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Autore: Book boy    23/10/2013    0 recensioni
Una battaglia. Uno stendardo. Il sacrificio più grande per la propria patria...
Genere: Avventura, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una cannonata mi risveglia dal mio svenimento. Sono a terra, sdraiato in una pozzanghera di fango. Intorno a me scorrazzano ovunque decine e decine di miei commilitoni. Battono in ritirata. Devo rialzarmi ed esortarli ad avanzare, non possiamo dare al nemico la possibilità di inseguirci e falciarci alle spalle. E’ inconcepibile. Non possiamo mollare proprio adesso! Cerco di alzarmi puntellandomi sui gomiti e facendo forze sulle braccia. Riesco finalmente a mettermi seduto, il dolore alla nuca dovuto al colpo subito dalla caduta da cavallo brucia come il fuoco. Mi guardo intorno: Ovunque i soldati scorrazzano in lontananza, mentre le truppe avversarie avanzano tenendo i fucili a “bilanciarm”. Io mi alzo in piedi e guardo a terra, dove la lama della mia sciabola è spezzata. Probabilmente lo zoccolo di qualche cavallo l’ha spaccata in due tronconi.  È inutilizzabile. Guardo di fronte a me e vedo qualcosa che mi fa capire il perché tutti i soldati scappano: lo stendardo è a terra. L’alfiere è morto colpito da una fucilata. La bandiera a terra manda sotto i tacchi il morale delle truppe. So cosa devo fare. Corro senza pensarci un minuto di più. Gli stivali affondano nella melma fino alla caviglia. “BUM” i cannoni tuonano. I proiettili fischiano. Gli uomini urlano, chi di dolore chi di paura. Io corro sempre di più, arrancando nel fango, mentre le pallottole fischiano tutt’intorno a me, fino a che arrivo a pochi metri dalla bandiera e mi getto in scivolata per raggiungerla. Schizzo fango ovunque ma per fortuna ho raggiunto lo stendardo. Impugno il manico in mano e lo innalzo facendolo oscillare nell’aria, dopodiché grido con tutta la forza che ho in corpo: “Uomini, avanti!” Immediatamente corro incontro al nemico, distante poche centinaia di metri, urlando come un pazzo pur di attirare l’attenzione dei miei commilitoni. Corro da solo per pochi metri perché subito due o tre compagni si uniscono alla mia carina e poi altri dieci e venti fino a che tutto il battaglio carica il nemico insieme a me. I proiettili fischiano, alcuni uomini cadono intorno a me, uccisi o feriti. Io continuo la mia corsa estenuante, reggendo lo stendardo che pesa come un macigno. Ma non posso permettermi di lasciarlo andare. Non posso. Corro ancora. Ora il nemico non è distante. Dietro di me la carica è micidiale. Ad un tratto però un colpo mi raggiunge al petto. Sento un dolore acuto nel punto d’impatto, dura pochi secondi ma è molto forte. Subito dopo si attenua ma il respiro inizia a mancarmi. Rallento la mia corsa ma non mi fermo, proseguo ugualmente. Non posso permettermi di lasciare la bandiera. Corro ancora. Il cuore martella nel petto. Corro ancora, non mi fermo mai. Non mi devo fermare. Però rallento sempre di più, tutti i miei commilitoni mi superano. La vista si appanna. Le gambe sono molli. Non posso fare molto. Con un braccio libero fermo un soldato e gli affido la bandiera. Non ho più la forza per portarla. Vedendo la mia ferita la impugna saldamente e continua a correre. Io mi sdraio a terra, con lo sguardo rivolto al cielo. Ho svolto il mio dovere. Lo stendardo è in prima fila. Ho fatto la mia parte, per la mia patria…

  
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