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Autore: musa07    29/10/2013    4 recensioni
" Non c’era niente di più piacevole che entrare in casa e trovare il fuoco scoppiettare allegramente nel caminetto. Novembre aveva deciso improvvisamente di gettarsi nell’Inverno più cupo e profondo, nonostante fosse solo agli inizi.
Inutile dire che Alaude accolse con un sospiro di gratitudine il calore che l’aveva avviluppato nel momento in cui aveva messo piede nella sua camera..."
Alla fine ce l'ho fatta a scrivere la one-shotina mini-mini che mi ero sempre ripromessa su Alaude e il suo trench^^
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alaude
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a Kyoite, SweetHell, Terry  e Lux_daisy che l’hanno fortemente voluta e fortemente attesa^^
E dedicata a tutti i miei angeli del focolare che in quest’anno di appartenenza a questo meraviglioso fandom, mi hanno sempre sostenuta. Grazie davvero, ma davvero-davvero. Lo so che sembra una frase fatta da film di serie B, ma davvero non avrei fatto neanche la metà delle cose che ho fatto se non fosse stato per il vostro caloroso supporto.
Alla fine mi è anche venuta fuori una cosa introspettiva, ma pensate voi!
Ed ora: godiamoci il Biondo …

 
 
“ Un bel tacer non fu mai scritto”
 
 
 
 
Non c’era niente di più piacevole che entrare in casa e trovare il fuoco scoppiettare allegramente nel caminetto. Novembre aveva deciso improvvisamente di gettarsi nell’Inverno più cupo e profondo, nonostante fosse solo agli inizi.
Inutile dire che Alaude accolse con un sospiro di gratitudine il calore che l’aveva avviluppato nel momento in cui aveva messo piede nella sua camera.
Stoicamente – com’era nel suo carattere – aveva sopportato senza battere ciglio il gelo che li aveva attanagliati a Teatro e che li aveva accolti con implacabile malignità non appena avevano messo piede fuori dallo stabile. Infreddoliti, avevano percorso la strada che li aveva condotti a Residenza Vongola senza fiatare, il che – visti certi elementi rumorosi che appartenevano a quella variegata compagnia – era un po’ come assistere all’allineamento dei pianeti del Sistema Solare.
Ed ora finalmente si era chiuso la porta della stanza alle spalle.
Muovendosi silenziosamente con le sue movenze feline, scandagliò con lo sguardo cristallino la stanza ad assicurarsi che le fiamme nel focolare non dessero segnali di cedimento.
Portandosi davanti alla finestra, scostò la tenda ed iniziò a fissare il giardino immerso nella più completa e confortante oscurità, cominciando distrattamente a sfilarsi i guanti di pelle nera, per poi gettarli con noncuranza nella poltrona lì a fianco.
Quando ebbe valutato di essersi scaldato sufficientemente, le sue mani scivolarono lentamente giù per l’addome per posarsi infine sui fianchi ed iniziare ad armeggiare con la cintura del suo soprabito nero. Le dita scivolarono leggere fino a scioglierne il nodo e il silenzio nella stanza era tale che si poteva udire distintamente il frusciare del tessuto. Un flebile sospiro accompagnò le dita nel tragitto inverso, lungo il suo corpo, a risalire fino ai bottoni che iniziò a slacciare con ipnotica regolarità cadenzata fino a quando il soprabito non fu aperto del tutto. Lo fece scivolare giù per le spalle per poi posarlo a sua volta sulla poltrona posta a fianco della porta d’entrata e sedersi ai piedi del letto.
Era sfinito. Gettò un’occhiata alla mole non indifferente di carte che occupavano gran parte dello spazio della scrivania. Il suo stacanovismo gli imponeva di mettersi a lavorare almeno per un’oretta – che poi, al solito, sarebbe diventata tutta la notte – ma il suo corpo e la sua mente lo imploravano di infilarsi seduta stante sotto le lenzuola e dormire.
Ancora valutando quale fosse la cosa migliore da fare, iniziò ad allentarsi la cravatta, intrufolando l’indice all’intero del nodo per scioglierlo e sentire, anche in questo caso, il frusciare del tessuto sulla stoffa della camicia bianca nel momento in cui se la sfilò per poi gettarla a far compagnia all’indumento tolto poc’anzi.
Si fermò per un istante, ad osservare il riflesso della sua figura che il vetro della porta-finestra gli stava rimandando prima di alzarsi nuovamente, inquieto. Recuperò dalla tasca del soprabito il pacchetto di sigarette e andò alla ricerca dell’accendino, con la sigaretta già delicatamente appoggiata tra le labbra. Tastò dappertutto, in ogni meandro possibile, comprese le tasche dei pantaloni grigio scuro che indossava in quel momento, ma con scarso successo. Si fece spazio tra i documenti accatastati, scandagliando al contempo la stanza alla ricerca dell’oggetto scomparso. Togliendosi le scarpe, con passi felpati, uscì nella piccola terrazza della sua stanza e finalmente lo trovò. Rabbrividendo, si appoggiò allo stipite della porta mentre ispirava il primo, calmante, confortante, tiro, posando gli occhi azzurri sulle braci sfavillanti.
Con calma, tendendo la sigaretta penzolante tra le labbra e gli occhi socchiusi, iniziò a slacciarsi i polsini della camicia togliendosi i gemelli e portandoseli in tasca. E fu sempre con la stessa identica flemma, che si sciolse il primo bottone, iniziando a giocherellare con la catenina d’argento che portava sempre al collo. Il contrasto tra le dita gelide e la pelle bollente del corpo, gli procurò un brivido che scaturì dalla nuca e lo invase lungo tutta la spina dorsale; tuttavia rimase ancora fuori, anche quando spense la sigaretta sul posacenere posto sul davanzale della finestra, beandosi dell’invitante calduccio che avrebbe trovato dentro non appena si sarebbe deciso ad entrare. Portò entrambe le mani in tasca, appoggiando anche la testa sullo stipite della vetrata. Sollevò lo sguardo melanconico verso il cielo scuro, cielo scuro che non prometteva niente di buono per i giorni a venire e si decise finalmente a rientrare.
Gettò un’occhiata laconica verso l’invitante letto, con le sue calde coperte, ma lo superò velocemente per dirigersi verso il bagno, iniziando a sbottonarsi completamente la camicia sfilandosela dai pantaloni e mettendo in mostra l’addome piatto, i muscoli delle spalle, delle braccia e della schiena affusolati e ben torniti. Molto presto, anche la camicia bianca si trovò a far compagnia agli altri vestiti, gettata sulla poltrona con la stessa noncuranza.
Una volta entrato in bagno, Alaude si posizionò davanti allo specchio, passandosi una mano sul volto a controllare lo stato in cui verteva la sua barba e decise che per quel giorno poteva anche passare e in ogni caso, veramente quella sera era troppo stanco per mettersi a fare alcunché. Recuperò un asciugamano con il quale iniziò a tamponarsi i capelli biondi dall’umidità accumulata durante il tragitto di poco prima, mentre si ripilotava saggiamente verso il letto.
Con la stessa grazia ed eleganza che aveva usato per il resto degli abiti, si dedicò alla cintura e alla cerniera dei pantaloni sedendosi infine sul tanto agognato giaciglio dopo esserseli sfilati in maniera diabolicamente sensuale.
Sentì come le molle del letto cigolarono sotto il suo peso. Udì perfettamente il frusciare delle lenzuola al passaggio del suo corpo sotto di esse. Infine, con un sospiro di profonda gratitudine, si distese, spegnendo la luce della lampada sul comodino.
Le lenzuola erano gelide, in netto contrasto – ancora una volta – con il suo corpo bollente. Solo il calore di un altro corpo avrebbe potuto scaldare velocemente quel giaciglio. Già, da quanto tempo non si addormentava con qualcuno a fianco? Tanto. Troppo, avrebbe osato dire qualcuno.
Si portò una mano dietro la nuca, sospirando nuovamente.
Bello com’era, non aveva problemi ad attirare sia uomini che donne. La gente restava a dir poco ammaliata da quegli occhi di quell’azzurro incredibile, da quello sguardo tagliente che, pur nella sua freddezza, era in grado di far sciogliere chiunque. Per non parlare del suo portamento, della sua infinità cultura e capacità oratoria, sempre se si degnava di rivolgere la parola a qualcuno.
Gli sarebbe bastato uno schiocco di dita e avrebbe avuto chiunque ai suoi piedi. Eppure Alaude non si era mai avvalso di questo potere stregante. Ecco perché si trovava da solo in quel letto, anche per quella fredda e malinconica notte. Nella maggior parte delle volte, poco gli importava. Troppo preso dalle sue cose, dal suo lavoro - per non parlare del suo carattere a dir poco asociale - aveva sempre rifugiato dal contatto con le persone e non aveva mai sentito il peso della mancanza. Troppi problemi, troppo preoccupazioni. Troppi compromessi da raggiungere e lui non era tipo da compressi e oltretutto, uno come lui si bastava perfettamente da solo. D’altra parte, chi avrebbe mai potuto trovare che avesse la stoica pazienza di aspettarlo ogni volta, nei suoi continui spostamenti? Di sopportare e supportare i suoi silenzi? Ne era perfettamente consapevole e cosciente.
Però … Però c’erano delle sere, come quella, che gli sembrava quasi di aver subito qualche sorta d’incantesimo malefico, che gli faceva voltare lo sguardo verso l’altro lato del letto, ad allungare una mano e sentirne il solo vuoto e il silenzio. Solo allora sentiva una strana morsa attanagliargli le viscere. E un desiderio, un bisogno irrazionale e assurdo di aver dei capelli da accarezzare, di un corpo da stringere al suo, di un respiro da sincronizzare al proprio prima di cedere e abbandonarsi al sonno. Di qualcuno che gli dicesse: “Io sarò qui ad aspettarti …” , pur essendo consapevole di quanto egoistica fosse anche solo pensarla una pretesa del genere.
Quasi in risposta a questi suoi pensieri, gli arrivò dal corridoio l’inconfondibile risata calda ed avvolgente del Primo, alla quale fece eco quella bassa e roca di G. Non voleva origliare – non era nel suo carattere, né tantomeno nel suo stile – ma nel silenzio della notte, era impossibile non udirli.
- Buonanotte …  - sentì bisbigliare Giotto.
La risposta di G non arrivò subito e ci fu un lungo, eterno, interminabile attimo di silenzio. Silenzio che Alaude aveva perfettamente imparato a conoscere in quei giorni di convivenza forzata e che sapeva perfettamente cosa stesse a significare, cosa stesse accadendo.
- Buonanotte … -
- G, non vorrai lasciarmi da solo in questa notte così buia e gelida. – la voce del Primo fu poco più di un sussurro ridente in quella provocazione bonaria. L’attimo dopo, sentì la porta della camera di Giotto chiudersi delicatamente.
 
Forse sarebbe stato il caso di mettersi a lavorare un’oretta … Pensò.
Ma forse, avendo imparato suo malgrado a conoscere il Primo e G e le loro abitudini, magari anche due orette
.
 

 
 
 
FINE^^
 
 
 
Clau: Caro il mio Alaude, tu non sai che ti ho fatto tirare le tende perché così io, che ero appesa fuori su un albero, mi son potuta godere tutta la scena di te che ti svestivi^///^
Alaude: Tu non sei normale!
Clau: E quando mai ho sostenuto il contrario ^/////^?
Alaude: -____- Perché ci siamo solo tu ed io in queste note finali oggi?
Clau: Perché, non ti fa piacere?
Alaude: No, mi fa orrore. E se devo dirla tutta anche inquietudine.
Clau: Ok, allora chiamo il mio nuovo amichetto del cuore^^ Mukuroooooooo???!
Daemon: So’qua.
Alaude: -___-
Clau: Veramente non avevo chiamato te, ma va bene lo stesso^^ Tu le vedi le farfalle?
Daemon: Certo^^
Clau: Allora sei mio amichetto anche tu.
Alaude: Non ci sono farfalle qui.
Clau: Ahahah^//^. Povero Alaudino, non ti sentire triste per il fatto che noi vediamo le farfalle e tu no.
Alaude: Non mi sento affatto triste.
Daemon: E’ tutta invidia, che sta cercando di mascherare.
Clau: Lo so amichetto mio, ma noi cerchiamo di tranquillizzarlo e fargli credere di essere normale.
Alaude: Se ci sono degli anormali qui, non sono di certo io ma voi.
Clau&Daemon: Certo, certo. Povero Alaudino, vieni qui che ti consoliamo.
Alaude: Io non vengo proprio da nessuna parte con voi due squilibrati e non chiamatemi Alaudino.
Daemon: Mmm, tipica reazione maniaco-ossessivo-compulsiva.
Alaude: Smettila di psicanalizzarmi e di frugarmi nella testa.
Clau: Sta diventando molto pericoloso.
Daemon: Sì, concordo.
Alaude: -________- Io me ne vado.
Clau: NOOOO!! Alaude, aspetta ti prego. Devo scrivere la fic di te che ti fai la barba, e dopo il bagno e quindi sarai completamene senza vestiti questa volta.
Alaude: CHE??!!
Clau: *ç* Oh, mamma! Muoio dissanguata al solo pensiero.
Daemon: Anch’io …
Alaude: Ma certo che morirete dissanguati, perché sarò io a farvi sanguinare.
Clau: Oh sì, Alaude: fammi male *ç*
Daemon: Anche a me!
Alaude: -_______-
 




Ps: avete notato che lo faccio dormire con i soli boxer addosso??!! Hi hi hi
   
 
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