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Autore: sushiprecotto_chan    20/10/2013    0 recensioni
[Naruto/Sai | Spin-off di "But thou who goes" - non è necessario conoscerla per leggere questa storia.]
C’era stata una volta, quando erano bambini e scorrazzavano liberamente nei cortili del maniero di re Pellinore, in cui Naruto si era arrampicato su un albero molto alto per vedere i cavalieri mentre si allenavano, e poi era caduto. Per un attimo aveva sentito il respiro bloccarsi inevitabilmente, e un dolore acuto e orrendo colpirlo al centro della schiena. Era stato orribile.
[Crossover: Naruto / Leggende Arturiane.]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sai, Sakura Haruno
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Let's talk about Arthurian Legends! - Naruto vr.'
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Spin-off della one-shot “But thou who goes”, c’est-à-dire che Naruto e Sai si trovano nel magnifico e scintillante universo delle Leggende Arturiane. Non è necessario leggere But thou who goes, per capire questa storia. Tutto quello che dovete sapere è che 1) Naruto e Sai sono due orfani cresciuti insieme da una donna chiamata Enide alla corte di un re alleato ad Artù. 2) Il loro sogno è sempre stato diventare cavalieri, 3) Sai viene “arruolato” da sir Meleagant (il Danzou di turno) e subisce un lavaggio del cervello, per cui non ha più sentimenti, ma 4) quando rivede Naruto già cavaliere a Camelot questi riesce a fargli desiderare di riappropriarsi delle sue emozioni.
Scritta per la Giò <3, che me l’aveva richiesta in cambio di un bellissimo logo che aveva fatto per me e il LeeTen Official Fanforum. Mi dispiace, alla fine è un’AU! D: Spero ti piaccia lo stesso.
Avvertimento: qui Sai è una specie di Spock / Castiel versione medioevo, non so se mi spiego. XD
Il titolo l’ho preso da King and Lionheart, dei Of Monsters And Men.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
We’re here to stay.
 
 
 

C’era stata una volta, quando erano bambini e scorrazzavano liberamente nei cortili del maniero di re Pellinore, in cui Naruto si era arrampicato su un albero molto alto per vedere i cavalieri mentre si allenavano, e poi era caduto. Per un attimo aveva sentito il respiro bloccarsi inevitabilmente, e un dolore acuto e orrendo colpirlo al centro della schiena. Era stato orribile.
Ed ancora più orribile era stato per Sai, che aveva assistito alla scena e l’aveva portato subito da Enide, la quale lo aveva strigliato e gli aveva fatto ancora più male di quello che aveva sentito cadendo, mentre gli rimetteva a posto un braccio il cui osso era uscito dal suo usuale incastro.
Non si sarebbe mai dimenticato i singhiozzi e le lacrime di Sai, i suoi occhi pece scintillanti poiché bagnati.
Era stato così reale.
 
 
Ora Naruto può fare ancora appello a quello che ha visto, sentito e provato, quel giorno di tanti anni prima?
Evidentemente sì, quando Sai – che, tra parentesi, ha ancora qualche problema a mostrare se stesso e i suoi sentimenti, da quando sir Meleagant gli ha fatto il lavaggio del cervello – si butta tra lui e un cavaliere che stava cercando rissa per quello che Uther Pendragon aveva fatto al suo regno un ventennio prima.
“Non osare fargli del male.” Dice, mentre con una sola mano blocca il pugno di quel bestione. Beh, non c’è che dire, quel mostro di Meleagant l’ha allenato bene.
Quando cominciano a combattere, dopo aver steso un compare del genio che li ha attaccati in nome dell’odio per la casa Pendragon, Naruto intravede in modo distinto gli occhi di Sai. Sono pieni di rabbia, e così scuri e profondi che bisognerebbe tuffarcisi dentro, per studiarli e capirli più a fondo. Sono vivi. Umani. Il cuore di Naruto, per un attimo, fa una capriola.
 
 
“Sei bravo. Avresti dovuto essere nominato cavaliere molto prima di me.” Ammette Naruto dopo che si sono liberati dello scimmione e della missione che dovevano compiere per conto di re Artù e sir Kay. Lo dice non senza malavoglia. È diventato cavaliere, questo sì, ma per via di tutta quella determinazione a dimostrare di essere degno di esistere tipica dello sfigato, del somaro, desidera diventare molto di più. Non potendosi permettere di agognare alla carica di re – e manco lo vorrebbe, a dire il vero –, mira alla carica più alta sotto di lui: il suo braccio destro, il cavaliere più abile; quello che vince a tutti i tornei e si guadagna il rispetto e l’amore degli altri cavalieri, del popolo e delle dame. Scoprire che tra lui e sir Lancillotto c’è l’ennesimo cavaliere le cui abilità deve ancora superare, e che questo cavaliere non è altri che Sai, non gli fa piacere.
Il neo cavaliere di cui sopra lo guarda attentamente, alzando appena un sopracciglio. “Non avrei potuto. Non ero ancora giunto a Camelot, quando lo diventasti.”
Naruto si concede uno sbuffo, che non saprebbe dire se essere spazientito o senza speranze. “Era per dire, Sai!”
 
 
A volte, Naruto vorrebbe affidarsi alla sua ottusità e alla tendenza di credere in qualsiasi buona cosa che gli venga data, ma la sua esperienza di combattente lo costringe a non fidarsi, e così finisce per controllare Sai giorno e notte.
Non che gli dispiaccia osservare il suo antico amico, beninteso, ma quella sensazione di dubbio gli provoca un morso allo stomaco, un dolore che arriva fino al cuore.
Si arrende di fronte a quelle ciglia nere e lunghe, che probabilmente mai più si apriranno per mostrare quella luce che c’era in quegli occhi nelle mattine d’estate, quando andavano a rubare un paio di uova dai nidi del giardino e giocavano a far scappare le galline di dama Lucilla.
Lascia che il suo sguardo si soffermi un po’ troppo a lungo su quelle guance troppo pallide, quasi femminili.
E poi si ritrova a correre verso di lui prima che sconfigga un nemico, per controllare che non lo finisca se non necessario, così come lo controlla e lo ferma ai tornei. Non si fida più. E questo gli fa male.
 
 
Quello che gli dà un po’ più speranza – e che lo diverte parecchio, tanto che ogni volta che Sai gli dice di dover andare in biblioteca, lui non ne può fare a meno e comincia a ridergli in faccia – sia la determinazione mostrata dal suo compagno di squadra sul dedicarsi a ingombranti manuali sulle emozioni. Legge le pergamene sulla scienza, su come funzionano gli organi facciali, sulla filosofia, e talvolta l’ha pure beccato con un paio di romanzetti d’amore, di quelli che piacciono tanto alla regina e alle sue dame. (Da quel giorno l’ha preso in giro fino alla morte sull’argomento.)
Sai legge, legge moltissimo. Si dedica molto alle storie in generale, e piuttosto spesso chiede spiegazioni in merito a Naruto e a chi gli si trova vicino, noncurante di chi egli o ella sia. Una volta l’ha visto tentare un esperimento con la regina stessa – uno di quegli esperimenti su come mostrare apprezzamento per una pulzella o roba del genere. Naruto era sbiancato, ma per fortuna Ginevra sembrava possedere una pazienza e un’ironia piuttosto fuori dal comune, e si era limitata a ridacchiare.
La stessa cosa non si poteva dire di lady Sakura, che provava a malmenarlo sette volte al giorno – e già si tratteneva, perché a sir Sai piaceva la sua compagnia, ed evidentemente l’aveva eletta (senza saperlo) a vittima preferita.
 
 
È sempre per colpa di ciò che Sai legge che un giorno Naruto trova nelle sue camere il tavolo apparecchiato, il camino già acceso sebbene sia luglio e Sai completamente nudo sul letto.
“Sai- cos- cosa stai- Che significa tutto questo?!”
Dopo Beltane non hanno più fatto niente, e Naruto non può fare a meno di arrossire come un dodicenne, davanti a quello strano spettacolo. Prega tutti i santi che l'altro non noti i segni evidenti che gli fa sul suo corpo.
“L’ho letto in un libro.” Sai china la testa di lato. “Non va bene?”
Poi si alza come se niente fosse, e gli si avvicina.
Naruto l’ha già visto nudo. Ed è solo un corpo – tra l’altro, un corpo simile al suo –, non è nulla di straordinario. Eppure è invitante, perché in generale Sai è sempre qualcosa d’invitante, per lui.
Lo riveste personalmente, allacciandogli i bottoni della camicia uno a uno e spegnendo il fuoco con dell’acqua, finendo per bagnare tutto il tappeto.
“Dannazione!”
“Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“Ecco…” Fa Naruto, i riccioli biondi attaccati in fronte. “È un po’ strano. Di solito non si fa così.”
“E come si fa?”
“Non ne ho idea.” Ammette. “Intanto però potremmo cominciare col giocare a scacchi.”
Trascorrono tutta la notte lì. Spiegare a Sai come funziona una scacchiera è dannatamente meno impegnativo che illuminarlo a proposito di quel mostro chiamato “amore”, o “attrazione”.
 
 
Succede ancora una volta nelle scuderie, proprio in quel punto in cui Sai l’ha baciato per la prima volta.
C’è puzza di sudore di cavallo, e si sente sporco, per nulla invitante, ma Naruto fa appello alla sua testa calda e alla sua buona stella, prende Sai per il bavero, mentre l’altra mano va in mezzo ai capelli, e lo bacia.
Al primo tentativo becca i denti e non è una cosa piacevole. Poi Sai lo bacia di rimando, ed è una sensazione eccezionale, perché quando si staccano Naruto giurerebbe che l’emozione di Sai è tutta lì, nei suoi occhi, nuovamente luminosi, come se nulla fosse mai davvero cambiato e sir Meleagant fosse stata solo una parentesi fastidiosa ma innocua nelle loro vite.
E Sai è lì, lì con lui, lo sente presente, e qualcosa nel petto di Naruto ruggisce di gioia.
È ancora reale. È tutto reale. Lui e Sai staranno bene.
   
 
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