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Autore: Lacus Clyne    23/10/2013    3 recensioni
"Avete mai sentito parlare della storia di Quasimodo, il Gobbo di Notre-Dame?"
Domandò Leila, muovendo il bracciale d’oro e facendolo tintinnare, richiamando l’attenzione dei compagni e di Eliza, che osservò incuriosita il riflesso luminoso. Leila sorrise, accarezzando la gattina nera."
La W-0 si concede un momento di pausa, dopo gli ultimi eventi. Per Leila, Akito, Ryo, Ayano e Yukiya è l'occasione per conoscersi meglio. Una notte di festa, la compagnia gitana in città. E la storia di Notre Dame mette in luce sentimenti nascosti. Leila e Akito come Esmeralda e Quasimodo. Chi guarderà oltre l'aspetto del mostro? Prima ff su Code Geass - Boukoku no Akito!
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hyuuga Akito, Leila Malcal
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Buonasera!! *-* OMG, da quanto non postavo di nuovo nel fandom di Code GEASS!! ç_ç<3 Che piacevole ritorno! *----*<3 Ok, non so se tra voi, ma lo spero, c'è qualcuno che sta seguendo Code GEASS - Boukoku no Akito, la serie di OAV ambientata tra la prima stagione e R2! Ebbene, sto adorando anche questi OAV, anche se inizialmente, ero un po' scettica... Leila e Akito, la W-0, Ryo, Ayano e Yukiya sono meravigliosi e finalmente, dopo tanto tempo son riuscita a trovare l'ispirazione per scrivere qualcosa su di loro! Il pretesto me l'ha fornito il secondo OAV, quindi, nel caso non l'aveste visto (la raw è uscita solo da poco), ci sono spoiler! Mh... in realtà gli spoiler riguardano il finale e l'anteprima del terzo OAV, che mi ha intrigato particolarmente... e mi son detta "Ok, è il momento giusto"! Non vedo l'ora che arrivi la prossima primavera per vedere come si esplicheranno per bene certe scene... uhuhuh E ovviamente per rivedere anche Suzaku! <3

Intanto, ecco una one-shot sui ragazzi di Akito (e sì... sappiate che adoro da morire lui e Leila! *___*) e spero di leggere qualche vostro commento anche su questa stupenda serie che pur non è l'originale!! >_<<3

Buona lettura!!

 

 

 

“Avete mai sentito parlare della storia di Quasimodo, il Gobbo di Notre-Dame?”

 

Domandò Leila, muovendo il bracciale d’oro e facendolo tintinnare, richiamando l’attenzione dei compagni e di Eliza, che osservò incuriosita il riflesso luminoso. Leila sorrise, accarezzando la gattina nera.

“Il campanaro della cattedrale. Quello che salvò la zingara Esmeralda dall’arcidiacono Frollo”, rispose prontamente Yukiya, aggiungendo un altro ramo secco al fuoco scoppiettante.

Leila annuì, sorridendo gentilmente al compagno di squadra.

La W-0 si era concessa una serata di svago, aggregandosi a un gruppo di gitani che soggiornava in città. Nonostante la preoccupazione di Anna, Leila aveva supposto che sarebbe stata una buona occasione per conoscersi meglio, per rinsaldare lo spirito di squadra e per aiutare Akito a non pensare costantemente all’incontro con suo fratello maggiore. Ed effettivamente, così era stato. Si erano divertiti, lasciando per una volta da parte le preoccupazioni e dimettendo ranghi e ordini. Erano soltanto un gruppo di ragazzi che volevano giocare, quella sera, dimentichi per una volta di Knightmare Frames e di battaglie per l’indipendenza dell’E.U. dai continui attacchi che la Britannia perpetrava.

“Perché ci chiedi se ne abbiamo sentito parlare?”, chiese Ayano, indispettita. Tra i tre ribelli giapponesi che Leila aveva preso con sé per aiutarla a creare un mondo che fosse per loro casa, Ayano Kosaka era quella la cui irruenza era subordinata solo alla sua abilità con la katana. E a volte, aveva come la percezione che la rivalità nei suoi confronti non fosse soltanto diretta alla loro particolare condizione, ma Leila la notava anche quando lo sguardo di Ayano si posava su Akito. Intuito femminile, proprio come quello che Anna aveva ogni qualvolta parlavano del sottotenente Hyuga e le faceva notare, in modo più o meno schietto, quando lui fosse nei suoi pensieri. Leila scosse appena la testa e i pendenti colorati che le ornavano i lunghi capelli biondi si ravvivarono di riflessi cangianti.

C’era la musica incessante delle melodie balcaniche, tutto intorno. C’era gente che danzava ridendo, cantando motivi tipici, c’erano corteggiamenti complici, e fiumi di vino che scorrevano così come le ore di quella notte.

“Mi è tornata in mente, questa sera. Siamo una sorta di gitani anche noi, in questo momento”, confessò, lasciando che Eliza giocasse con i nastri che le ornavano l’abito leggero da perfetta gitana. Ayano fece spallucce, addentando una pitta cotta al forno che le imporporò le guance. “Squisita!”, esclamò, soddisfatta.

Ryo, incuriosito dall’entusiasmo della compagna, ne prese una dal piatto che avevano davanti e la studiò attentamente.

“Vuoi sapere cosa c’è dentro, Ryo?”, gli fece eco Yukiya e un guizzo sinistro comparve nei suoi occhi verdi. Ryo replicò con un’occhiataccia, poi si limitò ad addentare e a gustare per qualche minuto. Leila, Yukiya e Ayano lo guardarono in attesa del giudizio.

“A essere onesti, preferirei un sashimi”, rispose, afferrando un boccale e trangugiando il vino rosso.

“Ah, ragazzi, questo va decisamente meglio!”, asserì.

Leila ridacchiò, assaggiando a sua volta il vino. Certo, non era quello a cui era abituata, ma aveva un sapore molto più vero e corposo di quanto fosse quello dei vini pregiati che aveva avuto occasione di bere durante le feste, in passato. C’erano così tanti intrighi e tanta freddezza nell’alta società che sarebbe stato quasi preferibile essere adottata da gente comune, al posto della famiglia Malcal. Leila era entrata in quella famiglia dopo la morte dei suoi genitori, dodici anni prima. Erano dei britanni esiliati e lei era stata adottata soltanto perché i Malcal volevano nobilitare il loro lignaggio. Ed era destinata a sposare Johann, il figlio minore di quella famiglia, qualcuno che detestava dal profondo e di cui avrebbe fatto volentieri a meno.

Ma se non le piace, comandante, sarei ben felice di eliminarlo per lei… questo mondo…

Leila portò la mano libera al cuore, ricordando quelle parole. E guardò Akito, che osservava distrattamente la gente che continuava a danzare.

“S-Sottotenente Hy--“

“Ah-Ah. Non avevamo detto che per stasera non avremmo usato gradi?”, protestò Ryo, agitando l’indice davanti al viso di Leila, che lo guardò stupita.

“Ehm… hai ragione, Sayama Ryo-kun…”, si scusò, con un leggero velo di imbarazzo.

Ryo grattò la testa, mostrando il broncio. Yukiya e Ayano sospirarono.

“Ohi, Akito! Leila parla con te. E piantala di fare l’asociale. Stasera ci si diverte!”, proclamò il maggiore dei tre ribelli, stemperando la tensione con un tono giocoso e avvolgendo il braccio intorno al collo di Akito, che finalmente, si voltò. Aveva sempre quell’aria tra l’assente e il seccato. Eppure, Leila trovava quell’aria molto più rassicurante di quanto lo fosse vederlo mostrare il suo lato nascosto. Quel sorriso folle, quello sguardo così crudelmente consapevole… Akito la spaventava, a volte.

“Cosa c’è?”, domandò, scrollandosi dall’abbraccio di Ryo. Fu Eliza ad avvicinarsi, stavolta, accoccolandosi accanto a lui. Akito le accarezzò il manto nero setoso, con fare sicuro.

Leila scosse la testa. “Mi chiedevo solo se… beh, se vi andasse di andare a ballare”, disse semplicemente.

I ragazzi si scambiarono un’occhiata. Akito rimase imperturbabile. Leila attese imbarazzata. Per quanto fosse una formidabile stratega e un comandante eccellente, in privato, aveva ancora problemi nel relazionarsi con le altre persone, in particolare con Akito. Se Anna fosse stata lì, probabilmente le avrebbe assestato una complice gomitata, spingendola ad alzarsi e a tendere la mano ai suoi compagni. Le piaceva come suonava quella parola. Compagni. Qualcuno di cui riporre fiducia. Ma Anna non c’era. Sarebbero tornati a casa soltanto l’indomani. Ma ciononostante, Leila decise di darle ascolto, ugualmente. Si alzò, tendendo le mani ai ragazzi.

“Allora, vogliamo rimanere qui o vogliamo divertirci?”, chiese, sorridendo.

“Agli ordini, Esmeralda!”, esclamò Ryo, facendole l’occhiolino e prendendo la sua mano e alzandosi. I ninnoli dell’abito blu del ragazzo tintinnarono, richiamando l’attenzione di Eliza, che sollevò la testa. 

Yukiya ridacchiò sotto ai baffi. “Esmeralda? E allora Ayano chi è? Djali?”

Ayano strinse il pugno e inarcò il sopracciglio scuro. “Mi stai dando della capretta, Naruse Yukiya?”, domandò, con aria minacciosa.

“Non mi permetterei mai. Fleur-de-Lys. Sei Fleur-de-Lys”, rispose, alzandosi a sua volta.

Ayano sbattè le palpebre, incerta. Leila invece riflettè sul fatto che sia Esmeralda che Fleur-de-Lys erano legate a un uomo. Phoebus, il capitano delle guardie di Parigi.

“Dannato Yukiya… hai sempre la risposta pronta, eh?”, protestò Ayano, guardandolo. Yukiya profuse un inchino, divertito.

“E tu, Akito… vieni con noi?”, chiese la ragazza, mentre si alzava a sua volta.

Akito la guardò.

“Andate avanti. Vi raggiungo.”

Ayano annuì, ma una vena di delusione le attraversò lo sguardo. Anche Leila provò la stessa sensazione, ma conosceva bene Akito e sapeva che non avrebbe mentito.

“Ti affido Eliza, allora. E non tardare, Akito”, disse, a mò di ordine. Lo sguardo di Akito si accese, nell’incontrare gli occhi chiari del proprio comandante. Le rivolse un cenno con la testa. Assenso. Leila sorrise, prendendo congedo e raggiungendo assieme ai ragazzi, lo spiazzo in cui musica e persone erano un tutt’uno. Per quella sera, tutto il resto era da tenersi al di fuori. Era quella la condizione.

“Sai ballare, Leila?”, domandò Ryo, muovendo a tempo il piede.

Leila scosse la testa. “In realtà non ci ho mai provato. Non conosco queste danze.”

“Basta muoversi ascoltando la musica. Poi viene da sé”, spiegò Yukiya, battendo le mani.

“Così?”, chiese Leila, seguendo attentamente le istruzioni dei compagni e provandoci a sua volta.

“Così!”, esclamò Ayano, rivelando un’agilità incredibile nel coordinare mani e piedi a ritmo della musica sempre più avvincente. Del resto, abituata alla disciplina dell’arte della katana, Ayano non aveva difficoltà nella danza.

“Grande, Ayano!”, le fece eco Ryo, prendendola in braccio e sollevandola in aria. La ragazza sorrise, aprendo le braccia mentre Yukiya, accanto a loro, tenne il tempo continuando a battere le mani. In breve, si lasciarono conquistare dalla musica e danzarono, con l’irruenza e la foga dell’adolescenza.

Leila li osservava felice. Ogni tanto muoveva qualche passo, soprattutto quando i ragazzi si avvicinavano per invitarla a danzare. Aveva evitato di voltarsi indietro. Non voleva che Akito la considerasse opprimente. Lui stesso le aveva fatto intendere, più di una volta, di non aver bisogno della presenza di nessuno accanto a sé. Nessuno di vivo, almeno.

Sono già morto una volta.

Ed era anche per questo che Leila voleva rendere quel mondo casa. Perché Akito avesse un mondo in cui ritrovare la voglia di vivere. Anche lei era morta, in passato. Assieme ai suoi genitori. Eppure, una strana ragazza le aveva ridato un motivo per vivere. Indossava un mantello con un cappuccio bianco. Bella ed effimera, con i lunghi capelli verdi e uno strano sigillo rosso scarlatto sulla fronte. Le aveva teso la mano, mentre lei, bambina, era in un piccolo specchio d’acqua. Nevicava allora. Il freddo era pungente. E ora era lì, mentre i fuochi tutto intorno riscaldavano l’aria e l’atmosfera era carica di empatia.

“Non voleva ballare?”

Leila sobbalzò, nel riconoscere la voce di Akito all’orecchio. Si voltò appena, sperando che non si accorgesse del rossore che aveva imporporato le sue guance. Akito le faceva davvero uno strano e contraddittorio effetto.

“Aspettavo… dov’è Eliza?”, si affrettò a domandare per cambiare argomento.

“L’ho portata nel mio alloggio. Evidentemente era stanca.”

Leila lo guardò sorpresa. Il modo in cui Akito parlava di quella gattina era particolare. Era come se si stesse riferendo a una persona. Forse non era retorico che talvolta, gli esseri umani si relazionavano meglio con gli animali che con i propri simili. Questo pensiero le strappò un sorriso. Nel caso di Akito Hyuga, c’era tanto da notare.

“Ti andrebbe di farlo con me?”, domandò, sorprendendosi della sua stessa sicurezza, in quel momento.

Akito rivolse uno sguardo ai ragazzi, che si erano perfettamente integrati al resto del gruppo gitano.  Leila lo osservò. Aveva indossato una camicia bianca con un foulard verde, del tutto in tinta con la bandana e con le balze. Alle mani, portava dei polsini neri. Così diverso dalla sua solita tenuta, quasi più giovane. E poi, tornò a guardarla.

“Andiamo”, rispose, prendendola per mano.

Leila arrossì, sentendo un inaspettato e piacevole batticuore. Akito era lì. I loro compagni erano lì, accogliendoli divertiti. Ballarono. Ballarono fino a notte inoltrata, guidati dal ritmo dei tamburelli, delle chitarre, delle mani, delle stesse voci che si alzavano al cielo con risate e schiamazzi. Leila non era mai stata così felice. Non si era mai sentita così libera e così sensuale come in quel momento. Danzava lasciandosi trasportare dalla musica, così come le aveva suggerito Yukiya. Persino Akito si era ritrovato a sorridere, qualche volta. Quella missione era stata un successo. Per qualche ora, avevano tenuto lontani gli spettri del mondo intorno a loro. Erano stati soltanto un gruppo di amici che voleva divertirsi.

E solo a notte fonda, si separarono, ancora un po’ ebbri di note incalzanti, tornando ai propri alloggi.

Akito scortò Leila, dopo aver sentito Ryo che tra un boccale e un passo di danza, aveva intimato ad Akito di comportarsi bene con la loro Esmeralda. Quel commento al sapore di vino aveva fatto arrossire ancor di più la ragazza, mentre Yukiya cercava un ruolo nella storia per il compagno di squadra, suggerendo infine di affibbiargli quelli di Clopin o di Gringoire. Ayano allora aveva protestato. Il Clopin della situazione, a suo dire, era proprio Yukiya, dal momento che si era dato alla narrazione. E infine avevano riso, per poi ritirarsi.

Leila si fermò davanti alla porta del proprio alloggio.

“Sai, sottotenente…”

Akito ebbe un impercettibile fremito nelle sopracciglia.

“Sta usando di nuovo il grado”, disse.

“Tu mi hai dato del lei per tutta la sera!”, protestò Leila, imbronciandosi.

Akito sembrò sorpreso, per un istante, cosa che le fece riacquistare un po’ di fiducia in se stessa.

“Ha… hai ragione. Mi viene difficile”, notò.

Leila rise appena. “E’ la stessa cosa per me… non siamo abituati a cose simili… a parte che con Anna…”

“Il capitano Clement è sua… tua amica da tempo. C’è più confidenza. Non è così?”

Leila annuì. Anna era stata la sua prima e unica amica per tanti anni, da dopo la sua adozione e si conoscevano talmente bene da essere più limpide di uno specchio, l’una per l’altra.

“Comunque, volevo dirti che sono sorpresa.”

Akito sembrava incuriosito. E sicuramente, la causa di quella sorpresa non era da imputarsi alle sue abilità con i Knightmare Frames.

“Balli bene…”, confessò, timidamente.

In lontananza, si sentiva ancora l’eco delle melodie gitane. Ma oramai era tardi e l’indomani li avrebbe attesi il ritorno in patria. Il dovere era tornato a bussare alla porta. Leila aveva un report per il generale Smilas da preparare. Akito e gli altri dovevano sottoporsi ai test psico-attitudinali. L’ultima missione era stata difficile e rischiosa. E i cavalieri britanni non avrebbero atteso oltre per sferrare le loro offensive. E poi, c’era la questione del fratello di Akito. Leila esitò, nel ricordare che lo stesso Akito le aveva detto, con un terrificante sorriso sul volto, che l’avrebbe ucciso. Istintivamente, si accarezzò il polso che lui aveva afferrato. Akito se ne accorse.

“Per quello… mi dispiace”, disse, voltandosi verso le luci distanti. Intorno a loro, c’era solo la luce della luna a rischiarare la notte.

Leila scosse la testa. “Non preoccuparti… è tutto a posto.”

Akito strinse il pugno, aggrottando le sopracciglia, poi si voltò nuovamente. “Perché?”

L’esitazione comparve nuovamente negli occhi della bionda britanna.

“Perché ti interessi a me in questo modo? Io non merito tutta questa attenzione!”, esclamò tutto d’un fiato, in modo così impaziente, per essere stato proprio lui a dirlo.

Leila era incredula. Perché si interessava a lui? E soprattutto, perché il cuore aveva preso a martellarle in petto non appena lui si era voltato verso di lei e l’aveva guardata in quel modo? Akito era pericoloso e lei lo sapeva. Ma non le importava. Aveva subito un trauma. Qualcosa che l’aveva fatto convincere di essere morto. Forse, quel qualcosa era legato al suo stesso fratello. Aveva visto morire così tante persone e lui stesso era solito considerarsi una sorta di Shinigami, così come i giapponesi definivano gli dei della morte. E proprio per questo, Leila sentiva di volergli stare accanto. Perché erano simili ed entrambi avevano sofferto.

“Perché guardo te e vedo me stessa…”

Akito sgranò gli occhi, incerto. Era così instabile in quel momento… portò le mani alla testa, respirando affannosamente.

“No… tu non sei come me… tu non sai niente di me… niente… nessuno è come me… io vivo solo per morire…”

“Tutti viviamo per morire. E questo accade, prima o poi. Ma non cercare la morte… perché ogni volta che lo fai, Hyuga Akito, ogni volta che penso che potrei perderti… mi sento morire anch’io!” Leila pronunciò quelle parole senza nemmeno rendersi conto della portata che esse stesse avevano. Gli occhi le si fecero più lucidi, mentre tendeva le mani verso il ragazzo spezzato che le era di fronte. Akito balzò in difesa, afferrandole velocemente entrambi i polsi. Per un attimo, si rividero così com’erano stati poche ore prima. Ma nello sguardo di Leila ora non c’era paura. C’era consapevolezza. La consapevolezza di non voler perdere qualcuno che per lei era importante. Ed era triste. Triste per lui. Akito deglutì, sconvolto. Perché quella ragazza lo guardava in quel modo? Era difficile per lui comprendere anche soltanto l’idea che qualcuno provasse qualcosa per lui. Perché chi l’aveva amato era morto. E chi avrebbe dovuto amarlo, gli aveva ordinato di morire. Eppure, Akito aveva resistito. Per tutti quegli anni, aveva resistito. La presa intorno ai polsi di Leila si fece più debole. Per la prima volta in vita sua, Akito Hyuga stava esitando. Leila se ne accorse e non appena fu libera, tese le braccia, ancora una volta, cingendolo e avvicinandolo a sé in un abbraccio protettivo.

“Leila…”, pronunciò Akito in un sussurro.

Leila sorrise, accarezzandogli i capelli resi più scuri dalla notte. Il modo in cui aveva pronunciato il suo nome era dolce.

“Ti prego, Akito… abbi fiducia in me…”, mormorò teneramente.

Akito fremette. Cosa significava avere fiducia in qualcuno? Tutto ciò che Leila diceva, così come ciò che stava provando, era nuovo per chi come lui, aveva familiarità solo col campo di battaglia. Ma Leila non l’aveva mai considerato un semplice soldato. Era stato sin da subito la punta di diamante della W-0, il pilota in cui tutti... Leila aveva riposto le sue speranze e la sua fiducia. Aveva la simpatia di Anna e delle ragazze e la stima di Yukiya, recentemente. La W-0 era un luogo in cui sentirsi a casa… già, era quella la loro casa. Prima ancora di rendersene conto, si ritrovò a stringere Leila tra le braccia e a respirare il suo profumo. Gitano. Proprio come quello che aveva addosso lui. Avevano passato così tanto tempo a ballare che ormai non riuscivano quasi a capire dove finisse l’uno e cominciasse l’altra.

“Akito…”

La voce di Leila era gentile come le dita che gli accarezzavano le guance. Il suo sorriso era così amabile che lui stesso si stupì di quanto gli facesse bene vederlo. Forse, dopotutto, avere fiducia significava anche questo. Abbandonarsi alla cura di un’altra persona, affidarsi al suo sorriso che in quel momento era così rassicurante. E nonostante l’incertezza, si ritrovò a posare il palmo sulla guancia di Leila, che chiuse gli occhi. Nel farlo, una lacrima le imperlò l’occhio sinistro. Akito la scostò col pollice. Non voleva che lei fosse triste per lui. Non voleva vederla piangere. Quella consapevolezza gli scaldò il cuore. E quando Leila lo guardò di nuovo, con quello sguardo a metà tra la timidezza e la dolcezza, Akito si sentì nuovamente amato, dopo tanto tempo. Avrebbe fatto a pezzi il bastardo a cui era stata promessa. Avrebbe distrutto quel mondo orribile per lei, se solo lei gliel’avesse chiesto. Ma in quel momento, Leila non gli chiedeva niente che non fosse il fidarsi di lei. Ed era lì, la sua bella Esmeralda. La sola che aveva visto oltre il mostro. La sola, la vera persona per cui sarebbe morto.

“Baciami…”, sussurrò Leila, mordendosi le labbra dipinte da un leggero velo rosa. E Akito obbedì. Non a un ordine. A un desiderio. Lo stesso che anche lui, quella notte al di fuori del tempo, stava provando. E quando le sue labbra incontrarono quelle di Leila, calde e morbide, ancora inesperte, Akito non riuscì a trattenere un sorriso. Lei si fidava di lui. E lui avrebbe fatto altrettanto. Sorrise anche quando le loro dita si intrecciarono, e quando la prese in braccio, continuando a baciarla e conducendola nel suo alloggio. La porta automatica si chiuse alle loro spalle, nascondendo l’ultimo baluardo di una notte in cui non c’erano altro che due ragazzi che avevano capito di essere l’uno lo specchio dell’anima dell’altra.

 

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Stavi forse cercando di uccidermi, Akito?

Nii-san…

Già… muori… per me.

 

Il ghigno compiaciuto sul volto di Shin. Il Geass nel suo occhio sinistro. E poi il passato. I cadaveri dei loro conoscenti, della loro stessa famiglia. Shin ragazzino. Il suo sguardo freddo e totalmente disumano.

 

Muori per me.

Muori, Akito.

MUORI!

 

Akito riaprì gli occhi di soprassalto, spalancandoli in una muta esclamazione di puro terrore. Ansimò sconvolto, privo di appigli con la realtà cosciente. Solo quando sentii Leila muoversi accanto  a lui, nel sonno, si rese conto di aver avuto nuovamente un incubo. E stavolta, vi si era aggiunto il ricordo dell’incontro che avevano avuto il giorno precedente. Akito riprese fiato, recuperando la calma. Poi guardò Leila. Aveva un’aria così innocente che a confronto, lo fece sentire sporco. Già… sporco del sangue di coloro che erano morti. Scacciò quel pensiero dalla testa e facendo attenzione, sollevò la coperta scura, coprendole la schiena nuda. Nel farlo, il dorso delle dita incontrò la pelle candida di Leila, calda, delicata, così fragile. E il ricordo della notte che avevano trascorso insieme si fece strada tra i pensieri negativi. Luce nell’oscurità.

“Leila Malcal…”, sussurrò, tornando sotto le coperte.

Leila sembrò sorridere, per un attimo e Akito sperò che da qualche parte, stesse facendo un bel sogno, almeno lei.

Guardò il soffitto, portando le braccia dietro alla testa.

“Nii-san. E’ una promessa. La prossima volta che ci rivedremo… sarai tu a morire.”

 

  
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