Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: _joy    22/10/2013    4 recensioni
"... Tu sei giusta per me. E io ti voglio per me. In modo egoista, folle e assolutamente deciso. Non voglio nessun’altra. Non sceglierò mai nessun’altra. Voglio te e solo te. Voglio che tu mi sposi, che passi la tua vita con me. Voglio che invecchiamo insieme. Voglio che tu sia la madre dei miei figli. Voglio tanti figli e voglio crescerli con te. Voglio passare le mie giornate con te al mio fianco, voglio ascoltare i tuoi consigli e voglio studiare con te qualsiasi cosa ti appassioni. E voglio che tu sia accanto a me ogni notte della mia vita, da oggi… alla mia ultima notte"
Cosa accadrebbe se Hermione Granger venisse catapultata a Narnia e incontrasse il principe Caspian? E se quel mondo magico fosse minacciato da un'antica nemica? E se quell'antica nemica fosse legata misteriosamente a Gellert Grindewald? Chi potrebbe salvare Narnia, allora?
[Caspian/Hermione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Jadis
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache della Grande Magia'
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Le lezioni di Trasfigurazione non erano mai state così difficili.
 
Tutte le lezioni, a dir la verità, non erano mai state così difficili.
Il prossimo sarebbe stato l’anno dei M.A.G.O. e il contenuto delle lezioni rasentava l’impossibile.
Persino Hermione era in difficoltà e questa considerazione, da sola, bastava a scoraggiare la metà degli studenti della scuola.
 
Quel giorno, la Professoressa McGranitt li stava facendo lavorare sulla Trasfigurazione Umana.
Niente di più difficile.
Per metà della lezione non accadde nulla.
Poi, all’improvviso, dalla bacchetta di Ron sgorgò un lampo e lui sparì in una nuvola di fumo.
Hermione mosse automaticamente un passo verso di lui, ma ovviamente Lavanda si catapultò dalla sua sedia urlando come una Banshee:
«RonRon!!!»
Ron era riapparso e non sembrava essersi fatto nulla, ad eccezione del paio di baffoni giallo canarino che ornavano il suo viso.
Hermione scoppiò a ridere, in parte per il sollievo e in parte perché quei baffi erano la cosa più stupida mai vista.
Harry e metà della classe rise con lei.
Ron si offese a morte e, dopo che la Professoressa McGranitt lo ebbe risistemato, si vendicò con un’imitazione cattiva di Hermione che saltellava con le mani per aria per rispondere a una domanda.
Calì e Lavanda scoppiarono a ridere.
Hermione, invece, fissò lo sguardo sul banco mentre sentiva le lacrime pungerle gli occhi.
Harry le strinse una mano, ma lei non lo guardò neppure.
In quel momento suonò la campanella e la ragazza ne approfittò per schizzare fuori dall’aula, diretta in bagno.
Harry apostrofò duramente Ron, ma Hermione non ottenne delle scuse neppure a pranzo, dove sedette vicino a Neville.
Harry venne a sedersi con loro per dimostrare la sua disapprovazione nei confronti di Ron, ma quando lui e Lavanda passarono accanto a loro Ron tirò dritto.
Fu invece Lavanda a fermarsi per sogghignare in direzione di Hermione.
«Harry, non vuoi sederti con noi?» chiese, sorniona «Mi sembra che qui la conversazione sia abbastanza noiosa»
Hermione sollevò la testa di scatto.
«Rispetto a quale parametro di giudizio? Il tuo? Perché, sai parlare di altro a parte l’oroscopo?»
Lavanda si offese.
«Guarda nel tuo piatto, Granger, e lascia in pace RonRon!»
«E chi diavolo sarebbe RonRon?» chiese Hermione, sprezzante, alzandosi «Io non conosco nessuno che abbia un nome così imbecille!»
Detto questo, marciò fuori dalla Sala Comune.
E si diresse… in bagno.
 
Ormai praticamente abito nei bagni. Di questo passo diventerò amicona di Mirtilla Malcontenta, pensò, asciugandosi con rabbia una stupida lacrima.
E aveva saltato la cena.
Di nuovo.
Il suo stomaco brontolò mentre Hermione si lasciava scivolare per terra e apriva con gesto automatico la borsa.
Prese il volume di Aritmanzia e iniziò a sfogliarlo.
L’abitudine prese in sopravvento e, quando si riscosse dai calcoli mentali che stava tentando di concludere, si scoprì infreddolita e indolenzita.
Si alzò e rimise il volume nella borsa.
Uscita dal bagno, percorse il corridoio e salì una rampa di scale.
All’improvviso, però, le scale si mossero, separandosi da quella che sarebbe stata la rampa successiva e ricongiungendosi ad un’altra scalinata, più buia della prima.
 
Nessuno studente di Hogwarts si stupiva o si scoraggiava per tanto poco.
Infatti, Hermione si limitò a sbuffare e riprese a salire, cercando di orizzontarsi.
Quel castello aveva più scale, passaggi e stanze che una città intera.
«Dove accidenti sono, per le mutande sporche di Merlino?»
Quel corridoio non le diceva proprio nulla.
Hermione mosse qualche passo esitante fra arazzi cupi e torce ardenti, guardando a destra e a sinistra.
I suoi occhi caddero su un quadro molto grande che occupava buona parte del muro alla sua destra.
Accese la bacchetta per osservarlo meglio.
 
In lontananza c’era il mare, di un azzurro scintillante, solcato da una maestosa nave ornata a prua da una testa di drago.
Ma era lontana.
La scena principale era dedicata a una donna bionda, avvenente, vestita di un abito che sembrava risplendere persino sulla tela.
A Hermione ricordò Fleur Delacour e la degnò appena di uno sguardo.
Si concentrò invece sul giovane uomo che le stava di fronte.
Alto, moro, con un accenno di barba, molto virile.
Aveva una spada legata al fianco e un aspetto possente e fiero, ma guardava la donna e sembrava così…triste.
Come se lei gli stesse precludendo qualcosa, come se lo stesse ferendo…
L’espressione che aveva era così intensa che rapì Hermione al punto da farle percepire con ritardo una cosa invece ovvia: i personaggi del quadro non si muovevano.
 
A Hogwarts i dipinti erano magici, come i libri e le fotografie.
Nessuno dei personaggi del mondo magico restava intrappolato su una tela, o sulla carta.
Anche loro vivevano.
Ma questo ragazzo era immobile, bloccato nel suo dolore.
 
Hermione si diede della stupida, ma si sentiva a disagio.
Forza, su – si ripeté – ora preoccupati del personaggio di un quadro, tanto hai già poco a cui pensare…
Ma non si mosse ancora per un po’.
Poi, all’improvviso, una brezza gelida spense una delle torce e nel corridoio si allungarono le ombre.
La ragazza sussultò, guardandosi attorno.
 
Nessuno.
 
Diede un’ultima occhiata al quadro e poi si volse per tornare indietro: meglio rifare le scale che perdersi su un piano sconosciuto.
Persino Silente ammetteva spesso di non conoscere interamente Hogwarts, quindi figuriamoci se…
Hermione si fermò bruscamente.
Cos’era quel bagliore?
Una luce debole, azzurrina, proveniva da una porta socchiusa alla sua sinistra.
Esitò, ma poi alzò la bacchetta e spalancò la porta.
 
La stanza era vuota.
 
Hermione prese fiato (ricordava ancora la volta che lei, Ron e Harry erano finiti per sbaglio nella stanza di Fuffy, al primo anno) e si diede una scrollata mentale.
Non c’era nulla, nella stanza, tranne un armadio di legno, addossato alla parete.
Una delle ante era socchiusa e da lì proveniva la luce.
Ignorando l’impulso di andarsene velocemente da lì, Hermione avanzò incantata.
Toccò leggermente l’anta dell’armadio e quella si aprì dolcemente.
 
Hermione sbatté le palpebre.
 
Dentro l’armadio, dove doveva trovarsi il fondo di legno, c’era invece…un prato.
L’armadio non era chiuso, era una porta.
Ma una porta per dove?
Esitò.
Ma poi si tirò indietro.
Mai fidarsi di un oggetto magico sconosciuto.
Mai fidarsi di portali che si aprono su realtà ignote.
Ma soprattutto mai, mai mai e poi mai infrangere le regole della scuola (tranne che in caso di pericoli mortali…sì, era capitato. Ma solitamente lei era una studentessa molto diligente).
Le regole della scuola prevedevano che gli studenti restassero dentro la scuola.
E, qualunque posto fosse quello che lei stava osservando, di certo non era Hogwarts.
 
Ma, proprio mentre Hermione toccava l’anta per richiuderla, un tasso attraversò correndo il suo campo visivo.
E quel tasso parlava.
Anzi, gridava.
«Aiuto! Aiuto!»
Poco dietro di lui, un Poltergeist volava basso sull’erba, con un braccio teso e pronto a ghermire il tasso.
Senza pensarci un secondo, Hermione si lanciò nell’armadio.
 
Rotolò sull’erba soffice ed estrasse la bacchetta.
«Petrificus Totalus!» urlò, puntandola contro il Poltergeist.
Quello si immobilizzò a mezz’aria e cadde di schianto sull’erba.
Hermione si rialzò e tolse dalla gonna i fili di erba che si erano impigliati.
Alzando gli occhi, vide che il tasso la fissava a bocca aperta.
«Ciao» gli sorrise «Stai bene?»
Quello emise un verso strozzato.
«Oh, avanti, lo so che parli. Ti ho sentito, poco fa»
«Tu…tu…tu sei…chi sei?» balbettò quello.
«Mi chiamo Hermione Granger»
«Che cos’è…Hermione Granger
«Come sarebbe? È il mio nome!»
«Ma che razza di nome è?»
«Ma come? Perché, tu come ti chiami, scusa?»
«Tartufello» rispose quello, orgoglioso.
«Bè, se parliamo di stranezze…» rispose lei «Ora scusa, se stai bene me ne vado. Tanto non mi sembra che…»
Ma le parole le morirono in gola quando si volse e vide che l’armadio non c’era più.
 
Non c’era più traccia della stanza.
C’era solo un bosco: alberi alti e forti da tutte le parti.

Buongiorno! Sono molto scontenta di me perchè sono due settimane che non scrivo nemmeno una riga... Il lavoro mi toglie anche l'aria! :(
Vi ricordo la mia pagina Facebook per tutti gli aggiornamenti
https://www.facebook.com/SerenaVdwEfp

E vi auguro buona giornata!

   
 
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