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Autore: DevilinHell    31/10/2013    1 recensioni
3° CLASSIFICATA - CONTEST HUMAN FORUM EFP - KLAROLINE/AMORE
- Oh love, la tua ingenuità mi fa quasi ridere – si alzò avvicinandosi a lei, fino a che i loro visi non furono l’uno davanti all’altro, a pochi centimetri di distanza. – direi che è meglio che tu te ne vada e che questa conversazione venga completamente dimenticata da entrambi.
Le ultime parole attraversarono il cuore della ragazza come tante piccole schegge di legno che le fecero inumidire gli occhi.
- Dici tanto di voler la mia felicità e vi volermi vedere contenta ma l’unica cosa che per te conta è il tuo orgoglio – sputò quelle parole con accidia, odio e tristezza, per poi voltarsi verso la porta in tutta rapidità.
- Ci vediamo alla tua festa, love – la guardò che gli dava le spalle e nel suo tono c’era un pizzico di malizia, felicità e senso di vittoria.
- Se non l’avessi capito l’invito è revocato – sparì da dove era arrivata mentre l’ibrido sorrideva di gusto; non si sarebbe mai perso il suo compleanno.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline, Forbes, Elijah, Klaus, Mikael, Rebekah, Mikaelson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: The Vampire Diaries
Coppia scelta: Caroline/Klaus
Sentimento scelto: Amore
Genere/i : Sentimentale, romantico
Rating : Verde
Avvertimenti: One Shot
Note: La prima parte della storia riprende molto ciò che succede durante il corso del telefilm con alcuni adattamenti adeguati alla storia scritta. La seconda parte è uno specchio sul futuro su cosa potrebbe succedere tra i due.
Riprendo molto la scena della 4x23 dove Klaus promette a Caroline di aspettarla e di voler essere il suo ultimo amore non importandogli quanto tempo servirà.
Quindi la seconda parte non svela nè la quinta stagione nè The Originals ma sono solamente supposizioni su come potrebbe andar a finire secondo i miei gusti.



Caroline si stava guardando nello specchio da diverso tempo, sistemandosi più e più volte le pieghe del vestito decorato da una fantasia floreale. Sbuffò nervosa volgendo lo sguardo al cielo, quella a cui andava incontro era una missione suicida ma se sarebbe morta, almeno, avrebbe indossato il suo vestito preferito. Posò lo sguardo sul telefono per guardare l’orario e si convinse ad andare, calzò ai piedi le ballerine fucsia e prese la borsa abbinata al tutto.
Sua madre, lo sceriffo, le aveva lasciato il secondo paio di chiavi nello svuota tasche vicino alla porta d’ingresso insieme a quelle della macchina che la ragazza aveva dimenticato la sera prima sul tavolo della cucina.
Si chiuse la porta di casa alle spalle per poi guardare la macchina e optare per una passeggiata che le avrebbe permesso di rilassarsi almeno un po’ e di ripensare alle parole più corrette che avrebbe dovuto usare con lui.
Cacciò il telefono e i due mazzi di chiavi nella borsa e si incamminò curandosi di tenere una velocità umana e non vampiresca, giusto per non attirare troppi sguardi indiscreti già numerosi a Mystic Falls.
Una brezza lieve le accarezzò i capelli, ormai era primavera e anche i primi fiori stavano sbocciando, i più belli erano già nati sull’albero più grande del giardino che circondava quella casa.
Percorse il vialetto che conduceva all’entrata e aprì leggermente il portone creandosi lo spazio necessario per passare; la villa aveva vincoli solo per i vampiri estranei e la bionda non era uno di quelli, forse era tra quelle più gradite ad uno dei ‘padroni’ di casa.
In quell’enorme abitazione regnava il silenzio, la calma e l’armonia dei colori delle pareti e del mobilio, nulla poteva ricondurre alla natura di chi viveva all’interno.
A suo malgrado, come in altre occasioni, Caroline continuava ad ammettere ed apprezzare il suo buongusto; non c’era nulla di imperfetto.
Mentre riguardava il lampadario ottocentesco in cristalli che sovrastava il soffitto dell’ingresso si avviò verso le scale, salendo gradino per gradino fino allo studio in cui aveva messo piede più volte.
Stranamente la porta era aperta, forse perché né Elijah né Rebekah erano in casa, così la ragazza si infilò fugacemente nella stanza.
- Cosa ti porta qui, love? – la voce di Klaus si fece subito strada nelle orecchie della vampira tanto da farla sobbalzare.
Lui era di spalle, concentrato a stendere il colore su una tela, un rosso sangue per esattezza, per quanto il suo istinto fosse raffinato non poteva averla seriamente sentita arrivare.
- Come hai fatto a riconoscermi? – bisbigliò preoccupata per poi vederlo girarsi mentre teneva tra le dita il pennello.
- Semplice, il tuo profumo – sorrise per poi appoggiare l’oggetto in un barattolo di vetro pieno d’acqua dove il colore si scioglieva poco a poco. – vaniglia giusto?
- S-sì – per quanto sapesse tenergli testa riusciva a metterla in soggezione.
- Dunque suppongo che tu non sia venuta qui in cerca della mia compagnia indi per cui vorrei sapere la ragione che ti ha spinta a cercarmi – l’ibrido si pulì le mani con uno strofinaccio per poi far incontrare i loro occhi, entrambi azzurri e profondi. – centra il tuo compleanno?
- Mi stai spaventando – bofonchiò. – come fai a sapere tutte queste cose?
Lo vide alzare un biglietto con due dita che le fece capire essere l’invito alla sua festa che si sarebbe tenuta a breve.
- Sono stati recapitati a me, Rebekah e Elijah, secondo te me ne sarei dimenticato? – iniziò a ripulire alcuni strumenti che aveva utilizzato per dipingere la tela.
- Oh, giusto.. – da quando era così taciturna e indecisa?
- E oltretutto, love, tu sei l’organizzatrice delle feste migliori mai avvenute qui a Mystic Falls, come potrebbe non esserci la voce in giro? – posò un telo sopra al dipinto in modo che non si rovinasse.
- Sarebbe alquanto improbabile, curo molto i dettagli – sorrise.
- Avanti, non giriamoci intorno, cosa mi vuoi chiedere? – serrò le braccia al petto scrutandola da capo a piedi.
- I tuoi sbalzi d’umore sono davvero fastidiosi Klaus – sbuffò spostandosi dei capelli dalla spalla.
- Caroline.. – la ammonì sia con lo sguardo che con la voce.
- Va bene va bene – chiuse gli occhi e prese un’enorme quantità d’aria tale da riempire i polmoni. – Klaus non voglio regali né altro da te, voglio solo che tu faccia tornare Tyler per quella sera, anche solo per un’ora – lo guardò in cagnesco e lo vide irrigidirsi notevolmente.
- Oh love, la tua ingenuità mi fa quasi ridere – si alzò avvicinandosi a lei, fino a che i loro visi non furono l’uno davanti all’altro, a pochi centimetri di distanza. – direi che è meglio che tu te ne vada e che questa conversazione venga completamente dimenticata da entrambi.
Le ultime parole attraversarono il cuore della ragazza come tante piccole schegge di legno che le fecero inumidire gli occhi.
- Dici tanto di voler la mia felicità e vi volermi vedere contenta ma l’unica cosa che per te conta è il tuo orgoglio – sputò quelle parole con accidia, odio e tristezza, per poi voltarsi verso la porta in tutta rapidità.
- Ci vediamo alla tua festa, love – la guardò che gli dava le spalle e nel suo tono c’era un pizzico di malizia, felicità e senso di vittoria.
- Se non l’avessi capito l’invito è revocato – sparì da dove era arrivata mentre l’ibrido sorrideva di gusto; non si sarebbe mai perso il suo compleanno.
Riprese tra le mani il pennello cercando di riprendere dal punto in cui si era fermato prima dell’arrivo della bionda, riguardò i lineamenti che aveva già dipinto in precedenza e ne riprese il tratto con il colore nero.
- Nik non credi che questo non sia il miglior modo per conquistare la piccola vampira? – una voce femminile, diversa dalla precedente, si fece eco nelle sue orecchie.
- Ho già incontrato una bionda per oggi, penso mi possa bastare – si interruppe nuovamente poggiando l’arnese sul tavolo dietro di lui. – che ti serve Rebekah?
- Nulla, non avevo nulla da fare e ho origliato la conversazione – sollevò una sfera di vetro e la osservò con noncuranza. – perché non la fai felice?
- Il mio onore è molto più importante di lei, come posso far tornare un traditore per una ragazza qualsiasi? – cercò di controllare la rabbia serrando la mascella.
- Crediamoci – le spuntò un piccolo sorriso sulle labbra che cercò di non lasciar trasparire per evitare una lite con il fratello. – in ogni caso ho bisogno di un vestito.
- E scommetto che il sottoscritto dovrebbe pagartelo? – lasciò andare il nervosismo quasi divertito dal comportamento della sorella.
- Non esattamente, il sottoscritto mi dovrebbe accompagnare a comprarlo – l’affermazione scaturì le risa rumorose del vampiro.
- Oh, sis, l’ingenuità deve essere tipica di voi bionde – la guardò negli occhi. – non ti può accompagnare il nostro caro fratellino Elijah? O se sei così disperata potresti guardare nel tuo baule, alcuni vestiti degli anni ’20 ti starebbero piuttosto bene e saresti tra le più belle e ammirate della festa, sempre che tu voglia attirare l’attenzione – l’ironia era il forte di Niklaus.
- Tra!? Nik! Io sarò la più bella e ammirata! – lo fulminò con lo sguardo. – hai venti minuti per essere pronto, verrete sia tu che Elijah. Non provare a sparire o farò tornare io di persona Tyler e non avrai modo per ucciderlo – lo guardò con aria di sfida.
- Mi dispiace ma Caroline sarà una degna avversaria – le sorrise per poi sorpassarla in pochi secondi. – quella che deve essere pronta sei tu, muoviti sis! E l’idea di Tyler non ti conviene se non vuoi giacere per altri decenni in una bara con un pugnale conficcato nel petto – glielo sussurrò all’orecchio facendola arrabbiare, lo percepiva.
- Niklaus! Rebekah! Sembrate ancora due giovani immaturi come secoli fa – li ammonì Elijah mentre passava davanti alla stanza.
- E’ per caso una riunione di famiglia? – sbraitò il biondo.
- Non ti può far che bene Niklaus – disse severo il più piccolo.
- Certo Elijah, come dici tu – alzò le mani e sparì dalla stanza.
- Venti minuti Nik! Venti minuti – urlò la bionda mentre si dileguava per prepararsi e il moro si fermò nella stanza ad osservare l’opera del fratello.
Quei lineamenti gli erano molto famigliari, li avrebbe riconosciuti ovunque e suo fratello li ritraeva spesso ultimamente. Questo lo rendeva sicuro sul fatto che qualcosa in Niklaus sarebbe potuto cambiare, la dimostrazione era la maggior pazienza che dimostrava nei confronti dei capricci di Rebekah, Ma forse si stava illudendo come suo solito, come negli ultimi secoli aveva sempre fatto; d’altronde Elijah era così, per lui la speranza era l’ultima a morire soprattutto se si trattava del fratello.


***


I giorni che mancavano al suo compleanno, che avrebbe preceduto il diploma di poco tempo, erano volati e la vampira era nervosa e timorosa anche solo del minimo difetto che avrebbe potuto esserci; quello che però la preoccupava di più era il suo vestito.
Aveva esplicitamente richiesto un abbigliamento elegante, come quello che era stato indossato alla festa trabocchetto a casa Mickaelson tempo addietro.
Il suo vestito era bordeaux, le lasciava le spalle scoperte, era lungo fino ai piedi pur indossando dei tacchi da dieci centimetri e aveva una scollatura a cuore; aveva legato i capelli in modo morbido con alcuni ricci ribelli che cadevano ai lati del viso e non aveva esagerato con il trucco.
Erano da poco passate le nove e già molti degli invitati, se non tutti, erano giù giunti nella grande villa che aveva affittato per la serata.
Aveva notato Elijah tra gli ospiti vestito impeccabilmente con uno dei suo raffinati completi, Stefan e Damon affiancavano Elena e si contendevano la sua compagnia, Matt chiacchierava in scioltezza con alcune cheerleader compagne di squadra della festeggiate e Bonnie era persa nei suoi pensieri e non accennava ad uscirne ma non appena incontrò lo sguardo di Caroline le rivolse un dolce sorriso.
La vampira teneva in mano un bicchiere di champagne e salutava amabilmente tutti gli invitati ma la testa era altrove, voleva ballare con Tyler e festeggiare il suo compleanno con il ragazzo di cui era innamorata.
- Stavolta Nik non ha interferito con il tuo abito – una voce che la irritava alquanto la fece voltare. – e si nota! Sicuramente hai molto meno buongusto di lui ma anche il suo ultimamente scarseggia da quando perde tempo con te!
- Rebekah, che piacere averti qui – sibilò tra i denti mascherando il fastidio che le procurava l’immortale.
- Il piacere è tutto mio – sorseggiò dello champagne. – tu non mi piaci e dovresti saperlo ma l’educazione prevale su tutto, quindi ecco il mio regalo – allungò una piccola scatoletta alle mani di Caroline e la incitò ad aprirla.
- Non era d’obbligo – seppur il gesto fosse inusuale le aveva stranamente fatto piacere tanto da aprire la confezione; conteneva due orecchini formati da piccole perle affiancate da due minuscoli diamanti.
- Nik non me l’avrebbe mai perdonato. Sono antichi, del 1750, fanne buon uso e curatene – si sforzarono di sorridere entrambe. – non è che tu mi sia diventata improvvisamente simpatica ma piaci a mio fratello e non ho assolutamente intenzione di perderlo come è successo altre volte, quindi propongo un atto di pace solo per lui.
- Rebekah non so quanto non possa essere chiaro, ma io odio Klaus – incrociò le braccia al petto.
- Se lo odi così tanto non lo avresti invitato alla tua festa, non avresti accettato le sue cure, le sue attenzioni, i suoi regali persino. Non ci avresti neppure ballato alla festa organizzata da nostra madre e non gli avresti parlato di te – spostò dalle spalle delle ciocche di capelli. – Nik sa essere alquanto insopportabile, meschino, arrogante, presuntuoso e quant’altro ma non gli capitava da molto di stringere un simile rapporto con una persona estranea alla sua famiglia – le tese la mano. – per favore, non voglio perdere di nuovo mio fratello.
La festeggiata rimase perplessa a fissare la mano che le era stata offerta come segno di pace ed esitò qualche secondo prima di stringerla.
- Grazie – stavolta Rebekah le sorrise sinceramente e fu improvvisamente affiancata da Elijah.
- Sorella penso che tu abbia già stancato abbastanza Caroline per questa sera. Che ne dici di venire con me ad ammirare il giardino? La qui presente non ha tralasciato alcun particolare nell’organizzazione – le prese la mano per poi baciarla. – auguri madmoiselle Forbes – le rivolse un sorriso.
- Grazie mille Elijah, fai come se fossi a casa tua – con un cenno di testa i due originali si allontanarono lasciandola con solo la coppa di champagne tra le dita.
Era rimasta piuttosto colpita dall’atteggiamento e dalle parole di Rebekah tanto arrivare ad avere lo sguardo perso tra la folla incurante di ciò che le accadeva intorno.
In cuor suo sapeva che l’odio per Klaus fosse legato solamente a ciò che aveva fatto nei confronti dei suoi amici e cari, personalmente non le aveva fatto assolutamente niente, anzi si era dimostrato disponibile e ragguardevole con lei; le aveva persino salvato la vita ma era stato un effetto collaterale di un suo piano riuscito male.
Si sentì sfiorare il fianco da una mano e si voltò subito sbegliata dal suo stato di trance.
- Auguri, love – un sorriso sghembo di dipinse sulla faccia dell’ibrido.
- Klaus – si imbronciò. – quale parte del “non sei più invitato alla mia festa” non ti è stata chiara? Volevi un disegno? – incrociò le braccia al petto scrutandolo da capo a piedi.
Indossava un semplice smoking e un papillon al collo per conferirgli quel tono anni ’20 che lo caratterizzava, era semplicemente impeccabile.
- Oh love, non sai che è maleducazione rimangiarsi un invito? – le fece cenno con la testa di incamminarsi verso il giardino.
- E tu sai che è maleducazione far sempre l’opposto di ciò che ti viene chiesto? – lo sorpassò andando in direzione dell’esterno della casa e lo sentì seguirla.
Non pronunciò parola mentre tutte le persone si fermavano a far gli auguri a Caroline, si limitava ad osservarla sorridere e ringraziare; raramente avrebbe avuto tutta questa pazienza e se ne stava rendendo conto molto spesso.
La guardò avvolta nel suo vestito e notò con piacere che il bordeaux le donasse in particolare, la valorizzava tremendamente ma il blu lo trovava ancora più adatto alla sua figura.
- Permetti anche a me di farti gli auguri o no? – le sorrise offrendole una rosa bianca che teneva con due dita. – voglio che tu accetti almeno questa.
- Si tratta comunque di un regalo Klaus – lo guardò seria facendo calare il silenzio tra loro.
Il giardino era tutto agghindato fiori che variavano di tonalità dal bianco, al rosa e persino al bordeaux, luci bianche correvano ovunque una fontana occupava il centro. L’ibrido la invitò ad andare a sedersi sul bordo di essa.
- Non vorrei mai e poi mai ferire i tuoi sentimenti, love – tennero entrambi le dovute distanze, lui per onore, lei per rabbia e forse anche paura.
- Allora perché non hai fatto tornare Tyler solo per il mio compleanno? – sospirò per poi incontrare i suoi occhi, talmente profondi che temeva ci si sarebbe potuta perdere all’interno.
- Perché non è lui con cui dovresti passare il tuo tempo – rise appena.
- Penso di essere abbastanza grande per poter scegliere con chi passare il mio tempo – ridusse gli occhi a due fessure.
- Sfortunatamente qualcuno qui ha qualche secolo in più di te e sa cos’è giusto – sorrise sornione alla ragazza.
- Non hai alcun diritto di scegliere per me! – si stava alterando ma l’originale era piuttosto calmo e tranquillo, quasi divertito.
- Mi sembra di averti gia detto che mi piaci, Caroline. Credi davvero che sarei disposto a vederti tra le braccia di qualcun altro? – le afferrò la mano che lei non ritrasse.
- Se ti piacessi sul serio mi lasceresti essere felice – sussurrò mentre lui le accarezzava il dorso della mano.
- Pensi davvero che Mystic Falls ti renderà felice? Pensi davvero che la vita in una piccola cittadina di provincia non ti diventerà stretta? Pensi davvero di voler vivere per l’eternità con un ragazzo che non si fa neanche più sentire? Sei esattamente come me, love. Vuoi girare il mondo, hai grande aspettative dalla tua vita, perché sprecarle? – puntò gli occhi nei suoi senza lasciarle scappatoia.
- Ma io lo.. – deglutì.
- Tu lo ami, non è vero? – le spostò una ciocca di capelli dietro all’orecchio. – perché allora sei con me?
- Lui è il mio ragazzo.. – la sentiva tesa ma allo stesso tempo poteva capire ogni singola cosa provasse.
- Lo è ora. Abbiamo un’eternità, ti aspetterò, non mi importa quanto tempo dovrò aspettare – si alzò invitandola a ballare. – almeno un ballo me lo concedi? – la vampira si limitò ad annuire e avvicinarsi a lui.
- Stavolta tocca a me ringraziarti per la sincerità – si appoggiò al suo petto ed entrambi iniziarono a muoversi lentamente, al ritmo della canzone che proveniva da dentro.
- Ti hanno già detto che stasera sei bellissima? – la strinse a sé.
- Grazie – rimasero in silenzio, ad ascoltare i respiri l’uno dell’altra e i loro cuori; era tutto dannatamente sbagliato per Caroline ma allo stesso tempo maledettamente giusto.
Le posò un bacio sulla testa per poi staccarsi lentamente da lei e guardarla.
- Devo darti una cosa – si portò la mano all’altezza del petto scostando la giacca e estraendone una busta.
- Avevo detto niente regali, Klaus – la vide sorridere leggermente.
- Come se non ti piacessero – lo spinse ridendo.
- Non penserai di farmi male vero? – rise anche lui trasportato dalla ragazza.
- Dai! Fammi vedere cosa c’è in quella busta – lo guardò mordendosi un labbro.
- Promettimi che l’aprirai a fine della festa, quando io e tutti gli altri invitati ce ne saremo andati – si ricompose diventando serio.
- Prometto – gliela posò tra le mani e poi le diede delicatamente un bacio sulla guancia.
- Tanti auguri Caroline – le sorrise e poi sparì nel buio della notte lasciando la bionda con mille domande e una sola busta tra le dita.

Aveva riposto il regalo, se così si poteva definire, di Klaus in camera sua, nel cassetto del suo comodino. Aveva fatto una piccola corsa non appena lui se ne era andato, per paura di poterla perdere in mezzo alla confusione della festa.
Si era appena sfilata il vestito e aveva indossato il pigiama per rimanere più comoda mentre i capelli le scendevano morbidi sulle spalle.
Nessuno le aveva chiesto cosa l’originale avesse voluto da lei, probabilmente Damon e Stefan erano troppo preoccupati a far ritornare l’umanità ad Elena, mentre Bonnie era sicuramente assorta nei suoi pensieri che riguardavano Jeremy.
Aveva ringraziato il cielo per non aver dovuto subire un interrogatorio e finalmente si sarebbe potuta dedicare a scoprire cosa fosse quel re galo.
Aprì delicatamente la busta, senza rovinarla e ne estrasse il contenuto.
Il primo era un biglietto di sola andata per Parigi, non riportava né una data né un orario; era uno di quei biglietti validi ad oltranza, sempre, in ogni momento.
L’ibrido sapeva bene l’amore di Caroline per quella città e quindi la ragazza pensò subito che fosse quella la ragione del regalo ma poi aprì un foglio piegato in quattro parti.
Ritraeva la Tour Eiffel e lei sotto di essa, sotto c’era una piccola frase scritta proprio da lui.
“Ti aspetterò sempre sotto la Tour Eiffel. Klaus”
Sorrise inconsciamente per poi rimettere il contenuto della busta al suo interno e spegnere la luce sul comodino. Non sapeva cosa sarebbe successo nel futuro, non sapeva se avrebbe mai rivisto Tyler, non sapeva se la sua eternità sarebbe durata ancora due, cinque, dieci o mille anni ma ciò che non sapeva era se avesse mai giustamente espresso un parere su ciò che Klaus fosse veramente o avesse semplicemente conosciuto la macchina assassina che utilizzava per essere rispettato e per aver il potere.
Era un piccola grande incognita e non sapeva se avrebbe mai trovato una soluzione ad essa.
Riguardò il telefono sperando in un messaggio o di testo o in segreteria di Tyler ma non vide nulla, sospirò e chiuse gli occhi per poi addormentarsi in un sonno profondo.


***


Sapeva che non se ne sarebbe dovuto andare da New Orleans per neanche solo un secondo, doveva monitorare la situazione di Marcel, ma non avrebbe mai potuto lasciare Mystic Falls senza salutarla.
Stava guidando dall’aeroporto premendo nervosamente il piede sull’acceleratore, doveva far tutto in velocità più che vampiresca e sarebbe dovuto subito ripartire per la sua città.
Aveva appena sorpassato il ponte e si stava dirigendo verso casa Forbes; parcheggiò alla meno peggio davanti alla villetta e si precipitò alla porta tenendo premuto il campanello.
- Arrivo! Arrivo! Ma chi è!? – sentire la sua voce era un sollievo e non appena aprì la porta si perse a guardarla. – Klaus? Che ci fai qui?
- Vieni con me e ti spiegherò tutto – la prese di peso mettendosela su una spalla e si diresse nuovamente verso il veicolo.
- Klaus! Mettimi giù! Sei consapevole che il rapimento è un reato e può essere perseguibile secondo legge? – si dimenava dalla presa dell’ibrido e gli tirava dei pugni sulla schiena, il tutto completamente vano.
- Per favore Caroline, sei bellissima ma se non taci mi costringi ad ucciderti – rise e la mise sul sedile del passeggero per poi dirigersi verso la cava.
- Dove mi stai portando? – si allacciò la cintura e venne guardata male dal ragazzo. – va bene, starò zitta! Ci tengo alla mia vita.
Rimasero in silenzio fino a che non frenò bruscamente e si fermò in mezzo al bosco.
- Volevo salutarti e avevo bisogno di farlo in un posto appartato, lontano da tutto ma soprattutto da Silas – la invitò ad uscire dalla macchina e si incamminarono tra gli alberi.
- E perché fare tutta sta sceneggiata e rapirmi? – sospirò.
- Perché avresti iniziato a far un milione di domande e saremmo arrivati qui tra anni, visto che ho solamente un paio d’ore dovevo far veloce.
- Te ne vai anche tu? – lo guardò quasi smarrita, triste.
- Ti dispiace per caso? – le sorrise.
- Semplicemente non credevo che tu te ne saresti andato così presto – si fermò ad osservarlo una volta arrivati ad una certa altitudine.
- Silas è una minaccia per me, vuole qualcosa e finché starà a Mystic Falls non sarò tranquillo – si fermò anche lui e la guardò. – ma non è questo il problema.
- Allora quale sarebbe? – lo vide avvicinarsi.
- Devo salvare l’unica cosa a cui io abbia mai tenuto – la guardò. – ho passato l’ultimo periodo a New Orleans e tutto è completamente cambiato.
- Che è successo? – si preoccupò per lui, forse per la seconda volta.
- Ho fondato la città due secoli fa e poi me ne sono andato stupidamente rinunciando a tutto quel che avevo costruito. Marcel, il mio successore, ha creato un piccolo regno all’interno della città; tutti gli obbediscono, le streghe non hanno potere e non mi capacito di come ci sia riuscito – ringhiò innervosendosi al solo pensiero. – ha raggiunto tutto ciò che ho sempre voluto e ora voglio riprendermelo, capisci love?
- E ovviamente questo implica che tu torni a vivere lì, giusto? – lo vide annuire.
- Ma volevo salutarti e farti una domanda – si passò una mano tra i capelli.
- Chiedi pure - era impaziente di sapere cosa Klaus avesse in mente.
- Ci verrai sotto la Tour Eiffel un giorno? – le passò due dita sul collo.
- Un giorno – lo guardò negli occhi sorridendo e lui le si avvicinò.
- Arrivederci Caroline – le baciò fugacemente l’angolo della bocca e sparì come aveva fatto alla sua festa.
- Arrivederci – si sfiorò la parte del viso che lui le aveva sfiorato una manciata di secondi prima, non sarebbe stato sicuramente un arrivederci.


***


10 years later.
Caroline aveva finito il college con Elena ma senza Bonnie e, come da previsione, Tyler non era più tornato se non per congratularsi del diploma; non si era iscritto con lei al college e tra loro era finita molto presto. Credeva che la sua missione fosse aiutare ogni licantropo a liberarsi dalla trasformazione obbligatoria durane il plenilunio.
Ma la vampira era riuscita ad andare avanti e stava ritornando Mystic Falls dopo anni in cui era rimasta al college ad assistere alcuni professori.
Di Klaus non aveva avuto notizie, calma piatta, l’ultima volta che lo aveva visto era stato dieci anni prima e si era quasi dimenticata della sua figura; era incredibile come una persona che aveva interferito così tanto nella sua vita e in quella dei suoi amici fosse completamente svanita nel nulla.
Ricordava le sue fattezze, il suo modo di fare, quel che aveva fatto ma ad esempio la sua voce era solo un ricordo.
Rientrò in casa con uno scatolone pieni di oggetti del college tra le mani e notò che sua madre era fuori, probabilmente ancora per lavoro nonostante fossero già le cinque del pomeriggio.
Si richiuse la porta alle spalle e si diresse verso camera sua per poi poggiare ciò che teneva tra le braccia sul letto e guardarsi intorno, niente era cambiato di neppure una virgola.
Le foto, i premi, le medaglie erano tutte al loro posto così come le aveva lasciate.
Il letto aveva ancora il suo piumino beige preferito ed era fatto, ricoperto dai vari cuscini nelle tonalità del bianco e del marrone.
Andò ad aprire la finestra per far svanire l’odore di chiuso della camera e far entrare più luce per poi sedersi sul bordo del letto.
Notò che mancava solo la foto di suo padre sul comodino, probabilmente lo sceriffo l’aveva messa nel primo cassetto in modo da non ricordare sia l’assenza di sua figlia che dell’ex marito defunto, così aprì il cassettino e la trovò.
Nell’afferrarla vide che c’era una busta al di sotto e la scrutò non capendo cosa potesse essere, poggiò la foto e la prese tra le mani per poi aprirla ed estrarne un foglio.
Era sempre più perplessa su cosa potesse essere e quando lo dispiegò rimase ancora più allibita.
Vide la Tour Eiffel, lei e quella scritta; tutto si fece chiaro e vivido in un flashback del suo compleanno.
Si ricordò di quando Klaus le aveva detto che l’avrebbe aspettata sempre e non importava quanto sarebbe dovuto passare.
Si ricordò di quel bacio che l’aveva fatta tremare l’ultima volta che lo aveva visto prima che ripartisse per New Orleans e si chiese se era riuscito a riprendere in mano le redini della sua città.
Riguardò il biglietto, ancora valido, e si chiese se sarebbe stato veramente di parola.
Quando le aveva detto che Tyler, in quanto ragazzo di provincia, le avrebbe potuto permettere solo una vita stretta e incastrata a Mystic Falls aveva avuto ragione; non aveva ancora girato nessun posto, non aveva fatto nessun viaggio ed era completamente rimasta legata al suo luogo di nascita.
Aveva pensato a Parigi mille e mille volte senza associarla a Klaus, o almeno non consciamente, e, essendo estate, aveva la grande occasione di poterla visitare.
D’altronde Elena era partita con Damon chissà dove, Stefan si era stabilito a Roma, in Italia, Matt e Rebekah, come ogni anno, partivano per l’estate e giravano i posti più impensabili mentre Bonnie, beh, lei era.. era così; non le piaceva ricordare il passato dell’amica.
Non sapeva se partire o non partire, se avrebbe visto Klaus o se non lo avrebbe visto e non sapeva neppure cosa sarebbe successo.
Ciò che più la tormentava è come l’originale avrebbe potuto sapere se lei fosse andata in Francia e in quale momento.
Non seppe quanto rimase a rifletterci su ma alla fine si ritrovò a fare la valigia per l’ennesima volta.
Non era pazza, era semplicemente immortale e ansiosa di vivere la vita che tanto desiderava; scrisse un biglietto in brutta grafia per sua madre sul tavolo della cucina dicendole che si sarebbero viste a breve e uscì di fretta e furia con il bagaglio e una borsa tra le mani.
Il viaggio sarebbe stato lungo così si era cacciata alla meno peggio un paio di sacche nella borsa e la notte sarebbe stato il momento migliore per consumarle.
Caricò tutto nel bagagliaio e si mise in moto verso l’aeroporto più vicino a casa.
Non capiva cosa le stesse succedendo ma aveva un senso di felicità e ansia che premeva nel petto, non era sicura ci fosse un collegamento con l’ibrido o fosse semplicemente la voglia di voltare pagina dopo dieci anni di prigionia nello stesso posto; ma era sicura che quella fosse la cosa giusta.
Non erano sensazioni semplicemente vampiresche ma piuttosto umane e questo significava solo una cosa: stava ricominciando a vivere.

Non avrebbe mai immaginato che l’Europa in estate potesse essere così calda ma allo stesso tempo così pittoresca.
Aveva girato Parigi da cima a fondo in soli due giorni svaligiando i negozi delle più grandi firme evitando, però, un luogo ben preciso: la Tour Eiffel.
Le era mancato il coraggio di avvicinarsi anche solo ai piedi di quel monumento ma in cuor suo non vedeva l’ora di salirci e mangiare al ristorante che stava proprio sulla cima.
Aveva ancora due giorni di permanenza nella capitale francese e, contando che il quarto le sarebbe servito per far le valigie e ripartire, questo era l’ultimo e unico momento per farlo.
Man mano che si avvicinava alla coda per prendere i biglietti continuava a guardarsi intorno per vedere se lui ci fosse stato ma niente, incontrava solo lo sguardo di comuni mortali.
Pagò la cifra che richiedeva la visita e incominciò a fare una rampa di scale alla volta fino a che non arrivò proprio all’ultimo piano accessibile e si avvicinò alla ringhiera per bearsi del paesaggio che le veniva offerto agli occhi.
Poteva vedere sia la città che la campagna parigina da lì, le persone sembrano minuscole formiche e la sensazione di libertà che stava provando era inappagabile.
Mise una moneta all’interno del cannocchiale per godersi due minuti di ravvicinata visione e si morse un labbro nell’ammirare ogni singolo dettaglio.
- L’aria di Parigi in questo periodo è piuttosto dolce e densa, è piena di turisti e non c’è spettacolo migliore – aveva già sentito quella voce ma non riusciva a capire di chi potesse essere.
- E tu saresti un espert.. – si voltò e lo vide, perfettamente davanti a lei. Indossava dei jeans neri e una camicia bianca appena sbottonata su petto e con le maniche tirate su. Il suo aspetto non era cambiato per nulla, semplicemente stava sorridendo.
- Non sono un esperto, semplicemente ho passato le mie ultime dieci estate qui e ho imparato a conoscere le persone e i luoghi, love – le sorrise nuovamente.
- E come sapevi che sarei venuta in estate? – trattenne un lieve sorriso.
- Perché odi l’inverno – si avvicinò a lei con pochi passi fino ad affiancarla. – ti piace l’estate, il caldo, poter indossare vestiti con i fiori, le giornate lunghe, la luce del sole, la brezza leggera che tira e i cappelli – poggiò entrambe le mani contro la ringhiera.
- Come fai a sapere tutte queste cose di me? – continuava a fissarlo.
- Mentre tu cercavi di nasconderti da me, io ti conoscevo – la gente che li circondava man mano scemava sempre di più. – cosa ne dici di mangiare assieme?
- Perché no – le porse il braccio.
- Vieni con me, ho tante cose da raccontarti e da domandarti – l’accompagnò fino ad un tavolo, l’unico presente, apparecchiato per due.
- Sapevi già che sarei venuta proprio oggi? – l’aiutò a sedersi.
- Diciamo che ci speravo – si posizionò di fronte a lei.
- Hai abbandonato New Orleans? – pochi attimi dopo gli fu servito il primo piatto. – non mi dire che gli hai asserviti Klaus!
- Si sono offerti spontaneamente di procurarci i loro servigi – rise appena. – e comunque non ho abbandonato la mia città, sono semplicemente diventato il re e ho restituito il controllo a Marcel, però questa volta prestando molto più controllo e moderazione alle sue azioni, possiamo pure dire che è il principe ora; come sarebbe dovuto sempre essere. Buon appetito, love, questi sono i migliori spaghetti di tutta la città.
- Grazie – si posizionò il tovagliolo sulle gambe e fece il primo boccone. – non si è ribellato?
- Avrebbe avuto poca intelligenza nel farlo, non avrebbe avuto modo di vincere – la fissò mentre anche lui cominciava a mangiare.
- Sempre violento, no? – risero appena.
- Dopotutto è l’arma più potente – si pulì le labbra. – tu, mia cara Caroline, cosa hai fatto?
- Oh, nulla di che, ho passato dieci anni al college tra i miei corsi e l’aiuto ai docenti – sospirò.
- Vita di provincia? – l’allusione era esplicita, forte e chiara.
- Se lo vuoi sapere io e Tyler non stiamo più assieme, da parecchio ormai – lo fulminò quando lo vide aprire bocca. – non osare dire che me lo avevi detto!
- Se ci tieni tanto lo penserò e basta – rise di gusto mentre la ragazza cercava di non farsi trasportare.
- Ho capito tempo fa che era sbagliata la nostra relazione – sorrise, dopotutto era una ferita rimarginata.
- E hai impiegato dieci anni a capire che meritavi il meglio? – nonostante avessero mangiato solo una portata si alzarono entrambi ritornando al punto di prima per mettersi l’uno di fronte all’altra.
- E tu mi avresti aspettata dieci anni Klaus? – lo guardò negli occhi cercando di non perdercisi.
- Lo avrei fatto anche per l’eternità Caroline – si avvicinò a lei.
Il silenzio pian piano li travolse lasciandoli con mille domande.
- Mi hai pensata ogni tanto? – non riusciva a non parlare, erano stati distanti troppo tempo.
- Ogni luna – le accarezzò la guancia con il dorso della mano. – e tu?
- Credevo mi avessi dimenticata e così ho fatto anche io – sospirò sentendosi colpevole.
- Abbiamo il per sempre per rimediare – le alzò il viso con due dita da sotto il mento.
- Promesso? – lo guardò mordendosi il labbro.
- Siamo immortali – la tirò a sé.
- Eppure i sentimenti che proviamo sono terribilmente umani – poggiò le mani sul suo petto.
- Per rispondere meglio e più correttamente ad una domanda che mi feci tempo fa, c’è stato un momento in cui avrei voluto essere umano – le sorrise.
- E quale – gli chiese interrogativa.
- Ora – annullò le distanze tra di loro poggiando le labbra sulle sue, creando così quel legame che tanto aveva e avevano sempre desiderato. Le loro bocche combaciavano perfettamente e le loro lingue si cercavano vicendevolmente, mai più un bacio era stato desiderato così tanto e mai prima d’ora Parigi era stata così tanto romantica.


  
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