Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: milkandblackspiders    23/10/2013    0 recensioni
Crystal & Guy.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Erano circa le sette di sera quando Crystal si svegliò. Appena aprì gli occhi sentì la morbidezza del cuscino sotto il suo viso, il profumo invasivo ed eccessivo dei suoi capelli puliti, il buio che la circondava e la opprimeva, il mal di testa che la faceva impazzire. Con riluttanza si alzò; sentiva freddo alle gambe, indossava solo un paio di pantaloncini da basket; sentiva freddo alle braccia, indossava solo una canottiera sintetica, che per altro non le
copriva neanche tutta la pancia. 
Non aveva fame, neanche sete, voleva solo far passare quel gran mal di testa. Sentì Bombo mugolare di protesta quando lo coprì con le lenzuola per sbaglio. Sgusciò fuori e, saltato sul pavimento, si stiracchiò, poi se ne uscì trotterellando dalla stanza. Crystal rimase sola, nemmeno il suo gatto restava a darle il buongiorno. Giorno, poi! Era quasi ora di cena. 
Andò in bagno e guardandosi allo specchio analizzò la ragazza che aveva di fronte. I capelli mantenevano le loro indistruttibili onde fin sotto il seno, dove diventavano più chiari. La canottiera nera lasciava scoperte le spalle pallide, il collo da dove pendeva una catenina d'argento e il petto che ritmicamente si alzava e abbassava. Lì dentro batteva un cuore giovane, un cuore da coniglio. Poi corse giù fino alla parte di addome scoperta, quanto la odiava. Da adolescente non era mai stata piatta, troppo gonfia, i fianchi troppo larghi, e a ventitrè anni, secondo lei, la situazione non era migliorata. Fissò i suoi occhi, cercando qualcosa infondo a quelle nocciole circondate dall'eccesso di matita nera colata giù, verso le guance; poi quelle ciglia lunghe, troppo per essere umane. Erano stupide ciglia finte, Katie l'aveva convinta a metterle. In fondo il giorno prima non le dispacevano, e poi non davano quel fastidio che aveva immaginato. 
Eppure in quel bagno, quella sera, Crystal si sentiva una donna rovinata dagli occhioni cupi.
Sbuffò scocciata, si sciacquò il viso più che potè per far sparire quel senso di angoscia, poi entrò nella doccia legandosi distrattamente i capelli. Non rimase molto sotto il getto d'acqua calda, le sembrava che più ci rimaneva più il suo indolenzimento e intorpidimento ai muscoli sarebbe aumentato. Quando si asciugò rimise gli stessi pantaloncini, ma poi decise di prendere quella triste felpa grigia abbandonata sulla cesta dei panni da lavare. Quando la mise sopra il reggiseno pensò che non era sporca, solo stropicciata. Era lunga, larga, confortevole e familiare. Crystal sorrise impercettibilmente alla morbidezza di quell'indumento. Guardandosi di nuovo allo specchio, lievemente appannato dal vapore della doccia, tirò su la zip e mise il cappuccio lasciando i capelli cadere lungo il collo, coprendolo. Soddiasfatta di aver mascherato alla meglio quel che più odiava, andò in cucina e si fece un thè.Bombo non era in giro, stava probabilmente mangiando. Si sentiva come se stesse vivendo in un dannato film, niente andava nella maniera giusta perchè così gli ascolti salivano, e l'audience era soddisfatta a scapito dei protagonisti. Si sentiva una marionetta plasmata dalle opinioni altrui, ma una piccolissima vocina dentro la sua testa continuava a dire "Sono l'eroe della scena, non ho bisogno di essere salvata". 
E allora cos'era quella voglia di abbandonarsi nelle braccia forti di una persona cara, di guardare film horror con lei, di cantare fino a perdere la voce, di poter non dimenticare nulla dei momenti insieme, di tenerla vicina, di impazzire per e con lei? Seduta sul quel letto che odorava ancora di sogni e incubi, soffiando sulla tazza azzura di thè color ambra, rimuginava su tutto ciò. Cercava la ragione della sua pazzia, la ragione del suo male e il suo bene al contempo, la ragione del mascara colato sul suo viso, la ragione dei suoi sorrisi spontanei; cercava una risposta mentre Bombo saliva sul letto e si acciambellava vicino a lei. Cercava una risposta mentre quella aveva appena chiuso la porta dietro di sè. Mentre quella risposta aveva lasciato indetro una busta con del latte e degli spinaci surgelati in cucina, mentre sospirava stancamente, mentre appendeva la sua giacca di pelle all'appendiabiti. Mentre Lettie cercava una risposta, la sentiva avvicinarsi sempre più a passi felpati e timidi e accendeva qualche luce per la casa, la sentiva avvicinarsi facendo il conto alla rovescia dei passi che gli sarebbero serviti per bussare alla porta di quella camera, che era mezza aperta. La sua risposta era alta una spanna in più di lei, scura di capelli e chiara di pelle, delicata nei movimenti, dolce nelle parole, rincuorante, timida ma simpatica; suonava, e le punte delle sue dita a volte erano insensibili per i calli, era misteriosa, magnetica, impenetrabile. La sua risposta a volte non parlava, la guardava e basta. Comunicava con gli occhi più che con le parole, dava voce ai suoi pensieri con quei due pozzi di pece nera senza fondo. Quando dormiva sembrava un bambino, quando l'abbracciava la stringeva forte. E quando la baciava Crystal si sentiva felice abbastanza per morire. La sua risposta aprì del tutto la porta con le punte delle dita affusolate e magre, il suo sguardo si posò sulla figura di Lettie illuminata dalla lampada sul comodino di fianco. Sorrise.
«Bhè, buongiorno» la salutò venendole incontro.
«Ciao» rispose Crystal a Guy. Indossava dei jeans neri, una camicia a quadri rossi e le sneakers. Posò il thè semi-freddo sul comodino e si appoggiò meglio sul cuscino dietro la sua schiena. Fece posto a Guy, che la guardava da dietro i suoi occhiali da riposo.
«Occhiali oggi?» chiese.
«Già. Mi stanno uccidendo,» se li tolse e si massaggiò gli occhi, increspando le folte sopracciglia scure. Lei sorrise teneramente notando quel braccialetto di stoffa colorato che cingeva il polso di lui. Lo faceva sembrare più giovane. Lui la guardò per qualche secondo.
«Tutto ok?» Crystal annuì, poi scivolò più vicino a Guy, stringendo le ginocchia al petto ed evitando il suo sguardo.
«Ehi, guardami» le disse dolcemente, lei alzò gli occhi dalle lunghe ciglia e li puntò in quelli scuri di lui. Cercava di capire cosa lui volesse dirle, ma niente. Nel suo sguardo vedeva solo il colore scuro ed impenetrabile della notte. Guy, da parte sua, vide che quegli occhi di Crystal erano ancora contornati di nero, sembrava ancora più a pezzi e pallida della notte passata.
«Dove sei stato?» continuò a guardarlo, forse riferendosi al fatto che era tornato solo pochi attimi prima, o forse per qualcos'altro.
«Mi ha chiamato Jonny, sono dovuto scappare,» lei lo guardava e lo ascoltava «Poi mi sono fermato al supermercato.» Guy fece spallucce «Scusa, avrei dovuto lasciare un biglietto.»
Crystal scosse la testa, nascondendo la bocca dietro le ginocchia «Tranquillo, non importa» guardò in basso di nuovo. Guy sembrò quasi intenerito, sorrise, allungò una mano verso di lei. La posò sul suo capo coperto dal cappuccio, lo abbassò delicatamente; poi accarezzò quei capelli morbidi. Bombo si tirò su dal suo giaciglio caldo sul letto, e andò verso il suo padrone, strusciandosi sulle sue gambe in cerca di coccole e carezze che vennero soddisfatte da delicati movimenti dei palmi di lui.
«Sai, sono passato davanti a quel negozio di vinili» iniziò lui. Crystal sorrise.
«E‘ stato strano, io non sarei dovuto neanche passare di lì, ma la strada principale era chiusa e così ho dovuto prendere quelle secondarie. Passandoci davanti ho visto che The Queen Is Dead è in offerta,» la guadò per ottenere qualche reazione, quasi fu preso alla sprovvista quando la colse a guardarlo con quegli occhi resi più grandi e acquosi dalla luce bassa.
«Ho pensato a te. Magari un giorno potremo andarci insieme, so che ti piacerebbe e…»
«Ho fatto un sogno» lo interruppe bruscamente, guardandolo con la stessa intensità di prima. Guy la guardò un po' confuso, ci fu un momento di silenzio tra i due. Una sfida di sguardi; Guy perse.
«Non mi hai ascoltato, vero?» ridacchiò «Che hai sognato?»
«Tu, con Oprah.»
«Oprah Winfrey?» chiese Guy perplesso.
«Oprah Winfrey.»
«E che succedeva?» la incitò a continuare curioso di sapere cosa il subconscio di Crystal poteva creare. Crystal però sembrò esitare, come fermata da qualcosa.
«Ecco, andavate a letto insieme» quasi venne da ridere anche a lei ascoltando le sue stesse parole. Guy rimase a bocca aperta, poi scoppiò a ridere istericamente pensando alla scena, e non riusciva a smettere.
«E tu guardavi?» chiese tra le risa.
«Non lo so. Però sapevo quello che succedeva.»
«Davvero?» combattè l'istinto di ridere ancora.
«E' veramente così divertente?» lo guardò seriamente, poche volte Guy l'aveva vista così seria. S'impose di smettere di ridere.
«A che pensi, Cry?» le chiese sfiorandole la mano. Lei pensò bene a quello che doveva dirgli, pensò ad ogni singola sillaba, ogni singola virgola da dire o omettere per cercare di non suonare paranoica o schizofrenica.
«Ascolatmi bene. Credo che questo dannato sogno, o incubo, o allucinazione sia un modo per far capire tanto a te che a me che...» prese un grande respiro «...che se tu dovessi mai stancarti di me, se non andassi più bene…»
«Crystal» tentò di distrarla da quello che stava dicendo.
«No, zitto e ascolta» puntò gli occhi su quelli di Guy con tale fermezza che lui stesso vacillò «Se dovessi mai stancarti si me, se non mi volessi più: puoi fare quello che vuoi. Puoi uscire con una sedicenne svedese platinata, puoi uscire con una brasiliana...oppure puoi uscire con tutte e due; ma devi promettermi una cosa.»
Guy la guardò, temendo ciò che stava per dire, con la paura di chi conosce l'imprevidibilità degli esseri umani, con la paura di lei stessa.
«Non devi lasciarmi» quelle parole rimasero a lungo fluttuanti nell'aria tra loro due, così lapidarie, così schiette, dirette, disperate.
«Perchè me lo dici?» le chiese Guy dopo qualche attimo.
«Che faresti se non ti piacessi più? Sono solo precauzioni» si tirò di nuovo il cappuccio sui capelli. Lui sospirò, non capiva. Forse lei non si fidava? Forse era proprio lei quella che non lo amava più. Non lo sapeva. Non capiva come una ragazza così calma come Lettie potesse essere sempre così volubile. Era strabiliato e interdetto allo stesso tempo.
«Adesso ascoltami tu» intimò Guy, guardandola, le prese il mento nella mano «Io non riuscirei a stancarmi di te neanche se lo volessi.» La sua voce suonò più dolce di quanto lui avesse voluto, e lei sorrise. Aveva ragione quando pensava che Guy non sarebbe stato capace di fare del male a nessuno. Crystal allungò una mano e la posò sul petto di Guy. Proprio al centro, dove risuonavano i battiti del suo cuore, sorrise e alzò lo sguardo verso di lui.
«Non essere così duro, non ce n'è bisogno» gli disse calma.
Lui la guardò ancora per un po', poi le tolse di nuovo il cappuccio, e di nuovo le accarezzò i capelli, stavolta arrivando fino al viso. Le alzò il mento con due dita, poi posò le labbra sulla sua fronte.
«Ti amo.» sentenziò dandole un'altro bacio.
Lei fu scossa da un tremito, strinse le braccia al petto. Non si sentiva riscaldata, né rincuorata. Non sentiva nulla, tranne un gran freddo. Aveva voglia di piangere.
«Perché?» gli chiese «Perchè mi ami?»
«Non lo so,» rispose lui, sbuffò rumorosamente «Ma credo che quando la felicità di qualcuno è la tua felicità, credo che quello sia amore.» fece una pausa «Porca puttana. Mi fai vergognare anche di dire una cosa del genere.» ridacchiò guardando il pavimento.
«Scusami.» mormorò lei. Le veniva da vomitare, ma non aveva nulla nello stomaco.
«In realtà, non ti sopporto.» ammise Guy con un sorriso. Lei sorrise di rimando.
«Chi mi sopporta in questo mondo» confermò Crystal. Seguì il silenzio. Bombo dormiva, Crystal giocherellava con il laccietto del bracciale di Guy, Guy guardava Crystal.
«Sei sicuro di amarmi?» gli chiese lei «Io non piaccio alla gente.»
Lui annuì «Se non piaci alla gente, pazienza. Non mi importa degli altri, possiamo farcela. Possiamo essere una famiglia. Solo noi due. Eh?»
«Potrebbe andare bene» sorrise «Avrò bisogno di te, Guy».
«Lo so.» rispose. Ed era vero, sapeva benissimo che Crystal era fragile. Sapeva che nessuno l'aveva mai amata come lui. Sapeva di essere stato il suo primo amore. Sapeva che aveva bisogno del suo aiuto, della sua presenza, della sua cura. Sapeva che era spaventata dal mondo, come un coniglio abbagliato dai fari di una macchina. Sapeva che aveva paura di amare e lasciarsi amare. Con lo sguardo intenerito allungò una mano. Le scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, le sfiorò una guancia. Crystal posò il viso sulla mano aperta di lui, sprofondandoci. Lo faceva ogni volta, come se in momenti come quelli lei fosse completamente in balia di lui. Socchiudendo gli occhi Crystal poteva quasi contare le vene sul braccio e la mano di Guy sfiorandole con i polpastrelli, percepì uno spostamento d'aria e lui che appoggiava la fronte sulla sua. Respiravano la stessa aria, diventata pesante. Era strano, non stava accadendo nulla di fisico, ma era come se le emozioni parlassero e viaggiassero e volassero tra i loro corpi comunque troppo distanti. Crystal fece passare la sua mano ai bottoni della camicia a quadri di lui, sbottonò i primi tre, sfiorò la sua pelle con le dita fredde e Guy trasalì soffiando sulle sue labbra. Lei fece aderire completamente la mano al suo petto, la portò su fino al collo e alla nuca, accarezzandogli i capelli scuri.
«Mi prenderò cura di te» sussurrò Guy, la sua voce era bassa e roca.
«Prometti?»
«Prometto.»
E poi lo baciò. Sfiorò la sua guancia con le dita e si pizzicò con la sua barba. Lo sentiva bruciare dentro di lei, il suo amore per lui. Lo sentiva salire dalle dita dei piedi fino al ventre, al petto e poi alla testa. Sentiva i suoi pensieri svanire, sentiva gli occhi bagnarsi. Era stanca di provare a piacere alla gente, era stanca di come aveva vissuto fino a quel momento. Voleva perdersi e non tornare più. Voleva scappare, voleva urlare e impazzire più di quanto non avesse fatto. E Guy l'aveva salvata, e questo non l'avrebbe mai dimenticato. 
Si staccò quel poco che bastava per far uscire un singhiozzo dalla sua gola. Iniziò a piangere. Lui la strinse forte, l'accolse tra le braccia, la fece sedere sulle sue gambe. Crystal non fece alro che lasciarsi stringere, stringendo a sua volta. Si aggrappò al suo collo come una bambina, e si abbandonò a un pianto atteso e liberatorio. Singhiozzava così forte da sentire male al petto, le guance le bruciavano al passaggio delle sue lacrime. Avrebbe voluto smettere, ma il pensiero di quello che la sua vita era stata la opprimeva, e poi il calore che il corpo di Guy le dava la commuoveva ancora di più. Stringeva ancora più forte; provò a parlare, ma nulla uscì dalla sua gola. Guy cercava di darle più conforto possibile, le accarezzava la schiena scossa dai tremiti, le baciava i capelli e le guancie, ma Crystal continuava a piangere. Era disperata, straziata, così stanca. Ma era grata a Dio - dovunque fosse - di aver trovato Guy. Ne era grata con tutto il cuore, perchè nei suoi momenti bui era sempre stato l'unico in grado di curarla, aggiustarla, farla tornare sana. Era l'unico che riusciva ad evitare che la sua pazzia prendesse il controllo. E per questo l'amava più di se stessa.
«Sono stanca,» sussurrò lei al suo orecchio quando si calmò «Stanca di sentirmi così male.»
«Lo so» rispose lui, poi le asciugò le lacrime con i pollici. Si guardarono profondamente. Crystal lo supplicò con gli occhi. Guy capì. E ne aveva bisogno allo stesso modo. Si avventò sulle labbra di lei come un'animale affamato. Sentiva che più la baciava, più l'accarezzava, più l'amava, più lei soffriva di meno. E allora continuava. Continuava a farla sentire bene, continuava ad assaggiare ogni singolo centimetro della sua pelle profumata. Continuava a sentire che Crystal lo voleva, sentiva che lei era felice dentro in quel momento. Sentiva le sue dita fredde che gli accarezzavano il viso, che gli tiravano i capelli, le sue unghie che graffiavano la sua schiena. Sentiva lei arcuarsi sotto il suo corpo, sentiva che lo chiamava tra i suoi sospiri. E poi si sentiva così bene anche lui, si sentiva pieno e soddisfatto mentre s'insinuava nei suoi capelli e le lasciava dei baci sul collo, mentre bassi ringhi e sospiri vibravano nella sua gola. Baciandola ancora e ancora credette che il cuore di Crystal esplodesse: lo sentiva battere forte contro il suo petto, e sentiva che lo teneva stretto al suo corpo. Sentiva che era spaventata che lui potesse andare via da un momento all'altro; così continuò a stringerla, continuò a respirare sul suo collo e a baciarla.

Finchè lei era sollevata, lui era felice.
 

__



Author's Corner.
Boom. Salve. Dunque, prima storia, nuovo account, nuovo inizio. Questo povero insieme di parole stava per essere ingoiato dalle ragnatele in un angolo della mia chiavetta USB, e mi piangeva il cuore. Ditemi che ne pensate, se vi va. Accetto ogni cosa.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: milkandblackspiders