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Autore: CowgirlSara    28/10/2004    1 recensioni
Un racconto che parla di guerra, delle perdite che essa porta, del dolore, dell'amore che può nascere e crescere, preservarsi, nelle condizioni più avverse... come un fiore bianco nel vento del Riddermark.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Eomer, Eowyn
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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9

Grazie per i bellissimi e sempre graditi commenti, farò tutto il possibile per non lasciarvi ancora così tanto a bocca asciutta! Vi dedico questo nuovo capitolo, che per altro amo molto, e spero che piacerà anche a voi lettori. Un bacione grande a tutti. Sara

 

9. Una via che costa lacrime

 

...when the dawn seemed forever lost

you showed me your love in the light of stars

(Dante's prayer - Loreena McKennit)

 

I guerrieri che avevano combattuto la battaglia del Fosso di Helm si riunirono sulle sponde del fiume Fossato; tra loro anche Eomer e Gimli, discesi dalle grotte, illesi e soddisfatti. Ma non furono i festeggiamenti a trionfare, difatti lo stupore per la presenza degl'alberi era troppo grande, non lasciava spazio nemmeno alla felicità di rivedere i compagni sani o al dolore per i caduti. Gandalf fu poco esauriente, rispetto alla curiosità dei presenti, particolarmente a quella di Legolas, entusiasta della magica foresta; lo stregone dichiarò che le risposte risiedevano ad Insengard, e che lui era intenzionato a recarvisi. Theoden si dimostrò risoluto nel volerlo seguire, e così fu disposto che una piccola guarnigione sarebbe partita dopo che gli uomini si fossero riposati, quella sera.

 

Elfrid bussò delicatamente alla porta, poi, senza aspettare risposta, entrò; Eomer era in piedi presso un tavolo, vi teneva le mani appoggiate sopra, il capo era chinato e respirava profondamente.

"Ti disturbo?" Quella timida domanda lo fece voltare di scatto e rialzare la testa; la guardò per un attimo, poi negò. "Stavo andando a riposare, ma..." Continuò la ragazza. "...volevo vederti..."

"...anch'io..." Soggiunse lui, quando la frase della donna non era ancora finita; lei gli sorrise.

Non avevano ancora avuto modo di parlarsi, dopo la fine della battaglia, e ora non sapevano che dirsi, e continuavano a guardarsi negl'occhi in silenzio. La trovava così bella, con quei corti capelli rossi ancora scompigliati, le lentiggini che le scurivano le guance ed i grandi, dolcissimi, occhi nocciola. Lui, invece, era pallido, col viso ancora sporco, ma Elfrid non riusciva a non trovarlo attraente, con lo sguardo sempre indomato, sempre fiero.

"Abbracciami..." Mormorò la ragazza, senza capire perché le sue labbra avessero dato voce ai suoi desideri; Eomer si staccò dal tavolo, facendo due lunghi passi verso di lei e la strinse a se.

La ragazza posò il capo sul suo petto e strinse le braccia intorno al torace; quando serrò la stretta, l'uomo emise un lamento soffocato. Elfrid si staccò subito, guardandolo in faccia; Eomer stringeva gli occhi, con un'espressione sofferta.

"Cosa c'è?" Domando preoccupata la ragazza.

"Credo di essermi rotto qualcosa..." Rispose lui, toccandosi l'addome.

"Fammi vedere, togliti questa roba." Gli ordinò lei.

"Ma non è nulla, dai..." Replicò imbarazzato Eomer, ma lo sguardo di Elfrid non ammetteva diniego.

Arreso, il maresciallo, si sfilò la cotta di maglia e poi la camicia che portava sotto, restando a torso nudo; l'armatura l'aveva già tolta, qualche minuto prima che arrivasse la ragazza. Elfrid non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto.

"Forse non dovevo fartela togliere..." Ipotizzò poi; lui la guardò stranito. "Non so se riuscirò a trattenermi, davanti ad un corpo simile..." Aggiunse, mentre il suo malizioso sguardo vagava sui muscoli perfetti dell'uomo.

"Per favore..." Si lamentò lui, alzando gli occhi al cielo.

"Scusa!" Esclamò la ragazza ridendo, poi si avvicinò.

Gli arrivò accanto e vide subito il grosso livido che aveva all'altezza delle costole; ci posò delicatamente le dita, percorrendone il contorno, chiedendogli se provava dolore, finché non ne toccò il centro e lui sussultò con un breve lamento.

"Sembra solo una brutta contusione." Affermò Elfrid, alzando gli occhi sul viso di Eomer, ma continuando ad accarezzare il suo fianco.

"Non toccarmi così..." Le sussurrò lui, guardandola negl'occhi; sentiva già intensi brividi salirgli lungo la schiena, e la desiderava, troppo...

"Come? Così?" Rispose lei, con un piccolo sorriso malizioso, e poi prese a carezzargli il petto; Eomer sospirò intensamente.

I loro volti erano così vicini da sfiorarsi, si guardavano negl'occhi, e non avevano mai avuto un momento di tale intimità; il fuoco bruciava caldo nel camino, la luce nella stanza era tenue, le loro labbra si cercavano...

"Oh, scusate..." L'imbarazzatissima voce di Legolas li interruppe, facendoli scostare bruscamente. "Perdonate..." Le levigate e candide guance dell'elfo avevano assunto un delizioso color fragola. "Non ho bussato, ma... ecco, credevo fosse la camera di Aragorn..." Tentò di giustificarsi, tenendo il capo chinato.

"Ma no, figurati..." Biascicò Elfrid, spostandosi verso la porta.

"Non fa nulla..." Rincarò Eomer, passandosi una mano sulla nuca e guardando altrove.

"Vado a prenderti un unguento." Dichiarò la ragazza; nel frattempo, Legolas era già scomparso oltre la porta.

"Elfrid." Eomer la richiamò che aveva già la mano sulla maniglia; si girò.

"Dimmi." Lo incitò.

"Mi domandavo se verrai con noi a Isengard." Disse l'uomo.

"Ecco... pensavo di rimanere qui, veramente..." Rispose la ragazza; lui si fece serio, abbassando gli occhi.

"Il fatto è che..." Riprese poi, titubante. "...passeremo dai Guadi..." Rialzò lo sguardo su di lei. "Ho bisogno di te." Dichiarò con espressione triste.

"Io ci sarò." Annuì lei; non lo avrebbe lasciato solo, nel momento del dolore, nel momento dell'ultimo addio a Theodred.

 

La scorta del re lasciò il Trombatorrione quando il sole cominciava a scendere verso ovest, salutata dai canti festosi della gente; attraversarono, pieni di timore, un sentiero che si apriva tra le fronde della misteriosa foresta.

Legolas, trascinato dall'entusiasmo e dall'emozione di attraversare quel miracolo, era tentato di rimanere lì, ad ascoltare le voci degl'alberi, se Gimli non glielo avesse impedito; il nano, invece, ancora parlava con totale ammirazione delle caverne scintillanti del Fosso. I due compagni, infine, si scambiarono una promessa: se alla fine della guerra fossero stati entrambi vivi, allora Legolas avrebbe visitato le grotte e Gimli, ricambiando, la foresta di Fangorn.

La strada verso nord, che i cavalieri avevano preso, li avrebbe condotti ai Guadi dell'Isen, il luogo in cui era avvenuta la disfatta dei guerrieri guidati prima da Theodred e poi da Erkenbrand. Tutti tra loro, ma in special modo Eomer e Theoden, temevano lo spettacolo che avrebbero potuto trovare al fiume; quando, però, scesero la sponda, illuminata da una grande luna quasi piena e splendente, ciò che videro fu molto diverso da come si aspettavano.

Il fiume, prima di tutto. Il corso dell'Isen, di solito impetuoso e spumeggiante, era ora poco più di un ruscello che lambiva le pietre del guado, lasciando agevole passaggio a uomini e cavalli; mormorii sulle magie di Saruman si alzarono tra i cavalieri, molti guardarono con timore verso Isengard: dal cerchio lontano di Nan Curunìr si alzavano minacciosi vapori, nel cielo livido.

Li rasserenava, però, il fatto di non aver trovato lo scempio dei corpi dei guerrieri sconfitti; sull'isolotto al centro del fiume, era stato costruito un tumulo, circondato da lance e spade conficcate nel terreno.

"Sei stato tu, Gandalf?" Chiese Theoden, mentre discendevano la sponda, guardando davanti a se; lo stregone annuì.

"Giunsi qui in cerca di rinforzi, e come pensavo vi trovai ancora alcuni soldati dell'Ovestfalda, li misi al lavoro." Rispose poi.

"Grazie..." Mormorò soltanto il re, procedendo nell'attraversamento del guado.

Elfrid lanciò un'occhiata a Eomer, e lo vide fissare il triste tumulo illuminato dalla luna con gli occhi sempre più lucidi; era sicura che se avesse socchiuso le palpebre per un attimo, le lacrime sarebbero scese lungo le sue guance.

Il maresciallo, all'improvviso, fermò il cavallo, spalancando gli occhi, come se si fosse accorto di qualcosa; smontò velocemente, costringendo anche gli altri a fermarsi, poi corse verso il tumulo. Arrivato lì, cadde in ginocchio; Elfrid lo seguì, ma anche Theoden, Aragorn e Gandalf li raggiunsero.

Una spada brillava più di tutte le altre, sotto i raggi argentei della luna; era piantata praticamente al centro del cerchio delle lance, vicina alla base della collinetta. La lama era lucida, l'impugnatura di cuoio consumata dal grande uso, l'elsa dorata scolpita con la forma di due teste di cavallo con le criniere al vento. E davanti alla spada, un elmo, da cui spioveva una coda di cavallo dal colore dorato.

"La sua spada..." Mormorò Eomer, osservando l'arma. "...il suo elmo..." Anche Elfrid riconosceva quegl'oggetti, molte volte aveva visto Theodred maneggiarli; le si strinse il cuore, e posò una mano sulla schiena di Eomer.

"Eomer..."

"Povero figlio mio." Entrambi si voltarono verso Theoden, che era fermo al loro fianco; il suo sguardo era segnato e triste, rivolto a quella tomba, la voce tremava lievemente. "Che la forza della tua anima ti guidi verso le case dei Padri." Riprese, dopo un sospiro. "L'unico rimpianto che ho, è di non avergli mai detto quanto lo amavo..."

"Lui lo sapeva..." Intervenne Eomer, guardando lo zio. "Lo sapeva..." Ribadì, tornando con lo sguardo sulla spada.

"Che infausto destino, amico mio." Affermò con amarezza il sovrano, accorgendosi della presenza di Gandalf accanto a lui. "I giovani muoiono, ed i vecchi devono riprendere le armi."

"Il suo sacrificio non sarà stato vano, se continuerai a combattere." Ribatté lo stregone.

"Lo farò, perché lo devo al mio regno, al mio popolo e... a lui." Dichiarò deciso Theoden; il dolore era terribile, le lacrime trattenute gli facevano bruciare gli occhi. "Addio, figlio mio..." Mormorò infine, portandosi una mano sul cuore e facendo un inchino, poi si allontanò in fretta, prima che il pianto bagnasse il suo volto fiero.

Eomer, invece, era rimasto immobile, inginocchiato davanti all'ultima dimora di quello che il suo cuore conosceva come fratello; non c'erano parole, non c'erano lacrime che valessero il dolore che provava, il vuoto lasciato da Theodred niente lo avrebbe potuto riempire.

"Dobbiamo andare..." Disse Aragorn, dandogli le spalle e tornando verso il cavallo; la schiera aveva già ricominciato a muoversi, Eomer non si alzò.

"Andiamo..." Lo incoraggiò Elfrid, chinandosi presso di lui e scostandogli i capelli dal viso; l'uomo la guardò, lei piangeva, ma tentò un breve sorriso. "Digli addio..."

Eomer le passò un braccio intorno alla vita, avvicinandola a se, poi sporse l'altra mano fino a sfiorare la lama della spada di Theodred.

"Ovunque tu sia, veglia su di noi, guida il nostro braccio e il nostro cuore, fino alla sconfitta dei nemici..." Mormorò poi, con voce tremante, facendo scivolare lentamente le dita sulla liscia superficie. "Addio Theodred, addio fratello mio." Aggiunse alzandosi; fece un triste sorriso, mentre asciugava le lacrime sul viso di Elfrid, le diede un bacio sulla fronte e, insieme, presero i cavalli per raggiungere gli altri.

 

I tristi Guadi furono velocemente abbandonati; non lo stesso fu per il dolore nel cuore dei cavalieri, ma combattevano con l'urgenza, non poteva esserci tempo per i rimpianti. Cavalcarono fino a mezzanotte, poi si fermarono, il re era stanco; molti si assopirono, mentre le vedette montavano la guardia.

Qualche tempo dopo l'accampamento fu svegliato dal concitato vociare delle guardie; la luna era scomparsa, ma non era quello il problema: una nebbia cupa e densa si era alzata da Nan Curunìr e ora li avvolgeva in un'oscurità impossibile da penetrare.

Gli uomini erano allarmati, pronti ad estrarre le armi, ma Gandalf glielo impedì, sostenendo che l'oscurità sarebbe presto passata.

Elfrid, vigile, reggeva strettamente le briglie di Neronube che era molto nervoso, tenendo l'altra mano sull'elsa della spada; poteva percepire i sussurri e i lamenti portati dalla nebbia, le voci preoccupate dei suoi compagni, ma non riusciva a vedere nulla. All'improvviso sentì un braccio circondarle la vita, si girò di scatto, allarmata, ma era Eomer; il cavaliere osservava le mobili nubi circondarli, poi la strinse di più, facendole quasi poggiare il capo contro la sua spalla.

"Eomer..." Sussurrò la ragazza; lui la guardò e, inaspettatamente sorrise, chinando il viso verso il suo. Lei lo bloccò con la mano.

"Che fai?" Gli chiese a bassa voce, stupita.

"Non ci vedrà nessuno, e... voglio farlo..." Le rispose con dolcezza, fissandola.

Elfrid si arrese, davanti alla sua gentile ostinazione, e si lasciò baciare, con tenerezza, a lungo, come non era mai successo prima. E si accorse che quel bacio le dava più forza di qualsiasi riposo, perché ne aveva bisogno, entrambi ne avevano.

Prima dell'alba ripresero il cammino, nessuno aveva più dormito quella notte; Elfrid ed Eomer erano rimasti seduti, fianco a fianco, vigili, ma non era accaduto nulla, l'oscurità era passata, come previsto da Gandalf.

Isengard si presentò davanti a loro molto diversa da come se l'erano immaginata: nessun esercito, nessuna magia o maledizione, né orchi o mannari, solo distruzione e silenzio. I cavalieri, sbigottiti, attraversarono lentamente le porte di Nan Curunìr; solo Gandalf non sembrava stupito dalla devastazione che li circondava.

Incontrarono due strani personaggi, dopo che si furono inoltrati nel deserto di fango che una volta era il giardino di Orthanc; si presentarono come Meriadoc Brandibuc e Peregrino Tuc, erano i mezzuomini che Aragorn ed i suoi amici cercavano, la loro riunione fu piena di gioia.

Theoden, insieme a Gandalf, Eomer e gli altri cavalieri proseguirono, mentre il ramingo, l'elfo e il nano s'intrattennero con i loro amici ritrovati; lo stregone era deciso a perlustrare la cerchia di Isengard, incontrare i misteriosi alleati colpevoli della disfatta di Saruman, nonché di avere un incontro con lo stregone di Orthanc in persona.

Nel pomeriggio, dopo aver parlato con Barbalbero, l'Ent a capo dell'assalto a Isengard, e ora guardia della torre, il corteo si recò ai piedi della fortezza; la vista del pastore di alberi, e dei suoi compagni, aveva chiarito molte cose, e sorpreso ancora una volta i poveri Rohirrim.

Aragorn e gli altri membri della Compagnia raggiunsero a loro volta la torre, e fu allora che avvenne il confronto tra Saruman, Gandalf e Theoden. Appresero che Vermilinguo si era rifugiato lì, dal suo padrone. Lo stregone tentò di sedurre nuovamente il re ed i suoi cavalieri, usando il potere della sua voce; Elfrid, come gli altri, per un attimo, fu convinta di ascoltare le prime parole sagge, da giorni, uscire proprio dalle labbra di Saruman, ma la voce di Eomer la riportò improvvisamente alla realtà.

Il potere dello stregone di Orthanc non era più forte come un tempo, egli stava cedendo all'ira della sconfitta, mentre Gandalf, ormai, era al suo pari; lo scontro verbale tra i due fu violento, finché lo stregone buono non spezzò il bastone dell'altro, ricacciandolo nella sua torre, come una belva ferita nella tana.

Gandalf affidò la cura e la guardia della fortezza a Barbalbero e gli altri Ent, ma mentre si allontanavano, dall'alto della torre, fu gettato un oggetto, senz'altro a cura di Grima, che per poco non colpì qualcuno di quelli sulle scale, compreso il re di Rohan. Era una sfera scura; prima che cadesse in una pozza profonda, Pipino la raccolse, ma Gandalf gliela strappò di mano, avvolgendola velocemente nel mantello. Dopo tutto questo, lasciarono Nan Curunìr.

 

Al tramonto deviarono dalla via principale; Gandalf ed il re avevano deciso di mantenere la massima segretezza sugli spostamenti, sospettando che l'occhio di Sauron fosse puntato su Rohan, dopo la sconfitta dello stregone di Orthanc.

Si accamparono sui dolci pendii coperti di erica, la luna era alta e piena e illuminava la prateria col suo chiarore perlaceo; era una notte molto placida, nonostante il vento freddo che soffiava, ma la nebbia era sparita ed il cielo era limpido e stellato.

Elfrid stava cercando Eomer da ormai qualche minuto, senza riuscire a trovarlo; vide Aragorn, e decise di chiedere a lui. Si avvicinò all'uomo.

"Hai visto Eomer?" Gli chiese; lui si voltò, guardandola, distraendosi da ciò che stava facendo.

"No." Rispose scuotendo il capo. "E' da un po’ che non lo vedo..."

"E' laggiù." Intervenne una terza voce; entrambi guardarono l'elfo che li aveva raggiunti, era sereno, splendente e luminoso come una stella. "Oltre quel dosso, dove si vede il fiume." Le indicò sorridendo.

"Grazie." Soggiunse la ragazza, annuendo, poi si allontanò.

Aragorn fissava Legolas con sguardo burbero, mentre l'elfo lo guardava con espressione interrogativa e ingenua, sbattendo le lunghe ciglia bionde.

"Perché glielo hai detto? Mi sembrava che volesse restare solo..." Affermò infine il ramingo; Legolas fece un sorriso dolce e comprensivo, poi carezzò il viso dell'amico, come si fa con un bambino che non capisce la situazione.

"Ti assicuro che vuole stare lontano da tutti, tranne che da lei." Replicò con tenerezza, inclinando il capo di lato; Aragorn fece una smorfia di disappunto.

 

Elfrid lo trovò dove le aveva detto Legolas; era seduto su un declivio, con le ginocchia piegate e le braccia appoggiate sopra, semi nascosto da un cespuglio di erica.

La ragazza si avvicinò piano, in silenzio, ma Eomer se ne accorse ugualmente; con un gesto veloce si asciugò gli occhi, che erano lucidi, posando la spada, che aveva impugnato sentendo qualcuno avvicinarsi. Elfrid gli sorrise.

"Pensi a lui?" Gli domandò poi, fermandosi a qualche passo dall'uomo.

"Sono così prevedibile?" Ribatté lui, alzando un sopracciglio; Elfrid scosse il capo.

"No, è solo che..." Girò un po' la testa, verso il fiume, che risplendeva di luce argentata, giù nella valle, a poche miglia da loro. "...si vede bene da qui..." Eomer fu capace solo di annuire, senza impedire ai suoi occhi di riempirsi nuovamente di lacrime.

"Il primo ricordo che ho di lui..." Esordì Eomer, dopo infiniti attimi di silenzio, guardando l'orizzonte. "...è quello del giorno in cui arrivammo a Meduseld." Elfrid si avvicinò ancora, osservandolo. "Io nascondevo la mia paura e il mio dolore dietro ad un atteggiamento arrogante e altezzoso, volevo solo difendere la mia sorellina dagl'occhi grandi..." La sua voce tremò, la ragazza s'inginocchiò davanti a lui. "...Theodred scese di corsa le scale della reggia, venendoci incontro, e ci abbracciò..." Ancora adesso era stupito da quel gesto. "Nessuno ci aveva abbracciati, nessuno dopo la morte dei nostri genitori, e io... non volevo piangere... non dovevano vedermi piangere... ma..." Un singhiozzo gli ruppe la voce, chinò il capo tra le ginocchia. "Non volevo piangere..."

"Eomer..." Elfrid era commossa, voleva abbracciarlo, consolarlo, dirgli che anche lei era addolorata; non poté trattenere le lacrime, gli carezzò la fronte, delicatamente.

Lui risollevò appena la testa, i suoi begl'occhi verdi, limpidi sotto la luce della luna piena, erano bagnati, come il suo volto; la fissò per un istante, con espressione rammaricata.

"Che rispetto potrai mai avere, ora, per un capitano che vedi piangere come un bambino?" Le disse, piano, con voce roca e triste.

"Ma cosa dici!" Esclamò lei, gettandogli le braccia al collo e stringendosi a lui. "La mia ammirazione e il mio rispetto per te non possono che aumentare..." Disse, contro il suo collo. "Io ti amo..." Mormorò poi. "...ti amo ogni giorno di più..."

Elfrid sentì il corpo di Eomer irrigidirsi, dopo che ebbe pronunciato quelle parole; la scostò da se, come fosse una leggera bambola, con delicatezza, e la guardò con espressione sorpresa. Le lacrime si erano asciugate all'improvviso, ma lo vide tremare, allora gli prese il viso tra le mani.

"Non volevo dirtelo, il momento è dei più cupi, la guerra e la morte ci seguono, il Mark è in pericolo, tutta la Terra di Mezzo lo è, ma io... non posso... fermare il mio cuore..." Non le fece aggiungere altro, abbracciandola con forza.

"Non devi dire nulla, tutti i motivi che hai addotto li conosco benissimo, perché..." Le fece voltare il viso verso di se, guardandola negl'occhi. "...sono le stesse scuse che mi sono dato io, per non confessarti che..." Elfrid si risollevò, allontanandosi un po' dal corpo di Eomer, lasciando le mani appoggiate sulle sue braccia; lo guardava sconvolta, con gli occhi sgranati, con timore e urgenza per parole che stava per dire. "...che anch'io ti amo Elfrid..."

La ragazza non seppe più trattenere il pianto, due calde lacrime di gioia le scesero lungo le guance coperte dalle lentiggini; Eomer l'abbracciò con tenerezza, le carezzò i capelli, e poi la baciò, come fosse la prima volta, come fosse l'ultima. Tutto intorno a loro scomparve, e non c'era dolore, non c'era guerra, solo la luna, e il profumo dell'erica.

 

La notte era alta e la luna brillava, quando il grido attraversò l'oscurità, destando tutto l'accampamento; anche Eomer ed Elfrid si sollevarono seduti, smettendo di baciarsi, l'urlo agghiacciante li aveva strappati al loro sogno d'amore. Si misero in piedi, decidendo, con un solo sguardo, di correre verso i compagni.

Mentre correvano giù dal declivio, sopra le loro teste, passò una gigantesca ombra nera, che in pochi attimi li sorvolò, planando verso Isengard; un'ondata di paura cieca s'impadronì delle loro menti, si bloccarono, finché la spaventosa creatura non si fu allontanata con un raggelante verso.

Trovarono tutti in piedi; Aragorn, Legolas, Gimli e Merry erano vicini ai loro cavalli, mentre Gandalf stava issandosi su Ombromanto. Theoden stava parlando con alcuni soldati a qualche passo di distanza.

"Che succede?" Domandò Eomer, fermandosi accanto al ramingo; Aragorn si voltò verso di lui, con aria seria.

"Un piccolo problema con il Palantìr." Rispose, mostrando qualcosa avvolto nel suo mantello; evidentemente lo stregone aveva affidato a lui la pietra veggente.

"Dove sta andando Gandalf?" Chiese Elfrid, osservando incuriosita lo stregone che si metteva in marcia.

"Lui e Pipino vanno a Minas Tirith." Spiegò Gimli; lei scambiò un'occhiata con l'elfo, poi guardò di nuovo lo stregone, accorgendosi del fagotto che portava con se.

Dopo le ultime parole rivolte a Theoden e Aragorn, Gandalf spronò Ombromanto al galoppo, sparendo velocemente all'orizzonte.

"E' necessario che ci rimettiamo subito in marcia per il Fosso di Helm." Annunciò il re di Rohan, avvicinandosi al nipote e agl'altri.

"Al più presto, Sire." Confermò Aragorn; Eomer annuì.

"Non credi che sia un po' freddo, per andare in giro con la tunica così slacciata?" Osservò Theoden, indicando la camicia di Eomer, aperta fin oltre il petto; il maresciallo si guardò, con espressione imbarazzata, poi cercò di sistemarsi.

"Sta... stavo dormendo..." Cercò di giustificarsi, ma, alzando gli occhi, incrociò lo sguardo malizioso e comprensivo di Legolas, e non poté fare a meno di sorridere; guardò Elfrid, sorrideva anche lei.

 

CONTINUA

   
 
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