Occhi stanchi, occhi spenti, occhi che ormai non hanno neanche più la forza di piangere. Occhi che fissano il vuoto, occhi che hanno visto troppo.
Era come essere in un sogno, la realtà così evanescente, così poco palpabile…la vita le passava accanto senza neanche sfiorarla. Se non fosse stato per l’aria fresca delle sei di mattina, che le pizzicava la pelle nuda, non avrebbe saputo dire se era sveglia o se era in trance.
Ferma, immobile, quel treno non arrivava mai. La gente la fissava, la loro espressione andava dalla pena al disgusto, shoccati, indignati.
Giudice. Giuria. Giustiziere. Tutti le sputavano addosso la loro cruda sentenza.
E lei era impassibile, avrebbero anche potuto lapidarla, li avrebbe lasciati fare.
“puttana”, l’eco delle migliaia di voce che le urlavano in testa.
Aveva voluto tutto quello, l’aveva voluto lei.
Ma c’era qualcosa di strano in lei, qualcosa di bellissimo e spaventoso allo stesso tempo: il suo viso, la maniera goffa con cui si copriva le braccia, con cui nascondeva il viso dietro le ciocche disordinate. Era ancora una bambina, era ancora così innocente.
Come c’era arrivata li?