Grazie per i bellissimi e sempre graditi commenti, farò tutto il possibile per non lasciarvi ancora così tanto a bocca asciutta! Vi dedico questo nuovo capitolo, che per altro amo molto, e spero che piacerà anche a voi lettori. Un bacione grande a tutti. Sara
9. Una via che costa
lacrime
...when the dawn seemed forever lost
you showed me your love in the light of stars
(Dante's prayer -
Loreena McKennit)
I guerrieri che avevano
combattuto la battaglia del Fosso di Helm si riunirono sulle sponde del fiume
Fossato; tra loro anche Eomer e Gimli, discesi dalle grotte, illesi e
soddisfatti. Ma non furono i festeggiamenti a trionfare, difatti lo stupore per
la presenza degl'alberi era troppo grande, non lasciava spazio nemmeno alla
felicità di rivedere i compagni sani o al dolore per i caduti. Gandalf fu poco
esauriente, rispetto alla curiosità dei presenti, particolarmente a quella di
Legolas, entusiasta della magica foresta; lo stregone dichiarò che le risposte
risiedevano ad Insengard, e che lui era intenzionato a recarvisi. Theoden si
dimostrò risoluto nel volerlo seguire, e così fu disposto che una piccola
guarnigione sarebbe partita dopo che gli uomini si fossero riposati, quella
sera.
Elfrid bussò delicatamente
alla porta, poi, senza aspettare risposta, entrò; Eomer era in piedi presso un
tavolo, vi teneva le mani appoggiate sopra, il capo era chinato e respirava
profondamente.
"Ti disturbo?"
Quella timida domanda lo fece voltare di scatto e rialzare la testa; la guardò
per un attimo, poi negò. "Stavo andando a riposare, ma..." Continuò
la ragazza. "...volevo vederti..."
"...anch'io..."
Soggiunse lui, quando la frase della donna non era ancora finita; lei gli
sorrise.
Non avevano ancora avuto
modo di parlarsi, dopo la fine della battaglia, e ora non sapevano che dirsi, e
continuavano a guardarsi negl'occhi in silenzio. La trovava così bella, con
quei corti capelli rossi ancora scompigliati, le lentiggini che le scurivano le
guance ed i grandi, dolcissimi, occhi nocciola. Lui, invece, era pallido, col
viso ancora sporco, ma Elfrid non riusciva a non trovarlo attraente, con lo
sguardo sempre indomato, sempre fiero.
"Abbracciami..."
Mormorò la ragazza, senza capire perché le sue labbra avessero dato voce ai
suoi desideri; Eomer si staccò dal tavolo, facendo due lunghi passi verso di
lei e la strinse a se.
La ragazza posò il capo sul
suo petto e strinse le braccia intorno al torace; quando serrò la stretta,
l'uomo emise un lamento soffocato. Elfrid si staccò subito, guardandolo in
faccia; Eomer stringeva gli occhi, con un'espressione sofferta.
"Cosa c'è?"
Domando preoccupata la ragazza.
"Credo di essermi
rotto qualcosa..." Rispose lui, toccandosi l'addome.
"Fammi vedere, togliti
questa roba." Gli ordinò lei.
"Ma non è nulla,
dai..." Replicò imbarazzato Eomer, ma lo sguardo di Elfrid non ammetteva
diniego.
Arreso, il maresciallo, si
sfilò la cotta di maglia e poi la camicia che portava sotto, restando a torso
nudo; l'armatura l'aveva già tolta, qualche minuto prima che arrivasse la
ragazza. Elfrid non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto.
"Forse non dovevo
fartela togliere..." Ipotizzò poi; lui la guardò stranito. "Non so se
riuscirò a trattenermi, davanti ad un corpo simile..." Aggiunse, mentre il
suo malizioso sguardo vagava sui muscoli perfetti dell'uomo.
"Per favore..."
Si lamentò lui, alzando gli occhi al cielo.
"Scusa!" Esclamò
la ragazza ridendo, poi si avvicinò.
Gli arrivò accanto e vide
subito il grosso livido che aveva all'altezza delle costole; ci posò
delicatamente le dita, percorrendone il contorno, chiedendogli se provava
dolore, finché non ne toccò il centro e lui sussultò con un breve lamento.
"Sembra solo una
brutta contusione." Affermò Elfrid, alzando gli occhi sul viso di Eomer,
ma continuando ad accarezzare il suo fianco.
"Non toccarmi
così..." Le sussurrò lui, guardandola negl'occhi; sentiva già intensi
brividi salirgli lungo la schiena, e la desiderava, troppo...
"Come? Così?"
Rispose lei, con un piccolo sorriso malizioso, e poi prese a carezzargli il
petto; Eomer sospirò intensamente.
I loro volti erano così
vicini da sfiorarsi, si guardavano negl'occhi, e non avevano mai avuto un
momento di tale intimità; il fuoco bruciava caldo nel camino, la luce nella
stanza era tenue, le loro labbra si cercavano...
"Oh, scusate..."
L'imbarazzatissima voce di Legolas li interruppe, facendoli scostare
bruscamente. "Perdonate..." Le levigate e candide guance dell'elfo
avevano assunto un delizioso color fragola. "Non ho bussato, ma... ecco,
credevo fosse la camera di Aragorn..." Tentò di giustificarsi, tenendo il
capo chinato.
"Ma no,
figurati..." Biascicò Elfrid, spostandosi verso la porta.
"Non fa nulla..."
Rincarò Eomer, passandosi una mano sulla nuca e guardando altrove.
"Vado a prenderti un
unguento." Dichiarò la ragazza; nel frattempo, Legolas era già scomparso
oltre la porta.
"Elfrid." Eomer
la richiamò che aveva già la mano sulla maniglia; si girò.
"Dimmi." Lo
incitò.
"Mi domandavo se
verrai con noi a Isengard." Disse l'uomo.
"Ecco... pensavo di
rimanere qui, veramente..." Rispose la ragazza; lui si fece serio,
abbassando gli occhi.
"Il fatto è
che..." Riprese poi, titubante. "...passeremo dai Guadi..."
Rialzò lo sguardo su di lei. "Ho bisogno di te." Dichiarò con
espressione triste.
"Io ci sarò."
Annuì lei; non lo avrebbe lasciato solo, nel momento del dolore, nel momento
dell'ultimo addio a Theodred.
La scorta del re lasciò il
Trombatorrione quando il sole cominciava a scendere verso ovest, salutata dai
canti festosi della gente; attraversarono, pieni di timore, un sentiero che si
apriva tra le fronde della misteriosa foresta.
Legolas, trascinato
dall'entusiasmo e dall'emozione di attraversare quel miracolo, era tentato di
rimanere lì, ad ascoltare le voci degl'alberi, se Gimli non glielo avesse
impedito; il nano, invece, ancora parlava con totale ammirazione delle caverne
scintillanti del Fosso. I due compagni, infine, si scambiarono una promessa: se
alla fine della guerra fossero stati entrambi vivi, allora Legolas avrebbe
visitato le grotte e Gimli, ricambiando, la foresta di Fangorn.
La strada verso nord, che i
cavalieri avevano preso, li avrebbe condotti ai Guadi dell'Isen, il luogo in
cui era avvenuta la disfatta dei guerrieri guidati prima da Theodred e poi da
Erkenbrand. Tutti tra loro, ma in special modo Eomer e Theoden, temevano lo
spettacolo che avrebbero potuto trovare al fiume; quando, però, scesero la
sponda, illuminata da una grande luna quasi piena e splendente, ciò che videro
fu molto diverso da come si aspettavano.
Il fiume, prima di tutto.
Il corso dell'Isen, di solito impetuoso e spumeggiante, era ora poco più di un
ruscello che lambiva le pietre del guado, lasciando agevole passaggio a uomini
e cavalli; mormorii sulle magie di Saruman si alzarono tra i cavalieri, molti
guardarono con timore verso Isengard: dal cerchio lontano di Nan Curunìr si
alzavano minacciosi vapori, nel cielo livido.
Li rasserenava, però, il
fatto di non aver trovato lo scempio dei corpi dei guerrieri sconfitti;
sull'isolotto al centro del fiume, era stato costruito un tumulo, circondato da
lance e spade conficcate nel terreno.
"Sei stato tu,
Gandalf?" Chiese Theoden, mentre discendevano la sponda, guardando davanti
a se; lo stregone annuì.
"Giunsi qui in cerca
di rinforzi, e come pensavo vi trovai ancora alcuni soldati dell'Ovestfalda, li
misi al lavoro." Rispose poi.
"Grazie..."
Mormorò soltanto il re, procedendo nell'attraversamento del guado.
Elfrid lanciò un'occhiata a
Eomer, e lo vide fissare il triste tumulo illuminato dalla luna con gli occhi
sempre più lucidi; era sicura che se avesse socchiuso le palpebre per un attimo,
le lacrime sarebbero scese lungo le sue guance.
Il maresciallo,
all'improvviso, fermò il cavallo, spalancando gli occhi, come se si fosse
accorto di qualcosa; smontò velocemente, costringendo anche gli altri a
fermarsi, poi corse verso il tumulo. Arrivato lì, cadde in ginocchio; Elfrid lo
seguì, ma anche Theoden, Aragorn e Gandalf li raggiunsero.
Una spada brillava più di
tutte le altre, sotto i raggi argentei della luna; era piantata praticamente al
centro del cerchio delle lance, vicina alla base della collinetta. La lama era
lucida, l'impugnatura di cuoio consumata dal grande uso, l'elsa dorata scolpita
con la forma di due teste di cavallo con le criniere al vento. E davanti alla
spada, un elmo, da cui spioveva una coda di cavallo dal colore dorato.
"La sua spada..."
Mormorò Eomer, osservando l'arma. "...il suo elmo..." Anche Elfrid
riconosceva quegl'oggetti, molte volte aveva visto Theodred maneggiarli; le si
strinse il cuore, e posò una mano sulla schiena di Eomer.
"Eomer..."
"Povero figlio
mio." Entrambi si voltarono verso Theoden, che era fermo al loro fianco;
il suo sguardo era segnato e triste, rivolto a quella tomba, la voce tremava
lievemente. "Che la forza della tua anima ti guidi verso le case dei
Padri." Riprese, dopo un sospiro. "L'unico rimpianto che ho, è di non
avergli mai detto quanto lo amavo..."
"Lui lo
sapeva..." Intervenne Eomer, guardando lo zio. "Lo sapeva..."
Ribadì, tornando con lo sguardo sulla spada.
"Che infausto destino,
amico mio." Affermò con amarezza il sovrano, accorgendosi della presenza
di Gandalf accanto a lui. "I giovani muoiono, ed i vecchi devono
riprendere le armi."
"Il suo sacrificio non
sarà stato vano, se continuerai a combattere." Ribatté lo stregone.
"Lo farò, perché lo
devo al mio regno, al mio popolo e... a lui." Dichiarò deciso Theoden; il
dolore era terribile, le lacrime trattenute gli facevano bruciare gli occhi.
"Addio, figlio mio..." Mormorò infine, portandosi una mano sul cuore
e facendo un inchino, poi si allontanò in fretta, prima che il pianto bagnasse
il suo volto fiero.
Eomer, invece, era rimasto
immobile, inginocchiato davanti all'ultima dimora di quello che il suo cuore
conosceva come fratello; non c'erano parole, non c'erano lacrime che valessero
il dolore che provava, il vuoto lasciato da Theodred niente lo avrebbe potuto
riempire.
"Dobbiamo
andare..." Disse Aragorn, dandogli le spalle e tornando verso il cavallo;
la schiera aveva già ricominciato a muoversi, Eomer non si alzò.
"Andiamo..." Lo
incoraggiò Elfrid, chinandosi presso di lui e scostandogli i capelli dal viso;
l'uomo la guardò, lei piangeva, ma tentò un breve sorriso. "Digli
addio..."
Eomer le passò un braccio
intorno alla vita, avvicinandola a se, poi sporse l'altra mano fino a sfiorare
la lama della spada di Theodred.
"Ovunque tu sia,
veglia su di noi, guida il nostro braccio e il nostro cuore, fino alla
sconfitta dei nemici..." Mormorò poi, con voce tremante, facendo scivolare
lentamente le dita sulla liscia superficie. "Addio Theodred, addio
fratello mio." Aggiunse alzandosi; fece un triste sorriso, mentre
asciugava le lacrime sul viso di Elfrid, le diede un bacio sulla fronte e,
insieme, presero i cavalli per raggiungere gli altri.
I tristi Guadi furono
velocemente abbandonati; non lo stesso fu per il dolore nel cuore dei cavalieri,
ma combattevano con l'urgenza, non poteva esserci tempo per i rimpianti.
Cavalcarono fino a mezzanotte, poi si fermarono, il re era stanco; molti si
assopirono, mentre le vedette montavano la guardia.
Qualche tempo dopo
l'accampamento fu svegliato dal concitato vociare delle guardie; la luna era
scomparsa, ma non era quello il problema: una nebbia cupa e densa si era alzata
da Nan Curunìr e ora li avvolgeva in un'oscurità impossibile da penetrare.
Gli uomini erano allarmati,
pronti ad estrarre le armi, ma Gandalf glielo impedì, sostenendo che l'oscurità
sarebbe presto passata.
Elfrid, vigile, reggeva
strettamente le briglie di Neronube che era molto nervoso, tenendo l'altra mano
sull'elsa della spada; poteva percepire i sussurri e i lamenti portati dalla
nebbia, le voci preoccupate dei suoi compagni, ma non riusciva a vedere nulla.
All'improvviso sentì un braccio circondarle la vita, si girò di scatto,
allarmata, ma era Eomer; il cavaliere osservava le mobili nubi circondarli, poi
la strinse di più, facendole quasi poggiare il capo contro la sua spalla.
"Eomer..."
Sussurrò la ragazza; lui la guardò e, inaspettatamente sorrise, chinando il
viso verso il suo. Lei lo bloccò con la mano.
"Che fai?" Gli
chiese a bassa voce, stupita.
"Non ci vedrà nessuno,
e... voglio farlo..." Le rispose con dolcezza, fissandola.
Elfrid si arrese, davanti
alla sua gentile ostinazione, e si lasciò baciare, con tenerezza, a lungo, come
non era mai successo prima. E si accorse che quel bacio le dava più forza di
qualsiasi riposo, perché ne aveva bisogno, entrambi ne avevano.
Prima dell'alba ripresero
il cammino, nessuno aveva più dormito quella notte; Elfrid ed Eomer erano
rimasti seduti, fianco a fianco, vigili, ma non era accaduto nulla, l'oscurità
era passata, come previsto da Gandalf.
Isengard si presentò
davanti a loro molto diversa da come se l'erano immaginata: nessun esercito,
nessuna magia o maledizione, né orchi o mannari, solo distruzione e silenzio. I
cavalieri, sbigottiti, attraversarono lentamente le porte di Nan Curunìr; solo
Gandalf non sembrava stupito dalla devastazione che li circondava.
Incontrarono due strani
personaggi, dopo che si furono inoltrati nel deserto di fango che una volta era
il giardino di Orthanc; si presentarono come Meriadoc Brandibuc e Peregrino Tuc,
erano i mezzuomini che Aragorn ed i suoi amici cercavano, la loro riunione fu
piena di gioia.
Theoden, insieme a Gandalf,
Eomer e gli altri cavalieri proseguirono, mentre il ramingo, l'elfo e il nano
s'intrattennero con i loro amici ritrovati; lo stregone era deciso a
perlustrare la cerchia di Isengard, incontrare i misteriosi alleati colpevoli
della disfatta di Saruman, nonché di avere un incontro con lo stregone di
Orthanc in persona.
Nel pomeriggio, dopo aver
parlato con Barbalbero, l'Ent a capo dell'assalto a Isengard, e ora guardia
della torre, il corteo si recò ai piedi della fortezza; la vista del pastore di
alberi, e dei suoi compagni, aveva chiarito molte cose, e sorpreso ancora una
volta i poveri Rohirrim.
Aragorn e gli altri membri
della Compagnia raggiunsero a loro volta la torre, e fu allora che avvenne il
confronto tra Saruman, Gandalf e Theoden. Appresero che Vermilinguo si era
rifugiato lì, dal suo padrone. Lo stregone tentò di sedurre nuovamente il re ed
i suoi cavalieri, usando il potere della sua voce; Elfrid, come gli altri, per
un attimo, fu convinta di ascoltare le prime parole sagge, da giorni, uscire
proprio dalle labbra di Saruman, ma la voce di Eomer la riportò improvvisamente
alla realtà.
Il potere dello stregone di
Orthanc non era più forte come un tempo, egli stava cedendo all'ira della
sconfitta, mentre Gandalf, ormai, era al suo pari; lo scontro verbale tra i due
fu violento, finché lo stregone buono non spezzò il bastone dell'altro,
ricacciandolo nella sua torre, come una belva ferita nella tana.
Gandalf affidò la cura e la
guardia della fortezza a Barbalbero e gli altri Ent, ma mentre si
allontanavano, dall'alto della torre, fu gettato un oggetto, senz'altro a cura
di Grima, che per poco non colpì qualcuno di quelli sulle scale, compreso il re
di Rohan. Era una sfera scura; prima che cadesse in una pozza profonda, Pipino
la raccolse, ma Gandalf gliela strappò di mano, avvolgendola velocemente nel
mantello. Dopo tutto questo, lasciarono Nan Curunìr.
Al tramonto deviarono dalla
via principale; Gandalf ed il re avevano deciso di mantenere la massima
segretezza sugli spostamenti, sospettando che l'occhio di Sauron fosse puntato
su Rohan, dopo la sconfitta dello stregone di Orthanc.
Si accamparono sui dolci
pendii coperti di erica, la luna era alta e piena e illuminava la prateria col
suo chiarore perlaceo; era una notte molto placida, nonostante il vento freddo
che soffiava, ma la nebbia era sparita ed il cielo era limpido e stellato.
Elfrid stava cercando Eomer
da ormai qualche minuto, senza riuscire a trovarlo; vide Aragorn, e decise di
chiedere a lui. Si avvicinò all'uomo.
"Hai visto
Eomer?" Gli chiese; lui si voltò, guardandola, distraendosi da ciò che
stava facendo.
"No." Rispose
scuotendo il capo. "E' da un po’ che non lo vedo..."
"E' laggiù."
Intervenne una terza voce; entrambi guardarono l'elfo che li aveva raggiunti,
era sereno, splendente e luminoso come una stella. "Oltre quel dosso, dove
si vede il fiume." Le indicò sorridendo.
"Grazie."
Soggiunse la ragazza, annuendo, poi si allontanò.
Aragorn fissava Legolas con
sguardo burbero, mentre l'elfo lo guardava con espressione interrogativa e
ingenua, sbattendo le lunghe ciglia bionde.
"Perché glielo hai
detto? Mi sembrava che volesse restare solo..." Affermò infine il ramingo;
Legolas fece un sorriso dolce e comprensivo, poi carezzò il viso dell'amico,
come si fa con un bambino che non capisce la situazione.
"Ti assicuro che vuole
stare lontano da tutti, tranne che da lei." Replicò con tenerezza,
inclinando il capo di lato; Aragorn fece una smorfia di disappunto.
Elfrid lo trovò dove le
aveva detto Legolas; era seduto su un declivio, con le ginocchia piegate e le
braccia appoggiate sopra, semi nascosto da un cespuglio di erica.
La ragazza si avvicinò
piano, in silenzio, ma Eomer se ne accorse ugualmente; con un gesto veloce si
asciugò gli occhi, che erano lucidi, posando la spada, che aveva impugnato
sentendo qualcuno avvicinarsi. Elfrid gli sorrise.
"Pensi a lui?"
Gli domandò poi, fermandosi a qualche passo dall'uomo.
"Sono così
prevedibile?" Ribatté lui, alzando un sopracciglio; Elfrid scosse il capo.
"No, è solo
che..." Girò un po' la testa, verso il fiume, che risplendeva di luce
argentata, giù nella valle, a poche miglia da loro. "...si vede bene da
qui..." Eomer fu capace solo di annuire, senza impedire ai suoi occhi di
riempirsi nuovamente di lacrime.
"Il primo ricordo che
ho di lui..." Esordì Eomer, dopo infiniti attimi di silenzio, guardando
l'orizzonte. "...è quello del giorno in cui arrivammo a Meduseld."
Elfrid si avvicinò ancora, osservandolo. "Io nascondevo la mia paura e il
mio dolore dietro ad un atteggiamento arrogante e altezzoso, volevo solo
difendere la mia sorellina dagl'occhi grandi..." La sua voce tremò, la
ragazza s'inginocchiò davanti a lui. "...Theodred scese di corsa le scale
della reggia, venendoci incontro, e ci abbracciò..." Ancora adesso era
stupito da quel gesto. "Nessuno ci aveva abbracciati, nessuno dopo la
morte dei nostri genitori, e io... non volevo piangere... non dovevano vedermi
piangere... ma..." Un singhiozzo gli ruppe la voce, chinò il capo tra le
ginocchia. "Non volevo piangere..."
"Eomer..." Elfrid
era commossa, voleva abbracciarlo, consolarlo, dirgli che anche lei era
addolorata; non poté trattenere le lacrime, gli carezzò la fronte, delicatamente.
Lui risollevò appena la
testa, i suoi begl'occhi verdi, limpidi sotto la luce della luna piena, erano
bagnati, come il suo volto; la fissò per un istante, con espressione
rammaricata.
"Che rispetto potrai
mai avere, ora, per un capitano che vedi piangere come un bambino?" Le
disse, piano, con voce roca e triste.
"Ma cosa dici!"
Esclamò lei, gettandogli le braccia al collo e stringendosi a lui. "La mia
ammirazione e il mio rispetto per te non possono che aumentare..." Disse,
contro il suo collo. "Io ti amo..." Mormorò poi. "...ti amo ogni
giorno di più..."
Elfrid sentì il corpo di
Eomer irrigidirsi, dopo che ebbe pronunciato quelle parole; la scostò da se,
come fosse una leggera bambola, con delicatezza, e la guardò con espressione
sorpresa. Le lacrime si erano asciugate all'improvviso, ma lo vide tremare,
allora gli prese il viso tra le mani.
"Non volevo dirtelo,
il momento è dei più cupi, la guerra e la morte ci seguono, il Mark è in
pericolo, tutta la Terra di Mezzo lo è, ma io... non posso... fermare il mio
cuore..." Non le fece aggiungere altro, abbracciandola con forza.
"Non devi dire nulla,
tutti i motivi che hai addotto li conosco benissimo, perché..." Le fece
voltare il viso verso di se, guardandola negl'occhi. "...sono le stesse
scuse che mi sono dato io, per non confessarti che..." Elfrid si
risollevò, allontanandosi un po' dal corpo di Eomer, lasciando le mani
appoggiate sulle sue braccia; lo guardava sconvolta, con gli occhi sgranati,
con timore e urgenza per parole che stava per dire. "...che anch'io ti amo
Elfrid..."
La ragazza non seppe più
trattenere il pianto, due calde lacrime di gioia le scesero lungo le guance
coperte dalle lentiggini; Eomer l'abbracciò con tenerezza, le carezzò i
capelli, e poi la baciò, come fosse la prima volta, come fosse l'ultima. Tutto
intorno a loro scomparve, e non c'era dolore, non c'era guerra, solo la luna, e
il profumo dell'erica.
La notte era alta e la luna
brillava, quando il grido attraversò l'oscurità, destando tutto l'accampamento;
anche Eomer ed Elfrid si sollevarono seduti, smettendo di baciarsi, l'urlo
agghiacciante li aveva strappati al loro sogno d'amore. Si misero in piedi,
decidendo, con un solo sguardo, di correre verso i compagni.
Mentre correvano giù dal
declivio, sopra le loro teste, passò una gigantesca ombra nera, che in pochi
attimi li sorvolò, planando verso Isengard; un'ondata di paura cieca
s'impadronì delle loro menti, si bloccarono, finché la spaventosa creatura non
si fu allontanata con un raggelante verso.
Trovarono tutti in piedi;
Aragorn, Legolas, Gimli e Merry erano vicini ai loro cavalli, mentre Gandalf
stava issandosi su Ombromanto. Theoden stava parlando con alcuni soldati a
qualche passo di distanza.
"Che succede?"
Domandò Eomer, fermandosi accanto al ramingo; Aragorn si voltò verso di lui,
con aria seria.
"Un piccolo problema
con il Palantìr." Rispose, mostrando qualcosa avvolto nel suo mantello;
evidentemente lo stregone aveva affidato a lui la pietra veggente.
"Dove sta andando
Gandalf?" Chiese Elfrid, osservando incuriosita lo stregone che si metteva
in marcia.
"Lui e Pipino vanno a
Minas Tirith." Spiegò Gimli; lei scambiò un'occhiata con l'elfo, poi
guardò di nuovo lo stregone, accorgendosi del fagotto che portava con se.
Dopo le ultime parole
rivolte a Theoden e Aragorn, Gandalf spronò Ombromanto al galoppo, sparendo
velocemente all'orizzonte.
"E' necessario che ci
rimettiamo subito in marcia per il Fosso di Helm." Annunciò il re di
Rohan, avvicinandosi al nipote e agl'altri.
"Al più presto,
Sire." Confermò Aragorn; Eomer annuì.
"Non credi che sia un
po' freddo, per andare in giro con la tunica così slacciata?" Osservò
Theoden, indicando la camicia di Eomer, aperta fin oltre il petto; il
maresciallo si guardò, con espressione imbarazzata, poi cercò di sistemarsi.
"Sta... stavo
dormendo..." Cercò di giustificarsi, ma, alzando gli occhi, incrociò lo
sguardo malizioso e comprensivo di Legolas, e non poté fare a meno di
sorridere; guardò Elfrid, sorrideva anche lei.
CONTINUA