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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    21/10/2013    2 recensioni
[Buon Compleanno, Saori]
Sarebbe entrata, li avrebbe abbracciati e forse avrebbe anche pianto.
E non se ne sarebbe vergognata.
Anche questo voleva dire essere cresciuta.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Saori Kido, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Momizi Matsuri Saga'
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Fandom: Saint Seiya
Rating: Per tutti
Personaggi/Pairing:
Saori Kido, OC, Sorpresa
Tipologia:
OneShot
Genere:
Sentimentale, Fluff
Disclaimer:
Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Masami Kurumada. Altresì, il vecchio sacerdote e Momiji Matsuri mi appartengono.
Note:
OneShot collegata a Momiji Matsuri ma non appartenente alla raccolta. Compare Satoshi-jii. Buon compleanno, Mia Dea.

SONO CRESCIUTA

 

Il lieve stormire di foglie appena appena mosse dal vento profumato di terra bagnata accompagnava la silenziosa marcia di una figura umana attraverso gli stretti sentieri del boschetto di bambù che portava al Santuario Nonomiya; non si distingueva bene il viso, celato da un paio di spessi occhiali da sole ma la lunga coda di cavallo in cui i capelli erano legati la identificava come una ragazza.

A passo svelto, la fanciulla, che indossava una semplice tuta da ginnastica bianca, salì i quattro gradini della piccola scalinata che fungeva da accesso al Tempio, prendendo fiato solo una volta arrivata in cima; poggiò la borsa nera da viaggio che teneva a tracolla in un angolo della piazzola spazzata e tirata a lucido e ne estrasse una borraccia.

Il viso arrossato e il respiro accelerato le conferivano un’aria estremamente giovanile, quasi umana, a dispetto dall’aura di mistero che la attorniava.

“Sei in ritardo, figliola.”

Una voce gentile e quasi sbruffona la fece voltare e sulla soglia dell’edificio principale notò la figura di un sacerdote dai capelli bianchi come la prima neve. Lei sorrise, alzandosi in piedi e inchinandosi leggermente: “Chiedo scusa ma sono venuta sin qui a piedi e mi sono attardata a dare un’occhiata in giro.” disse, levandosi gli occhiali e mostrando un paio di graziosi occhi color nocciola.

Il vecchio rise: “E il tuo maggiordomo dove l’hai lasciato?” chiese, facendole strada verso gli edifici più nascosti del complesso, “A casa, sono partita senza che nessuno se ne accorgesse. Questa cosa dovevo farla da sola, non sono più una bambina.” dichiarò risoluta; il sacerdote sorrise appena, baciandole galantemente la mano, “No, sei davvero cambiata, piccola Saori, lo leggo nei tuoi occhi e anche la decisione che hai preso di venire sin qui da sola ne è la prova lampante.” decretò serio lui, porgendole il braccio mentre si reggeva col bastone.

Camminarono in silenzio per qualche minuto sino ad arrivare sotto un acero, le cui foglie avevano cominciato ad assumere la caratteristica tinta rossastra; sotto, c’era una tomba addobbata di fiori, fiori di ogni forma e colore, fiori bellissimi e profumatissimi che si muovevano piano al soffio del vento.

Saori restò interdetta per qualche istante a quella vista: “Ah, non guardare me!” esclamò con una sfumatura di allegria l’anziano religioso, intento a fumare allegramente una pipa, “Qualche giorno fa si sono presentati qui alcuni ragazzi in tuta da lavoro, tra cui un piccoletto che conosco molto bene, si sono offerti loro di addobbarla a questo modo, non so come abbiano fatto ma hanno scoperto che tu ogni anno in questo giorno vieni qui, Saori-chan, e mi hanno anche detto che questo è il loro regalo per te. Hanno aggiunto che non si può rimproverare nulla ai morti.” spiegò il sacerdote, “e che non è necessario che tu venga qui ogni anno. Perché loro non hanno più nulla contro tuo nonno, volevano che tu lo sapessi.” sorrise sornione.

Lady Kido, reincarnazione in Terra della Dea Athena sentì gli occhi pizzicare e le ginocchia cedergli.

Cadde sul terreno soffice e umido ma non le importava nulla perché il cuore le traboccava di una gioia improvvisa e senza confini.

Sapevano…

I suoi fratelli sapevano di quel rito che si perpetrava di anno in anno nel primo giorno di Settembre, il giorno in cui lei era venuta davvero al mondo, il giorno in cui un Aiolos morente l’aveva affidata a Mitsumasa Kido, il primo vero giorno della sua vita.

Nemmeno lei sapeva il motivo di quel rito annuale, era diventata ormai un abitudine a cui non era mai riuscita a rinunciare, come se non volesse veramente lasciare andare l’anima di suo nonno, come a volerlo continuamente ringraziare per qualcosa, aggrappandosi a un’anima che così facendo condannava a restare sulla Terra…

Era una cosa estremamente infantile, non adatta a una Dea, se l’era detto molte volte, ma il cuore non aveva voluto sentire ragioni.

Ma ora, aveva compreso.

Era cresciuta in quell’anno, era cambiata rispetto alla sua ultima visita a quel luogo, era cambiata tantissimo.

Ma era riuscita a farlo solo grazie a quelli che ormai erano suoi fratelli: non più solo i Bronze forgiati dal fuoco delle battaglie e dal sangue gli uni degli altri, ma la sua famiglia.

Loro avevano sotterrato i sentimenti malevoli che provavano, che giustamente provavano, e così facendo le avevano fatto capire veramente quello che doveva fare; doveva smetterla di farsi del male cercando un perdono che non poteva esserci perché non necessario e doveva lasciarsi alle spalle il passato.

“Ho già visto quello sguardo!” gemette scherzosamente il sacerdote, “Jabu-kun aveva la stessa scintilla.” rise lui; Athena lo guardò stralunata: “Cosa?” esclamò sorpresa, “Lo conosce?” domandò. Lui annuì: “Certo, quella peste di ragazzino dai capelli neri. Anche lui ci ha messo un po’ a capire quello che doveva fare; potrei ribattezzare il Santuario come Tempio Dei Compleanni, sono già due le persone che hanno imparato qualcosa nell’anniversario della loro nascita, che sia un segno del Buddha?” ridacchiò.

Poi, le passò un fazzoletto candido con un tenero sorriso stampato sul volto pieno di rughe: “Non preoccuparti, piccola Saori… Ci penso io a ripulire, ma tu ora hai qualcosa da fare… “ disse lui, tendendole una mano per aiutarla a rialzarsi.

Sì, aveva molte cose da fare.

“Io ti consiglio di andare nella foresteria del Tempio prima di andare…” le suggerì, sussurrandole all’orecchio: “Credo ci sia qualcuno che vuole vederti.”.

E Saori obbedì.

A passo malfermo, cominciò prima a camminare e poi, una volta ritrovata la fiducia nelle due gambe, a correre: e corse, corse, corse fino a raggiungere infine l’edificio in legno a lei tanto familiare da cui sentiva provenire qualche voce che borbottava, bassa e indecifrabile.

Sarebbe entrata, li avrebbe abbracciati e forse avrebbe anche pianto.

E non se ne sarebbe vergognata.

Anche questo voleva dire essere cresciuta.

   
 
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