunque-]
Lo osservò soddisfatta, una veterana nel riconoscere quei sintomi. –Ed a te che porto, bellezza?-
-La tua specialità.- assottigliò gli occhi. –Il mio di nome non lo vuoi sapere?-
-Ti conosco di vista, sei un abituale del nostro locale.-
-E ti basta questo, per conoscermi?-
-Sei Gaara, no? Ma non so il cognome.- era un vero divertimento rispondere ad un caratterino così impudico come il suo; un uomo di mondo, probabilmente un esteta intuito dal modo in cui è solito abbigliarsi. Trafficò tra le boccette colorate della sua scorta, emettendo un tintinnio; si leccò le labbra accese dal rossetto, mentre con la coda dell’occhio teneva sotto controllo due clienti così potenziali.
-Ti piace questo posto?- il rosso chiese incurante all’amico, che sembrava intento ad osservare i residui del suo bicchiere.
-Beh… sì.- si mordicchiò il labbro inferiore, come innervosito. –C’è gente interessante, qui…-
L’altro sorrise sornione. –Lei è per i tuoi gusti?-
Ingoiò con difficoltà la saliva. -… decisamente.-
-E’ qui per vendere bibite ed amore:
compratela per un’oretta, no?-
Sussultò. -… si, dovrei…-
Un tonfo interruppe la loro conversazione. –Ecco qua… e non chiedere che c’è dentro.-
-Vuoi drogarmi?- sbuffò il rosso.
-Se sei amante del rischio e non hai paura di una povera ed innocente fanciulla…-
-
Innocente è il sinonimo di vergine.- la derise, afferrando saldo il bicchiere, per odorarne il contenuto. –Ma mi fido.-
Con gesto incurante, portò quella ciocca di capelli di un pallido rosa dietro l’orecchio. –Ci hai pensato, biondino? Vuoi fare un altro giro di quella roba là? O… dopo?- sbattè le palpebre sfumate da un ombretto chiaro, con
chiarissimo invito.
Il ragazzo si allargò il cravattino con un dito, sentendosi improvvisamente accaldato.
-Ecco, io…-
-Ho capito.- coprì la mano callosa con la sua, senza smettere di fissarlo in quelle iridi turchesi. –Te lo riporto tra un pochino, il tuo amico… e spera per lui che sia il più tardi possibile.-
Uscì da dietro il bancone, affiancandosi al giovane in piedi, rigido come se avesse ingoiato una stecca; notò con squisita compiacenza il suo imbarazzo, probabilmente da inesperto.
[
Meglio, ci si divertirà di più.]
E mentre fissava incredulo ogni particolare in lei (lo cignon in cui erano raccolti i capelli, la camelia poggiata sopra l’orecchio, i pendenti d’argento, la spilla d’argento), non si accorse dello sguardo che quegli occhi verdi lanciarono al rosso, suo compare.
“Goditela per qualche ora, Naruto…
poi sarà mia.” pensò compiaciuto Gaara, godendosi il suo drink.

2- Comprare per soli tre soldi un tesoro di emozioni [G. Verga]

Si accasciò con la testa sul cuscino, prendendo grandi boccate d’aria. Seguì il solito cigolio, sentito ormai talmente tante volte quasi da divenire trascurabile; su quel letto sempre sfatto, con chiari indizi nell’afa, che filtrava attraverso le fessure della serranda, dell’unione tra uomo e donna.
La sinuosa figura si animò nel flebile contatto con i raggi di luce naturale; si alzò, camminando con passo sensuale [ormai, un abitudine] verso la specchiera, afferrando con le dita sottili un capo ben più trasparente di quel che uno si aspetterebbe, indossando il morbido velluto color petunia della vestaglia ed appuntandosela su di un fianco.
-Perché ridi?- colse lo stesso quel sorrisetto.
-Mi è rivenuta in mente la prima cosa che pensai, appena ti vidi.- la giovane si avvicinò a lui, poggiando per prima la coscia destra sul letto. –Che è vera la teoria delle proporzioni.- focalizzò il suo piede, per dargli indizio di quel che intendeva.
-E te ne stupisci, Temari? Io non ti avrei delusa.-
-Sono io che non dovrei deludere te, caro: perché
io ti vendo il mio amore.-
Si impuntò con i gomiti sul materasso bianco sporco, per reggere il busto. –L’amore è solo una congettura: non esiste, almeno al giorno d’oggi. E, se leggi quella spazzatura di romanzi
feuilletons*, noterai che sono lo specchio della società contemporanea: troie ed ipocriti intrappolati inconsciamente in un bordello di trame e sentimenti.-
-Da come parli, si direbbe che tu conosca la materia…- si sedette accanto, accavallando le sue rotondità. –Sei un’artista?-
-Diciamo.- sorrise, nell’afferrare un pacchetto di sigari dalla tasca del cappotto, lasciato lì sul comodino.
-Mi piacerebbe sapere qualcosa in più sulla tua vita.- confessò la bionda, giocherellando con uno dei suoi lunghi ciuffi di capelli scuri. –Non ce l’hai una moglie a cui fare un torto?-
Il fuoco della fiamma gli permise di cogliere la curiosità in quegli occhi da gatta. –Mi credi così vecchio da essere sposato? No, ho solo una fidanzata.-
Assottigliò gli occhi. –E lei non è così brava a letto, che sei diventato un mio cliente abituale?-
-Non so, la sua verginità è ancora rimasta intatta. Però è mora e magrolina: ed a me piacciono i capelli chiari e delle rotondità ben evidenti.-
Seppe esaltare con il respiro il suo seno così sodo da sembrare quasi che volesse uscire dalla gabbia di quell’indumento. –Ce ne è
un’altra di venditrice così come la vuoi tu, in questo locale: perché allora entri sempre in questa camera, monsieur Shikamaru?-
Prese una grande aspirata, consumando gran parte del sigaro. –Alludi a lei? Troppo audace, per i miei gusti: è una che a letto
vuole stare solo sopra; e non mi sta bene.-
-Almeno, io tendo a concederti qualche volta il dominio, no?-
-Tu devi concedermelo: ti pago per regalarmi quelle emozioni che, in una società della noia in cui sono immerso, non sono capace di procurarmi.-
Temari afferrò tra le sue dita il sigaro, rubandoglielo per posarlo sulle sue labbra; nel gustarselo lo sporcò leggermente di quel poco rossetto che le era rimasto. Gli occhi del misterioso giovane scrutarono di nuovo
quel tesoro di cui aveva goduto prima.
[E la voglia ti torna sempre -
sono abili nel far sì che sia così-]
-Ti sta bene se dopo ti do il doppio, rispetto al solito compenso?- proruppe Shikamaru d’improvviso, strappandole dalla bocca il sigaro e spegnendolo sul muro.
Temari sorrise sorniona. –E’ la mia arte…-

La tua arte è una menzogna.

3- Sorriso in cui lampeggiava l’immagine di un bacio [G. Verga ]

Corse per la folla un mormorio di aspettazione.
La musica di uno squallido pianoforte, una squallida imitazione di valzer, ricoprì il ticchettio dei suoi tacchetti; si presentò splendente sotto la maleodorante luce elettrica e nel fragore di applausi.
Era bella. Era viva. Era un sogno.
Un corpo perfetto, nudo se non fosse per quei veli del suo vestitino che danzavano con lei, fastidiosi, irritanti, malvagi per gli occhi bramosi dei monsieurs; un corpo candido e morbido alla vista, sinuoso, che segue il ritmo di quel valzer, librando in aria le lunghe braccia, svolazzando in lente o veloci fendenti con gambe rivestite di calze a rete, sempre con un’innaturale eleganza per una puttana, in un vortice di procace pudore, che fece solo l’effetto di animare maggiormente i genitali dei signori lì presenti. Ed ogni cosa prendeva vita in lei; farfalla ricoperta di violette, rivestita di luce [solo pagliuzze dorate -
ogni particolare è ricercato-], accompagnata da quella coda dorata che reggeva i suoi capelli, in un duetto che non avrebbe sfigurato di certo all’ Opera, almeno in quanto mostra la realtà di ciò che il pubblico vuole.
Ed anche lui, seduto qualche tavolino distante, la fissava incantato: occhi neri come il carbone screziati di sanguigno, vitrei nella loro freddezza, eppure si poteva cogliere un luccichio particolare. I lunghi ciuffi davanti gli carezzarono due guance di una pelle diafana, regalandogli più fascino: giovane d’alta borghesia, ricercato tra le donne, con un fascino magnetico tutto suo; lì, a dimostrazione della doppia faccia della nuova classe sociale.
Si slacciò il colletto della camicia, per respirare meglio; si sentì i polmoni saturi di aria, eppure l’arsura venne da un’atmosfera riscaldata dalla leggiadra sensualità di quella rosa sul palco. Schiuse le labbra, in un folle desiderio di possederla, di esplorare quel corpo che stava pian piano conoscendo, di sentirla urlare dalla passione,
per merito suo, perché doveva pagarla: colpa sua, se ora lui era totalmente dipendente da lei. Penoso, il non dover appagare quel desiderio: soprattutto perché sapeva che lei era una veterana in quel genere di cose.
Con una mano, si lisciò i capelli d’ebano; avrebbe voluto affondare le mani invece nel suo vestito, strappare quel pezzettino di stoffa dal suo corpo, permettendole di mostrargli finalmente quel seno che, con tanta cura veniva nascosto, ma allo stesso modo era impossibile non immaginarselo.
Un fastidioso suono gli provocò molto fastidio: lo spettacolo era terminato. Il rumore degli applausi si perse tra i suoi inchini, i sorrisi lanciati a manciate per regalare castelli in aria a chi non poteva
permettersela, circondata da fasci di rose rosse gettate sul palco dai più arditi.
Scattò in piedi, sentendosi formicolare le mani: no, non sarebbe andata a finire così. Si fece spazio tra i gentiluomini ubriachi o saturi d’alcool, in carne nelle loro cinture troppo strette o smagriti dietro le loro giacche troppo larghe; uscì fuori dal mondo caotico dell’uomo in fibrillazione, quando le guance diventano due pomodori maturi ed i pantaloni ti danno fastidio all’inguine [è la natura]. Conosceva la strada: arrivò ai piedi di quella scalinata consumata dai tacchetti di eleganti mocassini, percorrendola con fare sicuro nonostante i vari cigolii, il corrimano annerito da chissà quante mani poggiatisi sopra; e giunse in quel corridoio al piano superiore, dove non si poteva fare a meno di sentire sospiri ed urla colte dall’emozione.

Un po’ di privacy: c’è chi lavora.
Non ci fece troppo caso, non indugiò troppo: sapeva che doveva arrivare all’angolo, superarlo, addentrarsi nel corridoio più interno; lì erano alloggiate les etoilles. Lei era lì, porta centrale. E mentre superava quel muro con totale ansia, cuore in fibrillazione e mano al portafoglio… dovette bloccarsi. E ricredersi.
Un gentiluomo provenne dal corridoio opposto, probabilmente salito dalla scalinata dall’altra parte; perfettamente abbigliato come lui, sempre con quel fascino magnetico, capelli d’ebano su pelle diafana, occhi neri con venature sanguigne che esaltavano la freddezza del suo sguardo… sempre lui.

Il problema era che lo conosceva.
-Itachi!- -Sasuke!-
I due rimasero a mezza bocca, senza respiro. No, non poteva essere così…
Una luce si proiettò sulla superficie in legno del pavimento, non appena la porta centrale si aprì con un cigolio: ne uscì fuori una figura che si copriva malamente con uno scialle di seta, capelli color miele adagiati sulle spalle, lunghe ciglia che puntarono nell’area dei suoi occhi marini le due alte figure dei fratelli.
-… madmoiselle Ino.- mormorarono entrambi, poi guardandosi negli occhi.
La fanciulla, in un attimo, capì tutto.
[Nessun aspetto dell’amore era una novità per loro.]
-Bonsoir, monsieurs.- sorrise.

“Ella vende per soli tre soldi
le cosce, i seni, le menzogne dei suoi sguardi,
i baci del suo sorriso,
il suo pudore!”

mormorò un’artista della parola.
Ma, lì al bar delle Folies-Bergère, era la norma.


* Romanzo d’appendice, pubblicato a puntate sui quotidiani.

**********************************
Un tema che mi ronza da un po’ in mente, avendo trovato per caso sul mio libro di arte il quadro di E. Manet “Il bar delle Folies-Bergère”; ed ammetto anche che la prima scena, vale a dire quella di Sakura, almeno in parte è debitrice di quella raffigurazione, visto che ho sostituito con lei la barista bionda del pittore. Avviso che ho reinterpretato il locale a modo mio, vale a dire facendolo diventare un bordello: in realtà, dovrebbe essere un semplice bar dove uomini e donne assistevano agli spettacoli dei saltimbanchi e dei trapezisti; devo informarmi se sia veramente così, comunque. Ma sappiate questo: ho soltanto ripreso il nome. E, ispirata un po’ dai romanzi del giovane Verga (“Eva” e “Tigre reale”, precedenti ai “Malavoglia”), ho ripreso non solo frasi ma anche certe figure, per esempio l’esecuzione di danza di Ino.
Ma andiamo con ordine.

Scena NaruSakuGaa: primo aspetto del locale, “l’accoglienza”, le bariste al bancone che seducono e preparano cocktails forti o con piccole aggiunte di droga, direi. Una Sakura ed un Gaara veramente OOC, lo ammetto: ma mi sono divertita a renderli entrambi coscientemente impudichi, tanto da scambiarsi frecciatine stuzzicanti. Un Naruto che ho voluto intimidire un po’ solo perché alla presenza di Sakura; ed ovviamente l’altra faccia di Gaara, desideroso anche lui di ricevere il trattamento della bella Haruno.

Scena ShikaTema: aspetto fondamentale e centrale, quello della “vendita d’amore”: unito però ad un cliente ormai fedele alla biondina, un artista che racchiude in sé gli scrittori naturalisti (ecco, è questa la visione che volevo dargli), coscienzioso della doppia faccia della sua società, e che si fa coinvolgere da una prostituta che, nonostante sia al corrente del suo fascino, si mostra interessata a lui al di là dei soldi. Forse, dopo Naruto, è questa una rappresentazione dell’amore: direi però più precisa ed unica, perché al contrario degli altri sembra un legame che sarà duraturo.

Scena SasuInoIta: la descrizione di chi ammira la leggiadra danza della Yamanaka non corrisponde in particolare a nessuno dei due fratelli: ho preso un modello ed ho descritto atteggiamenti e desideri, sentimenti che nascono nel vedere una creatura di tale eleganza e bellezza esibirsi nuda (quasi), senza un briciolo di vergogna o paura, che affronta gli sguardi maliziosi degli uomini che lì la desiderano senza poterla avere (essendo l’etoille, la stella, è molto costosa): un concentrato di forza e bellezza che li rapisce. Diciamo, che ho descritto insieme Sasuke ed Itachi; il tutto si chiude con l’incontro davanti la camera di Ino, che farà capire ai tre che saranno coinvolti in un triangolo inevitabile.

E’ stato complesso scriverla, lo ammetto: ma ne sono soddisfatta. Soprattutto perché ho finalmente potuto rimettere in gioco il SasuInoIta ed usare per la prima volta il NaruSakuGaa; un bell’esperimento, direi.
Ringrazio in anticipo chi leggerà, e prego di lasciarmi un commento: ho bisogno di sapere che ne pensiate.
Un bacio, con la promessa di risolvere al più presto i miei problemi con la connessione ad internet!
La vostra Rael
  
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