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Autore: Emrys_____    25/10/2013    7 recensioni
Perfino da quell’angolazione il viso di Artù era una maschera facilissima da leggere. Si nascondeva, nascondeva la propria incertezza e nascondeva un desiderio. Lo stesso che aveva acceso qualcosa nella sua gola, la voglia di mutare le sembianze di un ricordo, per quanto doloroso potesse essere.
Abbandonò la fronte sulla sua spalla, le dita si serrarono ai lacci della casacca, formando una piega morbida. I suoi capelli profumavano di terra e di notte.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Questa shot si innesta (cronologicamente parlando) dopo “Straight to number one” e giusto per un contesto iniziale, vi consiglierei di leggerla se non l’avete fatto. Ma giusto per un contesto, poi lo sapete che quando mi parte il tasto mentale di EFP la tastiera del pc va a cavoli suoi xD
 
 

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Il cuore vive finché ha qualcosa da amare, così come il fuoco finché ha qualcosa da bruciare.

                        Victor Hugo, Oceano

 
 

Bruciami il cuore

 
 


Gli piaceva guardarlo muoversi per la stanza.
Spesso, in piena notte, restava immobile su un fianco, un braccio dietro la testa e lo seguiva con gli occhi mentre si avvicinava alla finestra, guardando fuori.
A volte la nuova epoca incuteva soggezione in Artù, come fosse un gigantesco mostro in attesa oltre i vetri pronto a divorarlo.
Merlino non sapeva se la sua fosse paura, nostalgia o semplicemente se gli piacesse guardare il mondo disegnato dal buio.
Si appoggiava di schiena alla parete, nel piccolo incavo che raccoglieva la morbida luce di lampioni e stelle e sorseggiava qualcosa. 
Quando Merlino chiudeva gli occhi, fingendo di non vederlo, sentiva il suo sguardo addosso. Lo toccava.
Come se non avesse mai smesso di tenerlo lì, intrappolato nell’attesa spasmodica di un ritorno, di un bacio, di un gesto che gli spezzasse la voce.
A volte si perdeva nell’osservare il suo corpo nudo, le ampie spalle avvolte dal candore oscuro della notte, l’elastico dei boxer teso sugli addominali scolpiti. Immaginava di sfiorarli, di sentirli ancora caldi del segreto che il suo piacere vi aveva lasciato.
Quello che provava per Artù non si poteva definire desiderio fisico. La parola desiderio era semplicemente riduttiva, non rendeva esattamente l’idea, la circumnavigava da lontano.
Voleva semplicemente lui, che fosse corpo, respiro, gesto.
Certe volte quei pensieri lo trasportavano così lontano che perdeva cognizione del mondo intorno. Infatti quella notte non si avvide che lui lo stava fissando.
-La festa di Bryce è stata tranquilla, non me lo aspettavo-
Distolse lo sguardo. 
Tranquilla, già.
Fino a quando non si era fatto scopare con gli occhi contro un muro.
O fino a quando non lo aveva trascinato nell’appartamento e spogliato, vergognandosi dell’ansito di impazienza che gli era uscito dalle labbra.
Tranquilla finché Artù non l’aveva preso e preso e preso ancora , bocca contro bocca, voce contro voce.
-Si, abbastanza- mormorò.
Avrebbe giurato di sentirlo sorridere.
-Ti ho svegliato? Scusa-
Scosse il capo.
-Sono talmente su di giri che non dormirei comunque-
Serrò gli occhi.
-Voglio dire che certe volte la stanchezza non fa chiudere occhio, cioè...-
-Merlino?-
-...eh-
-Sta zitto-
Silenzio.
-Lo so che sotto alcuni punti di vista sono una persona stancante- disse Artù, aspettando un momento prima di lanciargli un’occhiata in tralice. 
Merlino fissava il soffitto, ostinatamente. Chiuse gli occhi e serrò le labbra. 
-Credevo che non ti avrei mai visto farlo. Ti stai imponendo di non rispondere a tono- constatò Artù.
-Un tempo avresti pagato oro per vedermelo fare, com’è che adesso non gioisci?-
Il sorriso dell’altro fece rumore nel buio.
-In realtà  speravo sempre che non lo facessi-
Merlino si girò di nuovo su un fianco. 
-E’ curioso lo sai?- continuò, -mesi fa eri tu quello con gli incubi e adesso sono io che non dormo-
-Cosa sogni?-
-Non sogno, solo... mi sembra di poter rivedere cose familiari, di notte-
Abbassò lo sguardo, quasi temesse che potesse deriderlo.
-La notte condensa le cose, dilata le stelle e rende tutto più vivo nella dimensione del sonno. Io a volte rivedo Ashetir...- rispose Merlino, ritrovandosi a chiudere gli occhi mentre parlava –sento l’odore di legna bruciata quando dormivano intorno al fuoco. Il sapore dell’acqua del fiume... il profumo delle erbe che coglievo per Gaius...-
-Ma questa è una cosa che ha a che fare con...- 
Improvvisamente fu come se la stanza si contraesse, le parole di Artù furono distorte dal silenzio, come se ogni briciolo di colore e forma dell’ambiente si ritraesse, assumendo una connotazione diversa.
Merlino fece appena in tempo a mettersi a sedere: intorno a loro si materializzarono i contorni di una notte buia, fatta di lucciole sparute, crepitio di fiamme, colori soffusi e scroscio d’acqua. Perfino i grilli si sentivano frinire, perfino l’odore fresco della rugiada sembrava reale e quello del legno... bruciava il cuore.
Si guardò lentamente intorno.
Solo in quel momento le parole di Artù sembrarono morirgli in gola. Un velo d’ambra attraversò per un istante le sue pupille.
-...con la magia-
Ogni cosa era sparita, la finestra, il mobilio, le lenzuola, tutto sostituito da rampicanti e nervature di foglie, dal silenzio mai portratto di un luogo senza tempo.
Artù si sentì improvvisamente pesante, le membra affaticate. Il cuo corpo era fasciato dalla cotta di maglia, dai pezzi dell’armatura e dalla spada al fianco. Toccò il decoro lungo l’usbergo con le mani, il pomolo e l’elsa di Excalibur. Gli tremarono le dita. Ma mai quanto il cuore, nel momento in cui realizzò che la figura di Merlino era esattamente come l’aveva impressa nella memoria... giacca scura, fazzoletto al collo, casacca rossa. Perfino i lacci aggrovigliati e quel modo di piegare leggermente le ginocchia quando si sedeva fra i rami, i tacchi degli stivali affondati nella terra. Un fuoco scoppiettante dinanzi a lui, il calore che sprigionava combatteva un freddo che prima non c’era. Non lo rivedeva in quelle vesti da tempo.
Gli occhi di Merlino diventarono lucidi per un momento. Le mani, coperte leggermente dalle maniche troppo lunghe, sembravano non sapere dove poggiarsi, come se quel ricordo fosse troppo prezioso per essere toccato.
Gli lanciò uno sguardo, le labbra leggermente incurvate.
-Non sono stato io-
Artù arcuò un sopracciglio, cercando di gestire il marasma di emozioni che sentiva dentro.
-Certo, perché sono stato io- disse scettico.
Merlino inclinò il capo.
-Sei pericolosamente bravo nel dilatare il mio dono. E’ come se ne fossi diventato un’estensione, lo abbiamo già sperimentato mesi fa-
Artù si morse il labbro, incerto. Si guardò attorno e ancora una volta, guardò l’armatura.
Merlino sorrise ma dentro, tremava. Lo raggiunse, sfiorando con accortezza le spalle, con dita leggere.
-Certe volte sento anche l’odore ferroso dell’armatura, mi è rimasto impresso - abbassò la voce –ma mi succede solo da quando hai fatto ritorno-
Artù inghiottì a vuoto, poi piegò le labbra in quel modo che a Merlino aveva fatto sempre perdere la calma, perfino mille anni prima. Solo che all’epoca non aveva compreso l’emozione che si dibatteva sotto quel tremore nel petto.
Artù lasciò che gli sfiorasse lo zigomo, trovandolo quasi sporco di terra, sudato, i capelli umidi come di pioggia e un profumo di guerra impregnato nella pelle.
-Mi... – Merlino rise, crollando il capo, -mi sembra strano, non riesco a prendere la cosa con serietà-
La luce soffusa del fuoco scolpiva i lineamenti di Artù come fossero intagliati dalle fiamme, un sorriso incerto formò una piega sulle labbra, gli occhi gli restituirono la stessa sensazione di essere guardato dentro, quella che lo faceva soffrire tanto un tempo, quando quelle serate intorno al fuoco potevano essere solo confidenze a senso unico.
Passò il dorso delle dita lungo l’incavo della clavicola, evidenziato in un modo in cui solo quel tessuto sapeva fare.
Merlino lo osservò avvicinarsi al proprio zigomo.
Perfino da quell’angolazione il viso di Artù era una maschera facilissima da leggere. Si nascondeva, nascondeva la propria incertezza e nascondeva un desiderio. Lo stesso che aveva acceso qualcosa nella sua gola, la voglia di mutare le sembianze di un ricordo, per quanto doloroso potesse essere.
Abbandonò la fronte sulla sua spalla, le dita si serrarono ai lacci della casacca, formando una piega morbida. I suoi capelli profumavano di terra e di notte. 
Lo invidiava, invidiava la sua tenacia nel mostrare ciò che voleva anche se implicava cedere alle proprie debolezze. 
In mezzo ai battiti del cuore Merlino sentì le sue labbra cercare le parole, aggrapparsi a un respiro che avesse più coraggio di lui. 
La gola ebbe un tremito. Chiuse gli occhi.
Non ricordava che il profumo del fuoco potesse avere un sentore d’eternità.
 
 
 



Ogni tanto mi piglia sta cosa delle one shot. Poi becco foto in giro, canzoni, video. E allora non ci posso fare nulla, inizio a delirare.
Adesso me ne torno nella caverna và, che dovrei – forse, chissà, magari- studiare.
Vi voglio un mondo di bene.
Un bacio,
Emrys_____
 
   
 
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