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Autore: Karyon    13/04/2008    2 recensioni
Il demonio... Signore del Male... o forse, solo un angelo sofferente. Questa fanfiction partecipa al "100 Prompts!" del C.o.S. Collection of Starlight.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«How I found my own way»

Pura luce.
Creati dalla perfezione magnificente di Dio.
Ricolmi di un amore così profondo, da trascorrere l’esistenza nell’aiuto degli altri.
Di loro. Gli esseri creati in immagine e somiglianza.
Fatti di carne e sangue, fatti di mente e spirito;
così forti eppure così fragili.

[Cos’hanno in più rispetto a noi?]

 Nulla. Anzi, sono talmente presi dalla loro condizione privilegiata, hanno raggiunto una tale presa di conoscenza, da aver reso il mondo il loro regno.
Il mondo. Degli uomini.
Un’intera realtà, immersa nello splendore della natura, l’acqua limpida e sfuggente che lambisce terre pervase da misteri indefinibili… un universo. Solo ed esclusivamente per loro.
                                  Cosa ha spinto Lui a creare esseri così imperfetti e radicati nel male?

Noi tutti li osserviamo spesso, quando siamo costretti ad aiutarli perché troppo superbi, troppo pigri per rendersi conto dei propri errori, e… giungiamo ogni volta stupiti:
il ricco che ignora il povero,
il padrone che frusta lo schiavo,
l’uomo che perde la propria vita, la getta al vento, con la trasgressione.
[Eppure egli ama ognuno di loro].

Esseri insignificanti, che a malapena ringraziano per ciò che gli è stato concesso.
[Eppure, egli ha donato loro un mondo].

E noi lo conosciamo bene, quel mondo.
Oh! Ampie vallate coperte da manto verdeggiante, distese desertiche - cangianti al sole -, perdenti nell’immensità dell’orizzonte, oceani infiniti traboccanti di tanti misteri, che anche la mente d loro più folle non può osare meditare.
Eppure… quanti di loro si sono mai veramente fermati ad osservare?
Un cielo stellato, un animale intento a vivere, delle onde modulare la propria, dolce melodia…

No. Ogni cosa è dovuta loro: il male… il male è un segno del destino.

                                     [Loro non ne hanno colpa].
Non è la loro superbia, la loro pigrizia, la loro ira a creare il Male.
                                                                                            No: è Dio.
Lo stesso essere che ha creato loro la vita,
Lo stesso essere che ha creato loro il denaro, o le comodità,
Lo stesso essere che ha creato per il primo di tutti loro, una compagna, affinché non si sentisse solo.
Quello stesso Dio, diviene all’occasione un demonio.
E tutto questo, per il loro egoismo.

E noi?

Esseri di pura luce. Perfetti.

Intoniamo cantiche, versi, preghiere al nostro Dio - al loro Dio -, in questo tempo senza fine.
Nessuna notte o giorno a scandire il nostro sacrifico. Nessun premio per noi che lo omaggiamo senza posa.
                 Forse, gli siamo ormai di abitudine.
Quegl’esseri imperfetti, con i loro litigi, con i loro amori, i tradimenti, le gioie, i dolori…
stupiscono e ammaliano e divertono ed emozionano.

Ma noi siamo stati creati senza stupore.
Siamo esseri di luce e amore,
e l’amore smisurato,
l’amore senza condizioni, questo nostro sentimento che non ha eguali in nessun altro luogo che sia terreno, che sia divino, è privo di oscillazioni.
Non può modificarsi e in intensità e in modalità.

E ciò da luogo ad un solo sentimento, [la noia].
Ho osservato quegl’uomini. Ed è così:
ti rapiscono con i loro affari, con le loro gioie o passioni.
Come un incantesimo, una magia.
                                           Ma oltre a questo non hanno nulla.
Se sono in pericolo, reclamano per loro il nostro aiuto, o di chissà quali altri esseri divini inesistenti.

Ci siamo solo noi quassù.
Nell’eterna, noiosa, inutile immobilità divina.

Amo intonare a lui quei canti, amo pregare per lui fino allo sfinimento, amo le immense distese del Divino.
Ma odio loro. E odio Lui che non ci ama,

                                                        [non mi ama].

Perché?
Perché ha donato loro ogni particella del suo grande affetto?
Se davvero aveva cognizione del nostro fallimento, perché non ci ha corretti?
Perché l’essere divino, possedente dell’immortalità, pregno della più illimitata delle pazienze,
ha ritenuto insignificante portare noi ad essere la sua gioia?

                                                    Sembra quasi beffardo.                                                    
Un svago crudele, che l’unica idea capace di renderlo felice, sia… l’imperfezione.

Noi esseri creati dall’immensità del suo spirito.
Esseri buoni, divini, celestiali, assoluti.
Lo portiamo alla repulsione.
Forse, forse l’unico modo per essere amati è divenire come loro.

Quasi fossero una sorta di sfida: essi sono ciò in cui ha fallito, e vuole poter rimediare all’errore. Vuole renderli perfetti, forse?
O magari, è la Parola a parlare:

«Colui che più erra, che più si smarrisce, dev’essere inondato d’amore.
Colui che maggiormente si allontanerà dalla Via, tanto più verrà accolto a braccia spalancate.
In colui che maggiormente ha intravisto il fondo, tanto più splendente e magnificente sarà la risalita».

E noi?

Che siamo sempre rimasti fedeli?
Noi, che dall’inizio dei tempi, gli sediamo accanto?
Noi, che abbiamo seguito ogni suo procedere, compresa la nascita degli uomini?
Che abbiamo visto la sua sofferenza, durante le prime avvisaglie del Male?

Siamo essere già inclini al Bene.
Che non hanno perso mai la strada,
che non hanno mia smarrito se stessi.
E pertanto non abbiamo bisogno delle sue cure.
[Ma forse non è così].

Anche gli angeli, così come ci chiamano loro, possono soffrire.
E anche per noi, la sofferenza può diventare profonda, talmente profonda da trasformarsi in incontinenza, poi in rabbia, poi in Ira.
Il nostro amore, può divenire talmente sfrenato da trasformarsi in brama, poi in desiderio incontrollato.
Il nostro risentimento verso di Lui, può trasformarsi tanto più in invidia verso di loro e la loro fortuna immeritata.
Invidia per ciò che possiedono, per ciò che sono.
La sua persistente sordità per i nostri inni, può spingere noi all’impassibilità e al desiderio di tacere nell’assoluta Indolenza.

[E anche noi possiamo diventare uomini].


 

N/A

 
Non mi giustifico che è meglio.
Adoro questo scritto, sì mi imbrodo da sola, perché è un getto nato alle 00:32 di un freddo inverno.
Più spontaneità di così, si muore.
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