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Autore: tins_    30/10/2013    0 recensioni
La solita routine: ti alzi per andare a scuola, ti vesti, carichi la tua migliore amica Alice in macchina e ti ritrovi nel bel mezzo di una apocalisse zombie, così ti chiedi se sarai davvero più intelligente di quei personaggi stupidi che ti propinano i film horror.
Let's kick some zombie ass
Genere: Azione, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La ficata di essere un morto vivente? Non devi fare più jogging..
-Dylan Dog

 
Siamo ancora qui.
-Nonostante tutto hai sempre avuto l’attitudine di correre a salvarmi-
-Ho la sindrome del crocerossino, non perdi occasione di rinfacciarmelo-.
 
La chiacchierata con il suddetto capo mi aveva portato più confusione che chiarimenti. In sintesi era molto contento di avermi nella sua squadra e non vedeva l’ora di mettermi alla prova, guarda caso la mattina seguente aveva intenzione di andare in rassegna nelle case vicine per vedere se riuscivamo a prendere su qualche arma, provviste.
Fin qui era anche lineare l’andamento della conversazione. Il problema è che aveva detto qualcosa che mi aveva fatto dubitare della sua gentilezza.
Quella dannata frase.
Ormai è notte fonda e non sento volare una mosca. Decido di fare qualche passo, guardarmi intorno senza sentirmi gli occhi di tutti addosso. Ogni volta che cerco di farmi un’idea generale di questo posto mi ritrovo davanti il “capo” o suo figlio. Quest’uomo ha manie di protagonismo, farsi chiamare capo da tutti.
Non che la sua progenie sia meglio. Daniel, non mi fido di lui. Mi tiene d’occhio, mi fissa con certi occhi. Sembra quasi che voglia sfidarmi. Non gli ho fatto sicuramente niente, sono qui da tre giorni e ho praticamente solo dormito. In più ha iniziato a stare dietro a Jess. Se lei si sposta lui la insegue come un cane in calore. È  appena iniziata la fine del mondo ed è già disperato? Fatto sta che di questa gente non mi fido. Sarà sempre meglio dormire con un occhio aperto, a meno che non trovi qualcuno a cui confidare le mie impressioni. Il problema è che qua sembrano tutti tranquilli, non mi va di tirare fuori dilemmi dal cappello, è già abbastanza difficile capire la situazione così com’è.
Le regole del mondo stanno cambiando? O rimangono le stesse ma siamo noi quelli convinti che vadano cambiate?
Quello che so con certezza è che voglio rimanere vivo e per ora lo sono.
Cammino per qualche metro lungo al corridoio per poi ritrovarmi davanti alla porta d’ingresso. Mi piacerebbe davvero tanto uscire ma ci sono i ragazzi della vedetta e non voglio essere costretto a rispondere a domande scomode. Non è detto che vogliano chiedermi qualcosa, ma non conosco ancora bene questa gente e non voglio ritrovarmi in situazioni da cui non riesco a uscire.
Decido di girare e andare in cucina che è anche l’unica stanza con la finestra non rinforzata. Cerco qualcosa da fare, un posto in cui sedermi e pensare.
Alla fine mi siedo per terra e aspetto. Non so cosa.
-Sopravvivenza all’apocalisse: istruzioni per l’uso. Inizio a pensare di essere finita in una gabbia di matti- Jess mi butta un mattone di carta tra le gambe e per cinque secondi buoni mi viene a mancare il fiato.
-Non solo tu!- ridiamo ma nessuno dei due è veramente di buon umore.
-Come mai in piedi a quest’ora?- mi chiede. Sono abituato a questo con lei, nessun giro di parole, nessun giochino psicologico per strapparmi le cose dalla mente. Diretta, sfacciata. Si inginocchia di fianco a me.
E mi guarda, con quegli occhi scuri e sproporzionati.
-Continuano a spaventarmi i tuoi occhi, sono davvero troppo grandi- ridacchio. Sospiro e alla fine, dato che non smette di fissarmi, lascio che il mio flusso di coscienza abbia la meglio.
-La realtà è che non ho avuto tempo per pensare a cosa sta succedendo. Non ho avuto tempo per soffrire la perdita dei miei famigliari e non so nemmeno come dovrei prenderla. È ancora troppo presto, sinceramente non ci credo, non possiamo essere finiti in questa situazione. Potrei aver preso per sbaglio una pasticca di extasy e questo in realtà è solo un lunghissimo viaggio- prendo fiato.
-Malgrado tu sia enormemente rincoglionito non penso tu abbia potuto prendere una pastiglia “per sbaglio”-  sta cercando di scherzarci su ma non c’è nemmeno l’ombra di un sorriso sulle sue labbra.
-Ho solo paura di non essere al sicuro. E non solo sono terrorizzato per la mia vita, ma anche per la… per quella degli altri-  balbetto. Non so come spiegarmi perché nemmeno per me i pensieri sono chiari e concisi.
Stiamo in silenzio e come ai vecchi tempi Jess si appoggia sulla mia spalla. Sono sempre stato la sua roccia nei momenti peggiori, sempre. Non ricordo nemmeno per quale motivo abbiamo smesso di parlare. Quasi mi leggesse nel pensiero ha già la risposta pronta.
-Di punto in bianco non rispondevi più ai messaggi. Non riuscivo a capire perché. Magari avevo detto qualcosa di sbagliato, lo faccio spesso, non so moderare le parole, dargli il giusto peso nelle frasi. Così ho semplicemente dato per scontato che tu non mi volessi più- sta piangendo?
D’istinto la stringo a me.
Lei si alza e va verso la finestra. –Potremmo scappare ora!-
-Si, ma moriremmo subito, sei una frana con le armi- sentenzio io ridendo.
-Allora insegnami e poi potremmo scappare da questa gabbia di matti- porta il dito verso la testa e lo ruota. Si apre in un sorriso da più o meno centocinquanta denti e se ne va dandomi la buonanotte.
 
Riesco a svegliarmi solo perché bussano alla porta.
Non ho idea di che ore siano, dalla finestra non penetra neanche un filo di luce. Cosa darei per essere tirato giù dal letto dalle grida di mia madre.
Senza aspettare un segno da parte mia la porta si spalanca ed entra Daniel che mi lancia riluttante una beretta m92. È abbastanza vecchia ma facile da maneggiare.
Ringrazio mio padre per tutte le volte che mi ha portato a caccia, ora mi sarà decisamente utile.
Mi lavo e indosso i vestiti del giorno precedente. Non credo che i morti là fuori si offenderanno se riutilizzo la stessa maglia per due volte di fila.
Impugno la pistola ed esco dalla casa. Il ritrovo è nel cortile posteriore dove oltretutto c’è anche l’entrata, o uscita, dipende da che prospettiva la guardi.
Siamo in cinque: io, il capo, Daniel, Jack e Jess.
Mi volto sorpreso verso Jack e gli chiedo cosa ci faccia lei qui. Lui mi risponde che il capo ieri l’ha vista sparare e vuole dargli una possibilità.
Qui non si parla di esercitazioni militari, qua si parla della vita di una ragazzina! Senza guardarla né salutarla seguo gli altri fuori dalla recinzione. Poteva parlarmene ieri sera. Mi chiedo perché non l’abbia fatto.
-La situazione sembra tranquilla, ci sono un paio di zombie un po’ più avanti. Evitate di usare le pistole se potete, meno rumore facciamo più siamo al sicuro- dice il capo.
A quel punto ci distribuisce un arnese a testa. A me è toccata la falce, sento Jess che ride con Jack. –Di nuovo le cesoie?- . Non so di cosa stiano parlando e sinceramente non mi interessa.
Iniziamo ad incamminarci verso la parte abitata della campagna.
Il silenzio è quasi inquietante ma sono davvero felice di essere fuori da quella casa. Mi inquieta, e almeno qua mi sento più libero anche solo di pensare.
Cerchiamo di fare meno rumore possibile e almeno per i primi dieci minuti sembra non succedere niente di esaltante. I primi della fila fanno fuori un paio di morti ma l’orizzonte sembra non riservare nulla di nuovo.
Arriviamo finalmente al quartiere che avevamo in programma di setacciare.
Restiamo leggermente al di fuori per organizzarci in due gruppi.
-Con te Jess verranno due ragazzi e con me uno. Hai bisogno di più protezione per ora- il capo ha parlato e senza proteste si prende con lui Jake mentre io sono costretto ad andare con Daniel.
È palese che nessuno dei due sia felice di questa scelta ma ora è importante focalizzarsi sul nemico comune così ci avviamo senza battere ciglio.


Angolo della vergogna: Michael io ti voglio bene ma così mi uccidi. Sto dedicando praticamente tutto il racconto al mio migliore amico, che mi ha anche iniziata all'amore per gli zombie. Enjoy!
  
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