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Autore: fragolottina    25/10/2013    17 recensioni
"Ogni sei mesi tutti i ragazzi di tutte le scuole dello stato, di età compresa tra i diciassette ed i venti anni, venivano sottoposti ad un test.
Tutti i test erano spediti direttamente alla sede centrale dell’ADP a Vernon, dove erano analizzati, smistati e valutati.
C’erano tre responsi possibili: il primo, ragazzo normale, potevi continuare la tua vita come se niente fosse successo; il secondo, potenziale Veggente, non eri arrestato – od ucciso, come ebbi modo di scoprire in seguito – come un Veggente attivo, ma ad ogni modo eri obbligato a sottoporti a test clinici per valutare la tua resistenza al Mitronio, per calibrare una cura su misura; il terzo, potenziale Vegliante, un soldato, una risorsa del governo, da quel giorno la tua missione era quella di dare la caccia ai Veggenti attivi.
A quanto pareva, io ero una potenziale Vegliante."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Synt'
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MDS capitolo 15
fragolottina's time
mie care lettrucciole, come state?
dunque per forza di cose, inevitabilmente, questo capitolo doveva essere ed effettivamente è un capitolo di passaggio... non per questo non usciranno fuori cose interessanti... anzi, ve ne segnalo addirittura 2, quindi attenzione!
in realtà con questo capitolo si chiude una prima parte del testo, dal prossimo ci sarà una netta differenza sia negli intenti che nelle modalità di approccio dei Veglianti... succederanno tante cose, ma proprio tantissime!
spero di essere al giro di boa, spero di cavarmela con 30 capitoli secchi, 31 con l'epilogo, toh!
lo spero, ma non ne sono sicura...
oh, ma non disperate... non è che una trama del genere si può ridure solo ad un racconto... vi annuncio per la prima volta che Il Mitronio di Synt è la prima puntata di una trilogia!
a più giù...

15.

Fallimento

Nate raggiunse Jean in ospedale e si sedette accanto a lei, su una delle sedie di plastica fuori la stanza di Lynn. Jared era dentro seduto in angolo e sfogliava con falsa attenzione una rivista, lo conosceva bene e sapeva che per niente al mondo avrebbe rischiato di addormentarsi e lasciare una compagna ferita indifesa.
    «Mi hai spaventata.» lo rimproverò Jean.
    «Dovevo aiutare Becky e Courtney.» spiegò incolore.
    Jean sospirò, non ricordava di essersi mai sentita tanto stanca in vita sua: il fallimento dei suoi Veglianti era anche il suo fallimento. «Dobbiamo parlare di Lynn.»
    Nate chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale della sedia, la nuca contro il muro, prevedendo cattive notizie. Per avergli introdotto la questione in modo tanto grave non potevano essere buone. «Ti ascolto.»
    «I danni interni sono stati riparati, fortunatamente è arrivata in ospedale in tempo. Era ridotta male.» fece una pausa a discrezione del suo ascoltatore. Non aveva idea di come avrebbe potuto reagire Nate, ma sapeva come avrebbe reagito lei. «Hanno dovuto intervenire anche sulla gamba, la steccatura di Courtney è stata fondamentale, hanno potuto salvarla, ma aveva comunque una frattura alla rotula e due al femore. Avrà una convalescenza lunga e l’aspettano mesi di fisioterapia.» concluse. «Nate, io intendo congedarla.»
    Il ragazzo prese fiato, come se senza di lei non fosse in grado nemmeno di respirare.
    «Non mi piace che stia qui e non sia del tutto in grado di difendersi. A casa sua sarà al sicuro e potrà riprendersi con calma. Che ne pensi?»
    Si sentiva onorato dal fatto che Jean stesse chiedendo il suo parere, prima di prendere una decisione definitiva. Forse ci stava soltanto sperando, forse l'avrebbe congedata in ogni caso. «Mi sembra la soluzione più logica.» si sporse in avanti fino a poggiare i gomiti alle ginocchia. «Ha bisogno di riposo.»
    Nessuno dei due parlò per un lungo momento, poi Nate si infilò le mani nei capelli e scoppiò a piangere. Singhiozzi enormi e rumorosi e spaventati. Jean allungò una mano e gliela posò sulla schiena senza dire niente.
    «Gli uomini non piangono.» si rimproverò da solo.
    Jean fece una smorfia. «Gli uomini non passano la metà di quello che hai passato tu stanotte in tutta la vita.» si morse il labbro e deglutì. «Josh piangeva a volte.»
    Jean aspettò che si riprendesse, un po’, abbastanza per poter stare nella camera di Lynn senza svegliarla; quella notte aveva bisogno di tutto il riposo del mondo. Socchiuse la porta della sua stanza e subito Jared alzò gli occhi su di lei, pronto ad eliminarla nel caso si fosse trattato di un potenziale nemico: era stato addestrato bene. Meglio di Zach e gli altri, in fondo, lui a Los Angeles c’era, sapeva cosa significava essere un Vegliante di Wood.
    Gli fece un cenno con la testa. «Torna in caserma.» ordinò con gentilezza. «Qui resta Nate.»
    Si alzò silenzioso come un felino, proprio mentre Nate entrava.
    Chiuse la porta e si sedette di nuovo su una delle seggioline fuori. «Vuoi che resti?» le chiese Jared.
    Lei scosse la testa con un sorriso. «Ci penso io.»
    Annuì. «Chiama se hai bisogno di me, d’accordo?»
    Un altro cenno d’assenso prima di rimanere completamente sola.
    Josh che rideva sul tetto della caserma.
    Josh che barcollava.
    Josh che la insultava, legato al letto di un ospedale.
    Josh che le si inginocchiava davanti supplicando il suo perdono per quello che le aveva detto.
    Josh che puzzava di alcol e vomito e Mitronio.
    Chiuse gli occhi e si concesse solo un minuto, uno soltanto, per ricordare Josh che le diceva di amarla.

Ryan era seduta sul tetto di un palazzo davanti alla caserma dei Veglianti, continuava a rigirarsi tra le mani la sua maschera, a capo chino. Romeo la raggiunse e si sedette accanto a lei osservandola; lei non osò incrociare gli occhi con i suoi.
    «Iago è morto per colpa mia.» mormorò.
    Lui sospirò. «Forse. Ma credo che Iago sia morto semplicemente perché gli hanno sparato.»
    «Matt sarebbe morto se si fosse trovato sotto il palazzo al posto di Lynn, l’ho visto.» spiegò, si morse il labbro, poi trovò il coraggio di fissarlo. «Io lo so che per te non è importante quanto Zach o Nate, ma lo è per me. Ed io sono una Veggente quanto te.»
    Romeo la guardò paziente, senza rabbia, senza incolparla. La capiva, tutti loro cercavano di difendere le persone alle quali volevano bene, cercavano di salvare il proprio futuro e Matt faceva parte del futuro di Ryan, anche se in quel momento quello strada era più tortuosa del solito. «Non ti sto rimproverando e probabilmente la morte di Matt non avrebbe migliorato le cose. Almeno Lynn è viva.»
    «Iago però no.» concluse con voce sottile, ad un passo dal pianto.
    Per alcuni secondi la guardò e basta, poi si allungò per afferrarle un braccio e tirarsela vicina, la abbracciò e le diede un bacio sulla testa. «Non fare così.» cercò di calmarla. «Ora dimmi quanto sei nei guai.» la incoraggiò.
    «Matt mi ha riconosciuta.»
    Questo non lo sorprendeva, si frequentavano troppo perché così non fosse. L’unico dettaglio degno di nota in quell’affermazione era che non se ne fosse accorto prima.
    «Credi che farà la spia?» chiese preoccupata.
    «Sai anche tu che non lo farà.» le ricordò.
    Rimase zitta, Romeo sapeva già quello che avrebbe detto e ne indovinò il sapore: aveva quindici anni, era piacevole a volte sentirla parlare da quindicenne. Capitava troppo di rado.
    «Ha detto che cambierà ferramenta.» iniziò. «Non mi vuole più.» piagnucolò.
    Lui sorrise e la abbracciò più forte. «Dagli tempo per accettare l’idea, vedrai che le cose si sistemeranno.»  

Quando Lynn aprì gli occhi, Nate era steso al suo fianco. Per una manciata di secondi pensò che fossero nel suo letto, in caserma, una mattina come un’altra di un giorno come un altro; poi iniziò a sentire il dolore.
    Non un male terribile, appena un fastidio, immaginò di essere ben rimpinzata di antidolorifici, perché ricordava tutto quello che aveva sentito quando era rimasta intrappolata e non poteva essere passato in una notte.
    Si scostò piano il camice e studiò il lungo cerotto che la copriva, lo staccò con attenzione, tirando delicatamente la pelle con le dita; osservò la cicatrice che andava dallo sterno all’ombelico, si morse il labbro, mentre Nate allungava una mano per ricoprirla.
    «Non è molto sexy.» rifletté con voce flebile, poi lo guardò in attesa che dissipasse i suoi dubbi.
    «Sei bellissima, come sempre.» disse semplicemente, senza alcuna incertezza.
    «Zach?» domandò ricordandolo in ginocchio con una pistola in bocca.
    Scosse la testa. «Se sta anche solo un pochino meglio di te lo uccido.»
    Lei aggrottò poco le sopracciglia. «Oh, smettetela di litigare!»
    Nate non si mosse, non la guardò. «Guarda come ti ha ridotta.» mormorò trattenendo la vera furia tra i denti, per non turbarla.
    «Non è stato lui, Nate.» lo rimproverò.
    «Se poteva evitarti tutto questo e non l’ha fatto è stato lui.» precisò.
    Lynn cercò i suoi occhi e lo fissò. «Io sono una gran Vegliante, lo sai. Sono brava quanto lui e Jared, se non un pochino di più e mi ha sempre tenuta in seconda linea; ogni volta mi faceva stare vicino a Courtney, sai cosa significa, vero?»
    Non rispose, abbassò lo sguardo, ma lei non lo mollò. «Ero sempre nel posto più semplice da proteggere, vuol dire che lui mi teneva più al sicuro possibile.»
    «Lynn, lo so.» sbottò Nate, si tirò su a sedere e la guardò. «Quando va alle Aste, Zach sceglie buoni elementi seguendo una logica estremamente precisa: prende quello che gli serve in una squadra. Ed è bravo in questo! Il problema è che poi quella logica dovrebbe applicarla!» sospirò esasperato. «Se hai una campionessa di Aikido la metti in prima linea, se hai un cecchino le dai un fucile, se hai una squadra devi fare lavoro di squadra: è elementare! Noi così non funzioniamo.»
    «Ci vuole bene, non vuole correre il rischio di perderci.» cercò di giustificarlo ancora.
    «Ma non ci sarebbero stati rischi. Pensaci: se avesse nascosto Becky con un fucile da qualche parte avrebbe sparato a Sharon Sullivan ed hai Veggenti che erano con voi. Sareste scappate più in fretta, non saresti caduta.»
    Lynn aggrottò la fronte. «Come fai a sapere tutte queste cose?» le aveva capite a mala pena lei mentre succedevano.
    L’espressione di Nate divenne incerta per un istante. «Non lo so. Comunque, ci sceglie lui, ci chiama lui, è lui che fa spendere soldi su soldi di Jean, poi deve fidarsi di noi.»
    Lynn lo guardò. «Dovresti dirglielo.»
    Nate si sdraiò di nuovo accanto a lei e sospirò. «Domani.»
    «Domani io non sarò qui, vero?» domandò con gli occhi fissi sulla propria gamba ingessata.
    Lui deglutì e scosse la testa.
    Per alcuni secondi la ragazza rimase in silenzio. «Aspetterai che torni?» domandò incerta.
    Nate sorrise. «Cos’altro potrei fare?»
    «Trovarti una nuova fidanzata, per esempio.»
    «Già.» annuì con enfasi. «C’è la fila dietro di me.» commentò con sarcasmo.
    Lynn raccolse la sua ironia. «Oh, quindi stai con me solo perché non hai altra scelta. Proprio carino, davvero!»
    Risero entrambi, fu Nate a smettere per prima. «Sei l’unica ragazza che io possa amare, Lynn.»
    «Anche spezzettata?»
    Nate sorrise e le diede un bacino sul naso. «Soprattutto spezzettata.»

Courtney era seduta davanti alla sua porta, Jared la guardò sollevarsi non appena lo vide. Per alcuni secondi rimase ferma, ma lo guardò tutto, ogni dettaglio, ogni particolare, lividi e graffi che fino a qualche giorno prima non c’erano.
    «Sto bene.» la rassicurò, la scostò con delicatezza per aprire la porta. «Zach?»
    Lei non rispose, si sollevò sulle punte e lo abbracciò.
    Jared rimase interdetto, con i suoi capelli che frusciavano contro la guancia, poi lasciò il pomello della porta e le avvolse la vita con un braccio. «Tu stai bene?» sussurrò.
    Annuì ancora senza parlare.
    «Hai avuto paura?»
    «Per Matt all’inizio, perché non sapevo dov’era. Poi per te e Zach, sarei morta pur di non sentirmi dire che non ti avrei più rivisto. Finché Lynn non è precipitata: ho passato tutto il tempo con lei, terrorizzata di vedermela morire tra le braccia senza poter fare niente.» si interruppe pochi secondi. «Poi per Becky, talmente tanta paura da andare ad aiutarla.»
    Jared rise. «Accidenti!»
    Lei si scostò appena e lui sollevò una mano per tirarle indietro i capelli, aveva l’ombra di un livido sulla linea della mandibola, ma stava bene. «Deve essere stata una scelta difficile per te.»
    Lei si morse il labbro come pensandoci. «No, non lo è stata.»
    La studiò. «Non sei arrabbiata perché ho detto tutto a Zach?»
    Per alcuni secondi lei fissò un punto alle sue spalle, poi scosse la testa e fece un piccolo sorriso. «In realtà mi sento meglio, più leggera.» lo abbracciò di nuovo e Jared colse il rumore ovattato di una porta che si chiudeva furtivamente. «Posso dormire con te?»
    Jared si scostò dalla porta per concederle la precedenza.

Zach richiuse la porta per non farsi vedere anche da Jared e tornò nella sua stanza; scoprì un angolo del materasso, aprì il sacco e frugò nell’imbottitura fino a trovare il pacchetto di sigarette di scorta, legato stretto con il nastro isolante ad un accendino.
    Dischiuse una finestra. Appena arrivato aveva un po’ di claustrofobia, Jean gli aveva chiesto se fosse una condizione permanente; lui le aveva spiegato che era iniziato da quando suo padre, dopo averlo picchiato, lo aveva portato in ospedale dentro il portabagagli della macchina: le costole rotte gli avevano impedito di respirare bene, ma il suo cervello si era intestardito che fosse lo spazio troppo stretto. Quindi, quando era nervoso, avere troppe pareti intorno gli causava qualche problema.
    Jean era impallidita ed aveva dischiuso le labbra, senza parole per alcuni secondi, poi lo aveva rassicurato che se ne sarebbe occupata.
    Josh non aveva detto niente. Lo aveva raggiunto mentre stava disfacendo i bagagli quella stessa sera, si era fatto prestare la mazza da baseball ed aveva sfondato la finestra; poi gliela aveva data indietro: “Domani un tecnico verrà ad installarne una apribile. Per stanotte andrà bene così”, l’aveva indicato. “Se gli venisse in mente di toccarti ancora, spaccherò la faccia a tuo padre” aveva promesso.
    Si sedette lì sotto ed accese la prima, ripensò a quello che aveva detto Sharon Sullivan, che le loro mele facevano troppo schifo per essere di serra e che era quello il motivo per cui era rallentato in modo così drastico in poco tempo.
    Non ci credeva, da ché ricordasse le mele avevano sempre lo stesso sapore: non erano buone, ma erano economiche, perciò, che si trattasse di soldati semplici o Veggenti, erano sempre la frutta favorita. Anche a casa ne avevano mangiate molte, suo padre ne esaltava i valori nutritivi, anche se avevano sempre avuto un sacco di soldi; sua madre però le zuccherava, cuoceva e condiva, finché quel sapore stucchevole non scompariva.
    Si chiese come stava, sua madre. In un modo o nell’altro lui e Sean l’avevano lasciata sola con il signor Douquette. Si chiese di nuovo, ancora, come avesse potuto sposarlo. L’amore agiva in modi molto misteriosi.

Matt mi trovò seduta sul mio letto con gli occhi fissi sul poster di Romeo, su quel bambino che lo stringeva, sullo zainetto che la madre folle gli aveva preparato con la merenda. Premurosa, se non fosse che si era accordata con un fuorilegge per farlo rapire. Mi chiesi se Dawn Dandley fosse mai stata normale, una donna semplice, se fosse stata Synt ad avvelenare la sua mente o viceversa.
    «Tutto apposto?» mi chiese Matt sedendosi accanto a me; la lampada sul mio comodino era accesa e proiettava sul muro davanti a noi le nostre ombre.
    «Sto bene.»
    Si morse il labbro a disagio. «Il mio fucile…» si interruppe. «Mi dispiace, non l’ho ricontrollato, avrei dovuto.» strizzò gli occhi e scosse la testa. «Quello di non ricontrollare è un vizio terribile: non sono dio, a volte posso sbagliare…» sospirò. «Ti saresti potuta fare davvero male, mi dispiace.»
    Mi voltai verso di lui. «Ci siamo dovuti preparare in fretta.» ricordai. «Non avresti potuto fare di meglio.» si era dimostrato letale a sufficienza per permettermi di diventare un’assassina: Matt non avrebbe dovuto mortificarsi così tanto.
    «Ti giuro che lo aggiusterò e questa volta sarà perfetto.»
    Per un secondo rimasi zitta e mi vidi impugnare lo stesso fucile mille volte, uccidere mille Veggenti, assassina ancora e ancora e ancora. Fui sul punto di vomitare.
    «Non voglio.» dissi con voce tremante, deglutii e deglutii ancora cercando di allontanare il pianto. «Non voglio ucciderli, la nostra missione è catturarli, vero?»
    Matt mi guardò ed annuì.
    «Allora, potremmo trovare il modo perché io possa colpirli, senza ammazzarli.» proposi, terrorizzata che non si potesse fare, che il mio destino sarebbe stato guardare l’espressione incredula di un Veggente dopo l’altro, ad un passo dalla morte. «Credi che Zach me lo permetterà?» chiesi.
    Lui sorrise e si strinse nelle spalle. «Anche se ti dicesse di no, il grilletto lo premi tu. Sono sicuro che Nate sappia calcolare la dose giusta di Mitronio da diluire per non far fuori nessuno.»
    Feci di sì con la testa lentamente. «Ok.»
    «Nemmeno io voglio più ucciderli.» sussurrò.
    Mi voltai verso di lui ed attesi che mi spiegasse.
    «Prima che il palazzo crollasse, Ryan mi ha puntato una pistola alla schiena e mi ha portato via. Ha detto che se fossi rimasto avrebbe sparato a Courtney e Lynn.» deglutì. «Poi però mi ha confessato che sarei morto se fossi rimasto sotto le macerie al posto di Lynn.» sospirò. «Però magari mentiva.»
    «Secondo me no.» confessai. «Romeo dice tante cose, ma finora non mi ha mai mentito.»
    Matt si puntellò all’indietro sostenendosi con le braccia. «Romeo non mente, Nate dice che è la sua più grande qualità.»
    La diritta conseguenza di quell’affermazione mi fiorì tra le labbra come se avesse vita propria. «Quindi qualsiasi cosa ha detto a Josh era una cosa vera.»
    Fece una smorfia. «A volte Josh era strano.» concluse senza approfondire i dettagli, senza ammettere o dare voce a quella verità: Romeo poteva non essere direttamente responsabile con la morte di Josh.
    «Che succederà ora?» chiesi.
    Lui ridacchio. «Domani mattina Jean convocherà Nate e Zach e darà loro una bella lavata di capo. Dovranno cambiare qualcosa, Zach si è dimostrato estremamente inefficace nel ruolo di caposquadra e Nate crede troppo nella meritocrazia per accettarlo.»
    Aggrottai le sopracciglia. «Non mi sembra affamato di potere.»
    «Non lo è.» concordò. «Ma lui può fare quello che non ha coraggio di fare Zach.»
    «Cosa?»
    Mi lanciò un’occhiata derisoria. «Dimetterlo.»
    Zach dimesso, mi chiesi come l’avrebbe presa. Non bene, sicuramente, eppure anche io sentivo dentro di me che sarebbe stata la decisione giusta; quello non era il suo ruolo, non era il suo posto, né la strada che ce l’avrebbe portato. Cambiare avrebbe portato benefici a tutti.
    «Sei molto saggio e lungimirante stanotte.» commentai, che ne era del Matt giocoso?
    Si chinò in avanti appoggiandosi alle proprie ginocchia. «Mi sento invecchiato mille anni.»
    Gli posai una mano sul braccio, sembrava davvero sconvolto. «Stai bene?» chiesi preoccupata che avesse trascurato un dolore, una caduta, una ferita.
    Lui scosse la testa ad occhi bassi. «Sai mantenere un segreto?»
    Sembravo destinata a farlo a Synt. «Si.»
    Deglutì. «Ho visto Ryan in faccia.» iniziò. «È Rose.»
    Per la mente mi passarono miliardi di possibili risposte, di eventuali rassicurazioni a cui non avrei creduto nemmeno io, perciò gli dissi l’unica cosa che dalla mia bocca avesse un qualche valore. «Non premerò il grilletto.»

Dawn Dandley iniziò a sorridere ancor prima di aprire la porta, dall’altra parte Jamie Ross la stava aspettando. «Come stai, fratellino?»
    «Affamato.» annuì precipitoso attraversando la porta. «Quella merda che mangiano in caserma non si può assaggiare, mi chiedo davvero come facciano a non accorgersene!»
    «Ti ho preparato dei sandwich.» rispose lei paziente. «Sono in cucina.»
    «Perché vivi in questo schifo?» chiese osservando con le sopracciglia aggrottate la polvere posata un po’ ovunque.
    Lei chiuse la porta alle loro spalle per raggiungerlo. «Ufficialmente sono una donna abbandonata dal marito alla quale è stato rapito il figlio.»
    «Tu e Romeo non siete proprio riusciti ad inventarvi una cazzata migliore?» domandò studiandola. «Questa parte ti invecchia.»
    «È bello averti a casa, Jamie.» rispose sarcastica. Gli fece strada in cucina e tolse un tovagliolo dai un piattino di sandwich. «Com’è andata?»
    Jamie recuperò un panino e lo addentò. «È andata. Solo un caduto, temevo di più.»
    «Immagino lo temesse anche Romeo.» considerò. «E laggiù?»
    Posò il sandwich e si strinse la mani. «Si sta estendendo. Non riusciamo a fermarla, noi Veggenti ce la caviamo, ma gli altri muoiono come mosche. Ne abbiamo provate tante, alcune cure per un po’ sembrano funzionare, ma poi…»
    «Romeo crede che Nate possa farlo.» gli spiegò Dawn.
    «Romeo crede tante cose, ma Nate non sa niente. Non sappiamo come la prenderà, né se starà dalla nostra parte.»
    «Ma tu credi che Nate possa farlo?» insistette lei.
    Lui la guardò arreso. «Lo sai anche tu, Dawn: Nate può fare tutto.»

«Sapete tutti e due perché siete qui.» iniziò Jean.
    Tutti e due la guardarono, Zach spaparanzato sulla poltrona come se non gli importasse, Nate con le braccia strette al petto, più composto, ma con l’aria offesa.
    «Quello che è successo stanotte non dovrà ripetersi mai più.» continuò dura. «Voi dovete collaborare, è questo che si fa in una squadra. Non saranno più accettate discussioni, liti, ripicche, non vi permetterò mai più di mettere in pericolo la squadra perché siete due ragazzini con troppo testosterone in circolo.» si sedette esasperata. «Posso sapere da quando in qua vi è venuta la sindrome del maschio alfa?»
    «Sono il caposquadra.» disse controvoglia Zach. «Non è stata una mia scelta.»
    «Un pessimo caposquadra.» precisò Nate. «Ed una scelta opinabile per chiunque l’abbia presa al tuo posto.»
    Zach gli lanciò un’occhiata di fuoco. «È stato Josh.»
    Nate si voltò a sostenere il suo sguardo. «Josh ha sbagliato.»
Zach fece per ribattere, ma lui lo precedette. «Si è buttato da un grattacielo, era un tipo che a volte commetteva degli errori.»
    «Ma ti ascolti? È stato Romeo, lo sappiamo tutti.»
    «No, invece. Lo sa soltanto lei.» fissò con gli occhi ardenti Jean. «Una volta per tutte: Jean, che è successo quella notte? Tu lo sai, vero, perché Josh si è buttato?»
    La donna li fissò entrambi, poi sospirò. «Non è argomento di questa discussione: Zach, ti sollevo dall'incarico di caposquadra; Nate, divertiti.»
    Zach la guardò incredulo.
    La Responsabile ricambiò il suo sguardo dispiaciuta, ma si ricompose in fretta. «La prima volta che vi vedo litigare, giuro che vi uso come esca.»
    Fu la prima a lasciare la stanza, il secondo fu Nate, Zach rimase lì.

Lo raggiunsi appena dopo averlo saputo, avevo pensato di riposare un po’, tutta la caserma sembrava ancora immersa in un sonno profondo, ma ogni volta che tentavo rivedevo l’ultima espressione del Veggente che avevo ucciso. C’era qualcosa nella sua totale incredulità che faceva apparire il mio gesto ancora peggiore di quello che era, un tradimento enorme, di proporzioni epiche, come una sorella che uccidesse il proprio fratello.
    Non sarei mai più riuscita a dormire.
    «Come stai?» chiesi sedendomi sulla poltrona accanto alla sua.
    Appoggiò la nuca al poggiatesta guardando in su. «Ho fatto ferire Lynn.»
    «Sono sicura che lei non la vedrebbe così.» commentai.
    «Courtney sta cercando di capire se ama Jared.» continuò ignorandomi.
    «Significa che non è tua.»
    Mi guardò indispettito. «Non sono più il caposquadra.»
    Mi strinsi nelle spalle. «Una carica che ti avrebbe portato alla morte più facilmente ti rendeva così felice?»
    «Mi spieghi perché cavolo ti sei messa in testa di consolarmi?» sbottò esasperato.
    Abbassai lo sguardo sulle mie mani, giunte in grembo. «Vorrei che qualcuno consolasse me.» confessai.
    Rimase in silenzio per alcuni secondi, mentre i suoi occhi indugiavano sui miei capelli, che coprivano quasi per intero il mio viso; poi avvicinò la poltrona alla mia finché le sue ginocchia non sbatterono contro l’imbottitura sulla quale ero seduta, contenendo le mie. Si sporse in avanti e mi prese le mani, le sue erano ruvide ed indurite. «A volte va tutto troppo in fretta perché si possa pensare ad ogni dettaglio. Il mondo intero diventa un’unica scelta tra chi vive e chi muore. Se non avessi sparato quel Veggente mi avrebbe ucciso.»
    Lo interruppi. «Ma Romeo ha detto…»
    «Shh!» mi zittì. «Io non sono così presuntuoso da credere di sapere che c’è nella tua testa, va a capire nel tuo cuore! Voglio sperare, però, che se fossi morto io saresti stata mille volte più triste di così.»
    Sarei stata inconsolabile, allungai le dita e sfiorai la benda sul suo braccio, macchiata di sangue scuro. «Sei più bravo di me.»
    «A fare cosa?»
    «A consolare.»
    Fece un sospiro. «Ho anni di pratica.» continuò a studiarmi per qualche secondo pensieroso, giocherellando con le mie dita. «Sei una Vegliante, se uccidi i Veggenti vuol dire che fai bene il tuo lavoro.»
    «Non farmelo fare mai più.» lo supplicai.
    «Devi parlarne con Nate, non dipende più da me.» spiegò paziente.
    Ci pensai. «Credi che Nate riuscirà a non farmi uccidere da Romeo?»
    «Becky.»
    Lo guardai.
    «È il caposquadra, ma io sono sempre qui.» mi rassicurò.

Quando Lynn aprì gli occhi la mattina dopo, la stanza era invasa da una luce soffusa, ma chiara. Sicuramente più piacevole e consolante della lampada sul suo comodino. La notte era passata, il trasporto era passato e, anche se spezzettata, era viva. Lei era viva, quando si riesce a sopravvivere è facile guarire.
    Poi però i suoi occhi incontrarono quelli sbiaditi di Romeo.
    Si immobilizzò, spaventata: davvero erano arrivati a quel punto? Al colpire un nemico costretto in un letto d’ospedale per finirlo? Davvero Romeo era caduto tanto in basso?
    Sollevò le mani a palmi in su per farle capire che era disarmato, ma avrebbe potuto ucciderla in tanti altri modi diversi se avesse voluto.
    «Come stai?» le chiese.
    «Dov’è Nate?» ribatté lei.
    «In caserma, tornerà presto non preoccuparti, giusto il tempo di chiudere la discussione con Zach.»
    Si leccò le labbra e lanciò un’occhiata all’asta porta flebo sistemata accanto al suo letto: era abbastanza in forze da usarlo come arma? Sarebbe bastato? Ovviamente no. «Cosa vuoi?»
    Si sedette sulla stessa sedia dalla quale Jared aveva vegliato su di lei. «Non hai risposto alla mia domanda.» le fece notare.
    Aveva senso, le sue condizioni non erano poi un gran mistero. «Da come mi hanno detto, dentro hanno risolto. È la gamba che è un casino.» disse indicandola con un cenno del capo.
    «Durata convalescenza?»
    Lynn si arrotolò il lenzuolo ad un dito. «Ottimisticamente un anno.»
    Romeo incrociò le braccia sul petto riflettendoci su. «Mi servi prima, Lynn.» commentò. «Non posso aspettarti per un anno.» si chinò per appoggiarsi sui gomiti ed incrociò le mani una nell’altra, sempre in vista, sempre per mostrarle le sue intenzioni pacifiche. «Tua madre ha ancora parenti in Giappone?»
    La ragazza aggrottò le sopracciglia. «Cos’è vuoi sterminare tutta la mia famiglia?!» chiese guardinga.
    Romeo le lanciò un’occhiata di rimprovero. «Sai benissimo che non lo farei mai.»
    No, aveva ragione, non era nel suo stile. Romeo rapiva, o uccideva, o chissà cosa ne faceva, bambini, ma nessuno dei loro parenti era stato in pericolo. Bizzarro, da Vegliante sapeva che se avessero conosciuto un solo familiare di Romeo, gli avrebbero appiccicato un bomba dietro la schiena e teso un’imboscata, in attesa che venisse a salvarlo. Romeo era un nemico decisamente più leale di loro. «Ha una sorella ed i miei nonni.»
    «Dovresti andare lì a farti curare, guadagneresti tanto tempo che nemmeno immagini.» le rivelò.
    Lynn sollevò le sopracciglia scettica. «La medicina americana è buona quanto quella giapponese, se non migliore.»
    «Vedi, Lynn, il problema non è la qualità della medicina; il problema è che qui ti curano da Vegliante.»
    Si strinse nelle spalle. «Perché lì da cosa mi curerebbero?»
    Lui la fissò negli occhi. «Da Lynn. Tre, quattro mesi al massimo e saresti come nuova. Anche se non ti hanno mai permesso di  scoprirlo hai grandi capacità rigenerative.»
    Lynn lo studiò assottigliando lo sguardo. «Perché mi stai dicendo questo?»
    Romeo sorrise come sorrideva sempre, il sorriso di chi si era già visto vincere. «Perché sei un ottimo elemento ed il vostro cecchino è stato così gentile da aprirmi la possibilità di nuovo assunzioni.»
    La ragazza rise. «Io sono una Vegliante.»
    Lui si strinse nelle spalle in un gesto di noncuranza. «Dettagli, quando ho iniziato io non ero nemmeno Romeo.»
    «Non potrò mai sposare la vostra causa.» ribatté incredula all’idea che stesse davvero parlando sul serio.
    «Mai.» ripeté con enfasi. «Mai è una parola così complicata! Vai in Giappone, guarisci, avremo modo di riparlarne. Ne sono sicuro.»
    Lynn sospirò. «Come?»
    Romeo sorrise, scanzonato. «Ti ho vista.»


dunque, ho scoperto che in effetti sono tre cose:
1) Josh amava Jean, fondamentale;
2) Zach non è più caposquadra, grazie al cielo, era penoso, non lo sopportavo più;
3) Romeo ha visto Lynn aderire alla causa dei Veggenti... è il caso di chiedersi: ma quale cavolo è la causa dei Veggenti?

oh... e no, Romeo non si è dimenticato di Becky!
baci

ps. vorrei fare presente che io controllo la sezione soprannaturale e spulcio ogni storia dalla trama sospetta, quindi a chiunque abbia intenzioni poco nobili chiedo di fare attenzione.

pps. Lamponella
   
 
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