Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: Princess of the Rose    21/10/2013    2 recensioni
Ossia, la storia di come Germania (Ludwig) scoprì cosa effettivamente fosse il ricciolo di Veneziano...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: 2p!Hetalia, Axis Powers/Potenze dell'Asse
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Through the Looking-Glass and what Hetalians found there'
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Oibò, signore e signori, popolo di hetaliani.
Ascoltandola 'Terra's theme' da Final Fantasy VI da almeno mezz'ora, con due long fic all'attivo che non so quando aggiornerò (per una delle quali ho proprio perso la speranza e la voglia di scrivere ç-ç) e un'altra assai dark e sperimentale in cantiere, ecco che do un altro mio piccolo contributo a questo fandom che recentemente sta risorgendo dalle ceneri.
Questa fic nasce dopo aver rivisto un po' di strip "antiche", cercando di riprendermi da quel brutto colpo che è stato "Davie" (a buon intenditor... ti capisco, amica/o, io sto ancora versando lacrime amare ç_ç ), tra le quali capitò proprio quella in cui Germania fa delle scoperte a metà su Veneziano.
Ormai credo sia risaputa la mia ossessione per i 2p, e nonostante in tempi recenti stiano perdendo smalto, non posso non conderarli un po' i miei figliocci - con tutto il tempo che ho passato per delinearne il carattere ci mancherebbe pure che li disprezzo, ma vabbè - e utilizzarli non appena posso per le mie tortur - ehm, storie, ecco. ^^' Come in questo caso. 
Piccola didascalia dei nomi, così non vi confondete - a sinistra gli 1p, a destra i 2p:
Italia del Nord:
Feliciano Vargas - Marco Vargas
Germania: Ludwig Beilschmidt - George (Joseph) Beilschmidt
Giappone: Kiku Honda - Hidekaz Honda
Stati Uniti d'America: Alfred F. Jones - Timothy Jones
Inghilterra: Arthur Kirkland - Oliver Kirkland
Francia: Francis Bonnefoy - Jean Baptiste Bonnefoy
Russia: Ivan Brajinskij - Aleksej Braginskij
Canada: Matteu Williams - Lorenz Williams

Enjoy!


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Ludwig aveva sentimenti contrastanti nei confronti dell’altro mondo: una parte di sincera curiosità, di pura e semplice sete di conoscenza per quel posto così apparentemente antitetico sbucato improvvisamente dal calderone di Inghilterra dopo << Un esperimento andato male, fuck. >>; di inquietudine, per il comportamento incoerente e anche abbastanza schizofrenico di alcune di quelle “altre” nazioni che neanche troppo raramente sfociava in violenza; di irritazione, per la condotta da ‘padroni di casa’ che avevano assunto non appena era migliorata la confidenza, con consigli invadenti e velati commenti ironici sulla loro attuale situazione.
Mentre osservava l’Italia del Nord dell’altra dimensione riposante su un divanetto della sala conferenza, a dominare era soprattutto l’irritazione.
A dire il vero, ancora doveva capire cosa diavolo fosse successo: la riunione del “G8.1p+G8.2p”, come l’aveva soprannominata Alfred, era iniziata alle nove e dodici precise – e non alle nove come precedentemente previsto, a causa di Francis e Feliciano che non si erano alzati in tempo ed erano  arrivati irrimediabilmente in ritardo – con una pioggia infernale battente sulle vetrate della sala creando un frastuono che costringeva i presenti ad urlare per farsi capire; tutto era relativamente filato liscio fino alle undici e venticinque, quando avevano iniziato a discutere della crisi che affliggeva la loro dimensione da tempo, mostrando dati riguardanti l’andamento delle borse, della produzione industriale, l’oscillazione dei grafici riguardanti la disoccupazione e l’impiego giovanile, e tutte le informazioni che avrebbero potuto dare una panoramica della loro attuale situazione, e magari ricevere qualche consiglio prezioso.
Poi, inspiegabilmente, Marco – questo il nome del Settentrione italiano dell’altro mondo – fino a quel momento concentrato e con lo sguardo violetto fisso sui fogli che aveva davanti per confrontare gli andamenti dei cicli economici in vari anni, aveva sussultato violentemente, a respirare con affanno senza aver compiuto sforzi apparenti, una mano aveva artigliato la stoffa della camicia a livello del cuore, e un lieve tremore aveva preso a scuoterlo mentre i suoi occhi si erano appannati. George – colui che Ludwig poteva forse definire suo alter ego – aveva interrotto il discorso di Alfred non appena si era accorto di quanto stava accadendo, si era alzato di colpo facendo cadere la sedia e si era avvicinato a Marco, afferrandogli la mano libera e stringendola con forza, mentre anche Hidekaz si alzava per prendergli la testa e tenerla ferma. Dopo qualche minuto di stallo, dove aveva regnato un pesantissimo silenzio, Marco aveva scosso la testa e aveva iniziato a lamentarsi di dolori alla schiena e alle gambe; Jean Baptiste aveva imprecato sottovoce, e aveva chiesto immediatamente di sospendere la riunione e di uscire dalla stanza, perché il suo frére non si sentiva bene e aveva timore a muoverlo dalla sua posizione; Alfred, che ospitava la riunione, con in volto un’evidente confusione riscontrabile un po’ sul volto di tutti, tranne di coloro che venivano dalla dimensione di Marco, aveva annuito silenzioso, mentre Arthur sospirava pesantemente e faceva segno agli altri di lasciare lì le proprie cose e di sbrigarsi ad uscire, senza però nascondere una certa seccatura.
Erano usciti dalla sala tutti tranne che Marco, Hidekaz, George e Jean Baptiste. Alfred aveva suggerito di anticipare la pausa, visto che tanto mancavano pochi minuti al suo inizio, e subito si era diretto verso le macchinette per prendere qualche schifezza, trascinandosi appresso Kiku e un imprecante Arthur; Ivan, sorridente come al solito, si era avvicinato a quell’omone dai capelli biondo platino e con gli occhi rossi che era il suo alter ego, Aleksej, il quale si era immediatamente nascosto  dietro Timothy – l’altro America – prima di venire trascinato da entrambi verso il bar, ridotto in lacrime e lamenti – e alquanto inquietante fu il commento di Ivan su Timothy: << Un Amerika alquanto simpatico e con un gran senso dell’umorismo. >> ; Feliciano e Oliver si erano messi a discutere di cucina, e si erano incamminati anche loro verso il bar, seguiti da Francis, che riusciva ad intromettersi ogni tanto nel discorso senza però riuscire a superare lo shock di vedere un così cordiale Inghilterra – e senza perdere occasione per poter flirtare con loro; i due Canada, Matthew e Lorenz, si erano diretti in bagno, per poi non essere più avvistati per tutta la pausa. Ludwig, dal canto suo, era andato in bagno, si era dato una sistemata cercando di ignorare gli strani rumori provenienti da dietro una delle porte, aveva preso un caffè al bar senza avere il coraggio e soprattutto la voglia di fermare Timothy e Ivan dal bullizzare Aleksej con dei cucchiaini di plastica – non era cosa da tutti giorni, del resto, vedere un essere così grosso come il rappresentante della Russia venire messo in ginocchio dal suo acerrimo nemico e da se stesso: anzi, aveva un che di sottilmente ironico*- aveva controllato la sua posta elettronica tramite il tablet e, passato un quarto d’ora abbondante tra applicazioni aperte e subito richiuse, era tornato nella sala riunione per trovarla completamente vuota salvo per Marco, sdraiato su un divanetto con quella che riconobbe essere la giacca di Jean Baptiste a coprirlo a mo’ di coperta, in posizione fetale per trovare la maggiore comodità su uno spazio così ristretto; e nessuno, probabilmente, sarebbe tornato prima di altri dieci minuti.
Perfetto, ricapitolando: la riunione era iniziata tardi e nel peggior tempo atmosferico possibile – e l’umidità dovuta alla pioggia penetrata nella stanza e che Ludwig sentiva fin dentro le ossa ne era la prova – si erano ritrovati a discutere con tipi inquietanti e dannatamente irritanti usciti da un calderone un anno e mezzo fa, uno di questi si era sentito male e si erano ritrovati praticamente cacciati dalla loro sala riunioni, e adesso il “malato” dormiva beato su un divano nel pieno del lavoro? Ma la professionalità, questi esseri dell’altro mondo, la conoscevano?
Irato, il tedesco si avvicinò all’alter ego dell’Italia del Nord e gli si inginocchiò vicino, iniziando ad osservare l’altra nazione per ingannare il tempo; e più annotava mentalmente i particolari del suo volto, e più tutta quella situazione diventava sinistra, schiaffandogli in faccia tutta la sua irrazionale realtà; quel ragazzo era identico a Feliciano in una maniera disturbante, considerando come fossero diversi caratterialmente: lo stesso volto ovale, il naso all’insù, gli zigomi alti, le fossette ai lati della bocca, Gott perfino lo stesso taglio di capelli e le mani affusolate con le macchie di colore sotto le unghie! Ma dove Feliciano era pavido, di buon cuore e fedele, Marco era ardito, sadico e assai poco meritevole di fiducia, per quel poco che aveva potuto vedere. Doveva ammetterlo, quel ragazzo gli dava un gran senso di disagio, forse per quel mezzo sorriso che sfoggiava in ogni occasione, così diverso da quello genuino e un po’ ebete del suo migliore amico e a cui era inevitabilmente abituato.
In verità, tutto quell’altro mondo era una continua fonte di fastidio, a partire da George: già di per sé era un ragazzo che destava timore alla sola vista, con la sua massa imponente – era così che gli altri si sentivano quando lo guardavano? Erano così intimoriti da lui? - e le cicatrici in bella vista sul volto e sul braccio, e l’espressione che spesso tradiva  una certa infastidita stanchezza. Poi, appena imparavi a conoscerlo meglio, quella che sembra un’arrabbiatura perenne nascondeva l’essere più selvaggio che Ludwig avesse mai avuto la sfortuna di incontrare: era molto poco paziente, si annoiava con una facilità estrema e per rallegrarsi un poco non esitava a mettere su siparietti degni del più stupido dei dementi, era inopportuno e anche piuttosto menefreghista; ma la cosa che più mandava in bestia Ludwig era il suo essere rumoroso e indelicato quanto un elefante in una piccola cristalleria, specie quando nei paraggi c’era Marco: a quel punto, George dava il meglio di sé, tra << Mein süsse lieber! >> urlarti nel bel mezzo di una conversazione – perfino se era presente il suo capo, povera donna! – appostamenti dai quali sbucava improvvisamente col rischio di far prendere un infarto ai presenti non appena l’italiano entrava nel suo campo visivo, e un inquietante quanto fastidioso atteggiamento da stalker ossessivo nei confronti di Marco, che rispondeva con imprecazioni, insulti, e calci mirati alla faccia del tedesco che lasciavano la loro rossa impronta per un bel po’ di tempo. Ma nulla di quello che faceva era in grado di far desistere George dall’almeno diminuire le sue invasive attenzioni, e di evitare di diventare un pericolo pubblico: si, perché se notava qualcuno troppo vicino a Marco, o gli dava troppa confidenza, non esitava dall’andare dal povero malcapitato e osservarlo con sguardo minaccioso prima, e con atteggiamenti intimidatori poi se il messaggio non era stato recapitato.
E a Marco, salvo tirare pugni al tedesco per stordirlo il tempo necessario per evitare che la situazione degenerasse, non restava altro che sospirare pesantemente e malinconicamente, imbarazzato.
E tutti quegli altri non erano certo messi meglio: Aleksej era codardo  e timido in maniera direttamente proporzionale a quanto era alto e grosso; Timothy era peggio di George per quanto riguardava l’essere casinista; l’alter ego di quel paese che stava sopra Alfred a malapena faceva notare la sua presenza, e sembrava sempre schifato da qualunque cosa osservasse; Jean Baptiste era estremamente rozzo, e non faceva nulla per darsi almeno una sistemata; Hidekaz era perennemente di cattivo umore, e sembrava aver preso in sincera antipatia tutto il mondo – compreso quello di sua provenienza; Oliver sembrava essere il più normale di tutti, salvo per quella sinistra ossessione per le tortine di strani colori che offriva a tutto e a tutti.
E questi erano solo i membri del G8: per sua somma sfortuna, c’era ancora un mondo intero da scoprire. Che. Bello.
Ludwig sospirò pesantemente, massaggiandosi gli occhi e ricontrollando l’orologio. Non erano passati che pochi minuti, e nessuno sembrava volersi degnare di arrivare per poter riprendere la riunione. Non che con uno svenuto Italia del Nord potessero andare molto lontano comunque, del resto.
Un lieve lamento riportò la sua attenzione sul divanetto e sul suo ospite: Marco si era stretto nella giacca, le sue ciglia avevano preso a tremare leggermente e il suo respiro si era fatto più irregolare, ma non sembrava sul punto di svegliarsi. Ludwig rifletté per qualche istante, per poi poggiare una mano sulla fronte dell’altro: evidentemente il sudore doveva essere stato rimosso prima, nonostante ci fosse ancora qualche residuo, ma non c’erano tracce di febbre. Ma allora che era successo prima?
Fece per togliere la mano, ma accidentalmente sfiorò il ricciolo che sbucava dal lato sinistro dell’altra nazione: quest’ultima si irrigidì immediatamente, si strinse ancora di più nell’indumento di Jean Baptiste, e le sue guance riacquistarono improvvisamente colore.
Ludwig osservò incuriosito quel cambiamento, per poi concentrare la sua attenzione sul ricciolo. Sapeva che era un capello particolare: nonostante gli anni passati non aveva ancora capito che tipo di effetto avesse, ma sapeva che bastava anche toccarlo in modo leggero per zittire immediatamente sia Feliciano che Lovino. Aveva ipotizzato che potesse dargli un forte disagio, forse addirittura un lieve dolore, e anche se Feliciano era un’enorme seccatura il più delle volte, era raro che usasse quel metodo per zittirlo – nonostante tutto gli voleva troppo bene per potergli fare del male.
A pensarci bene, la reazione di Marco era stata molto simile: un improvviso rossore, un irrigidirsi apparentemente ingiustificato, e avrebbe potuto scommettere che l’italiano si sarebbe zittito subito nel caso stesse parlando.
Quasi inconsciamente, Ludwig tirò leggermente il ricciolo, e Marco emise un lieve sospiro; picchiettò la punta, e l’altro si mosse leggermente, senza però scostarsi da quel tocco; fece passare il dito lungo tutta la lunghezza, e l’italiano si girò supino improvvisamente, sottraendo il ricciolo da quel tocco invadente, ormai sicuramente sveglio nonostante gli occhi ancora chiusi.
Ludwig sussultò, ora conscio di quanto avesse appena fatto, e già pronto a scusarsi per quel gesto che sicuramente gli aveva provocato enorme disagio. Marco aprì leggermente gli occhi, e il tedesco notò che erano lucidi, aveva le guance rossissime e sembrava piuttosto frustrato - che toccare quel ricciolo desse veramente così tanto disagio?
Marco spostò lo sguardo su di lui, e sembrò impiegare qualche secondo a riconoscerlo; poi richiuse gli occhi, le sue labbra si piegarono in un mezzo sorriso,  e Ludwig non ebbe neanche il tempo di realizzare cosa stesse succedendo che le mani dell’italiano lo avevano afferrato per le spalle e spinto in basso, mentre quest’ultimo si era alzato leggermente in modo da far incontrare le loro bocce a metà strada.
Il tedesco si pietrificò sul posto, completamente rosso in volto, mentre le labbra di Marco si muovevano sulle sue come per incitarlo ad aprirle. Ma che stava succedendo? Perché Marco lo stava baciando? E che- oh Gott, era la sua lingua quella? Voleva infilargli la lingua in bocca?! Oh Gott, che schifo! E dove trovava tutta quella forza per tenerlo fermo per impedirgli di scostarsi da quell’indesiderato contatto? O forse era lui che non riusciva a muoversi per lo shock?
Dopo un interminabile minuto, Marco si staccò dalla sua bocca, solo per spostarsi sulla sua guancia e far sfiorare i loro nasi: << Mh, George, >> lo aveva scambiato per l’altro Germania?! Verdammdt! << dimmi che questa riunione del cazzo è finita e possiamo tornarcene a casa. Questi deficienti mi hanno veramente rotto. >>
Riunione del cazzo? Deficienti? Era quello che i loro alter ego pensavano veramente di loro? Brutti schifo-
<< Andiamo a casa, >> Marco, evidentemente ancora non pienamente cosciente di chi stesse sbaciucchiando da svariati minuti, si aggrappò ancora più saldamente alle sue spalle, continuando a parlare con voce bassa e maliziosa, << chi se ne frega di Jean, dai. Io devo ancora provare quel costume da Super Mario, e se non sbaglio avevi dei tubi rotti a casa, no? >>
Costume da Super Mario? Tubi rotti? Gott, ma che stava succedendo?! E poi Marco non era quello che a malapena riusciva a sopportare George? Perché adesso parlava come se stessero - oh Gott in Himmel, gli stava leccando la guancia! E quelle cose che stava dicendo – Cristo Iddio, ma le stava sentendo davvero? Che brutto effetto sentire quelle cose da una bocca così simile a quella di Feliciano, dell’innocente Feliciano, che probabilmente neanche poteva immaginare un decimo di quanto stava sentendo in quel momento – e che a dire il vero non sarebbe riuscito ad immaginare neanche lui.
<< Amore… dai… casa. >> continuava a mormorare contro la sua guancia, grattando le unghie sul suo scalpo, e verdammdt perché non riusciva muoversi!? Marco allentò leggermente la presa, e ricadde sul cuscino con il sorrisetto disinibito sul volto, gli occhi ancora un po’ lucidi ma che riacquistavano chiarezza attimo dopo attimo; e dopo qualche secondo di stallo, la sua espressione mutò da disinvolta a sorpresa una volta compreso l’equivoco in atto, e da sorpresa ad irata nel giro di pochi secondi, e Ludwig non ebbe neanche il tempo di realizzare cosa stesse succedendo che Marco lo colpì in pieno volto con un gancio degno di un pugile – dove l’aveva trovata di colpo tutta quella forza? – scaraventandolo a terra.
<< Gottverdammdt! >> disse, tenendosi la guancia e il naso pulsanti di dolore, e controllò la mano per vedere se uscisse del sangue, e fortunatamente con c’era traccia del liquido scarlatto; poi, si voltò verso Marco, che si era messo seduto sul divano e lo stava guardando come se fosse l’essere più spregevole del mondo, una mano posta attorno al ricciolo come per tenerlo al sicuro da un eventuale attacco: << Tu! >>
<< Ma sei scemo! Potevi rompermi il na- >>
<< Maledetto pervertito! >> urlò l’italiano, facendo sbucare dalla manica della mano libera un coltello e lanciandoglielo contro; Ludwig lo schivò all’ultimo minuto, osservandolo con orrore mentre tutta l lama si conficcava nel pavimento.
<< M-Ma che- >>
<< Non osare avvicinarti bastardo! >> gli intimò Marco, prendendo un altro coltello – ma dove diavolo nascondeva tutti quegli affari infernali?! – e puntandoglielo contro, senza spostare la mano dal suo ricciolo, << Non credevo che in questo mondo foste anche dei pervertiti! >>
<< P-Perverti? M-Ma che s-stai- >>
<< Italien! >> la porta della sala riunione si spalancò di colpo, lasciando entrare un gruppo di nazioni trafelate capeggiate da George, << Italien che è successo?! >>
<< V-Ve, Ludwig? >> Feliciano si fece largo tra Francis e Oliver, osservando con preoccupazione la guancia rossa del suo amico, << Ma che è successo? >>
Ludwig provò a rispondere, ma Marco fu più veloce, e le sue parole furono pericolose come un proiettile che frantumava un vetro, : << Mi ha molestato! >>
Cadde il silenzio per dieci secondi esatti; dieci lunghissimi a maledettissimi secondi in cui nessuno provò anche solo a fare uscire un sospiro dalla propria bocca.
La maggiora parte dei presenti altalenava lo sguardo tra l’italiano, rosso in volto dall’imbarazzo e dalla rabbia, e il tedesco, con ancora la guancia fortemente arrossata e un’espressione di puro sbigottimento sulla sua faccia; Feliciano aveva addirittura gli occhi aperti, e aveva lo sguardo fisso sul suo migliore amico senza che alcuna emozione trapelasse da esso; Kiku, passato lo stallo, adocchiò Hidekaz che poggiava la mano sulla tasca dei pantaloni, e sembrava in allerta, come se stesse aspettando una catastrofe imminente, e quando osservò su cosa, o meglio, su chi il suo alter ego aveva posato lo sguardo, comprese il motivo di tanta preoccupazione: George era immobile, teso in avanti come se non stesse aspettando altro che un segno per poter saltare addosso a Ludwig, che guardava con un astio simile a quello di un lupo nei confronti del cacciatore che ha preso di mira il suo branco, e anche lui teneva una mano sopra la tasca dei pantaloni.
<< Quoi? >> Jean Baptiste ruppe il silenzio, avvicinandosi a Marco e controllare che non avesse addosso alcuna ferita, << Che vuol dire che ti ha molestato? >>
<< Che vuol vuole dire che  mi ha molestato secondo te, eh? >>
<< Ma non è vero! Io non ti ho molestato! Che vai dicendo!? >> si difese Ludwig, e notò con orrore il rabbuiarsi dello sguardo di molti dei presenti, sentendosi anche un po’ ferito. Davvero lo pensavano capace di un atto così vile?
<< Allemagne, mi deludi, >> disse Francis, sorridendo leggermente, << non è così che si fa la corte ad un ragazzo, mon amì. >>
Parole esplosive: non solo Ludwig si ritrovò il viso quasi più rosso della sua guancia indolenzita, ma George ebbe un violento sussulto, mentre con lentezza calcolata prendeva qualcosa di sinistramente lucente dalla tasca.
<< M-Ma quale corte! Hai completamente frainteso! >>
<< Ve, corte? >> Feliciano inclinò lievemente il capo, perplesso e sorpreso, per poi rivolgersi al suo amico con un sorriso intenerito sul volto, << Ludwig ti piace Marco? >>
<< Nein! Non è così! Non è assolutamente così! >>
<< How sweet! Effettivamente, avevo notato che il vostro Germany guardava Marco di sottecchi durante la riunione, ma non pensavo che fosse per un motivo così dolce! >> esclamò Oliver, deliziato.
<< Ma non è vero! Non mettetevi intesta strane idee verdammdt! >> Ludwig, ormai più rosso di un pomodoro di Spagna, cercava invano di recuperare la situazione: nessuno stava badando a lui, e quelli che si degnavano di fraintendevano completamente la situazione.
<< Ludwig è un po’ tsundere, vero? >> chiese Hidekaz a Kiku, il quale si ridestò dall’osservare la mano del suo alter ego ancora poggiata sulla tasca e rispose: << F-Forse un poco. >>
<< Tsundere, e che vuol dire? >>chiese Timothy, intromettendosi nella conversazione con sommo fastidio per Hidekaz, il quale storse il naso prima di rispondere seccatamente:  << Una persona che nasconde i suoi veri sentimenti dietro un atteggiamento burbero, Timothy-kun. Non dovrei essere sorpreso, ma la tua ignoranza non ha mai veramente fine.
<< Ehi! >>
<< Invece di fare commenti idioti, qualcuno si vuole degnare di capire che sono stato molestato!? Non è una cosa su cui scherzare! >> urlò Marco, osservando con astio crescenti i presenti.
<< Marco, mon amì, ti chiedo a nome di Allemagne di perdonarlo, >> disse Francis, sedendosi vicino all’italiano con fare amichevole, << è un totale… come dire… imbecille, quando si tratta di questioni amorose. Sono sicuro che non l’ha fatto con cattive intenzioni. >>
<< Non mi interessa! >>
<< Aw, dai Marco, sono sicuro che Francis ha ragione, >> Oliver si avvicinò per dare manforte al francese, con un sorriso larghissimo sul volto, << dagli almeno una chance, sarà stata la timidezza. >>
<< Uhuh, certo che questo Italya è parecchio scontroso. Se non conoscessi Feliciano, direi che mi farebbe quasi paura. >> disse Ivan guardando compiaciuto Marco mentre cercava di assestare un calcio nello stinco di Oliver, prontamente fermato da Jean Bapstiste.
<< L-Lui fa paura. >> si lamentò Aleksej, ricordando tutte brutte esperienza in qualche modo collegate all’italiano.
<< Ehi, Arthur, secondo te Aleksej è davvero il rappresentante della Russia? È così diverso da Ivan. >> sussurrò Alfred, rimasto fino a quel momento in disparte, all’orecchio dell’inglese, osservando con perplessità quel ragazzo gigantesco che tremava come una foglia, perso in chissà quali ricordi. Arthur non gli rispose, ma era facile intuire che condivideva le stesse perplessità della sua ex-colonia.
<< Vuoi smetterla di mentire!? Io non ti ho molestato! >> Ludwig riuscì finalmente ad alzarsi in piedi, continuando a massaggiarsi la guancia.
<< Ah no! E come lo chiami toccarmi e baciarmi mentre sto dormendo? >>
<< A parte il fatto che tu non stavi dormendo. Io non ti ho baciato, sei stato tu a baciare me!  >>
<< E come avrei fatto a baciarti da addormentato? >> chiese Marco, alzandosi in piedi troppo in fretta e ricadendo subito sul divano a causa di un giramento di testa, << Ouch! >>
<< Sta giù Marco, sai che è meglio non fare sforzi in… questi casi. >> disse Jean Baptiste, massaggiando piano la schiena dell’altro.
<< Non lo so, mi hai scambiato per lui! >> replicò Ludwig e indicò George, il quale non ebbe alcuna reazione apparente a quello scambio di battute se non continuare a guardare male il suo alter ego.
Marco arrossì violentemente e fece per rialzarsi e pugnalare il tedesco con il suo coltello, ma Jean Baptiste lo afferrò per la vita e lo tenne fermo prima che potesse creare ulteriore scompiglio.
<< Dai Marco, capisco il sentirsi violati ma sono sicuro anch’io che Ludwig non aveva brutte intenzioni. >>
<< Ah si? E allora come lo spieghi il tirarmi il capello?! >> urlò l’italiano, indicando il ricciolo. Feliciano sussultò leggermente, osservando Ludwig con preoccupazione, sperando che i suoi timori fossero infondati e che il tedesco non dicesse nulla di sconsidera-
<< Ma cosa c’entra il tuo ciuffo? Serve semplicemente a zittire voi italiani, lo sempre fatto con Feliciano! >>
… Merda!
Ludwig non si accorse subito del cambiamento di Feliciano, di Kiku e di Francis: il primo sussultò violentemente, e si batté una mano sulla fronte; il secondo arrossì violentemente, guardandosi attorno e vedendo la confusione nello sguardo di quasi tutti i presenti; l’ultimo rise leggermente, divertito da quell’equivoco, impallidendo però quando notò  George che si avvicinava a Feliciano.
<< Feli posso? >>
<< Ve, cos- ah! >> il tedesco non aspettò una risposta, e afferrò il ricciolo di Feliciano, tirandolo piano verso di sé. L’italiano arrossì violentemente, si sporse leggermente in avanti, e la sua voce tremava leggermente mentre pregava George di lasciarlo andare.
<< Ehi giù le mani! >> Ludwig si avvicinò ai due, ma venne inchiodato a pochi passi dallo sguardo glaciale del suo alter ego.
<< È così che tratti i tuoi amici? >> sibilò George, lasciando andare il ricciolo di Feliciano, << Molestandoli? >>
<< M-Mole- ma che diavolo dici! Io non ho mai molestato nessuno! >>
<< Ah no? E quello come lo chiami!? >> domandò l’altro, indicando Feliciano che tremava violentemente mentre proteggeva il suo capello con entrambe le mani e osservava i due tedeschi con le lacrime agli occhi.
<< Come lo chiamo? E come dovrei chiamarlo, scusa? >> Ludwig era sempre più confuso, incapace di capire cosa ci fosse di così grave nel toccare quel ricciolo. Che facesse davvero male, molto più di quanto aveva immaginato? Eppure Feliciano non si era mai lamentato di dolore, o almeno non gli era mai sembrato che soffrisse. Rossore, gemiti, improvviso abbassamento della voce, corpo in tensione: se non era dolore che poteva essere? Spostò lo sguardo su Marco, che ancora lo guardava con astio, mentre Francis sogghignava malignamente, evidentemente divertito dalla sua confusione. Gli rivenne in mente il momento in cui Marco lo aveva baciato, il suo sorriso malizioso prima che si rendesse conto di quanto stava accadendo; se tirargli il ricciolo gli dava davvero dolore, era improbabile che dopo potesse essere così sereno. Ma allora che cosa poteva dar- oh.
In quel momento, comprese.
Rossore, sospiri rarefatti, occhi lucidi, quell’improvviso ripiegarsi su se stesso: no, non era dolore, era l’esatto contrario del dolore! Gott, ma come aveva fatto a non capirlo prima? Si insultò mentalmente, mentre quella rivelazione lo faceva arrossire nuovamente fino alla punta dei capelli, e con sbigottimento e dispiacere lanciò un’occhiata a Feliciano, il quale sospirò piano e evitò accuratamente di ricambiare il suo sguardo.
<< Ehm, >> con imbarazzo crescente, Ludwig si voltò verso Marco, << i-io n-non, ecco, io non s-sapevo c-che- >>
<< Non sapevi cosa fosse il ricciolo di Italie, Allemagne? >> Francis rise leggermente, mentre Arthur e gli altri gli lanciavano sguardi interrogativi, incapaci di capire cosa stesse succedendo.
<< Kiku, da quanto Ludwig-san conosce Feliciano-san? >>
<< Ehm, >> Kiku non seppe se dire la verità o meno, anche perché George sembrava non stesse aspettando altro che un pretesto per poter saltare addosso a Ludwig, ma alla fine optò per la sincerità, confidando nel buonsenso del tedesco e soprattutto nei riflessi pronti di tutti i presenti, << d-da un secolo circa. >>
 << Un secolo? E  in un secolo lui non sapeva che il ricciolo di Feliciano-san è- >>
<< Non c’è bisogno di dirlo ad alta voce Hidekaz! >> Marco interruppe l’amico, lanciandogli occhiate di fuoco cariche di imbarazzo.
<< Sto solo spiegando cosa è successo, Marco-kun. Anche perché sono ben pochi quelli che hanno capito cosa sta succedendo dentro questa stanza e ci tengo a fare buona informazione. >>
<< Tu vuoi solo mettermi in imbarazzo! >>
<< Anche quello. >> ammise Hidekaz, schivando per tempo un coltello mirato alla sua fronte, che si andò invece a conficcare a pochi centimetri dalla spalla di Aleksej, il quale si nascose sotto la giacca del suo alter ego supplicando di essere protetto.
<< A-Aspettate un attimo, >> Ludwig, che ancora faticava a procedere quanto appena compreso, si girò verso Feliciano in cerca di conferme e soprattutto di aiuto, << n-non è come penso io, v-vero? N-Non è che, insomma, q-quello è u-una, u-una- >>
<< V-Ve, Ludi… C-Credevo tu lo sapessi. >> pigolò Feliciano, arrossendo ancora di più. La mascella del tedesco toccò terra per lo shock nel vedere i suoi timori confermati.
<< Wait a second, che diavolo sta succedendo? >> Arthur si avvicinò a Francis, in cerca di risposte che il francese si divertì a non dargli.
<< Mh, non ho capito. Che cos’è il ricciolo di Italya? >> chiese Ivan, e fece per avvicinarsi all’italiano per poter tirare quel curioso capello, ma Aleksej lo tenne al suo posto tirandolo per la giacca.
<< N-Non andare via, proteggimi! >>
<< Andiamo Aleksej, non fare il fifone. Mica vogliono accoltellarti. >> scherzò Timothy mentre muoveva la sua mazza chiodata nell’aria, con l’unico risultato di far andare ancora più nel panico il povero russo.
<< Jean, è quello che penso? >> chiese Oliver, sorridendo imbarazzato. Jean Baptiste scosse mestamente la testa, trovando quella situazione ai limiti dell’assurdo. Oliver, dal canto suo, ridacchiò brevemente per qualche istante prima di sedersi pesantemente sul divano quando sentì le sue gambe cedere sotto il peso dell’imbarazzo.
<< Tu, >> la voce di George, simile ad un ringhio, destò l’attenzione i tutti, << tu lo conosci da un secolo, e vuoi farmi crede che non sai che cosa sia quel ricciolo?! >>
<< Ehm,>> effettivamente sarebbe suonato strano anche a  lui se le parti fossero state invertite; Ludwig non sapeva cosa fare, né riusciva a trovare un modo per poter giustificare la sua mancanza di tatto e di intuitività, << i-io sono a-assolutamente d-dispiaciuto, giuro che i-io non sape- dove lo hai preso quello!? >>
George non gli rispose, e alzò il coltellaccio – preso dalla tasca posteriore dei pantaloni - all’altezza del petto, pronto all’attacco: << Non mi interessano le tue scuse. Già non sopporto i molestatori, figuriamoci se poi i bastardi come te osano toccare Marco con le loro luride mani! >>
Ludwig indietreggiò, sudando freddo mentre osservava la lama del coltello riflettere sinistramente la luce dei lampadari – ma come aveva fatto a fare entrare quell’arma nell’edificio senza che nessuno gli avesse detto qualcosa?
<< George, metti via quel coso! >> Marco si alzò in piedi, improvvisamente serio e inquieto; Jean Baptiste sospirò pesantemente, conscio che quella riunione non sarebbe potuta finire altrimenti che con una rissa all’ultimo sangue.
<< Siediti Marco. Finisco questo essere ignobile e sono subito da te. >>
<< N-Non ce ne è bisogno, George, metti via quell’affare, andiamo! >> Marco gli si avvicinò, evidentemente esasperato, e posò una mano sulla sua spalla, << Forza, dammelo. >>
George inspirò ed espirò lentamente, senza distogliere il suo sguardo irato dal suo alter ego, e  abbassò il braccio impugnante il coltello. Ludwig sospirò di sollievo, felice di aver evitato un probabile massacro ai danni della sua persona; fu solo quando si ritrovò quello stesso coltello a pochi millimetri dall’occhio che si rese conto di aver cantato vittoria troppo presto.
 
 
 
 
   
 
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