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Autore: Evanne991    25/10/2013    4 recensioni
"Crampi alle dita quando provavo a disegnare il tuo profilo nell'aria."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ok, provo a spiegartelo, e provo a spiegarlo anche a me. Io non so cosa ci fosse prima di leggere le tue parole. Io non lo so. So che c’è stato come un schiocco di dita. Qualcosa che mi stesse dicendo: Ehi, stai attenta qui!
Ci ho messo tutta l’attenzione, tutta la curiosità. Il fatto è che tu eri solo lettere scritte. Ogni singola parola scritta da te. I crampi alle dita quando provavo a disegnare il tuo profilo nell’aria. Ho lentamente realizzato che tu fossi una persona, non solo una figura astratta. Quella che tu dici “L’immagine di me nella tua testa”. Ho capito che non sei un’immagine, sei una persona.
Ho iniziato ad essere ossessionata dall’idea di sapere chi sei. Nel frattempo stavo con lui e sapevo che non era affatto la persona che poteva stare con me. Ed ero terrorizzata all’idea ricevere un tuo messaggio, soprattutto se c’era lui nei paraggi. La mia amica ha iniziato a farmi troppe domande, quelle che io amo fare, ma che mi infastidiscono, perché odio dare risposte che non mi piacciono, per quanto possano essere verità.
Ascoltavo le canzoni che hai scritto a ripetizione, mi hanno graffiata al punto che mi hanno portata a pormi le stesse domande che mi poneva lei. Fondamentalmente domande banali e stupide. Io ho sempre cercato di essere più razionale possibile. Ed invece un fantasma (perché, cazzo, sei persona, ma sei vento ugualmente) ha chiarito la mia crisi con luie mi ha fatto capire che c’è qualcos’altro che mi piace nelle persone, e che non è insita il lui. Come definirla? Strafottenza? Maturità? Consapevolezza di sé? Il fatto è che ancora non so bene cosa sia, ma io la leggo nei tuo messaggi, la sento nelle tue canzoni.
Credo di non aver mai tremato così tanto come quando ho sentito (non ascoltato, ha più senso così) la tua voce che non fosse registrata. Una notte ti ho paragonato ad un punto interrogativo: ha una forma bellissima il punto interrogativo, sinuoso, ma è scomodo, difficile. Però, alla fine, arrivi, e c’è un punto.
Ho passato notti in bianco. Volevo lasciare lui da tempo ma non sapevo come fare, diventavo dipendente dalla tua voce, strappavo fogli della mia Moleskine scarabocchiati da punti interrogativi. Una sera io e te abbiamo fatto una lunga telefonata, una delle tante.  La sera stessa l’ho lasciato. Mi sono bastate delle telefonate con te per trovare il coraggio, semplicemente perché mi hai distratta da lui. E se fossi stata davvero legata a lui (nonostante tutti i problemi che di base si erano creati), non mi avrebbe distratto niente e nessuno. Sono letteralmente affascinata, stregata, soggiogata. E sei vento.
E forse questa è la dimostrazione che sono bimba, come dici tu, che i miei vent’anni ci sono e non sono il doppio, come gioco a credere. Cazzo, solo una bimba può essere talmente presa da tutto questo. Dicevi che tu sei il film, l’immagine è quella scena (Happily after ever).  Non lo so, e l’assurdità sta nell’esserci talmente dentro (ma dentro a cosa?) che potrei perdere la testa con uno schiocco di dita, con quello schiocco di dita che aveva attirato la mia attenzione.
Non riesco ad essere brillante, simpatica, sveglia con te. Mi imbarazzi, mi blocco, mi perdo. Nessuno ci riesce, eppure tu riesci a rendermi talmente scema che non so spiegarmi come diavolo possa non scrollarmi di dosso quest’aria e chiudere le fessure che lasciano passare il vento.
Le fessure non le riesco a chiuderle, ma cerco di stringermi nel mio trench. Non sono freddolosa, ma a volte il ghiaccio riesce ad ustionare…
  
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