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Autore: Ellaa    25/10/2013    1 recensioni
La Roadhouse è un vecchio bar per cacciatori, gestito da una giovane ragazzo che si divide tra cacce e lavoro. Il suo nome è William Anthony Harvelle.
Quella che inizialmente sembra essere una giornata come tante, prende una piega leggermente diversa quando Ellen, una giovane ragazza dagli occhi e i capelli castani, si presenta alla sua porta.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Ellen Harvelle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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The Hunter and the Beauty
 
 
Il tintinnio del vetro, l’odore forte e dolce del whiskey e le voci chiassose dei cacciatori, erano tutti rumori fin troppo comuni, per quel piccolo locale del Nebraska.
Non importava che il sole fosse sorto da poco, la Roadhouse brulicava di gente già dalle prime ore del mattino. Era sempre stato così, fin da quando quel posto era stato costruito, almeno vent’anni prima.
Infatti, la clientela della Roadhouse non era una clientela comune. Nessun padre di famiglia o vecchi ubriaconi desiderosi di annegare i dispiaceri di una vita fin troppo frenetica nell’alcool. Non aveva nulla a che vedere con quel tipo di persone. Raramente succedeva che qualche turista vi entrasse, ignorando i segreti che custodiva quel luogo.
Per il novantanove percento delle volte, erano dei cacciatori a frequentarlo, consapevoli che avrebbero potuto trovare un luogo accogliente pieno di gente con il loro stesso tenore di vita.
Seduto al bancone, Will giocherellava con una bottiglia vuota, osservandola con insistenza. Teneva lo sguardo fisso sul vetro, osservando la sua immagine riflessa. Vedeva un ragazzo stanco. Un ragazzo che nonostante la sua giovane età sembrava portare sulle spalle il peso di una vita lunga e difficile.
Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal mormorio di voci familiari che lo accompagnavano da anni.
Da bambino, amava sedersi ai tavoli con quegli omoni grossi ed ascoltare le loro storie. Ascoltava storie di caccia, di uomini coraggiosi che combattevano per uno scopo. Erano umani, ma agli occhi di un bambino quelli erano dei veri eroi. Nessun personaggio dei fumetti, niente poteri sovrannaturali, solo tanto coraggio e dedizione al lavoro.
Ricordava anche quando, all’età di tre anni, soffiando sulle candeline aveva espresso il desiderio di diventare come loro.
Non gli dispiaceva essere un cacciatore, al contrario. Amava il suo lavoro. Amava aiutare le persone e amava vivere una vita diversa dalla maggior parte della gente comune. Non avrebbe cambiato quello che era. Lo accettava e lo apprezzava.
Il suo unico rammarico, il più delle volte, era il non aver nessuno. C’erano delle volte in cui si sentiva tremendamente solo, come se nessuno al mondo potesse davvero comprendere la sua solitudine.
Il campanello sulla porta d’ingresso tintinnò, annunciando l’ingresso di un nuovo cliente che molto probabilmente si sarebbe avvicinato a lui per ordinare qualcosa.
Tuttavia, il silenzio che si venne a creare all’improvviso catturò la sua attenzione tanto da convincerlo a posare la bottiglia vuota.
Si voltò lentamente, posando lo sguardo su una figura esitante, ancora sul ciglio della porta.
Una bellissima ragazza dai lunghi capelli castani e la pelle chiara era immobile, ad osservare incerta tutti i cacciatori che all’improvviso si erano voltati a fissarla. La guardavano come se stessero osservando un asino in procinto di spiccare il volo. E il perché non era nemmeno difficile da immaginare. La Roadhouse era a corto di belle ragazze, praticamente da sempre. Nessuna di loro si fermava da quelle parti, a meno che non fossero rimaste a secco o avessero bisogno di un’indicazione stradale.
Anche lui la scrutò attentamente, osservandola dalla testa ai piedi più e più volte. Indossava dei semplici jeans e una maglietta color pesca. Sopra di essa aveva una giacca di pelle nera, che faceva da contrasto con la carnagione chiara.
Will scivolò giù dallo sgabello, avvicinandosi a lei, con un sorriso di pura cortesia sulle labbra.
<< Posso aiutarti? >> le chiese, inarcando un sopracciglio.
Due occhi castani lo studiarono attentamente, valutando se fosse saggio rispondere o meno.
Will attese pazientemente, senza staccare gli occhi da quella ragazza. Quelle come lei non entravano in un posto del genere. Non aveva l’aspetto di una ragazza del posto, non aveva a che fare con gente come loro.
<< No >> rispose secca, dopo qualche secondo, sorpassandolo da un lato. << Sto cercando il proprietario >>.
Will, consapevole di non essere visto, soffocò una risata.
 
 
 
 
Una giornata come tante, ma allo stesso tempo tremendamente diversa. Tutto era iniziato come al solito per Ellen, tranne per il fatto che era lontanissima da casa, senza un soldo e senza un tetto sulla testa. Aveva trascorso la notte in un motel da quattro soldi ed era più decisa che mai a lasciarlo il prima possibile. Quella di allontanarsi da quella che era sempre stata la sua casa, la sua vita, non era stata affatto una scelta facile. Ma aveva bisogno di quel cambiamento. Non si sarebbe più lasciata condizionare dal suo passato, c’era una nuova vita ad aspettarla. Una vita che le avrebbe riservato sorprese che non si sarebbe mai immaginata.
Accostò l’auto accanto ad un piccolo locale, sperando che quello potesse essere il punto da cui ripartire. L’aspetto non era dei più invitanti, ma nelle condizioni in cui si trovava non poteva assolutamente permettersi di fare la schizzinosa.
Ellen varcò la soglia, esitante. Aveva una strana sensazione, ma non avrebbe saputo dire se fosse o meno una buona cosa.
Quel posto, chiamato Roadhouse, era un bar in una zona poco trafficata. Non era un locale di città, era una semplice costruzione in legno con un insegna mal funzionante. Tuttavia, sembrava avere un bel giro di clienti che di certo non guastava.
Quando aprì la porta il piccolo campanello sulla porta tintinnò, facendo in modo che tutta l’attenzione si spostasse su di lei.
Tutti si erano voltati a guardarla, come se avesse qualcosa di strano. Aveva messo in conto che in certi posti avrebbe avuto a che fare con attenzioni poco desiderate, ma in quel momento non riuscì a mascherare il suo disagio.
Cercando di non farsi vedere, si sfiorò con la mano la pancia e la gamba, controllando che non fosse uscita di casa in mutande. Quando con il palmo sfiorò il tessuto dei jeans e della maglietta, tirò un sospiro di sollievo. Tutto sembrava apposto, niente di strano o bizzarro.
Deglutì, cercando di ignorare il fatto di avere almeno una ventina di paia d’occhi puntati addosso e richiuse la porta alle sue spalle.
Si guardò intorno, alla ricerca di un’ancora di salvezza che purtroppo non trovò. Il locale brulicava di gente di mezza età, con profonde occhiaie e l’aria di chi non ha affatto avuto una giornata facile.
Deglutì, cercando di attingere a tutto il coraggio che le era rimasto e di farsi avanti. Non doveva dimenticare il vero motivo per cui si trovava li. Era troppo importante perché potesse permettersi un qualche passo falso.
Qualche secondo più tardi, un ragazzo dai capelli biondi le si piazzò davanti, con aria spavalda. << Posso aiutarti? >> le chiese, divertito.
Ellen lo osservò di sottecchi, visibilmente diffidente.
Era uno dei ragazzi più giovani la dentro, forse perfino della sua stessa età. Indossava una t-shirt bianca che metteva in risalto il fisico tonico e un paio di jeans scoloriti. Aveva dei capelli biondi che gli incorniciavano il volto fin poco più in su delle spalle e due occhi azzurri che contribuivano a dargli una dose extra di fascino. Per un attimo, si chiese come diavolo avesse fatto a non notarlo immediatamente.
Tuttavia, le bastò poco per associare quel ragazzo al classico tipo capace di provarci con tutto quello che respira.
<< No >> rispose secca, passandogli accanto con l’intento di toglierselo di dosso. << Sto cercando il proprietario >> aggiunse, sporgendosi un poco verso il bancone, sperando di vedere qualcuno comparire al più presto. Voleva essere salvata, voleva poter parlare con qualcuno che non avesse l’aria da maniaco.
Il ragazzo che fino a poco prima le si era piazzato davanti, aggirò il bancone, poggiandoci sopra i gomiti.
<< Beh, complimenti >> le disse, sghignazzando. << Lo hai trovato >>.
Ellen lo fissò a bocca aperta, improvvisamente a disagio. Quello non era decisamente un buon inizio.
<< Non sei un po’ troppo giovane per gestire questo posto? >> chiese, sospettosa che quella fosse solo una battuta per provare a rimorchiarla.
Il ragazzo scrollò le spalle. << Forse >> ammise, spostando appena lo sguardo.
Lei lo osservò, cogliendo una piccola nota di amarezza dietro quella risposta.
Per qualche strana ragione, la sua affermazione la fece sentire in colpa. Come se inconsapevolmente avesse intuito di aver toccato un tasto dolente.
Per sua sfortuna, o forse fortuna, era davvero lui la persona che stava cercando.
<< Beh, cosa posso fare per te? >> le chiese nuovamente il ragazzo, tornando alla sua aria spavalda.
Ellen aprì la borsa, tirando fuori un foglio ripiegato in due. Lo poggiò sul bancone e lo aprì, cercando di eliminare le piccole pieghe che si erano formate con il palmo della mano.
<< Sono qui per il lavoro >> disse, sicura di sé.
Il ragazzo la osservò in silenzio, con gli occhi spalancati per la sorpresa. Ci mise qualche secondo prima di riprendersi e scoppiare in una fragorosa risata.
<< È uno scherzo, vero? >> chiese, fin troppo divertito.
Ellen gli lanciò un’occhiataccia, offesa da quella reazione. Non aveva la più pallida idea di cosa volesse insinuare, ma non gli piaceva il modo in cui si stava prendendo gioco di lei.
<< Sono serissima >> ribattè, inchiodandolo con lo sguardo. << Sono qui per il lavoro >>.
Ed era sicura che non se ne sarebbe andata, almeno fino a quando non lo avrebbe ottenuto.  
 
 
 
 
Per qualche strana ragione, Will non riusciva a smettere di ridere. Tutto si aspettava, tranne che scoprire che quella ragazza con l’aria da perfettina si era presentata con l’intento di lavorare in un posto come quello.
<< Sono qui per il lavoro >> ribadì la ragazza, con determinazione.
Cercando di non sembrare un maleducato, smise di ridere, non riuscendo però a nascondere un sorriso divertito.
Nel tempo, aveva visto diverse persone passare per la Roadhouse. L’aiuto più longevo che era riuscito a trovare era stato Fred, un uomo di quarantaquattro anni, divorziato e con qualche rotella fuori posto. Aveva lavorato in quel locale per tre settimane, prima di accampare una scusa qualsiasi e dileguarsi il più lontano possibile. Da quello che aveva sentito dire, si era trasferito in un altro stato.
<< Non voglio offenderti, davvero >> le disse, cercando di risparmiarsi l’ennesima occhiataccia. << Ma non credo che questo lavoro faccia per te >>.
In realtà, dubitava che ci fosse qualcuno in grado di portare avanti quel compito. Non che ci fosse qualcosa di complicato, ma quella dei cacciatori era una specie difficile da gestire. Avevano un mondo tutto loro, non conoscevano filtri e soprattutto portavano con sé una scia di morte che finiva sempre col coinvolgere tutte le persone a loro care.
La ragazza però non sembrava in procinto di rinunciare. Si limitò ad assottigliare lo sguardo, studiandolo dalla testa ai piedi. << Non credi che una ragazza possa fare questo lavoro? >> chiese, con tono provocatorio.
Lui scosse la testa. << Una ragazza può fare benissimo questo lavoro >> rispose, tranquillo. << Ma non le ragazze come te. E fidati, è un complimento >> si affettò ad aggiungere, prima che potesse fraintendere le sue parole.
Non aveva nulla contro quella ragazza, ma in quel momento le parole di suo padre gli risuonarono nella testa.
Solo un cacciatore può capire un cacciatore”.
Aveva ragione suo padre, semplicemente era sempre stato troppo impegnato ad odiarlo per poter apprezzare tutto quello che aveva da insegnarli.
Nessuno estraneo a quel mondo avrebbe potuto comprendere. Ai loro occhi erano un branco di pazzi. Nient’altro.
<< Mettimi alla prova >> insistette la ragazza, decisa.
Will la osservò, in silenzio. Studiò per qualche secondo quei lineamenti delicati, quel viso e quegli occhi carichi di determinazione.
Non era uno stupido. Non sarebbero bastati due occhioni da cucciolo smarrito e un bel faccino per farlo cedere. Ma quella ragazza era capitata li nel momento peggiore della sua vita. Will aveva un disperato bisogno di aiuto. Lo sapeva lui e per un attimo ebbe la sensazione che anche lei fosse a conoscenza di quella sua debolezza.
<< Come ti chiami? >> le chiese, ancora parecchio titubante.
Sorrise. << Ellen >>.
Annuì, stropicciandosi gli occhi con la mano.
Era chiaro come il sole che non sarebbe durata più di tanto. Tuttavia, ci sperava. Aveva davvero bisogno di trovare qualcuno in grado di portare avanti quel posto. Soprattutto se non voleva rischiare di impazzire nel dividersi tra caccia e lavoro alla Roadhouse. Non voleva rinunciare all’eredità di suo padre, al legame affettivo che aveva con quel luogo. Era troppo importante. Era tutto quello che ormai gli rimaneva.
Per quanto assurdo potesse suonare, quella ragazza era la sua ultima possibilità.
<< Sarò sincero >> le disse, porgendosi un poco verso di lei, tanto da sentire il suo profumo invadergli le narici. Sapeva di buono, di fresco. << Non ci vuole un genio per capirlo, ma qui c’è gente strana. Strana davvero >> iniziò, lanciando un’occhiata ai tanti cacciatori che li stavano ancora osservando. << Io forse lo sono più di tutti >>.
Ellen scrollò le spalle, abbozzando un mezzo sorriso. << Non mi sono mai piaciute le persone normali >>.
Lui però continuò. << Potresti sentire cose che potrebbero suonare assurde. O peggio.. >>.
Conosceva quelle persone. Milioni di volte li aveva sentiti parlare di teste mozzate o corpi putrefatti. Cose che per loro era all’ordine del giorno. Ma non per una ragazza. Non per chi non conosceva quella parte che dovevano nascondere al mondo intero.
La ragazza inarcò un sopracciglio. << Siete dei criminali? >> chiese, con aria confusa.
Will sorrise. Gli avevano affibbiato mille aggettivi, ma criminale non era ancora sulla sua lista. Anche se, doveva ammettere, che il più delle volte sfiorava pericolosamente quel confine.
<< No, non siamo dei criminali >> la rassicurò. << Siamo dei cacciatori >>.
Di cosa però non lo avrebbe detto. Quello lo avrebbe tenuto per sé.
 
 
 
 
Ellen osservò il ragazzo che nel frattempo le si era avvicinato talmente tanto da poter distinguere una piccola cicatrice sul collo, cercando di capire cosa stesse cercando di dirle.
Era come se quel luogo, quelle persone e perfino lui, custodissero un enorme segreto. Un segreto noto solo a pochi e che lei avrebbe voluto scoprire. Era sempre stata attratta dal mistero. Era l’unica cosa che aveva ereditato da suo padre. Quella e la testardaggine.
<< Cacciatori >> mormorò sottovoce, pensierosa.
Non ci trovava nulla di strano in quella rivelazione. Niente che avrebbe potuto spingerla a rinunciare a quel lavoro.
Ne aveva un disperato bisogno e per quanto strano sembrasse, la Roadhouse aveva un certo non so che di familiare che riusciva a farla sentire a suo agio, nonostante fosse sotto i riflettori. Era tutto così tranquillo, semplice, proprio come lei.
<< Non sono mai stata un’animalista >> commentò, con una scrollata di spalle.
Non le importava quello che facevano quelle persone per ingannare il tempo. Non le interessava sapere chi o cosa fossero. A lei non spettava il compito di giudicare. A nessuno spettava.
Il ragazzo sorrise, divertito. Dopo qualche secondo, allungò la mano verso di lei. << Will >> disse, aspettandosi che lei la stringesse. << Io sono Will >>.
Ellen la strinse, sfiorando per la prima volta la pelle leggermente abbronzata del ragazzo. La sua stretta era forte, sicura. Le mani invece erano dure, leggermente callose, come quelle di un uomo abituato a lavorare.
<< Significa che ho avuto il posto? >> chiese, entusiasta.
Will accennò una risata. << Diciamo che sei in prova >> precisò, lanciandole al volo uno strofinaccio. << Fammi vedere cosa sai fare e il lavoro sarà tuo >>.
Lei lo afferrò senza problemi. Era sempre stata un tipo propenso alle sfide, alle provocazioni. Se c’era qualcuno pronto ad insinuare che non fosse capace di fare qualcosa, lei doveva assolutamente dimostrare il contrario. Non le piaceva essere sottovalutata o sminuita. Lei sapeva di che pasta era fatta.
Ellen si voltò, incrociando lo sguardo di qualche cacciatore. Alcuni di loro erano tornati ai loro drink, alle loro partite a carte o al biliardo. Altri invece, non le avevano ancora tolto gli occhi di dosso.
<< Smetteranno mai di fissarmi in questo modo? >> chiese al ragazzo, sottovoce.
Will scrollò le spalle. << Dagli cinque minuti, una birra e non si ricorderanno nemmeno chi sei >> rispose, osservando i suoi amici.
Nella voce del ragazzo, Ellen riuscì a cogliere una nota d’affetto nel parlare di quegli uomini. C’era un qualcosa, anche nel modo in cui li guardava, che le fece capire che quelle persone fossero qualcosa in più di semplici clienti di passaggio.
<< C’è altro che dovrei sapere? >> chiese, dopo qualche secondo, impaziente di iniziare quella che sarebbe stata la sua nuova vita.
Will la guardò, con un velo di tristezza che non riuscì a comprendere.
<< Non affezionarti mai ad un cacciatore >> le disse, guardandola negli occhi. << Nessuno di noi resta qui per molto >>.
Poi si allontanò in silenzio, lasciandola a decifrare quelle parole che avrebbero acquistato significato solo con il tempo. 

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Allora, questa OS è nata dall'amore che sento di nutrire per William Harvelle.
Credo che sia da folli amare un personaggio che è stato appena nominato nella serie, ma non per questo sono riuscita a frenare il bisogno di scrivere qualcosa su di lui.
Così ho scritto questa storia, giocando su un primo incontro tra lui ed Ellen.
In realtà, questa storia funge un po' da prologo per una long che ho in mente di portare avanti. 
Perciò chissà, magari qui c'è qualcun altro curioso di leggere di questi giovani ragazzi!
Detto questo, spero che la storia sia stata di vostro gradimento.
E ovviamente, se avete voglia di farmi sapere cosa ne pensate, fatelo senza problemi.
  
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