Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Prof    21/10/2013    3 recensioni
[If I lose myself] Annie, dimmi per quale grande causa sei arrivata ad uccidere. Esci da lì dentro e fatti odiare. Parlami, spiegami, perché non è giusto, non è affatto giusto. Permettimi di odiarti, di odiarti con tutto il cuore.
[It'll be by your side] Per un attimo, per quel solo attimo, si dimentica di essere un guerriero.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Leonhardt, Eren Jaeger
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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If I lose myself






La sentinella fissa per troppo tempo e con aria troppo contrariata il foglietto stretto fra le mani perché il viso di Eren non si contragga in un’espressione torva.
Dopo qualcosa come un’eternità, con una smorfia stizzita, gli ripassa indietro il pezzo di carta sgualcito, dovendo cedere all’evidenza che quel permesso è stato redatto proprio dal pugno del comandante Zoe; si fa di lato, con una faccia annoiata, facendo segno al ragazzo di passare.
Eren biascica un “grazie” decisamente poco sentito, prima di addentrarsi nei sotterranei a passo sostenuto.





*



“Non è nulla di speciale. Ma se ti piace tanto quella mossa, posso insegnartela.”






I piedi che si staccano dal suolo, la repentina sensazione di essere sollevato, e prima ancora di poter capire cosa stia avvenendo, il dolore che si irradia per tutta la schiena, lasciandogli scappare un rantolo atono dalla gola.
Realizza troppo tardi di essere stato di nuovo atterrato, indifeso e dolorante, e prima che possa fare alcunché si ritrova il braccio catturato in una morsa ferrea, ogni possibilità di rivalsa ormai svanita.

Ahiahiahi! Annie! Ferma! Mi fai male! STOP!”

La ragazza indugia sulla presa, sorda alla preghiera, stringendo il braccio di Eren non senza una punta di divertito sadismo. Quando finalmente si reputa soddisfatta della smorfia dolorante che dipinge il volto del suo avversario, rilascia la presa. Annie si alza in piedi, sistemandosi il ciuffo di capelli biondi con gesto noncurante, facendo fatica a reprimere un mezzo sorrisetto compiaciuto dopo che, per l’ennesima volta in quella mattinata, ha atterrato Eren.

Lui, il petto che si alza e si abbassa a ritmo veloce alla ricerca di aria, rimane ancora sdraiato a terra, il viso contratto in una smorfia sofferente, braccia e gambe mollemente divaricate. Ne ha prese così tante quella mattina che Annie non può far a meno di chiedersi se non provi qualche piacere perverso nel farsi fare a pezzi oppure se sia semplicemente troppo stupido per rimanere intero.

Incapace di sopprimere un mezzo ghigno comparso a tradimento sulle labbra per la cattiveria appena pensata, si piega sulle ginocchia e gli porge la mano: “Sei un po’ deboluccio per le dichiarazioni altisonanti che spari.”

Eren arrossisce di botto prima ancora che possa avere anche solo pensato di alzare la propria di mano, colpito nel vivo; svia lo sguardo e gonfia le guance con un certo fare infatile, incapace di ribattere in alcun modo di fronte alla sfacciata evidenza dei fatti.

“Direi che per oggi… è abbastanza” borbotta.

Con lo sguardo basso, afferra la mano di lei e si tira in piedi.







Non sa come dopo la fine del loro allenamento si siano ritrovati seduti l’uno accanto all’altra, all’ombra di un grande albero, senza che ci sia stato alcun accordo preventivo, né che sia stata manifestata da parte di nessuno dei due la volontà di rimanere un altro po’ insieme. Molto più semplicemente, invece di svignarsela come al suo solito, Annie, per chissà quale oscuro motivo, ha deciso di rimanere lì, a degnarlo della sua presenza.

Rimangono così, inerti, avvolti da un impenetrabile quanto imbarazzante silenzio. Annie non parla, Eren non sa cosa dire che non possa essere inadeguato – ha provato a fare un po’ di conversazione, ma Annie ha risposto a stento a monosillabi, se non proprio atterrandolo fisicamente.

Per questo si stupisce quando è lei a prendere la parola, rompendo il silenzio senza alcun preavviso con parole ferme e calibrate.

“Davvero vuoi unirti all'Armata Ricognitiva?”

Nessun particolare tono ha assunto la sua voce, rimasta piatta e ferma, distante, come se la questione, benché posta da lei stessa, non la interessi davvero. O meglio, come se volesse tenersi a distanza, come del resto ha sempre fatto da tutto quello che la circonda.

Il volto di Eren si contrae in un’espressione rigida e tirata, prima di rispondere con un secco e deciso “Sì”. Non aggiunge altro, però, perché ogni altra spiegazione gli pare superflua, inutile.

Annie allora piega le ginocchia, e le stringe al proprio petto, raccogliendosi in se stessa; non pare abbia intenzione di ribattere, e perseguita nel non guardarlo, gli occhi azzurri velati di un’ombra che Eren non sa a cosa attribuire. Ancora, è distante, lontana da lui e dal resto del mondo, chiusa nel suo di mondo, fatto di pensieri oscuri e sconosciuti.

Di nuovo, si ritrovano senza nulla da dirsi.

“Sei proprio stupido come sembri.”

Sobbalza sul posto, tanto colpito dall’affermazione da incespicare nelle sue stesse parole. Apre bocca e vorrebbe urlarle contro che no, è lei quella che sbaglia, che non è affatto stupido, ma di fronte a tanto placido distacco, di fronte a quella calma apatica, persino la rabbia che lo brucia da dentro si acquieta, non trovando dove sfogarsi. Serra la mascella e stringe i pugni, lasciando che la schiena cozzi contro il tronco dell’albero con uno scatto iroso.
“Se essere stupido significa non accettare di vivere come una bestia in trappola, allora preferisco essere uno stupido!” ringhia, piccato.

Annie non si muove, né dice niente, priva di qualsiasi intenzione di reagire. I suoi occhi sono fermi su un punto non meglio precisato di fronte a lei, la sua mente ancora sprofondata in recessi oscuri e ignoti.
Distrattamente, Eren si ritrova a pensare quanto siano belli quegli occhi – ma di una bellezza irrequieta, disturbante, velata da una tristezza atavica impossibile da identificare.  
“Annie?” la chiama, arrischiandosi a poggiare una mano sulla spalla di lei per scuoterla appena.

Sbatte un paio di volte le palpebre, e il suo sguardo si fa ancora più denso di malinconia.
“Mi piacerebbe che il mondo fosse semplice come credi tu.”

Un breve sospiro, e, mollemente, si rialza in piedi, lasciando un confuso Eren a terra. Si volta, e finalmente, per la prima volta da quando si sono concessi quella pausa, lo guarda dritto negli occhi. Gli porge la mano, ed Eren la stringe con la fiducia di un gesto ormai naturale.

“Vedi di non morire troppo presto, Jaeger.”





*





C’è puzza di muffa e dell’odore acre delle torce che costellano i corridoi; l’aria stantia è pregna di un'umidità tale da penetrargli nella pelle, nelle ossa, nell’animo, facendolo rabbrividire sempre di più mano a mano che scende nei recessi dei sotterranei. Non ha incontrato anima viva da quando si è addentrato lì sotto, e il silenzio è così opprimente che quasi può avvertirne il peso gravargli sul petto, togliendogli il respiro.

Annie è rinchiusa nella cella più profonda dei sotterranei, più lontana da qualsiasi via uscita, prima ancora che nel suo stesso bozzolo di cristallo.
Eren supera le sbarre e si addentra nella stanza, debolmente illuminata da sparute torce ad olio. Qui e lì, giacciono fogli ricoperti dagli appunti di Hanji.

Si avvicina a quell’involucro mostruoso, ne carezza con la punta della dita la superficie liscia e fredda che la imprigiona, che la separa da tutto e da tutti, da un mondo di cui non è mai stata parte, da lui.
Fissa il volto di Annie imprigionato nel cristallo. Pare dormire, un sonno quieto e senza sogni. Non sa nemmeno se è viva, lì dentro. Non sa nemmeno se sta guardando il cadavere di qualcuno ormai diventato un pezzo del suo passato.






Annie, dimmi per quale grande causa sei arrivata ad uccidere.
Esci da lì dentro e fatti odiare.
Parlami, spiegami, perché non è giusto, non è affatto giusto.
Permettimi di odiarti, di odiarti con tutto il cuore.
Perché, non ci riesco.



Annie, sopravvivi.












Note: sapete quando partite con le migliori intenzioni, e nella vostra testa sembra tutto chiaro e cristallino, e poi passate alla pratica ed esce fuori una cosa che non avevate preventivato, e rimanete lì, impalati, a fissare 'sta cosa, incapaci di dire se è bella, brutta, sì, no, nì, boh. Beh, è quello che sto provando io in questo momento. Però, a furia di rileggere questa fanfiction, mi ci sono affenzionata. Scusatemi, mi sa che ve la dovete sorbire così. :( E per aggiungere peggio al peggio, ho anche pronte due brevi flash correlate. No, no dai, non scappate!
Titolo dall'omonima canzone dei OneRepublic.
   
 
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