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Autore: Glauco    25/10/2013    2 recensioni
"Ma il tempo dei sorrisi e delle promesse per Fenrir è finito. Mostra i denti alla luna. E all'ombra. E dentro di sè già sente il ferrigno sapore del sangue spronarlo."
Non amo particolarmente scrivere fanfic, preferisco le originali. Questa storia partecipa ad un contest (La sfida dei grandi autori). Per l'attuale turno era richiesto un fandom su Harry Potter, ed eccoci qua...
P.S. E tra l'altro ho una scarsissima cultura "potteriana"....
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fenrir Greyback
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Buio e silenzio.
Nient'altro in quella che dovrebbe essere una foresta. Forse un tempo lo era. Ma ora gli alberi sono scheletrici, le cortecce morte, e i loro rami si contorcono in danze pietose. Un cimitero, ecco cos'è diventata. Bagliori lunari svelano distruzione e decadimento. L'ordine della natura si è corrotto, generando labirinti di morte.
Eppure è l'unico posto capace di accoglierlo, in quelle notti agitate. Lì, in quella nera solitudine, Fenrir mira e contempla la luna, con la sua bellezza arcana e primitiva. Per anni l'ha ammirata, e per anni ha atteso. Ma la luna, ingrata, rimane silenziosa. Neanche Fenrir sa esattamente ciò che cerca. Risposte? A quali domande poi, e perchè?
Esiliato in quel cimitero vivente, come se la sua vita altro non fosse che un inesorabile corsa verso la propria morte, come se non dovesse far altro che scomparire.
Condannato a quelle notti, a quel silenzio! Allontanato da un mondo che mai l'ha voluto.
Scacciato come un cane.
In verità c'era stato qualcuno che l'aveva salvato, tempo fa. Qualcuno di cui Fenrir si fidava. Ma si accorse ben presto delle loro intenzioni. Uno strumento di morte, ecco a cosa serviva, ecco perchè era temuto. Sì, temuto. Da tutti, indistintamente. E per questo odiato. L'odio che nasce dalla paura verso ciò che è diverso. Verso ciò che è potente. In quelle notti vuote, nel silenzio e nell'oscurità, dentro di lui era nato qualcosa. Una forza sinistra, figlia alienata di rabbia e solitudine. Una fame atavica di tutto ciò che gli è stato negato. La repulsione della gente, il loro odio avevano alimentato la bestia dormiente in lui. Sarebbe venuto il suo tempo, prima o poi. I figli di quell'umanità malvagia sarebbero diventati suoi fratelli. Nel sangue. Doveva solo aspettare, nell'oscurità...
Un movimento spezza le tenebre.
Fenrir si gira, staccandosi da quel mistico contatto con la luna. Ringhia al vuoto, sguainando i denti. Un'ombra si stacca dalle ombre. Più scura, che nemmeno la luna riesce ad illuminare. Si intravede un volto, o meglio, la maschera di quello che un tempo doveva essere un volto. Fenrir rizza il pelo, tende le orecchie, fiuta il pericolo. Fiuta il male. L'ombra emette un sibilo.
"Abbiamo un lavoro per te, Fenrir."
Il suo nome quasi sputato. Un sibilo strisciante come un serpente tra quegli alberi morti. Fenrir non risponde, non ce n'è bisogno. Ha smesso di rispondere da tempo ormai. Ha imparato ad attendere. Ora, quella notte, non può far altro che saziare quella fame implacabile che lo tormenta. Un sorriso deforme si delinea tra le ombre. Ma il tempo dei sorrisi e delle promesse per Fenrir è finito.
Mostra i denti alla luna.
E all'ombra.
E dentro di sè già sente il ferrigno sapore del sangue spronarlo.
  
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