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Autore: Tsuki82    23/10/2013    3 recensioni
C'era un gran fumo che saliva verso l'alto, mimetizzandosi con il nero della notte... Certe cose è impossibile dimenticarle e gettarsele alle spalle è controproducente, tornano indietro come boomerang e ti colpiscono alle spalle quando meno te lo aspetti. E, quando prendi il colpo, fa male il doppio... Kaori però sapeva fingere. Sorrideva quando c'era da sorridere e si divertiva quando la situazione lo richiedeva, ma il suo cuore e la sua mente continuavano a decomporsi dentro di lei e nessuno se ne rendeva davvero conto...
Aver paura di perdere qualcuno ci porta a fare cose stupide, come prendersela con se stessi.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: City Hunter
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C'era un gran fumo che saliva verso l'alto, mimetizzandosi con il nero della notte. Era acre e fastidioso, faceva perdere la sensibilità nella gola e rendeva tutto così opaco e soffocante che persino il panico cedeva il posto alla rassegnazione.

Da lì non c'era via d'uscita. Nessuno l'avrebbe sentita urlare, nessuno avrebbe potuto fare nulla per lei, poteva solo restare ferma e seduta su quella sedia da cui non riusciva più a staccarsi da molto, troppo, tempo.

Una lacrima, forse dovuta al fumo e al grande calore che stava divampando attorno a lei, le scese lungo la guancia. Solitaria e ultima, dopo tante già versate, sembrava quasi rimasta indietro e si fosse finalmente decisa ad abbandonare quel corpo anche lei.

Forse la sua stessa anima stava andando via in quel momento.

Che c'era da fare ancora?

Non aveva forse già tentato tutto? Giocato ogni carta?

Aveva fatto anche più di quanto le fosse stato richiesto.

Si era presa colpe che non erano interamente sue, aveva ingoiato insulti e dinieghi come fossero state caramelle, sopportato figuracce e situazioni difficili con il cuore colmo di fiducia, ma adesso?

Che restava di tutto quello adesso?

Che senso aveva avuto essere vittima e carnefice di se stessa?

Che se ne faceva di tutto ciò?

Ogni ricordo era compromesso, ogni bel momento passato perdeva colore e luminosità nella sua mente. Non c'era più nulla per lei lì e adesso lo comprendeva benissimo.

Restare era inutile, trafiggersi anche, sperare... E in che cosa avrebbe dovuto sperare?

 

Certe cose è impossibile dimenticarle e gettarsele alle spalle è controproducente, tornano indietro come boomerang e ti colpiscono alle spalle quando meno te lo aspetti. E, quando prendi il colpo, fa male il doppio.

All'inizio pensi di essere forte, di saper affrontare certe situazioni, ti ergi a consigliera del mondo, credendo che mai potresti vivere qualcosa di simile, invece poi abbassi la testa e subisci la botta. Ti fai forza e cerchi di guardare avanti, ma hai paura, non ti fidi, senti il mondo che piano piano crolla sotto il tuo peso, mentre cadi senza fermarti, fino a toccare il fondo con un tonfo che spaventerebbe chiunque, però non c'è nessuno lì per te. Nessuno disposto a mostrarti una strada su cui risalire, ad insegnarti come alzarti di nuovo...

Sei tu e l'eco del tuo pianto.

Un pianto che devi nascondere, di cui nessuno deve sapere nulla, perché sei stanca di fare la vittima, urli disperata ma poi davanti agi altri sorridi e fingi.

Fingi di stare bene, di avere forza, fingi di aver superato quel trauma, ma non è così. È solo una facciata comoda. Comoda per te che eviti domande, che riaprono le ferite, e per gli altri che non sono costretti a consolarti.

Eppure è in quei momenti che vorresti maggiormente un abbraccio. Quell'attimo di vicinanza che ti restituisce le forze, che fa bene al cuore e ti fa sentire protetta...

 

Ma tutto questo non c'era stato per lei.

Aveva il cuore in pezzi, il sole sembrava non sorgere mai nelle sue giornate, vedeva tutto nero e questo si rifaceva sul suo fisico.

All'inizio era solo un mal di testa, qualcosa che una medicina blanda faceva passare, ma la sua mente non smetteva mai di rimuginare e pensare e, piano piano, era caduta dentro la spirale maledetta.

Il mal di testa sembrò affievolirsi ma al suo posto si fece sentire il dolore lancinante dello stomaco. Una morsa strettissima che la divorava dall'interno, eppure nessuno aveva notato questo cambiamento. Solo una persona ne era al corrente: Miki. Ma per quanto volesse aiutarla non sapeva neppure cosa suggerirle di fare.

Anche lei aveva affrontato qualcosa di simile, però non così potente come Kaori. Non sapeva cosa dirle né cosa fare, se non tenerle su il morale e farla tornare a sorridere.

Kaori però sapeva fingere. Sorrideva quando c'era da sorridere e si divertiva quando la situazione lo richiedeva, ma il suo cuore e la sua mente continuavano a decomporsi dentro di lei e nessuno se ne rendeva davvero conto.

Anche Kazue sapeva, però era certa che avesse superato la cosa. Ovviamente gli uomini ne erano all'oscuro, tranne Umi. Il suo sesto senso gli diceva che qualcosa non andava e si stava rendendo conto che Kaori stava morendo. Non nel fisico, ma nell'anima.

Si stava esaurendo.

 

Erano passati troppi giorni e mesi per riprendere ancora una volta quella discussione con Lui, per quanto potesse tremare di paura, ogni volta che lui le sorrideva si sentiva bene e sicura, ma come spostava il suo sguardo verso altre cose, ricadeva, ripiombava nel baratro.

Era come se si fosse trovata su quella giostra da luna park dove, legata a una sedia, insieme ad altre persone, piano piano sali verso l'alto, poi, sospesa senza terra sotto di te, cadi di botto.

Era questo che provava e non riusciva a liberarsi da quella sedia che saliva e scendeva di continuo.

Appena Ryo entrava in casa, la sedia si fermava e sembrava levitare in alto, con un raggio di sole furtivo che le illuminava il volto e la riscaldava, ma se si accorgeva che la sua espressione era strana, la sedia scendeva di botto e ricadeva verso il basso.

Cosa avesse dovuto fare non lo sapeva, sapeva di esaurire tutte le sue forze e la sua volontà, però quella sensazione di disagio, la paura e l'incertezza non volevano abbandonarla.

 

Era nato tutto in modo così strano che quasi non riusciva a crederci.

Dopo quel giorno alla radura avrebbe messo la mano sul fuoco, certa dei sentimenti di Ryo, ormai dichiarati, sicura di sé e finalmente al pieno della felicità.

Lui le aveva fatto toccare il cielo con un dito e anche se sapeva che non ci sarebbe mai stato un matrimonio, anche se si rendeva conto del pericolo, era come una roccia centenaria che aveva resistito ad ogni catastrofe pur di restare in piedi tanto tempo.

Ma un giorno aveva visto qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere.

Era solo una briciola, una cosa da niente, però bastò quello a mettere in discussione gli otto anni passati insieme.

La traccia di un'altra donna che si frapponeva tra loro per l'ennesima volta, fu sufficiente a far crollare ogni certezza e gettarla nella disperazione più nera.

A nulla servirono le sue rassicurazioni quando lo aveva affrontato.

Aveva pianto, cercando di capire che cosa stesse succedendo, aveva accettato le sue assicurazioni, ma il dolore, il panico, quella sensazione di distruzione era rimasta, mettendo profonde radici in ogni più piccola cellula del suo corpo.

E fu così che iniziò una strana guerra, fatta di pretese, di coccole, di pianti in segreto, di finti sorrisi, di “Che cos'hai?” - “Nulla.”, di attimi di panico, di dolori allo stomaco, di tentativi falliti, di buoni propositi, di paura, di incertezze, di dubbi, di tentazioni anche sul piano sessuale, di provocazioni, di paragoni con gli stessi comportamenti del passato, di ricerca di tracce, di odio, d'amore e di debolezza.

Kaori era finita nel circolo più vizioso che esista: il sentirsi in discussione.

 

Aver paura di perdere qualcuno ci porta a fare cose stupide, come prendersela con se stessi.

Porta a farci venire dei dolori lancinanti, a saltare i pasti, ad essere nervosi, a piangere per un nonnulla, a cercare di controllarci, facendo il doppio della fatica...

Poi si arriva al culmine e quando si è lì ormai i giochi sono tutti fatti.

 

Per quanto Ryo cercasse di tranquillizzarla, nulla sembrava essere sufficiente, dopo qualche giorno di normalità lei ricadeva nel baratro e, per evitare ulteriori discussioni, aveva imparato a fingere di stare bene, di aver superato la cosa, ma nel suo animo covava il male del dubbio, quel piccolo tarlo, meschino e inutile che fa parte della gelosia, e che, con il suo lavoro lento, macina ogni cosa bella che ci sia nella persona che lo ospita.

Fu così che Kaori si ritrovò di nuovo su quella sedia del salone, notte dopo notte, con un bicchiere di whisky, affogando il suo dolore, sperando di non sentirlo più. Le bastava un solo bicchiere per inibire la parte pensante del cervello, per smettere di piangere e ridere di se stessa e di quella stupida situazione.

Non riusciva più a ricordare come aveva fatto, prima di allora, ad affrontare una cosa del genere. Non era la prima volta che succedeva, eppure era la sola volta in cui, disarmata, era vittima di se stessa.

Dopo aver coronato un sogno tanto atteso, dopo aver finalmente raggiunto la meta, tutto era in discussione.

Restare con lui o andar via?

Della risposta era certa al cento per cento. Non lo avrebbe mai lasciato di sua spontanea volontà, ma era anche certa che se lui l'avesse lasciata per un'altra non sarebbe sopravvissuta.

Intanto, anche per non pensare a quello, si sfogava piangendo da sola, fino a tardi, e mandando giù a sorsi il liquido ambrato che le infiammava la gola.

Ma era giunta al massimo, oltre non ci sarebbe potuta arrivare e lo sapeva bene.

Aveva dato fondo a tutte le sue energie ed era rimasta sola. Si era volutamente allontanata da tutti e a poco servivano le chiamate di Miki o Kazue per costringerla ad uscire da quella casa, e meno ancora valevano le parole dolci di Ryo o gli attimi d'intimità.

Quel disagio che aveva dentro era troppo radicato per buttarselo alle spalle come nulla fosse.

 

Il fumo diventava sempre più nero, oscuro com'era lei da quel fatidico giorno, a malapena vedeva il bicchiere vuoto sul tavolo e la bottiglia accanto.

Sapeva che doveva fuggire, ma dov'erano le sue forze?

A che serviva lottare a quel punto, quando aveva deciso che doveva farla finita?

Non riusciva a ricordarsi di una se stessa così debole e insicura. Lei non era più lei e non c'era modo di trovare di nuovo se stessa.

L'unica cosa che poteva davvero fare era stare lì ed aspettare la fine.

La depressione aveva lenito anche il suo aspetto fisico. Nessuno l'avrebbe riconosciuta e Ryo non si era accorto di nulla perché era stato un cambiamento così lento che non l'aveva riconosciuto.

Forse davanti ai suoi occhi restava il ricordo ma non aveva nulla con cui confrontarlo.

 

Tossì, per istinto più che per voglia di vivere, e i suoi occhi si chiusero sotto il peso dei pensieri costanti e della sua fatica.

Avvertì il fiato corto e il calore che la stava avvolgendo, poi tutto divenne oscuro e finalmente anche la mente smise di lavorare. Era libera e non c'era nulla di più bello.

 

We clawed, we chained our hearts in vain
We jumped, never asking why
We kissed, I fell under your spell
A love no one could deny

 

(Abbiamo graffiato, abbiamo incatenato inutilmente i nostri cuori
Abbiamo saltato senza mai chiedere perché
Ci siamo baciati, sono caduta sotto il tuo incantesimo
Un amore che nessuno potrebbe negare)

 

Don’t you ever say I just walked away
I will always want you
I can’t live a lie, running for my life
I will always want you

 

(Non hai mai detto che io me ne sono andata
Ti vorrò sempre
Non posso vivere una bugia, fuggendo dalla mia vita
Ti vorrò sempre )

 

I came in like a wrecking ball
I never hit so hard in love
All I wanted was to break your walls
All you ever did was wreck me
Yeah, you wreck me

 

(Sono arrivata come una palla da demolizione
Non ho mai colpito così forte in amore
Tutto quello che volevo era distruggere i tuoi muri
Tutto quello che tu hai fatto è stato distruggere me
Sì, mi hai distrutta)

 

I put you high up in the sky
And now, you’re not coming down
It slowly turned, you let me burn
And now, we’re ashes on the ground

 

(Ti ho portato in alto nel cielo
E adesso non stai tornando giù
Si è girato lentamente, mi hai lasciata bruciare
E adesso siamo cenere sul terreno)

 

Don’t you ever say I just walked away
I will always want you
I can’t live a lie, running for my life
I will always want you

 

(Non hai mai detto che io me ne sono andata
Ti vorrò sempre
Non posso vivere una bugia, fuggendo dalla mia vita
Ti vorrò sempre)

 

I came in like a wrecking ball
I never hit so hard in love
All I wanted was to break your walls
All you ever did was wreck me
I came in like a wrecking ball
Yeah, I just closed my eyes and swung
Left me crouching in a blaze and fall
All you ever did was wreck me
Yeah, you wreck me

 

(Sono arrivata come una palla da demolizione
Non ho mai colpito così forte in amore
Tutto quello che volevo era distruggere i tuoi muri
Tutto quello che tu hai fatto è stato distruggere me
Sì, mi hai distrutta
Si, ho solo chiuso i miei occhi, oscillando
Mi hai lasciata accovacciata tra le fiamme e la caduta
Tutto quello che tu hai fatto è stato distruggere me
Sì, mi hai distrutta )

 

I never meant to start a war
I just wanted you to let me in
And instead of using force
I guess I should’ve let you in
I never meant to start a war
I just wanted you to let me in
I guess I should’ve let you in

Don’t you ever say I just walked away
I will always want you

 

(Non ho mai avuto intenzione di iniziare una guerra
Volevo solamente che tu mi lasciassi entrare
E invece di usare la forza
Penso che ti avrei lasciato entrare
Non ho mai avuto intenzione di iniziare una guerra
Volevo solamente che tu mi lasciassi entrare
E invece di usare la forza
Penso che ti avrei lasciato entrare
Non hai mai detto che sono semplicemente andata via
Ti vorrò sempre)

 

I came in like a wrecking ball
I never hit so hard in love
All I wanted was to break your walls
All you ever did was wreck me
I came in like a wrecking ball
Yeah, I just closed my eyes and swung
Left me crouching in a blaze and fall
All you ever did was wreck me
Yeah, you wreck me

 

(Sono arrivata come una palla da demolizione
Non ho mai colpito così forte in amore
Tutto quello che volevo era distruggere i tuoi muri
Tutto quello che tu hai fatto è stato distruggere me
Sì, mi hai distrutta
Si, ho solo chiuso i miei occhi, oscillando
Mi hai lasciata accovacciata tra le fiamme e la caduta
Tutto quello che tu hai fatto è stato distruggere me
Sì, mi hai distrutta)

 

“Kaori!” l'urgenza di quella voce la colpì come uno schiaffo, “Kaori, forza!”

Sentì un forte bruciore sulla guancia e si rese conto di essere ancora viva.

Aprì gli occhi, lentamente e con difficoltà. Fosse stato per lei non li avrebbe aperti mai più, ma dovette costringersi, perché il suo cuore chiamava a gran voce e doveva dargli ascolto.

Ci mise qualche minuto a mettere a fuoco. La voce sembrava chiamarla a tratti, come se scomparisse e tornasse, ma, quando i suoi sensi ripresero a funzionare correttamente, incontrò gli occhi di Ryo.

Fu forse la prima volta nella sua vita che vide quel tipo di sguardo.

Non si può ben definire a parole.

Aveva occhi rossi e gonfi, umidi intorno alle occhiaie, terrorizzati, arrabbiati e speranzosi.

Per un attimo le sembrarono gli occhi di un bambino.

Non poté fermare le sue stesse lacrime, inconsciamente, mentre il mondo perdeva consistenza davanti a lei, pianse, come avrebbe dovuto fare il giorno in cui morì suo fratello.

 

Cosa accadde di preciso, si può solo tentare di raccontarlo.

L'abbraccio di Ryo, il suo implorarla, il tentare di aggrapparsi a lei come fosse un fantasma...

Ogni attimo e gesto è impossibile descriverlo nel giusto modo, senza tralasciare quel qualcosa che lo rende vivo. Solo chi ha davvero vissuto una cosa simile è in grado di comprenderlo, soltanto chi ha urlato disperato nella notte, piangendo tutte le sue lacrime e si è ritrovato sorretto dalla stretta affettuosa della persona giusta, che sola ha la chiave per chiudere l'argine della disperazione, può comprendere.

Perché quando si cade, rialzarsi da soli, anche se difficile, si fa ma quando si è abituati ad avere qualcuno accanto e si pensa di averlo ormai perso, in quel momento ci si rende conto di quanto si è fragili e impotenti.

 

Kaori provò tutto questo in un attimo e lo stesso fu per Ryo.

Non si può amare a metà o meno, si ama in egual misura e si da quello che si è capaci a dare, anche se a volte bisognerebbe andare incontro a quelle che sono le aspettative degli altri. Però alla fine, amore è sempre amore.

E bastò quell'abbraccio a dare nuova vita a qualcosa che non era mai morto.

 

A che serviva chiedere il perché di determinati gesti? Spiegarsi e parlare del passato non lo faceva solo più presente? Mettere in gioco sentimenti contrastanti non avrebbe aumentato l'astio?

 

Ryo lo sapeva, fu per questo che non disse nulla, si limitò ad abbracciarla, stringendola a sé e accorgendosi di quanto era cambiata, di quanto fosse fragile, del rischio corso, della possibilità di perderla davvero, perché era stata lei stessa a farsi del male.

Il fisico, la mente, il cuore, ogni più piccola parte di Kaori era stata spezzata, lui non aveva dato troppo peso alla cosa e adesso se ne rendeva conto.

Aveva sopravvalutato la forza di Kaori, credendo fosse più di ciò che davvero era, non dando peso alle fragilità che si portava dietro da una vita, una vita che aveva contribuito a rendere fragile.

La sollevò con cautela. Lei non era come lui. Non sapeva come chiudere qualcosa senza voltarsi, non aveva quel tipo di riflesso proteso alla sopravvivenza e non doveva fargliene una colpa.

Ne avevano passate così tante che non si sarebbe messo a fare i conti con se stesso ancora una volta.

La sua decisione l'aveva presa. Da una vita. Da quel giorno in cui per la prima volta lei lo aveva martellato.

I problemi che aveva non poteva e non doveva affrontarli da sola, se aveva bisogno di essere rassicurata lo avrebbe fatto ogni minuto, anche se si fosse stancato. Tutto pur di non perderla, tutto pur di non vederla mai più così apatica e fragile, qualsiasi cosa pur di non ripetere l'esperienza.

 

Kaori si aggrappò alla maglia di Ryo, nascondendo la faccia per paura e vergogna.

Miki e Umibozu, li guardavano da un lato della strada, mentre dei lampeggianti rossi e blu li abbagliavano.

I due uomini si guardarono in faccia un solo istante che bastò a Ryo per ringraziare il mercenario.

 

“Ryo, affronta la realtà. Lo sai bene quanto me che odore ha una persona che ha deciso di morire.”

 

Era stata questa frase di Umi a fargli accendere finalmente la lampadina giusta ed era arrivato in tempo per salvarla solo grazie a lui.

 

Mick e Kazue li osservavano da sotto il lampione, lei sconvolta e lui con le labbra serrate.

Aveva chiamato i vigili del fuoco appena in tempo per arginare il danno, ma neppure lui si era accorto di nulla, come Ryo.

 

Lo sweeper camminò verso la sua mini, compagna e amica fedele di tante scorribande. Se Miki e Kazue avessero voluto offrire loro ospitalità, nessuno dei due lo seppe, perché i rispettivi compagni le fermarono prima che potessero farsi avanti. Stare soli era l'unico modo per superare la crisi.

 

Adagiata la donna sul sedile, mentre si teneva la faccia tra le mani, Ryo prese posto e accese la macchina. Partì piano, scrutando il viso di lei e ascoltando i suoi singhiozzi.

Sì, doveva ascoltarli e basta, accettarli e superarli perché lei aveva bisogno di piangere davanti a lui, di non aver paura più di niente.

Poggiò una mano sulla testa di Kaori, come a voler ripetere l'abbraccio e lei si gettò sul suo petto, triste, delusa di se stessa e finalmente consapevole che se voleva andare avanti poteva davvero, ma non da sola.

Ryo accostò in un vicolo buio, l'abbracciò e rimase così finché lei non si calmò, poi le prese il volto tra le mani e con gentilezza la baciò.

“Te l'ho già detto quel giorno. Io ti proteggerò, non permetterò che nessuno ti faccia del male. Nessuno.” sottolineò, facendole capire che si riferiva anche a lei stesa, “Qualunque cosa sia, dopo quello che abbiamo affrontato fino ad oggi, lo supereremo e ricostruiremo ogni cosa. Quindi non pensarci più, niente colpe, niente rimpianti o rammarichi. Siamo io e te, ricordalo, Kaori. Solo io e te.” e le fece di nuovo appoggiare la testa contro il suo petto.

 

Si strinse le labbra per non singhiozzare anche se le lacrime ancora bagnavano il petto di lui, ma adesso capiva meglio la cosa più importante: lei non era mai stata sola da quando lui era entrato nella sua vita.

E c'è forse qualcosa di meglio?

Aveva ragione Ryo, ne avevano affrontate tante e altre ancora ne avrebbero dovute affrontare prima di morire e, comunque, il sole torna sempre a splendere la mattina dopo.

Fu così che i due sparirono per qualche tempo.

Nessuno dei loro amici sapeva dove fossero.

Mick aveva il compito di proteggere la città con Umi fino al loro ritorno, Kazue e Miki si impegnarono a far sistemare il vecchio stabile ancora una volta, aspettando di rivederli in città.

 

Ryo e Kaori stavano ricostruendo il loro rapporto, pietra dopo pietra, con la lentezza giusta.

 

Passò un po' di tempo. Miki continuava a tornare a casa di Ryo e Kaori per pulirla dalla polvere che l'abbandono aveva causato, ci andava una volta ogni tre giorni, sperando sempre di trovarli lì, stesi sul divano, e quel giorno non fu da meno.

Salì le scale con calma, sospirando ad ogni gradino, ormai convinta di non vederli più.

Aprì la porta lentamente. I lavori di ricostruzione erano stati perfetti, tanto che neppure più le porte cigolavano.

Si fermò sulla soglia con gli occhi sbarrati e il cuore palpitante.

Sul divano, sdraiati e abbracciati, c'erano Ryo e Kaori.

Sbatté le palpebre un paio di volte prima di credere a ciò che vedeva, poi sorrise e si chiuse la porta alle spalle.

Finalmente City Hunter era tornato e non era mai stato così forte e bello, come in quel momento di assoluta calma.

Scese le scale e si trovò davanti Umi, Mick e Kazue.

 

“Sì.” disse soltanto e tutti, nuovamente felici, ripresero la strada di casa.

 

Un raggio di sole mattutino si insinuò sulle palpebre della coppia che dormiva sul divano. Per un istante si guardarono, a metà tra il sogno e la veglia, si sorrisero come facevano sempre tra loro e si addormentarono di nuovo.

 

La città era sopravvissuta fino a quel momento, quindi avrebbe tranquillamente potuto aspettare un altro giorno prima di rimettersi nei casini, e a quel punto loro sarebbero stati pronti a riprendere dallo stesso punto in cui avevano interrotto, con solo una piccola variante nelle loro vite: una cicatrice in più che non faceva male e che rendeva ancora più saldo il loro rapporto, perché l'avevano curata insieme.

 

 

FINE

 
  
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