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Autore: Littlecancer    28/10/2013    2 recensioni
"Clic.
Il cuore gli si bloccò.
-Vai via.
E il rumore cessò."
Genere: Horror, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jimmy Page
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Monsters are real, ghost are real too.
They live inside us, and sometimes, they win."

-Stephen King



 
1.
 
-No, Robert. Ora chiudi quel finestrino, ci ho messo ore a sistemarmi i capelli.
-Sei una femminuccia, Pagey.
-Chiudilo e basta.
Jimmy Page era estremamente spaventato dal vento, o da qualunque cosa potesse influire sulla sua pettinatura –era molto attaccato ai suoi ricci-. Nessuno doveva toccarli, e persino quando lo permetteva non poteva farsi mancare quella lieve smorfia infastidita.
Robert lo chiuse con un lieve sospiro, stravaccandosi il più comodamente possibile sulla poltrona di fronte a quella del collega. Bonzo dormiva accanto a lui con una guancia premuta sul finestrino, ormai condensato dal suo respiro, mentre John, dall’altra parte, vagava nel proprio mondo con lo sguardo fisso sulle abitazioni londinesi. Finalmente erano tornati a casa. Un po’ di riposo non ha mai fatto male a nessuno, del resto.
-Andrai a trovare Scarlet e Charlotte?
-Domani, ho bisogno di stare un po’ da solo per il momento.
Detto ciò, si mise a giocherellare con una delle sue ciocche corvine, che non lasciò fino a quando scese di fronte alla Tower House, un alto colosso rossastro e forse fin troppo antico per i gusti della maggior parte delle persone. Tranne che per lui. Adorava quel posto, si sentiva parte di quel posto, come successe in Scozia: la Boleskine House. Ma si erano verificate troppe anomalie da poter comprendere del tutto, così da lasciarla perdere con molta esitazione.
Salutò tutti, anche Bonzo che in tutta risposta gli donò un sonoro grugnito nel sonno –questo lo portò a delineare l’ombra di un sorriso divertito sulle labbra-, per poi chiudere la portiera e restare lì, di fronte a casa propria. Se casa si poteva definire. La contemplò per parecchio tempo di fronte ai piccoli cancelli in ferro battuto, dalla punta della torre fino all’entrata, lievemente nascosta dai rami di uno dei tanti alberelli rinsecchiti dall’autunno. Il vento li faceva danzare gli uni con gli altri, in una macabra danza di fine settembre.
Morirai solo, Jimmy, lo sai questo? La solitudine cresce come un cancro, è una malattia dalla quale è difficile riprendersi, forse è impossibile. E tu fai parte di quest’ultima categoria.
Non chiedo di meglio.
Non sai quello che vuoi.
So che dovrei smetterla di blaterale da solo ed entrare una volta per tutte in casa.

Venne investito da tutti i dettagli sui muri, i dipinti, i particolari scolpiti molti anni fa. Non poté fare a meno di studiare anche quelli, come se fosse la prima volta che varca la soglia di quel magico luogo. Sicuro è che ogni volta ne rimaneva ammaliato, perso in tutto quello che la casa gli mostrava, vanitosa e provocatrice, come se volesse sbattergli in faccia il fatto che non esista dimora migliore all’infuori di quella.
-Quanto sei spudorata, ragazza mia.
Accarezzò una delle pareti, insieme a una risata monocorde.

 




2.
 
La sera restò vicino al fuoco del camino, seduto su una comodissima poltrona a leggere uno dei suoi libri favoriti: Magik. Probabilmente sarà stata la milionesima volta che rilesse quelle righe senza minimamente stancarsi, Aleister Crowley fu un personaggio strano, che molti fraintesero senza cogliere il reale significato del suo credo.
-Gente ignorante, senza un minimo di materia grigia.
Clic.
Alzò gli occhi dal libro, distratto da quell’effimero rumore.
Nulla di cui preoccuparsi, probabilmente è il rubinetto del bagno chiuso male, questa casa è parecchio antica e nonostante abbia restaurato qualcosa, non sono stati toccati i lavandini dei due bagni.
In effetti, erano davvero sublimi, solo un pazzo li avrebbe sostituiti con un comune pezzo attuale. Riprese la lettura senza una grinza in volto.
Clic.
Questa volta mantenne lo sguardo puntato sulla riga finale di pagina 83, senza leggerla davvero.
Clic.
Non veniva dal bagno come prima aveva presupposto, anzi, proprio da tutt’altro punto. Alla sua sinistra. Forse. Anche lì non vide assolutamente nulla appena si voltò, come se il suono venisse unicamente dalla sua testa. E probabilmente era così, il tour americano lo aveva fatto a pezzi senza lasciarne gli scarti, nemmeno le feste e le groupies l’avevano ravvivato, ad alcune invece non aveva proprio partecipato.
Clic.
-Oh, ma insomma!
Chiuse il libro, facendo vibrare nell’aria un gran tonfo tra la luce soffusa e calorosa del fuoco. Semplicemente, ripeté il gesto precedente, voltandosi ancora una volta con espressione inacidita. Di scatto. L’unica cosa che risaltava agli occhi era un quadro, nemmeno troppo costoso. In realtà è sempre stato lì, non l’aveva mai spostato o altro, forse perché per certi aspetti voleva mantenere la stessa atmosfera di come è stata lasciata.
Lo fissò per svariato tempo, con “Magik” in grembo e le gambe accavallate. Proprio non capiva da dove venisse quel fastidiosissimo gocciolio. Sbuffò aggraziatamente, posando la nuca sull’estremità di legno del bordo dello schienale. Occhi chiusi e palpebre ferme, mento all’insù.
Casa dolce casa, e io che quasi ti amavo. Cominci a farmi scherzi? Dovresti voler così bene al tuo padrone, da lasciarlo leggere in santa pace. Che ne dici? Mi lasci tranquillo?
A quanto pare non ne aveva l’intenzione. Un clic più sordo s’infranse proprio sulla sua guancia, così da indurlo ad aprire immediatamente gli occhi. Quello che si trovò davanti lo fece così raccapricciare che neanche in seguito poté descrivere a se stesso le sensazioni che in pochi istanti si erano formate all’altezza dello stomaco. Certo, però, che era la paura a pervaderlo. Le iridi verdi sempre più ingombranti e le pupille sempre più piccole e inesistenti.
Una donna sdraiata sul soffitto lo guardò con apparente interesse, insieme a un piccolo sorriso e una mano sul ventre. In quest’ultimo si apriva una macchia scarlatta, impregnando il tessuto del vestito e la mano. Non riusciva a tamponare la ferita e –il…sangue?- cadevano giù piccole gocce scure, proprio su di lui. Poté farne mentalmente una foto che in seguito, durante la notte, ricorderà. I capelli biondi scendevano verso il basso per forza di gravità, coprendole le guance. La pelle era quasi grigia, avorio, ma qualcosa non andava, gli sarebbe sembrata di pezza se solo il sorriso non si fosse mosso lievemente in un scatto isterico. Mostrò i denti, inquietanti ma perfetti. Gli occhi fermi, neri.
Tutto questo successe molto velocemente, questione di un attimo, ma lo segnò per parecchie notti insonni. Neanche in Scozia vedette niente del genere, sembrava così reale e impossibile. Il tempo di sbattere le palpebre e non c’era più. Aveva perso l’uso della parola, cercò di urlare con tutte le sue forze, ma il risultato fu un piccolo bisbiglio di terrore. Immediatamente si toccò la guancia, lasciata umida ma senza alcun segno di quel…liquido denso.
Sangue, maledizione, sangue! Non riesci ad ammetterlo? Ti stai rincretinendo, per caso? Con tutte le nozioni di occulto che sono sempre state di grande interesse per te, ti spaventi per così poco?
Tanto è stata solo un’allucinazione. E basta.

Infatti sui suoi polpastrelli non c’era nulla, niente di niente. Rise malamente tra sé e sé, con lo sguardo perso nel vuoto. Guardò ancora una volta il soffitto e non vi trovò altro che l’ombra del fuoco che scoppiettava, sempre in movimento. Senza dire una parola, andò a letto, lasciando che la legna si consumasse senza la sua compagnia.
Forse tutto quello di cui aveva bisogno era solo riposo. Un po’ di sano riposo.
-Bastardissimo tour.
                                                                                                                      





3.
 
Si mise sotto le coperte -completamente-, una volta spogliato degli indumenti e indossato gli abiti adatti per una comoda dormita. Cercò di pensare a tutt’altro, alla figlia, per esempio, la sua piccola biondina che domani avrebbe rivisto dopo troppo tempo. Riabbracciata con tutto l’amore di un padre sempre assente.
Clic.

Il cuore gli si bloccò.
-Vai via.

E il rumore cessò.
  
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