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Autore: lafilledeEris    31/10/2013    2 recensioni
Questa storia partecipa al KURTBASTIAN!HALLOWEENDAY
Felice Halloween a tutti!
Kurt era intento a sistemare una finta ragnatela lungo gli angoli del soffitto, cercando di stare in equilibrio sulla scala.
“Sebastian, vuoi continuare a guardarmi il sedere, oppure ti degni di darmi una mano?” si lamentò Kurt, mentre cercava di distendersi il più impossibile per sistemare gli addobbi.
“Ma io sto bene qui” commentò Sebastian, sogghignando.
“Sebastian” ringhiò Kurt, lanciandogli addosso un ragno di gomma. “Ci sono i bambini nell'altra stanza!”
“Non sto facendo niente di male!”
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo è Halloween!

 

 

 

 

 

 

 

“Kurt, sei sicuro di non avere esagerato?”

Sebastian guardava le grandi tende da campeggio a forma di zucca che occupavano tutto il salotto. Se c'era una cosa che aveva imparato nel corso degli anni, era che suo marito faceva ogni cosa in grande, che fosse per una ricorrenza importante o per una semplice festa, per Kurt ogni occasione era buona per organizzare qualcosa.

Così Sebastian si era ritrovato coinvolto nell'organizzazione del pigiama party di Halloween che Kurt aveva organizzato per Parker e Kim.

Kurt era intento a sistemare una finta ragnatela lungo gli angoli del soffitto, cercando di stare in equilibrio sulla scala.

“Sebastian, vuoi continuare a guardarmi il sedere, oppure ti degni di darmi una mano?” si lamentò Kurt, mentre cercava di distendersi il più impossibile per sistemare gli addobbi.

“Ma io sto bene qui” commentò Sebastian, sogghignando.

“Sebastian” ringhiò Kurt, lanciandogli addosso un ragno di gomma. “Ci sono i bambini nell'altra stanza!”

“Non sto facendo niente di male!”

“Tu non fai mai niente” puntualizzò Kurt “perché sai che che sarò io a cedere”.

Era così che puntualmente accadeva: Sebastian stuzzicava Kurt, che all'inizio faceva il sostenuto, ma bastavano poche moine ed ecco che si lasciava andare. Non che gli dispiacesse cedere alle provocazioni di Sebastian, ma in quel momento proprio non poteva.

Sebastian scrollò le spalle e si concentrò sulle buste di caramelle che dovevano servire sia per fare “dolcetto o scherzetto”, sia per gli amichetti dei loro figli, così iniziò a riversare tutto nei cestini a forma di zucche.

Ad un tratto fece capolino nel grande salotto, una testolina coperta da un cappuccio. Era Parker nel nel suo pigiama all'americana color lavanda e la pancia azzurra, mentre si sistemava il corno sopra il cappuccio.

Sebastian si abbassò sulle ginocchia, allungando le braccia e prendendolo in braccio.

“Ehi, piccolo!” sussurrò, sporgendosi per dargli una bacio sul naso.

“Papa” sussurrò “Posso avere una caramella prima della festa?”

Sebastian non fece nemmeno in tempo a rispondere che venne anticipato.

“No, fra poco arriveranno gli altri. Sii paziente” gli disse Kurt.

“Ha ragione daddy, è maleducazione mangiare prima dell'arrivo degli ospiti”.

Kimberly, si sistemò la camicia da notte color pervinca, e legandosi i lunghi capelli biondi in una coda alta, andò a finire il lavoro iniziato da Sebastian.

“Sei cattiva!” protestò il piccolo Parker, mettendo un piccolo broncio, per poi nascondere il viso fra il collo e la spalla di Bas.

Suonarono alla porta e la bambina, corse ad aprire.

“Zia Rachel!” Si buttò in avanti stringendole la vita.

“Ehi, piccola!” cercò di abbracciarla, mentre faceva scendere la piccola Mai per terra.

Poco dopo, fece capolino insieme a Quinn anche una grande zucca intagliata.

“Aiuto!” si lamentò, la voce attutita di Nate sembrò attirare Sebastian che corse ad aiutarlo.

“Ehi, mica sei un supereroe!” lo prese in giro.

“ Quella zucca è mia, la dovevo portare io”.

Sebastian sorrise a quella risposta, quel bambino era davvero adorabile. Anche se doveva ancora capire se gli piacesse o meno il modo in cui stava vicino a sua figlia.

Nate porse la mano a Kim e una piccola smorfia comparve sulle labbra di Sebastian.

“Smythe, smettila di fare così, Kim è ancora piccola e poi non è precoce come te, ha preso da Kurt. Andrà a rilento su tante cose”.

“Ciao anche a te, Santana” rispose Kurt, dopo essere sceso dalla scala ed essersi avvicinato per salutare gli ospiti.

La Lopez buttò sulle braccia tese di Kurt il suo giubbotto, dopo averlo saluto con due baci sulle guance.

“San, non fare così” la riprese Brittany, andando ad abbracciare Sebastian.

“Zio Kurty!”

Una bambina dai lunghi riccioli neri, richiamò l'attenzione del ragazzo, che dimenticata l'incombenza del cappotto da sistemare ( che tornò alla sua legittima proprietaria, con suo grande disappunto), si preoccupò solo di coccolare quel piccolo tesoro di bambina.

“Sophia!” La bambina diede un bacio sulla guancia a Kurt e si raggomitolò al suo petto.

“Tsk, femmine! Che schifo!”

“Brandon!” lo riprese Blaine, indaffarato a tenere in equilibrio delle teglie, che sembravano piene di cibo.

“Eh bravo, Anderson stai istruendo tuo figlio?” lo prese in giro Sebastian, mentre scompigliava la zazzera bionda del bambino che gli correva affianco.

“Ehi, è anche merito mio!” si lamentò Sam.

“A me le femmine piacciono!” si senti dire ad un tratto, quando Artie entrò in casa, spinto da Kitty. Artie teneva sulle ginocchia i gemelli, Avery e Perry. “Sono belle!” sentenziò il bambino abbarbicato sulla gamba destra.

In quel momento la casa era davvero affollata. Bambini che andavano e venivano, un vociare intenso riempiva l'aria, la casa sembrava essersi ristretta. Kurt si guardò attorno e tiro un lungo sospiro.

“Respira, e non mentire. So quanto ti piacciono queste feste e quanto tieni alla loro riuscita”.

Sebastian aveva stretto un braccio intorno alla vita di Kurt, che subito si era stretto a lui. “Quindi, adesso fai quello che sai fare meglio”.

Kurt si allontanò di poco e guardò suo marito.

“Sii l'anima della festa, per me e per i nostri figli” gli disse, prima di stampargli un bacio leggero sulle labbra.

Kurt incrociò lo sguardo di suo figlio Parker, che gli sorrise arricciando il piccolo naso a patata e facendo scintillare i suoi grandi occhi scuri, mentre si faceva prendere in braccio da Santana.

A Kurt piaceva davvero tutto questo: era una famiglia che si era costruito col tempo. C'erano legami biologici ( Santana era la madre biologica di Parker, Brit quella di Kim, Sebastian era il padre biologico di Sophia) e legami che andavano oltre il DNA ( Brandon, il figlio di Blaine e Sam era stato adottato), ma in tutta quella confusione poco importava. Perché fra le cose belle che quella serata poteva dargli, Kurt trovò tutti i suoi amici sotto lo stesso tetto, come non succedeva da mesi.

Gli piacque sentire il fracasso che i bambini facevano mentre giocavano dentro le tende da campeggio, e i suoi amici che bambini non erano più ma che si divertivano a fingere di esserlo.

“Che dire?Possiamo iniziare!” sentenziò fiero, Kurt.

 

 

 

La casa era in penombra, a far luce solo delle candele al centro del cerchio.

Sebastian stringeva contro il petto Kim, mentre Kurt raccontava la sua storia del terrore.

“Nessuno osava mettere piede in quel lugubre castello. Tutti, nel piccolo paese, sapevano che chiunque si fosse avvicinato non avrebbe più fatto ritorno”.

Kurt teneva la candela sotto il mento, mentre raccontava la storia, cosa che non doveva piacere al piccolo Parker, dato che si era rannicchiato contro il fianco di Brittany e cercava di nascondere il viso col cappuccio del suo pigiama da unicorno. Gli altri bambini sembravano abbastanza presi, ma lui no. C'era qualcosa che non quadrava.

Sebastian si girò a guardare Kurt. In effetti, era abbastanza raccapricciante. Il colore caldo della candela che si infrangeva contro la carnagione diafana dell'uomo gli dava un'aria abbastanza lugubre. Senza contare i gesti con cui enfatizzava il tutto.

Sebastian fece segno a Kim di alzarsi e questa si andò a mettere accanto ad Avery, lui si alzò e andò alle spalle del figlio.

“Ehi”.

Le manine del bimbo erano strette fortissimo attorno al cappuccio e sembrava che non si fosse tranquillizzato neanche sentendo la voce del padre.

“Parker” cercò di attirare ancora l'attenzione, ma con scarsi risultati. Alzò lo sguardo verso Kurt, sperando che intercettasse i suoi occhi, e questi lo guardavano interrogativo, finché Sebastian non indicò Parker rannicchiato e quasi tremante. Fece per bloccarsi, ma Bas gli fece cenno di continuare, prese poi di peso il piccolo e lo portò con sé nella sua cameretta.

“Piccolo, che succede?” domandò, scoprendogli il viso da cappuccio, che venne sostituito dalle mani.

“Non posso dirtelo” si sentì sussurrare, attutito.

Sebastian corrucciò le sopracciglia, non capendo a cosa potesse riferirsi. Iniziò ad accarezzargli i capelli, sperando che questo potesse tranquillizzarlo, almeno in parte.

“Certo che puoi dirmelo, sono qui per ascoltarti” gli disse piano.

“No, non posso”. Dei singhiozzi gli sfuggirono e il bambino si girò, dando le spalle al padre.

Sebastian sospirò profondamente e si distese accanto al figlio sul letto.

“Io aspetterò, quando vorrai dirmelo io sarò qui”. Prese ad massaggiare la piccola schiena. Si sentiva strano, non poteva fare nulla per suo figlio. Si sentiva impotente.

Il piccolo si girò di scatto coprendosi gli occhi con le piccole mani paffute. Quando le spostò i suoi grandi occhi scuri, cercarono quelli di Sebastian, che andò subito ad accarezzargli la guancia rosea e rigata da lacrime.

Tirò su col naso e stette in silenzio.

“Ho paura” confessò dopo un po'.

“Come?” domandò Sebastian.

“La storia che stava raccontando daddy mi ha fatto paura, ma io non posso avere paura” spiegò Parker. “ L'ho promesso a nonno Burt”.

Burt era venuto a mancare un anno prima e il piccolo Parker ne aveva risentito parecchio, nonostante fosse ancora piccolo e poco consapevole del valore di una perdita.

Così era sembrato. Aveva pianto, ma poi sembrava essere finita lì. Così, invece, era venuto a galla tutto: il piccolo Parker aveva sofferto come un bambino della sua età non avrebbe mai dovuto fare, era stato male, davvero male.

Sebastian capì che per il figlio era come avere un gigantesco macigno sulle esili spalle. Era un compito difficile, eppure il piccolo voleva portare a termine quanto promesso al nonno.

“E cosa hai detto di preciso al nonno?” chiese preoccupato Bas.

“Che sarei sempre stato con te e daddy, avrei fatto il bravo e vi avrei sempre aiutati, ma per fare questo devo essere coraggioso perché possono succedere cose brutte e se si piange non si è coraggiosi”.

Sebastian a quelle parole, fece l'unica cosa che si sentiva di fare. Abbracciò suo figlio più forte che poteva, voleva averlo vicino al cuore, lo avrebbe tenuto così per sempre se fosse servito a fargli capire che lui era lì.

“Amore mio, io e daddy lo sappiamo che sei coraggioso, sei il nostro ometto. Lo abbiamo capito dal momento in cui sei nato, più piccolo degli altri bambini. Sembravi così fragile, non avrebbero mai scommesso un penny su di te, eppure hai stupito tutti, combattendo contro ogni dottore che ti diceva che non saresti arrivato al giorno dopo. Lo fai ogni giorno, quando aiuti daddy a scegliere quello che deve mettersi per andare a lavoro anche se non è proprio una cosa che ti fa impazzire, lo fai quando stai attento a chi si avvicina a tua sorella, e non ti piace. Sei il nostro ometto coraggioso e ti vogliamo bene. Ma sei anche il nostro bambino, lo sei adesso a cinque anni, lo sarai a venti come a quarant'anni”.

Parker andò a nascondere il viso sul petto di Sebastian, che prese ad accarezzargli la schiena.

“Papa, ha ragione” si sentì dire, all'improvviso. Kurt era comparso sulla soglia della cameretta. “Mi sono preoccupato, quando ho visto che ci stavate mettendo un po'”. Si avvicinò al letto e andò ad abbracciare Parker. “Il nonno manca a tutti” disse Kurt, con gli occhi che diventavano lucidi “Ma noi siamo ancora qui, capito? Non devi essere coraggioso da solo e soprattutto non devi dire di non aver paura, perché sai chi è coraggioso? Chi ammette di avere paura e chi non ha vergogna di piangere”.

Parker si sollevò, mettendosi a sedere, fra i suoi due papà.

“Vi voglio bene”. Si sporse e diede un bacio sulla guancia a ciascuno.

“Anche noi, piccolo mio. Adesso però, abbiamo una festa da portare avanti” asserì Kurt, porgendo la mano sia a Parker che a Sebastian.

In fondo, era bastato così poco. A Parker serviva solo sentirsi dire che era ancora un bambino e come tale doveva vivere la sua vita.

 

 

 

“E in quella notte di tempesta, un uomo preso da una follia omicida...”

Bussarono alla porta e tutti si strinsero a vicenda. Kurt e Sebastian si guardarono, cercando di capire se l'uno o l'altro, aspettava visite.

“Santana, vai avanti tu!” la esortò, Kurt.

“Cosa? Perché io?”

L'ispanica lanciò uno sguardo torvo in direzione dell'amico.

“Seriamente, Diabla. Chiedi anche il perché? Se “Carrie, lo sguardo di Satana” ti incontrasse, scapperebbe a gambe levate!”.

“Hummel, hai mai sentito la storia di quel tipo che è stato strozzato con una corda di marshmallow?”

Kurt fece per rispondere, ma venne bloccato da Sebastian.

“Vado io, voi due” indicò i due litiganti “ cercate di non strozzarvi con qualsiasi cosa vi capiti a tiro”.

Sebastian si avvicinò lentamente alla porta. Ad essere onesto, aveva un po' di paura anche lui. Erano le dieci di sera, non aspettavano nessuno e avevano appena bussato nel bel mezzo di un racconto dell'orrore. Ed era così che tutti film che Kurt lo aveva costretto a vedere iniziavano. Si ripromise che se fosse stato un bambino che bussava per “dolcetto o scherzetto”, non gli avrebbe dato nemmeno una caramella.

Si maledisse mentalmente per aver dato retta a Kurt e aver spostato la sua mazza da baseball dalla mensola, accanto alla porta.

Era in una casa piena di bambini e donne, e come avrebbe fatto a proteggerli tutti, oltretutto coi denti di Blaine che battevano talmente forte da potersi sentire a chilometri di distanza? Dannazione, se mai fosse sopravvissuto a quell'esperienza avrebbe fatto sparire tutti i film horror dalla collezione di suo marito.

Quando aprì la porta di scatto un'ombra nera e grande si stagliò sull'uscio...

“Carole?” domandarono tutti in coro, mentre Sebastian accendeva le luci.

“Torta di zucca!” esclamò la donna, porgendo il vassoio in alluminio, che venne preso da Kurt, dopo averle dato un bacio su entrambe le guance.

“Nonna!” Parker e Kim corsero incontro alla donna, per abbracciarla.

Carole era sempre stata una figura importante nelle vita dei due bambini. Passavano pomeriggi interi a casa dei nonni, Kim era persino arrivata a guardare la partite di football con nonno Burt, mentre Parker si divertiva ad aiutare la nonna coi cupcakes.

Sebastian si fece avanti e sovrastando i bambini, andò ad abbracciare la donna.

“Ci fai piacere che tu sia qui”.

“Lo dici solo per la torta di zucca!” lo prese in giro, Carole.

“Lo sai che sono serio” sussurrò al suo orecchio.

“Papa”. Una vocina ricordò loro che fra di loro, due piccole pesti cercavano di farsi spazio.

Kim guardò la nonna coi suoi grandi azzurri.

“Ci sei mancata,nonna”.

Da quando Burt non c'era più, Carole passava le sue giornate a dare una mano a Kurt e Sebastian. Sapeva che doveva distrarsi, in ogni modo. I suoi nipoti erano un buon modo per non pensare a ciò che ogni notte le si presentava , passata da sola nella grande casa, che un tempo era stata sua e di Burt. Erano bei ricordi, ma erano appunto solo questo, qualcosa che non poteva più avere, ma a cui doveva aggrapparsi. Con tutte le sue forze.

“Bambini, sono rimaste delle caramelle per me?” domandò sorridendo.

Parker prese la mano della nonna, intrecciando le piccole dita paffute con quelle un po' grinzite.

“Tutte quelle che vuoi” le disse.

La donna si abbassò per guardare il bimbo negli occhi.

“Hai anche le caramelle gommose a forma di verme?”

Parker arricciò il naso, mettendo un piccolo broncio.

“Daddy non le ha trovate, scusa”.

Carole gli scompigliò i capelli scuri, per poi sistemare le ciocche ribelli dietro le orecchie.

“Non fa nulla, troveremo altro”. Si voltò verso Kurt e lo rimproverò scherzosamente. “Kurt, da quando mandi tuo figlio a dire che non hai comprato le mie caramelle preferite nemmeno per Halloween ?”

Il ragazzo chiamato in causa si tappò la bocca, fingendosi scandalizzato.

“Scusa Carole, sono una persona orribile”. Si sistemò una caramella gommosa a forma di dentiera, per poi avvicinarsi a Parker “So che hai fatto la spia, ora posso morderti? Sono un vampiro dolcissimo”.

Parker guardò Kurt in modo strano.

“Mi ritroverò uno di quei segni che ogni tanto vedo sul collo di papa?”

Sebastian, che in quel momento stava bevendo, iniziò a tossire, cambiando colore del viso da un rosso acceso ad un bluastro preoccupante. Sam, che per fortuna era accanto a lui, iniziò a dargli dei colpi sulla schiena.

“E io inizierei a preoccuparmi” disse Rachel “ Sento che il momento in cui vi chiederà come nascono i bambini si avvicina”.

“ A me mi hanno trovata alla fine di un arcobaleno!” esclamò felice Sophia, mentre Santana cercava di allontanare lei e Brandon.

“Non guardatemi così, è toccato a Brittany farle il discorso”.

Quinn corrucciò le sopracciglia.

“Ora si spiegano tante cose”.

“Avremo anche potuto trovarla sotto un cavolo, quello sarebbe stato decisamente peggio” spiegò Brit.

“Scusate, ma dire loro la verità?” Artie giocava con Avery, che cercava di acchiappare un piccolo ragno di gomma.

“Sono piccoli!” Blaine strabuzzò gli occhi a sentire quella domanda.

“Brandon ha nove anni, Blaine. Inizia a conoscere il suo corpo e...”

“Cosa?” il piccolo chiamato in causa, andò a sedersi sulle gambe di Kitty, seduta accanto al marito. Fortuna volle che riuscì a distrarlo.

“Lo zio Artie voleva sapere dove hai preso questo bellissimo pigiama di Flash” tentò lei.

“Glielo dico solo se dice a papà do farmi mangiare altri due pipistrelli di liquirizia!”

Incrociò le braccia al petto, serio.

“No, signorino” intervenne Sam “Sai che se esageri poi stai male”. Blaine, che stava per addentare il suo terzo pipistrello, venne bloccato da Evans che gli prese dalle mani il dolciume, per passarlo a Sebastian.
“Ora so chi sta sopra”lo schernì Smythe.

“Sopra dove?” domandò Kim, storcendo le piccole labbra carnose.

“Sopra la mensola”. Kurt spinse piano la figlia, mentre passava dietro al marito ne approfittò e gli diede uno schiaffetto sul collo “Tesoro, vieni a darmi una mano e vediamo cosa manca in tavola”.

 

 

 

 

 

 

“Ma secondo te, stanotte possiamo dormire tranquilli?”

Questo dubbio tartassava la piccola Kim, più di ogni altra cosa al mondo, in quella notte.

Aveva esagerato con gli zuccheri e questo la rendeva iperattiva e aveva difficoltà a prendere sonno, oltretutto aveva iniziato a piovere e il vento fischiava forte. E lei odiava quel tempo da lupi. Tutti gli altri bambini erano già addormentati nei loro sacchi a pelo. Tutti tranne Nate che le teneva la mano, mentre zio Artie gli russava a fianco e zio Blaine, dall'altra parte scalciava e si levava di dosso il sacco a pelo.

Artie, Blaine e Sam avevano deciso di dormire con i bambini nelle tende, mentre tutti gli altri adulti si erano divisi fra divani e brandine da campeggio.

Brandon cercò di rassicurare l'amica.

“Non ci succederà nulla, lo sai. Ci sono i nostri papà e poi hai sentito tuo padre? Con noi c'è la zia San, siamo al sicuro”.

“Non ho paura” brontolò Kim, guardando torva Nate, che le stava lasciando la mano, al che lei rafforzò la presa. “Però non lasciarmi andare la mano”. Abbassò lo sguardo mentre faceva quella piccola rivelazione.

Da qualche minuto a quella parte, qualcosa di imprecisato aveva attirato la sua attenzione. Un luccichio rosso in fondo al corridoio, sembra che fosse simile ad un paio d'occhi. Uno scalpiccio leggero, proveniva dal fondo dello stesso.

“Nate, voglio andare a vedere cos'è!”

“Vai” Fece spallucce il bambino, a quelle parole Kim strabuzzò gli occhi.

“Cosa? No, da sola non ci vado, tu vieni con me”.

Il bambino sbuffò.

“No”.

“Sì”.

“No.”

“Ci vieni, altrimenti dirò a Margaret che sino all'anno scorso bagnavi il letto”.

Quella bambina era la degna figlia di Sebastian. Arguta e osservatrice, aveva sentito i loro genitori in uno di quei momenti in cui fanno, beh sì, “ cose da genitori”. No, non si era appostata dietro la porta dopo che aveva sentito il nome di Nate, mentre Rachel parlava con daddy. Lei aveva sentito casualmente il discorso.

“Non oseresti” ringhiò il bambino.

Fu forse il sorriso tirato e finto che Kim fece a dare la certezza che invece lo avrebbe fatto. Eccome, se lo avrebbe fatto. Fu questo a convincerlo ad alzarsi portando con sé la bambina.

Il vento fuori soffiava sempre più forte, smuovendo le folte chiome degli alberi che delimitavano il vialetto, l'ombra di queste si espandeva sul muro come una macchia di inchiostro scuro. Il vento sembrava ululasse.

Kim degluttì a vuoto, mentre stritolava la mano di Nate e quei lugubri occhi rossi si avvicinavano sempre di più...

“Kimberly!”

L'urlo della bambina squarciò il silenzio della casa. Kurt accese la luce e questo fece svegliare tutti.

“Non volevamo svegliare nessuno” si scusò la bambina, abbassando lo sguardo, cercando di nascondersi dagli occhi indagatori del padre.

Poco dopo arrivò Sebastian, si stropicciava gli occhi e sbadigliava sonoramente.

Quando Nate si accorse che l'uomo indossava solo un paio di boxer si coprì gli occhi.

“Giuro che non lo faremo mai più, è stata un'idea di Kim”. Questo gli fece guadagnare un pestone dritto sul piede.

“Grazie tante, Nathaniel”.

Kurt alzò gli occhi cielo.

“Sebastian, vai a vestirti” si guadagnò una linguaccia da parte di Sebastian e una scrollata di spalle. Voi due, avete qualcosa da dirmi?”

Kim stette un po' in silenzio, per cercare le parole giuste.

“Avevo sentito dei rumori strani, volevo controllare”.

Kurt si avvicinò a Kim e le accarezzò una guancia.

“Perché non hai chiamato me o papa?”

La bambina fece spallucce.

“Non volevo disturbarvi”.

“Senti” si abbassò per guardare la figlia negli occhi. “ Non devi assolutamente avere vergogna di chiedere il mio aiuto, o quello di papa” Le sistemò dietro l'orecchio una ciocca che era sfuggita alla coda. “E sai che in noi due potrai sempre trovare chi veglierà su di te”.

“Come i supereroi che legge papa?”

“Come loro” sentenzio Kurt.

“Ehi, io sono più figo di Flash!” Sebastian in quel momento era ricomparso, mentre teneva in braccio Parker, poggiato al suo petto, un po' assonnato che si succhiava il pollice.

“Io voglio essere Catwoman, mi piacciono i gatti” disse in dormiveglia.

“Di questo ne parliamo in un altro momento” disse Sebastian.

Kurt si voltò verso la sveglia posata sul camino.

“Io direi che possiamo tornare a letto, sono solo le quattro”. Si stiracchiò, mentre si faceva abbracciare da Sebastian.

Nessuno fece altre domande e tutti tornarono a dormire.

Ma avevano dimenticato un piccolo particolare. Quella era la notte in cui tutti gli spiriti tornavano dall'oltretomba. C'erano spiriti cattivi e vendicativi che si divertivano a fare scherzi ai vivi, ma vi era anche chi ne approfittava per prendersi cura dei propri cari.

Se avessero alzato gli occhi al cielo, avrebbero visto chi vegliava su di loro.

Burt, seduto sul comignolo della canna fumaria, scrutava ogni scena con grande curiosità.

Avrebbe voluto vedere la partita in tv con Sebastian, aiutare Parker a fare i cupcakes insieme a Carole, avrebbe insistito perché Kurt gli lasciasse mangiare ciò che voleva, senza preoccuparsi della dieta.

Dio, quanto gli mancavano tutte quelle piccole cose. Ora poteva solo aspettare il prossimo Halloween – e tutti quelli a venire, era il bello dell'eternità – per vegliare sulla sua famiglia.

Era difficile, a volte era dura non poter fare nulla quando i suoi nipoti o suo figlio erano in difficoltà. Avrebbe voluto fargli sapere che lui era fiero di tutti loro. Ma forse loro lo sapevano.

Ora doveva solo aspettare il prossimo Halloween, si dissolse mentre sorrideva felice e tranquillo.

 

 

 

N.d.a

Buon Halloween a tutti! Allora, facciamo un po' d'ordine, stavolta ho esagerato coi personaggi ( la prossima volt ami pesto le mani, LOL).

Avete notato che ho cercato di contenere i danni, ma ormai era troppo tardi, mi sono fatta prendere la mano, così mi sono ritrovata con qualcosa come quindici personaggi da gestire. Spero che questo non vi abbia fatto perdere il senso della storia. Il fatto è che io una festa organizzata da Kurt per i suoi figli la immagino proprio così, naturalmente con Sebastian che lo asseconda in tutto e per tutto.

Mi piaceva l'idea di scrivere una situazione che si dislocasse in vari momenti, dal fluff all'angst. E dovevo inserire l'elemento fantasma (?), altrimenti che OS di Halloween sarebbe stata?

L'idea di Burt mi è venuta in mente perché ho evitato apposta di scrivere di qualcuno in particolare, perché fa ancora male, onestamente.

In tutta questa bolgia di personaggi e paura da bambini ( poveri Kim e Parker ç_ç), spero di essere riuscita a rendere l'idea della festività.

Il titolo è ispirato alla canzone di apertura di “The nightmare before Christmas”, il film perfetto per questa giornata.

Ho detto tutto, mi sa. Sì. Quuuindi, se volete ditemi la vostra.

Ancora buon Halloween.

Nico.

   
 
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