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Autore: Anne Strimb    27/10/2013    2 recensioni
Michael Jackson è sempre stato un idolo per me; la sua morte mi ha distrutta, ma adesso ho imparato ad andare avanti.
A me piace ricordarlo così, come un padre dolce e premuroso.
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Michael Jackson, Paris Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A father behind the star

A FATHER BEHIND THE STAR

 

Non appena sentì lo sbattere della porta, la bambina si catapultò giù per le scale. –Papà, papà! Finalmente sei tornato!- urlò gettando le braccia al collo dell’uomo appena entrato, che si era abbassato alla sua altezza. –Principessa, cosa ci fai ancora in piedi? È tardi, dovresti essere a letto.- le disse con finto tono di rimprovero; ovviamente non poteva essere arrabbiato con la sua unica figlia femmina, così dolce e così simile a lui. –Ma papà, io ti stavo aspettando! Mi avevi detto che quando saresti tornato dalle prove avremmo guardato il nostro film insieme, ricordi?- la piccola era delusa e vederla in quello stato, con gli occhietti corrucciati e lucidi, fece stringere il cuore a Michael. Le prove per il suo ultimo tour lo avevano tenuto fuori di casa per giornate intere ed era così stanco che si era persino dimenticato dei programmi della serata con la figlia. –Tesoro, mi dispiace davvero tanto ma adesso è troppo tardi.. Però oggi ho finito le prove e questo vuol dire che per un po’ di giorni sarò a casa con voi, senza impegni; che ne dici se domani pomeriggio prepariamo tanti pop corn e guardiamo il film con i tuoi fratelli? Solo noi, insieme tutto il pomeriggio.- la prese in braccio, nonostante lei fosse cresciuta e piuttosto alta per i suoi undici anni, e lui fosse sfinito a cause delle prove estenuanti che aveva subìto negli ultimi giorni. La bambina lo guardò un po’ indecisa, poi lo abbracciò calorosamente, segno che la proposta del genitore era stata accettata.

Pur essendo davvero debole e stanco, Michael decise di tenere in braccio la figlia e, con tutte le forze che riuscì a raccogliere, la portò su per le scale sorridendole e raccontandole alcuni aneddoti divertenti sulla sua giornata di prove. Le risate di quella piccola creatura lo fecero rinvigorire; i suoi figli gli trasmettevano un grande senso di benessere persino nei momenti più difficili.

Mentre la piccola continuava a ridere, l’uomo si diresse verso la cameretta che aveva fatto progettare alla stessa Paris; attraversò la porta di legno con la bambina in braccio e si guardò attorno, notando alcuni cambiamenti. Le pareti erano state ricoperte di poster di attori e cantanti famosi, e sopra al letto era stata appesa una grande foto raffigurante un uomo dalla pelle pallida, radioso e con il viso privo di preoccupazioni, che teneva in braccio una bimba di circa tre anni, che stringeva felice le braccia al collo del padre; si rese conto di essersi allontanato troppo dalla sua famiglia e capì che i sorrisi dei suoi figli gli erano mancati davvero tanto e scoprì che non sarebbe riuscito ad andare avanti ancora a lungo senza di essi.

Poggiò delicatamente la figlia sul letto e le rimboccò le coperte. Le diede la buonanotte, ma quando fece per andarsene, fu fermato dalla voce dolce della piccola: -Papà? Potresti stare con me finché non mi addormento, come quando ero piccola?- nonostante fosse realmente distrutto, tornò indietro, si tolse le scarpe e si sdraiò sul letto accanto alla bambina. Era un letto piuttosto piccolo per due persone, ma questo permetteva loro di stare molto vicini e di avere una certa intimità che mancava ormai da un po’ tra padre e figlia. –Papà?- erano rimasti alcuni attimi in silenzio, poi Paris parlò. –Dimmi amore.- le si rivolse gentile, soffiandole le parole sulla fronte, dove aveva poggiato le labbra. –Mi prometti che dopo questo tour resterai sempre con me? Voglio dire, anche ora sei sempre con me, anche quando sei alle prove, ma io intendo in senso fisico. Io ho bisogno di averti accanto, voglio giocare con te, voglio che mi aiuti a fare i compiti, voglio che mi porti al parco, voglio che mi vieni a prendere a scuola.. voglio avere il mio papà vicino a me.- il cinquantenne si fece sfuggire una lacrima alle parole della figlia. Come aveva potuto lasciare lei e i suoi fratelli in balìa delle tate e di tutti quegli sconosciuti che giravano per casa sua? Come aveva potuto rimanere lontano dai suoi amati figli e perdersi parti fondamentali della loro crescita, della loro vita? Come aveva potuto permettere al suo lavoro di renderlo un padre orribile? –Questo sarà il mio ultimo tour, piccola mia. Ti prometto che appena avrò finito, io e i tuoi fratelli torneremo ad essere un’autentica famiglia, unita come le altre. Ho in programma di fare un lungo viaggio, lontano da qui, per recuperare il tempo perso. Io vi voglio tanto bene, davvero, non immagini quanto. Si tratta di un bene impossibile da esprimere a parole, è qualcosa che viene dal profondo del cuore, amore incondizionato che solo un padre può provare verso i propri figli. Non mi perdonerò mai per avervi lasciati soli in questi ultimi mesi. Mi dispiace essere stato un pessimo padre, ma voglio rimediare.- altre lacrime gli rigarono le guance, perciò nascose il viso tra i capelli chiari della figlia. Aver realizzato di essersi rovinato e di aver rovinato la sua famiglia lo distruggeva; non si trattava più solo del dolore fisico dovuto al lavoro, ora si era aggiunta la pena mentale del cervello, che non si dava pace. Si era trasformato in un mostro solo perché si era fatto convincere da quegli avvoltoi dei suoi ‘consiglieri’ a fare quell’uscita di scena per racimolare un po’ di soldi. Che poi, dopo aver organizzato tutto, aveva anche scoperto che con tutta quella fatica non sarebbe riuscito a pagare neanche la metà dei suoi debiti, quindi si ritrovava ancora in una situazione difficile e, oltre ad aver trascurato i suoi figli, si era irrimediabilmente ammalato. La consapevolezza di ciò in cui si era trasformato lo colpì forte come un macigno e desiderò solo poter tornare indietro nel tempo e rifiutare la proposta di quel nuovo tour.

I suoi pensieri e le sue lacrime furono interrotti nuovamente. –Papà, non piangere. Io ti voglio tanto, tanto bene e ti perdono per essere stato lontano. Non sono arrabbiata con te. Io so che tu hai fatto tutto questo perché ci vuoi bene davvero. Ma è difficile senza di te, noi rivogliamo indietro il nostro papà.- la sincerità della bambina fu peggio di una pugnalata. Era così buona e intelligente per essere così piccola, che ne fu proprio orgoglioso. L’abbracciò nuovamente e le diede un bacio delicato sulla fronte. Rimasero abbracciati per svariati minuti, quando –Mi canti una canzone?- la richiesta gli giunse all’orecchio con una voce talmente delicata e ricca di desiderio, che non le avrebbe mai potuto negare una risposta affermativa. Così accostò le labbra fini all’orecchio della bambina e a voce bassissima intonò un pezzetto di una delle sue canzoni, quella che la piccola amava maggiormente.


 

 

There’s a place in your heart

And I know that it is love

And this place could be much

Brighter than tomorrow

 

And if you really try

You’ll find there’s no need to cry

In this place you’ll feel

There’s no hurt or sorrow

 

There are ways

To get there

If you care enough

For the living

Make a little space

Make it a better place

 

Heal the world

Make it a better place

For you and for me

And the entire human race

There are people dying

If you care enough

For the living

Make a better place

For you and for me


 

 

Si accorse di aver chiuso gli occhi solo quando ebbe finito di cantare; li riaprì e si riprese dall’emozione che lo prendeva sempre mentre cantava. Abbassò lo sguardo verso il viso dell’angelo sdraiato accanto a sé e scoprì che la piccola si era addormentata profondamente, il viso rilassato e un sorriso a ricoprirle le labbra.

Michael si alzò dal letto il più delicatamente e silenziosamente possibile, per evitare di svegliare la sua Paris. Le sistemò in maniera tenera le coperte nuovamente e le sfiorò la fronte con le labbra un’ultima volta, prima di dirigersi alla porta. Arrivato sull’uscio, volse ancora lo sguardo in direzione della figlia, poi lasciò la stanza definitivamente.

Arrivato nella propria camera da letto, si tolse velocemente i vestiti e si buttò sul letto a peso morto. Era stata la giornata più dura che aveva affrontato da quando erano iniziate le prove; i medicinali che prendeva non gli facevano più effetto e sentiva che il suo corpo non riusciva più a reggere lo stress. Pregò che tutto finisse al più presto, così da poter avere la massima serenità e un lungo periodo di riposo. Afferrò il bicchiere posato sul comodino accanto al suo baldacchino e ne trangugiò il contenuto in un solo sorso. Era una routine bere quella roba prima di andare a dormire, lo aiutava ad affrontare la notte dopo le giornate pesanti.

Poggiò la testa sul cuscino e spense la luce. Cadde nell’oblio con il pensiero felice del pomeriggio che avrebbe dovuto trascorrere con i suoi figli, lontano da tutto il resto.


 

1480 parole di dolore allo stato puro, solo questo.

Non ricordo neppure quando l’ho scritta questa; l’ho ritrovata tra le storie ‘da revisionare’ in una chiavetta persa prima dell’estate lol

Non so che dire, solo che avevo bisogno di ricordare Michael come un premuroso padre. Boh, Paris mi ha sempre fatto una tenerezza assurda e ora più che mai vorrei farle sentire il mio appoggio, con tutti i problemi che ha. Purtroppo non ne ho la possibilità, quindi mi limito a scrivere.

L’ho riletta, sì, ma potrebbero comunque esserci degli errori, quindi sorry.

Spero sia piaciuta (:

  
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