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Autore: miss dark    12/04/2008    2 recensioni
Fiori leggeri venivano posati di fronte ad una piccola lapide bianca.
Immacolati e puri, proprio come quella minuta vittima, cadevano sulla terra appena smossa.
Un fiore in più, una presenza in meno.
Genere: Triste, Malinconico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tepore

Tepore

L’orizzonte si mischiava col mare, altrettanto grigio, altrettanto triste.
Il cielo era denso di nuvole e l’aria odorava di pioggia.
L’erba del cimitero era fresca e sapeva d’alba.
Erano le prime ore del mattino, il sole non era ancora sorto, e, probabilmente non l’avrebbe fatto, nascosto da tutte quelle nuvole.
L’atmosfera sofferente gravava sulle lapidi marmoree di quel luogo dove dominavano il dolore e il silenzio.
La figura sfocata di un bambino danzava nella nebbia angosciante. Non piangeva e non soffriva, anzi, sul suo viso era disegnato un bel sorriso allegro e i suoi occhi traboccavano di gioia.

Perché proprio lui?

Correva per i viottoli del cimitero, pavimentati di pietra, e i suoi passi risuonavano in quel giardino tanto cupo.
Si potevano udire le sue risa di bimbo e ogni sfumatura di quell’allegria dilaniava il cuore.

Perché così presto?

Gli uomini e le donne camminavano mesti seguendo la piccola bara, sorretta da tre uomini vestiti di nero.
Quel corteo funebre procedeva silenzioso per non sconsacrare il sonno di chi non poteva più respirare.
La bara era colore dell’ebano e le maniglie robuste, d’argento.
Tutti quegli occhi erano fissi su di essa e mentre procedevano per quelle strette vie, le lacrime rigavano copiose i visi pallidi dei presenti.

Perché così terribilmente?

La bara fu posata sul terreno umido.
Tutti coloro che avevano assistito alla cerimonia, si radunarono attorno a quella piccola cassa.
Le mani congiunte al petto e il capo chino, in segno di rispetto verso quel piccolo uomo che li aveva lasciati, ora e per sempre.
Avevano dato il loro ultimo bacio a quel volto niveo poche ore prima, ma la voglia di riscaldare le sue guance con quel piccolo gesto, pervadeva i loro animi.
Due soggetti indistinti, si abbracciavano a vicenda e una voce femminile e rotta, pregava tra i singhiozzi, che quel momento non fosse reale.

Perché tanto lentamente?

Le gocce cominciarono a fare compagnia alle lacrime e la terra smossa della fossa diventò umida e appiccicosa.
L’odore acre del fango impestò l’aria e avvolse la mente di tutte le persone che osservavano la scena del sotterramento.
E ogni palata era una fitta nell’anima, e ogni mucchietto di terra riempiva il cuore di compassione.
Granello dopo granello, non rimase altro che una fossa piena e degli animi svuotati d’ogni sensazione.
Ognuno soffriva così immensamente che la tristezza li aveva abbandonati, lasciando la mente in balia della spossatezza.

Perché con così tanta sofferenza?

Quel fanciullo continuava a giocare.
La sua voce infantile riecheggiava nell’aria mattutina sbattendo contro la dura superficie delle tombe.
I suoi piedi non toccavano terra. Era sospeso a pochi centimetri dal freddo suolo. Si muoveva con tanta grazia che pareva essere legato alle gocce di pioggia. Il suo corpo era leggero e impercettibile. Solo la sua voce poteva essere udita. Ma non pregava la vita, non chiedeva di poter toccare di nuovo l’erba. Lui rideva, a rassicurare gli infelici che avrebbero fatto lui compagnia in quel lungo e sconosciuto viaggio.
Non aveva paura, no, saltellava sorridendo e accogliendo la pioggia sul suo corpo nudo.

Perché senza ritorno?

Fiori leggeri venivano posati di fronte ad una piccola lapide bianca.
Immacolati e puri, proprio come quella minuta vittima, cadevano sulla terra appena smossa.
Un fiore in più, una presenza in meno. Con smarrimento nell’anima, le persone salivano sulle loro macchine nere e si allontanavano, con ancora qualche lacrima negli occhi.
Finché i due genitori non rimasero soli, dimentichi del loro scopo vitale, privi della loro stessa anima.

Davide Petri
1999-2008
Dolce e pieno di gioia
Ci hai lasciati senza aver assaporato la passione
Di una vita,
Ma te ne vai con il nostro amore.
Amato figlio,
Vivrai nelle nostre anime,
Ogni giorno.

Osserva le mani del padre incrociarsi con quelle della madre, e quel timido bambino prende coscienza di non poterla più abbracciare.
Capisce che non riceverà più il calore di un corpo materno, ma che è stato accolto nel gelo della morte.
Righe d’umido pianto, bagnano il suo volto morbido.
E i piedini toccano il suolo.
L’immagine del suo corpo, prende forma e, in un ultimo soffio vitale, raggiunge le persone che lo piangono.
Non ci sono parole, gesti semplici e sguardi colmi di rimpianto.
Quelle piccole mani ancora bagnate dopo l’annegamento, sfiorano il viso della madre inginocchiata.
Si uniscono a quelle del padre.
Un ultimo bacio, tenero e pieno d’affetto. Una guancia riscaldata per un’ultima volta.
E con quel tepore nell’animo, svanisce.
Il suo profumo nel vento, il suo riflesso nella pioggia.

Perché proprio lui?

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Spero che questa breve storia vi sia piaciuta, che vi abbia commossi e che abbiate provato almeno un terzo delle emozioni che io ho provato scrivendo.
Il passaggio dal passato al presente, nella parte finale, è volontario. Sta ad esprimere quanto la morte ci paia lontana, nonostante il suo grande legame con la vita.

Miss dark


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