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Autore: raincloud    20/10/2013    0 recensioni
Questa storia nasce a causa di una sfida con una mia amica: avrei dovuto scrivere un racconto che trattasse di arte, che contenesse le parole "ippopotamo" e "bianco" e che avesse qualcosa a che fare con Parigi. Questa flash è ciò che ne è uscito... enjoy it!
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Amore e Arte

 
Sollevò lo scalpello dalla superficie levigata quando uno sbuffo di vento fece sollevare le impalpabili tende. Fuori dalla finestra la campagna parigina si estendeva chiara e morbida, stiracchiandosi come una gatta affettuosa alla carezza del sole nascente. 
Lo scultore riprese il suo lavoro, accarezzando il marmo per percepirne la vita sotto le mani.
Il vento soffiò di nuovo , dispettoso, quasi come quel bambino molesto che sentendosi ignorato scioglierà caparbiamente i capelli della sorella che tenta di studiare. 
Distratto nuovamente l’artista si permette di passare uno sguardo stanco su tutta la stanza; le sue piccole opere, i suoi cuccioli. Si soffermò un secondo di più sui piccoli animaletti di travertino; leoni, tigri, ippopotami; oggettini carini... destinati a finire nella casa di qualche uomo ricco, che li userà come soprammobile, fregiandosi della propria ricchezza e buongusto, uccidendo l'anima dell'oggetto, lasciandola soffocare sotto strati di polverosa indifferenza.
... la sirena che sta scolpendo.... ultima commissione da parte del comune, o
ulteriore orpello di una magnificente fontana; già vede il suo fulgido sorriso corroso e allagato dall'acquosa noncuranza di coloro che, ignari, vi passeranno tutti i giorni davanti, senza degnarla di uno sguardo.

Il vento si alza di nuovo, scostando la tenda che copre la vista dell'altra stanza. Forse è il caso di ritirarsi; ha lavorato tanto quel giorno.
Un'ultima carezza al fianco della sirena; chiude bene la finestra, la spranga; non il più piccolo raggio di sole deve poter entrare nella stanza, e, con il corto lumicino della candela in mano, si avvia verso l'altra stanza...

E lì c'è lei.
Sempre bella, statuaria, fedele, che lo attende come la più dolce delle spose. Le carezza la mano protesa, stupendosi ancora una volta di quanto sia liscio il palmo, e con la stessa dolcezza con cui il peccatore si abbandona al suo peccato, vi spinge contro il viso, pretendendo una dolce carezza, e baciando adorante il polso.
Perfetta, ecco cos'è, pensa, mentre sbircia l'immobile viso, gentilmente piegato in un morbido sorriso, le braccia leggermente schiuse, come ad accogliere un amante. Con mani tremanti, l'uomo, ormai snudato della sua essenza di artista, scosta il velo bianco che le drappeggia il corpo, creando un armonioso contrasto, con la sua pelle scura; delicato, con la premura con cui si scopre una vergine, e con l'emozione a stringerlo, posa i palmi sulla compatta carne di marmo nero.
Perfetta e stupenda, ecco cos'è, pensa, mentre fa scivolare lo sguardo, dai floridi seni alle morbide linee dei fianchi. Cade in ginocchio, privo di forze davanti a quella meraviglia; le cinge le gambe con venerazione, baciando di lei ogni centimetro dove riesce ad arrivare con le labbra.
Lei, che a differenza di tutte le altre anime di immobile materia, generate dal suo scalpello, non nacque come sua creatura, ma come sua compagna. Lei, il suo amore condannato, la sua sposa eretica.
Aveva sposato una donna di marmo piuttosto che una donna di carne.
Aveva sposato la sua arte.









Quale sia il nesso logico che lega l'arte, gli ippopotami, il colore bianco e Parigi non lo so, dovrei chiederlo all'amica che mi ha posto i vincoli...
  
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