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Autore: Rin_Chan64    30/10/2013    2 recensioni
{[Prima storia in EFP][Prima FanFiction][Prima in Fandom][Più finali]}
" “Viola… Cara amica… Povera illusa! La tua anima è stata divorata dal Demone, non puoi parlarmi nei sogni! Solo povera, piccola, illusa e stupida amica mia! Sei stata uccisa da quello che adesso è mio padre. Non devi essere sempre gentile con tutti! Ops… Forse è troppo tardi!”
Allora si coricò e ridacchiò. Poi dormì. "
Genere: Drammatico, Horror, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ellen, Padre di Viola, Viola
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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ATTENZIONE!
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Fummy; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
La seguente Fanfiction contiene tre finali (Drammatico, Triste, Felice) nello stesso documento, che ripartono da punti diversi della storia. Prima dell'inizio di ciascuno di essi viene segnalato il finale e si riprende poco prima del cambio di finale. Se si vuole recensire solo un finale, specificare quale.
Ringrazio chiunque abbia letto quest'avviso e, se desiderate, non esitate a recensire. Buona lettura!

 


The Witch’s House
Quel che dopo fu

 -Violaaaaaah!
Ellen si svegliò di soprassalto.
-Viola!
Gridò suo padre uscendo in giardino con il fucile in mano.
Ellen si alzò e uscì rimanendo sullo stipite della porta.
-V…Viola? Tutto bene? Sei ferita?
Ellen scosse la testa.
-Grazie al cielo!- disse suo padre abbracciandola. Ellen sembrò disprezzare questo gesto d’affetto.
-Ora torna dentro o ti prenderai un malanno.- continuò il padre.
Ellen abbozzò un sorriso e si ricoricò. Quella notte non chiuse occhio.
L’indomani non era stanca, ma riflettè tutto il giorno. Oramai, si era imposta di dimenticare la faccenda. C'era riuscita piuttosto bene, fino ad allora.
Quella notte non si coricò subito, ma restò seduta a pensare.
“Viola… Cara amica… Povera illusa! La tua anima è stata divorata dal Demone, non puoi parlarmi nei sogni! Solo povera, piccola, illusa e stupida amica mia! Sei stata uccisa da quello che adesso è mio padre. Non devi essere sempre gentile con tutti! Ops… Forse è troppo tardi!”
Allora si coricò e ridacchiò. Poi dormì.
Anche quella fu una notte movimentata.
-Aimacimaaaaah!
Il cuore di Ellen batteva forte.
-Aimacima…- disse a bassa voce, preoccupata.
Stranamente, nessuno la aveva sentita.
Ellen controllò nella stanza di suo padre. Lo trovò in lacrime. -Viola…- Diceva.
Ellen rimase completamente impassibile.
Sbattè le palpebre e vide suo padre coricato, tutto normale.
Allora Ellen se ne andò in stanza e si coricò. Il giorno dopo, Ellen trovò suo padre più scontroso del solito. Non parlò e alle poche domande che Ellen gli rivolgeva rispondeva annuendo o scuotendo la testa.
Quella notte Ellen ebbe dei sogni piuttosto confusi e ambigui.
Si svegliò sentendo degli strani rumori prodotti da qualcuno e non da qualcosa…
Senza timore, si alzò e andò nella stanza di suo padre e lo trovò di spalle, stringendo forte una coperta. Ellen lo sentì singhiozzare e se ne andò lentamente, senza produrre il minimo rumore.
Ritornò in stanza e notò una bambina di circa sette anni che le sembrava di conoscere coricata nel suo letto, che si voltò verso di lei e la fissò. Ellen ricambiò.
Quando la bambina sembrava non reggere più lo sguardo, si sentì un forte urlo e la bambina si affacciò alla finestra, allarmata. Ellen continuò a fissarla ancora, e dopo poco tempo la bambina svanì nel nulla.
Ellen potè coricarsi.
Finalmente.
Il giorno dopo, Ellen dovette rimanere sola in casa.
Sentiva degli strani rumori, ma non era allarmata.
Allora andò in camera e si sedette su una vecchia sedia ad aspettare.
-Ellen…- si sentì chiamare da una voce eterea, dolce ma molto flebile.
-Viola.- rispose Ellen, per nulla sorpresa.
-Non hai niente da dirmi, per caso?- le chiese la voce.
-La tua voce…- rispose con tono duro Ellen -È così dolce.-
-Sì.- rispose la melodica voce -Non avrei mai immaginato di avere una voce simile. Forse, avrei potuto sapere prima come fosse la mia voce, se tu non…- sembrava quasi che la dolce voce stesse per piangere.
-Stop. Basta così. Chiudi il becco.- disse scocciata Ellen, senza un minimo di rispetto per la sua vecchia “amica”. -Allora? Che intenzioni hai ora? Vendicarti? Sciocca!
-No. Volevo solo farti ragionare. Ascoltami attentamente…
-Io ascolto chi?- urlò Ellen guardando in alto, in preda ad una crisi isterica. -Io non ascolto nessuno. Sono gli altri che devono ascoltare me. Tutti gli altri devono ascoltare solo me! Sono io che comando ora!
Ellen fece per alzarsi dalla sedia.
-Non andare! Ti prego!- disse la voce, diventando sempre più sfalsata e incomprensibile.
-Va bene… Resto.- disse Ellen sedendosi, scocciata. -Ma non mettere il dito ferito nella canna del fucile o ci saranno guai seri!
-Non ironizzare…- disse l’angelica voce, mantenendo la calma più totale.
-Allora! Chi è la più potente qui? Chi è che dà ordini?
-Ragioniamo, ora. Tu mi hai promesso che sarebbe stato solo per un giorno, vero? Non lo puoi negare.
-Vero, ma chi me lo fa fare di mantenere le promesse? A che serve se sai che la persona a cui hai promesso morirà? A che serve se posso fare tutto ora? Ho un corpo in perfetta salute, un padre che mi vuole bene e tantissimi nuovi amici. E dovrei mantenere una promessa così tanto banale e inutile?
-Papà non vuole bene a te. Il suo affetto è destinato a qualcun altro!
-Meh… Dinne un’altra delle tue, ora!
-Va bene. Se insisti. Io sono stata tra tutti la persona che ti è rimasta più vicina nella tua brutta, anzi, orrenda situazione. Ed è così che mi ripaghi? Con una morte più che dolorosa… Secondo i tuoi loschi piani!
-Io… Volevo… Ok, ora basta blaterare! Sai… Sai fin troppo!
Ellen si alzò di scatto dalla sedia ed andò in giro per tutta la casa. Poi, si sedette sulla sedia della cucina e picchiettò con le dita sul tavolo e cominciò a canticchiare, intonando una triste melodia.
Dopo un po’ rallentò il picchiettio e pensò intensamente a qualcosa. Qualcosa. Qualsiasi cosa stesse pensando, non pensava di sicuro all’accaduto. Mai e poi mai fare quest’errore. Lei sapeva molto bene che i pensieri sono più udibili delle parole.
Ellen si alzò dalla sedia ed andò in camera sua. Spostò la vecchia sedia molto bruscamente verso sinistra. Scansò più polvere che potè ed aprì il vecchio armadio nero dietro le ragnatele. Lì dentro trovò un orsetto di peluche senza braccia e senza gambe e, nell’angolo, un vecchio coltello ben affilato e scintillante. Ellen prese l’orsetto, molto sporco e trascurato, e lo strinse a sé. Lo tenne in mano e tornò a girovagare nella casa. Ellen stava per aprire la porta della stanza del padre, quando sentì la voce di quest’ultimo chiamare:-Viola? Tutto apposto?
Ellen corse dall’altra parte della casa e fissò il padre, che si avvicinò e le baciò il capo. -Ciao Viola. È tuo quell’orsetto?
Ellen diede un’occhiata veloce all’orsetto che teneva per un orecchio, poi annuì titubante.
Il padre si diresse in camera sua ed Ellen, appena trovò la via libera, andò vicino all’armadio, lo aprì ed osservò il coltello. Lo prese in mano. Era bello, luccicante ed ancora perfettamente intatto. Lo girò e lo rigirò, poi rise; ricordando vecchi avvenimenti. Ma smise subito e bruscamente. Preferì non farsi sentire.
Giunta la notte, Ellen rimase sveglia e con occhi vigili sino alla mezzanotte. L’ora delle streghe, dicono.
Ellen si alzò, cercando di non fare rumore, e si guardò intorno.
L’armadio cominciò ad illuminarsi e ad agitarsi.
Ellen pensò bene di ignorarlo completamente; però guardò ai piedi del letto. Vicino a quello in basso a sinistra trovò un biglietto piegato in quattro parti molto frettolosamente. Lo prese e lo stirò un pochino. Sopra c’era scritto, con caratteri di sangue, la frase “COME TO MY ROOM”.
Ellen guardò in alto, preoccupata. Poi, ripiegò il foglio e se lo mise in tasca.
Poi, si avvicinò alla stanza del padre; aprì la porta con cautela e trovò il padre in lacrime, come l’altra notte. Aveva gli occhi tutti rossi e la guardò, come per implorare pietà. Ellen lo guardò per qualche secondo, poi uscì e camminò per i corridoi. Sentiva degli strani rumori che non erano certo gli scricchiolii delle assi di legno sotto i suoi piedi, anche se lei, sotto sotto, avrebbe voluto che fosse dovuto a quello.
Tornò in camera e dormì quasi subito, per non pensare ancora.
Quella notte sognò varie cose molto intricate, che la fecero rivivere tutta la sua triste esistenza daccapo.
Anche quel giorno riguardò il coltello, ma rimase poco perché suo padre era una persona vigile e di sicuro non avrebbe trascurato il fatto che sua “figlia” stava armeggiando con un affilatissimo e pericolosissimo coltello. La giornata passò veloce, ma era la notte il momento della verità.
Ellen si svegliò per colpa di alcuni strani rumori molesti provenienti dalla fine del corridoio. Lei si alzò e andò a controllare nella stanza del padre un’altra volta. Lì dentro era tutto insanguinato: i muri, gli oggetti, le foto, specialmente quella di Viola, la sua unica figlia. Ellen trovò suo padre seduto sul letto, stringendo molto forte una coperta, come per scaricare la rabbia, poi guardò Ellen dritto negli occhi e urlò:-Tu…Tu… Tu me la hai portata via! Strega!
Poi cominciò ad inseguirla con il fucile in mano.
Ellen scappò dalla porta che alcuni proiettili traforarono. Ellen si guardò un attimo indietro e vide il biglietto che prima lei aveva in tasca appeso alla porta con una freccia insanguinata. Poi, continuò a scappare verso camera sua ed aprì l’armadio, prendendo il coltello. Ellen continuò ad avanzare nel corridoio. Talvolta, delle macchie di sangue a forma di impronta di mano comparivano nelle pareti.
-N…Non ci provare…- diceva Ellen, mostrandosi coraggiosa. -Questi… Questi trucchetti li conosco già…
Le sedie si muovevano e il pavimento si sfondava, ma Ellen riuscì ad evitare tutte le insidie. -Tu… T…Tu…- cercava di dire, tra tutti gli affanni e la voce rotta dalla tensione. -Tu… Inutile… Inutile, stupida bimbetta… Non puoi battere la strega… Tu non puoi!... Non… Non puoi!
Ellen sentiva da dietro degli urli allucinanti, poi si sentì mancare. Rallentò la corsa e barcollò, ma continuò ad andare avanti per salvarsi la vita.
Ellen socchiuse gli occhi. Vedeva doppio. Sentì la canzone che giorni prima canticchiava. Si ricordò dei suoi genitori. -Lo ho fatto per… Perché loro mi volevano uccidere… Loro lo sapevano,… Lo sapevano… Mio padre non… Mi considerava… E… Mia madre… Lei mi ha abbandonato…
Ellen stava per scoppiare a piangere. Continuava a correre, e talvolta inciampava e guardava indietro. Non sapeva più che fare.
-Lui… Lui non vuole bene… Non vuole bene a me!... Il suo… Affetto è des… Destinato a qualcun… Altro… Gli darò… Il tutto il tuo amore…
Il corridoio sembrava infinito ed Ellen allungava le braccia nell’intento di raggiungere la porta. Ellen cominciava ad avere delle allucinazioni: una bambina con un vestito viola che camminava sulle nuvole e la guardava, piangendo.
- Viola… Tu non mi hai… Non mi hai mai abbandonato… Mai… Tu… Ti meriti quello… Quello che ho io… Tutto quello che ho io…
Ellen cacciò degli urli di dolore. La musica continuava, rimbombante nella sua testa. Ellen si tappò le orecchie. Le urla continuavano. Lei cominciò a vedere foto rotte e gatti neri. Dappertutto.
-Chi ascolti? Chi vuoi ascoltare? A chi dai retta? A me?- disse una voce.
Tutto per Ellen diventò buio. La musica continuava, ma delle fastidiose risate si aggiungevano.

-Finale Drammatico-
Ellen credeva davvero a ciò che pensava, fino a poco tempo prima. Poi pensò: “Io… Sto delirando! Non posso abbassarmi a tali livelli! Io… Io sono più forte di lei… Sono più forte della commozione…”
-Io sono più forte di tutti!
Allora si girò verso suo padre e lanciò un attacco magico: era sicura che tutto sarebbe andato a buon fine, considerando che era molto esperta.
All’improvviso, si accorse che faceva un caldo tremendo. Sudava tantissimo. Tentò di balbettare qualcosa: un “Cosa succede?” oppure un “Ce la posso fare”, ma non riuscì a far uscire niente dalla bocca.
Suo padre si avvicinava sempre di più. Ellen abbassò la testa e chiuse gli occhi. Si sforzava come non mai. Forse, non era potente come credeva. L’ondata di magia oscura violetta si scagliava davanti a lei, cercando di colpire il bersaglio.
Suo padre sparava all’impazzata, urlando come un matto.
Ellen continuava a lanciare attacchi, da tutte le parti. Solo allora si accorse che il suo corpo non reggeva quasi più. Ma era troppo tardi. Il corpo di Viola non era abituato a tutta questa magia attorno a lei.
I suoi occhi cominciarono a sanguinare, ma anche il suo cuore, forse. Lei non riusciva a capirlo. La musica continuava molto forte ed i gatti neri aumentavano, nel suo cervello, o davanti a lei. Continuava a sentire terribili risate, poi riuscì ad aprire con molta fatica gli occhi verdi di Viola. Suo padre non c’era, era svanito. Era stato colpito dalla letale e fortissima magia nera di Ellen, e non si seppe più niente di lui.
Ellen non riusciva quasi a respirare. Smise di lanciare incantesimi immediatamente. Non sapeva se il suo cuore stava battendo. Si accasciò a terra. Piangeva. Piangeva, o le scendeva sangue dagli occhi. L’ultimo gatto scomparve dalla sua vista. Pensò che tutto era finito ed abbozzò un malefico sorriso, l’ultimo. Poi, cercò di rialzarsi in piedi, ma non ci riuscì. Era come se le sue gambe non esistessero.
Niente reggeva. Non era potente come pensava. Si coricò nella prima posizione in cui potè mettersi.
- Violaaaaaah!
Urlò con il suo ultimo respiro.
Il corpo di Viola giaceva sanguinante in quel corridoio deserto.
Dov'è l’anima di Ellen? Forse anche il Demone l’aveva tradita. Adesso, si accorse che è sempre stata sola. Ora la Strega è morta, non c’è più una minaccia. Ma nessuno sapeva cosa provava davvero la strega. Nessuno.
 
-Finale Triste-
...La musica continuava, ma delle fastidiose risate si aggiungevano.
-No!
Urlò lei.
-No! Non ti ascolto! Non ti ascolto… No… Nooo!
L’ultimo “No” sfociò in un forte urlo straziante.
Ellen si fermò e volse la faccia verso l’alto. Una nebbia verde le usciva saettando dagli occhi e dalla bocca. Ellen sembrava soffrire molto.
-Noooooo! Nooo… Noo… No...
L’urlo si spense piano piano. Ellen rimase ferma dove era. Si inginocchiò per terra, come se non reggesse più. Il suo busto cadde all’indietro.
Gli occhi di Viola erano aperti e si disintegrarono subito dopo. La bocca era mezzo aperta.
-Papà! Papà! Aiuto! Aiutami!
Dei suoni come questi uscirono dalla bocca di Viola. Era quasi svenuta.
Suo padre arrivò poco dopo.
-Viola!- gridò. -Oh! Viola! Cosa ho fatto!
Egli si accasciò sul corpo di Viola e continuò a piangere.
-Papà… Io sono qui…
Mormorò Viola quasi non muovendo la bocca.
-Viola! Viola! Alzati! Viola! Dì qualcosa!
Queste parole non ebbero risposta.
-Viola… No… Viola… Non volevo! No… Credevo che tu fossi…
-Ellen!
Gridò Viola, rialzandosi. Le erano ricomparsi gli occhi.
-Oh… Viola! Viola! Viola!
Suo padre la abbracciò e lei ricambiò, però era anche preoccupata.
-Papà…
-Sì, Viola?- rispose il padre, prendendola per le spalle.
-Io… Ehm… Io… Dove…
Suo padre diventò triste tutt’un tratto. -Viola? Qualcosa non va?
-No… Ehm… È che… Ho… La voce! Ho la voce ora!
I due si riabbracciarono di nuovo.
“Ellen… Dove sei ora, Ellen?”
L’anima di Ellen correva all’impazzata e a volte guardava indietro per verificare se il padre di Viola la stava ancora seguendo. Arrivò alla foresta e si accasciò per terra, ansimando. Guardò avanti. C’era ancora. C’era ancora quella maledetta casa. Si avvicinò e mise una mano davanti alla sua faccia. C’era del fuoco.
Avanzò verso la ormai non più magica costruzione. Soffiò sulla sua mano e la casa prese fuoco. Ellen si avviò verso l’entrata pronunciando queste parole:
-“Se la strega muore, la casa scomparirà con i suoi abitanti. Se i fiori della strega appassiscono, la strega muore. La Viola era appassita…”-
 
-Finale Felice-
...I due si riabbracciarono di nuovo.
“Ellen… Dove sei ora, Ellen?”
Viola ritrovò la sua migliore amica sette anni dopo. Non era cambiata, almeno dall’aspetto.
-Ellen!
Viola era molto felice di vederla, anche se oramai aveva vent’anni ed aveva molto riflettuto sull’accaduto.
-Ellen? Sì, sono io.
-Oh, Ellen!- disse Viola, inginocchiandosi per abbracciarla.
Ellen era molto sorpresa, credeva che Viola fosse una matta che passava per strada e che era venuta ad abbracciarla.
-Ti ricordi di me? Sono la tua migliore amica!- le disse afferrandola alle spalle.
-No… No… Chi sei?
Guardandola spaventata, Ellen indietreggiava lentamente, poi cominciò a correre verso la sua casa.
Viola restò inginocchiata nel marciapiede, sorridendo. Una lacrima le scese sulle guancie rosse. Anche lei corse verso casa, con la consapevolezza che la sua amica era viva, anche se senza memoria.
  
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