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Autore: FarAway_17    24/10/2013    3 recensioni
Dal testo: "Lui studiava e poi creava. Lo faceva anche con me ed era quello sguardo insistente, perso in chissà quali pensieri a farmi rabbrividire ogni volta che lo vedevo. A farmelo amare, alla fine, più di quanto avessi mai potuto credere possibile."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Una canzone di Will.i.m pompava dalle casse e inondava il salotto.
I mobili erano stati spostati per fare spazio ad una massa di gente che folleggiava al centro della stanza. Parevano quasi un unico corpo sgraziato che si muoveva a scatti, tra spintoni, strusciamenti e saltelli vari.
Io me ne restavo appoggiato al muro con il mio bicchiere in mano. Il liquido rosato dondolava a destra e sinistra, infrangendosi sul vetro liscio. Sophia, accanto a me chiacchierava animatamente con un paio di amiche.
Qualcuno la chiamò e lei rispose con entusiasmo un «Grazie Theo!!» per poi abbracciare il ragazzo che aveva parlato con slancio.
Mi guardai attorno, cercando si vedere oltre l’ammasso di teste davanti a me. Notai che il vetro della portafinestra ballava pericolosamente al ritmo di Sceam and shout.
Mi scostai dal muro lasciando Shopia ai suoi auguri di compleanno e mi feci largo, schivando per miracolo una coppia che limonava sulla pista e che stava per crollarmi addosso di peso.
Raggiunsi il tavolo delle bevande – poco cibo e tanto alcool era il motto di Sophia – e afferrai la bottiglia di Vodka Lemon, riempiendo nuovamente il bicchiere. Fu a quel punto che lo notai.
Un ragazzo apparentemente fuori posto, seduto sull’unico divanetto rimasto nel raggio di dieci metri, che osservava attentamente gli altri divertirsi.
E lui? Si divertiva?
Chiunque avrebbe risposto di no, ma mi sarei messo a ridere, gli avrei messo una mano su una spalla e avrei detto «Perché tu non lo conosci. Tu non sai chi è Zayn Malik».
E c’era stato un tempo in cui neppure io avrei saputo chi era Zayn Malik. In cui la risposta sarebbe stata «No» anche per me. Ma ormai faticavo anche a ricordare quanto tempo fa le cose fossero cambiate. Ricordavo solo un giorno di inizio settembre, un banco pieno di scritte che i bidelli non avevano provveduto a cancellare, una noiosa lezione di storia diventata improvvisamente interessante dall’arrivo di uno strano ragazzino, infagottato in una felpa troppo larga e con le mani ben ancorate alla sua tracolla.
Aveva detto «Mi scusi, sono nuovo e mi sono perso».
Qualche risatina soffocata aveva seguito quelle parole, ma lui non aveva mosso un muscolo. Non era arrossito. Non aveva abbassato lo sguardo. Aveva semplicemente atteso il cenno spazientito della professoressa che lo invitava a sedersi e si era accomodato in prima fila.
«E come ti chiami ragazzo?», gli aveva chiesto lei, inforcando gli occhiali e scorrendo l’elenco dei nomi fresco di stampa.
«Zayn. Zayn Malik, signora», aveva risposto.
Zayn Malik. Suonava bene. Avevo subito capito che quel nome non l’avrei dimenticato tanto in fretta.
Ma mi ero dovuto ricredere quando, qualche giorno dopo, l’avevo visto tutto solo, intento a guardare il cielo piovoso, al riparo sotto la tettoia della scuola.
L’avevo visto da lontano. Ero rimasto fermo a guardarlo per un’eternità, poi avevo sospirato ed mi ero deciso a tornare indietro con il mio ombrello rosso grande quanto una casa.
«Ehi», l’avevo chiamato. «Vuoi un passaggio?» e avevo fatto un cenno in direzione del grosso ombrello.
Lui aveva abbassato la testa e aveva fissato i suoi occhi scuri nei miei. Aveva sorriso trasognato e mi aveva raggiunto.
Quella sera avevo scoperto che Zayn Malik si era trasferito da Bradford con la sua famiglia un mese prima e che era sempre silenzioso, ma stando con lui avevo l’impressione che la sua mente facesse tanto casino da coprire anche i miei di pensieri. E la cosa non mi dispiaceva affatto.
Dopo aver chiuso la porta di casa e aver buttato il grande ombrello rosso nell’ingresso, ero arrivato ad una semplice e naturale conclusione: il nome di Zayn Malik non l’avrei dimenticato mai più.
Zayn era una di quelle persone che solo restandoti accanto ti rendeva sicuro. Aveva quel non so che di nascosto, quella particolare capacità di bastare a se stesso, che lo rendeva immune a qualsiasi cosa.
Non avevo mai visto Zayn essere troppo triste, troppo agitato e nemmeno troppo felice. Era come sospeso in un mondo fantastico e a volte immaginavo questo mondo, che lui stesso aveva creato, riversarsi nella mia realtà, uscirgli dalla testa e coinvolgermi nel grande mistero che era Zayn Malik.
Se ne stava quasi sempre zitto e parlava solo quando ne valeva la pena. Ascoltava tutto, assorbiva ogni cosa e avevo come l’impressione che la sua mente lavorasse incessantemente, anche senza il suo permesso. Come se fosse quasi costretto a buttare fuori tutto, per liberarsi, per tornare a pensare liberamente. Era come un’ossessione. Un’ossessione che lo rendeva schivo, solitario, ma lui non sembrava soffrirne. Era a proprio agio ovunque e non gli importava nulla di stare in mezzo a una festa di emeriti sconosciuti senza battere ciglio. Dal suo punto di vista anche quella era tutta esperienza, tutto studio. Lui studiava e poi creava. Lo faceva anche con me ed era quello sguardo insistente, perso in chissà quali pensieri a farmi rabbrividire ogni volta che lo vedevo. A farmelo amare, alla fine, più di quanto avessi mai potuto credere possibile.
Presi un respiro profondo e gli andai incontro. Mi buttai sul cuscino al suo fianco con uno sbuffo. Lui non si voltò nemmeno.
«Zayn», lo salutai.
«Ciao Lee», rispose distrattamente.
«Trovato qualche soggetto interessante?», domandai curioso sorseggiando un po’ di vodka, giusto per non pensare al fatto che me ne stavo tranquillamente al suo fianco nel bel mezzo della festa della mia fidanzata.
«In effetti, sì», borbottò strofinandosi le mani callose sulle cosce e regalandomi il primo sorriso da che era entrato in quella casa.
«Ovvero?». Mi sistemai meglio contro lo schienale accigliandomi.
Non riuscivo a fare a meno di sentirmi punto nell’orgoglio dallo sguardo divertito che mi lanciò.
«Beh, tu», rise piano. Solo io lo sentii. Solo io ero autorizzato a sentirlo.
«Non scherzare Malik, oggi non mi va», sbottai nervoso.
Lui si fece serio, avvicinandosi al mio orecchio. Sapeva di birra. «Voglio che tu sia il mio prossimo soggetto. Lo faresti per me?».
Ingollai il resto della Vodka Lemon in un colpo solo. Tutto per reprimere quella sensazione di disagio, di impellente bisogno di scappare, di imbarazzo e di colpa. Mi sentivo terribilmente in colpa.
Sophia, poco lontano, rise ad una battuta di Jay.
Zayn, al mio fianco, attendeva una risposta.
Io, fermo su quel dannato divano, tentavo di distinguere il giusto dallo sbagliato. Mi era sempre riuscito bene, ma quel confine ora mi pareva così sottile, quasi invisibile, e io avevo una voglia matta di camminarci sopra.
«OK».
«Ok?», chiese incredulo Zayn.
Sì, avevo scelto.
«Subito», precisai impaziente.
Mi guardai attorno sperando che fossero tutti troppo occupati e ubriachi per fare caso a noi due. Sophia lo pareva proprio.
Lo presi per un braccio e lo obbligai ad alzarsi, trascinandomelo dietro senza dargli mezza possibilità di replicare.
Imboccai le scale che andavano alle camere e decisi che per una volta me ne sarei infischiato altamente di quello che stavo per fare.
Aprii la prima porta e ce lo spinsi dentro.
«Liam, guarda che non è necess-».
Io neanche lo ascoltavo più ormai. Mi sfilai la maglietta, la appallottolai e la buttai sul pavimento.
«Ti basta così o devo togliermi anche il resto?», chiesi con più rabbia di quanta in realtà non volessi mostrare.
«Liam, basta…», tentò di dire allontanandomi le mani dalla cintura.
La slacciai comunque con uno strattone e mi abbassai i jeans, scalciandoli via con furia.
Gli occhi mi bruciavano. Ero terribilmente incazzato con me stesso.
«Liam, Liam ascoltami». Zayn mi prese il viso tra le mani, obbligandomi a guardarlo. «Basta», ripeté con fermezza.
Un singhiozzo mi scappò dalle labbra. «Zay…».
Lui mi attirò a sé e scoppiai a piangere come un idiota, cercando di scomparire in un punto imprecisato a metà tra i suoi capelli e la sua spalla.
«Zay», mormorai tirando su rumorosamente con il naso. «Che stiamo facendo?»
«Niente che non vogliamo, Liam».
«L-lo so… ma non vuol dire che sia giusto», replicai inspirando il profumo della sua pelle. La Vodka mi faceva girare la testa e non ero più tanto sicuro di avere piene facoltà motorie.
«Da parte mia so che lo è».
«Perché?». La mia voce si incrinò terribilmente. La disperazione era palese nel mio tono.
«Perché io ti amo Lee».
Non avevo mai sentito Zayn parlare così. Era sincero, insicuro, caldo, terribilmente caldo. E io non riuscivo più a sopportarlo.
«Zayn», sillabai. «Sei caldo».
Lui mi sorresse come poteva. Mi trasportò sul letto e mi ci adagiò con attenzione.
«Zayn ti prego, aiutami», piagnucolai.
Mi rendevo conto di sembrare infantile, ma con Zayn non mi importava. Lui poteva vedermi come gli pareva. Sapevo che non sarebbe mai andato via.
Si distese al mio fianco e mi coprì con il lenzuolo. «Dormi, Lee. Io resto qua con te».
E io sapevo che non mentiva.
***
 
Dovevo risolvere questo casino. E dovevo farlo in fretta.
Dal giorno in cui Zayn mi aveva baciato, in cui tutta la mia vita era cambiata al ritmo di un battito del cuore del tutto inedito, quando avevo finalmente trovato un senso a tante cose, sensazioni, emozioni che andavano ben al di là di una semplice amicizia, mi ero sentito in paradiso. Ma solo per un istante. Poi la consapevolezza di quello che avevo fatto mi era crollata addosso come un macigno.
Zayn aveva cercato di convincermi in ogni modo che quello che provavamo era normale. Avevo combattuto con me stesso e per un po’ mi ero anche illuso di poter semplicemente baipassare quel momento, di lasciare che le cose si aggiustassero da sole. Ma il giorno della festa avevo preso una decisione e l’avrei portata fino in fondo.
Mi ero svegliato con Zayn che mi scrutava muto e faceva di tutto per non sfiorarmi neanche con un dito.
Aspettava, rispettava me e i miei spazi e avevo finalmente realizzato che non volevo più farlo soffrire. E anche Sophia meritava un ragazzo che la amasse davvero, che la rendesse felice.
Per questo e per mille altri motivi, mi ritrovai davanti alla casa di Sophia a suonare il campanello in attesa di compiere una svolta. Da lì non si tornava indietro.
«Ciao tesoro!», mi salutò lei, facendo capolino sull’uscio.
I segni della baldoria erano ancora ben visibili sul suo volto stanco e pallido.
«Scusami se non mi sono fatta sentire stamattina, ma ero praticamente in coma!», scherzò facendomi strada verso la cucina.
«Tu sei stato male?», mi domandò poi, appollaiandosi su una sedia e scostando quella al suo fianco per farmi sedere. «Perché ad un certo punto della serata nessuno sapeva che fine avessi fatto!», aggiunse preoccupata.
Il sangue iniziò a salirmi alle guance. Distolsi lo sguardo e mi grattai la nuca. «Ehm sì, diciamo di sì».
«Oh, mi dispiace!», fece lei prendendomi la mano e tirandomi sulla sedia. «Vuoi che ti prepari qualcosa di caldo?»
No.
Questo suo comportamento affettuoso non faceva che peggiorare le cose.
La vidi alzarsi, aprire la credenza e rovistarci dentro allungandosi sulle punte dei piedi alla ricerca di un pentolino.
«Sophia», tentai.
«Senti, preferisci un thè o una camomilla? Altrimenti ci sono le tisane rilassanti di mia madre, ma non credo che-»
«Sophia», ripetei a voce più alta.
Lei smise di cercare quel maledetto pentolino e si voltò verso di me. «Che c’è?»
«Siediti»
E qualcosa nel suo sguardo mi disse che non sarebbe stato per nulla facile essere sinceri.

 
***

Trovai la porta dell’ingresso aperta e la spinsi piano intrufolando la testa e gridando un «E’ per messo?».
Non ricevetti risposta, quindi entrai e mi richiusi il battente alle spalle. «C’è qualcuno? Zayn??», domandai di nuovo.
Mi avviai su per le scale che portavano alle camere da letto e bussai piano a quella di Zayn. Abbassai la maniglia ed eccolo lì, chino sul suo blocco da disegno, completamente assorto dal suo lavoro.
Restai ad osservare come muoveva la testa avanti e indietro, mentre ascoltava chissà quale canzone dal suo mp3.
Mi avvicinai di soppiatto con tutta l’intenzione di sbirciare il suo nuovo disegno, ma non feci in tempo a vedere nulla che lui si avvide della mia presenza e con uno scatto improvviso si levò le cuffie e coprì il foglio con il libro di chimica. L’avevo sempre odiato quel maledetto mattone.
«Oh, ciao! Non ti avevo sentito arrivare!», esclamò con entusiasmo.
«Ci credo!», risi io, stupito da quel suo comportamento strambo.
Allungai il collo tentando ancora di scorgere qualcosa, ma lui ci si piazzò strategicamente davanti.
«Come mai qui?», domandò cercando di cambiare discorso. «Cioè, sai che sei sempre il ben venuto, ma… non ti aspettavo, ecco», aggiunse in fretta.
Sospirai e mi sedetti sulla sponda del suo letto. Lui rilassò le spalle. Solo Dio sapeva cosa mi stava nascondendo, ma in quel momento avevo cose più importanti a cui pensare.
«Sono andato da Sophia», ammisi a testa bassa.
Zayn si risistemò sulla sedia. Non si sentiva mai troppo a suo agio quando parlavamo di lei.
«E?», mi spronò curioso.
«Ci siamo lasciati», sputai arrossendo fino alle punte dei capelli. «Io l’ho lasciata».
Sentivo lo sguardo insistente di Zayn bruciarmi sulla pelle. Non riuscivo a guardarlo perché sapevo che lui aveva capito cosa questo significasse per me. Per noi.
Puntai gli occhi su uno dei tanti schizzi in bianco e nero incollati alla parete davanti al letto. Ritraeva un cagnolino. A me piacevano i cagnolini.
«Liam», mi richiamò dopo un po’.
«Cosa?», chiesi con finta innocenza.
«Che le hai detto?».
Non mi chiese perché l’avevo fatto, ma cosa le avevo raccontato. Se sapeva.
«Niente. L’ho solo lasciata e basta», scossi le spalle come per scacciare via un pensiero molesto.
Lui si alzò e mi raggiunse sulla cuccetta. Mi prese il mento con le dita e mi forzò a guardarlo.
«Comunque non mi importa se sa che stiamo insieme. Voglio che lo sappiano tutti», chiarì con fermezza stringendo la presa al limite del dolore.
Mi diede un bacio leggero che sapeva molto di possessività, di passione, di gelosia viscerale che non vedeva l’ora di essere liberata. E un sorriso mi spuntò sulle labbra.
«Ora mi fai vedere cosa stavi disegnando?», proposi con strafottenza.
Zayn si irrigidì. «Non è finito».
«Non mi importa, voglio vedere cosa combina il mio ragazzo». Sottolineai le ultime parole con un ghignetto soddisfatto e lui scoppiò a ridere.
«E va bene», si arrese. «Ma non ridere o ti prendo a pugni».
Si alzò e lo raccolse. Gli donò un’ultima occhiata insicura e me lo tese. «Ecco».
Un enorme sorriso si distese sul mio viso. Quello ero io. Ero io accovacciato, mentre dormivo. Ero io alla festa. Ero io e basta. E non potei fare a meno di compararlo con gli altri disegni di Zayn che avevo visto. Lì c’era amore. C’era una maniacale attenzione per i dettagli, una voglia di rendere tutto migliore di quanto nella realtà non fosse, di cullarmi e coccolarmi anche solo su un dannato pezzo di carta.
Alzai la testa e con gli occhi che iniziavano a farsi lucidi.
«Zayn è-è… perfetto».
Lui accennò un sorrisetto imbarazzato. «Adesso non metterti di nuovo a piangere però», scherzò.
Per tutta risposta gli afferrai una mano e me tirai nella mia direzione. Lui mi rovinò addosso, spingendomi giù sul materasso. La sua risata era il suono che avrei voluto sentire per il resto dei miei giorni.
«Questo è meglio spostarlo», soffiò a pochi centimetri dalla mia bocca. «O finirà male», concluse riferendosi al mio ritratto.
«Ti sei affezionato al me cartaceo vedo», lo stuzzicai, infilandogli una mano tra i capelli.
Lui mugugnò, assecondando la mia carezza.
«Sì, ma preferisco sempre l’originale», sussurrò lasciandomi un bacio sul collo.
E mentre sentivo le sue labbra scendere piano sulla mia clavicola, alzai gli occhi al disegno abbandonato sul comodino e capii che avevo preso la decisione giusta.
In fondo Zayn aveva sempre avuto ragione.


Spazio autore:
Salve a tutti!
Ci tengo a dirvi che non ho la minima idea di come la mia mente abbia partorito questa Ziam, ma spero che l'abbiate apprezzata lo stesso.
Ringrazio tutti quelli che avranno pietà per me e vorranno lasciarmi un segno del loro passaggio (mi aiuterebbe tantissimo sapere cosa ne pensate) e anche tutti quelli che spenderanno un pò del loro tempo a leggere silenziosamente questa OS!
Grazie a tutti in anticipo e spero di non aver scritto proprio una porcheria lol
Un bacio, FarAway_17
  
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