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Autore: Juuri    31/10/2013    8 recensioni
Crebbero come gli sconosciuti da sempre conosciuti; lei abbandonando l'aria saccente, lui l'immaturità che gli aveva impedito, per tanti anni, di conoscerla davvero.
(...)
«Disturbo, Evans?»
E Lily pensò che quella era la prima volta che lui le chiedeva il permesso di fare qualcosa, e le sue labbra formarono un'unica parola, silenziosa quanto la neve.
«Grazie»
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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A James e Lily,
perché per noi Potterheads "Halloween" non è più la festa delle streghe.
«The last enemy that shall be destroyed is death»
 
 
 
Verde era il colore degli occhi di Lily,
e dei sogni di James.
 

31 ottobre, 1968
«Guarda, Petunia!» esclamò la bambina, vestita da strega. Il piccolo palmo aperto sembrava risplendere nel buio della notte di Halloween, ed un fiore, proprio al centro, sbocciava piano, con delicatezza, vantandosi del suo bel lilla acceso.
«Lily, smettila!»
Petunia alzò la voce, urlò. Indossava un abito da principessa, e Lily, quando l'aveva vista quella mattina, aveva pensato che fosse davvero bella. Si era perfino un po' pentita di non aver comprato anche lei qualcosa di simile, invece del suo buffo vestitino da strega, con tanto di cappello a punta.
Ma a Lily non erano mai piaciute le principesse. Le vedeva così finte, così impossibili da eguagliare, così lontane nella loro perfetta vita. A Lily piacevano le cose strane, quelle diverse, quelle buffe.
«Ma...»
«Ti ho detto di smetterla!»
Lily sobbalzò. Il fiore si rovinò, morì e perse il suo colore. Scomparve dalla mano della bambina frantumandosi in polvere, e scivolò sul terreno. E lei sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
«Era così bello...» sussurrò, guardando i resti di quel che era stata la sua creazione.
«Non era bello.» ribatté la sorella, sprezzante, incrociando le braccia. «Era orrendo. Mostruoso. Non devi farlo mai più!»
E alzò le gonne, rientrando in casa e lasciando Lily a piangere in giardino e a maledire “la notte delle streghe”.


Settembre, 1971
«Allora... io vado» sussurrò, alzandosi sulle punte per guardare oltre, dietro le spalle dei genitori, sperando in una silenziosa sorpresa; che sapeva non sarebbe mai arrivata: lo lesse negli occhi tristi di sua madre.
«Buon viaggio, tesoro» sussurrò la signora Evans, baciando il capo della figlia con la delicatezza delle madri. «E non preoccuparti, Petunia si scuserà presto. Tu non hai fatto nulla»
Ma Lily non aveva l'impressione di “non aver fatto nulla”, tutt'altro: si sentiva stranamente colpevole, triste davanti al portone che le si era aperto e che la conduceva verso la sua nuova vita.
«È meglio che tu vada, o farai tardi» le suggerì suo padre.
Lily annuì e salì sul treno, mandando un ultimo sguardo alla ricerca di qualcuno che, in fondo lo sapeva, non l'avrebbe mai perdonata.

Era settembre quando Lily lo conobbe per la prima volta, ancora troppo piccolo per il futuro che lo attendeva, ancora troppo giovane per diventare colui che sarebbe diventato.
C'erano piccoli dettagli, in lui, che attirarono la sua attenzione: come gli occhiali posti in quel suo modo strano, la sfacciataggine nonostante fosse in una situazione del tutto nuova, il suo modo di fare.
Chi avrebbe mai detto che quegli stessi piccoli dettagli avrebbero segnato i suoi anni ad Hogwarts?

Era settembre quando James la conobbe per la prima volta, tutta imbarazzata per la nuova situazione, tutta ansiosa nella preoccupazione della possibilità che tutto ciò fosse stato un errore, che la lettera non fosse destinata a lei, che quello non fosse il suo posto. Ma neppure l'entusiasmo e la paura riuscivano a nascondere la tristezza che, di tanto in tanto, quando la osservava di nascosto, scorgeva nei suoi occhi.
Lui sapeva che non c'era stato nessun errore, che la lettera era sua, che quello era il posto dove lei doveva stare. Ciò che non sapeva, e che sembrava logorarlo nonostante appartenesse ad un'estranea, era il perché di quell'espressione che, riteneva lui, stonava sul suo bel viso.
E quando sentì il suo nome nei Grifondoro, non poté fare a meno di rallegrarsi; anche se lei gli voltò le spalle e se ne andò.


Marzo, 1975
Gli anni formarono il carattere di James, la sua impertinenza, l'arroganza, la sua amicizia con Sirius, Remus e Peter.
Gli anni formarono i Malandrini, gli scherzi ad Hogwarts, le punizioni scampate per il rotto della cuffia, la Mappa dei Malandrini e le fughe col Mantello dell'Invisibilità.
Gli anni aumentarono l'interesse di James per quella rossa di cui proprio non riusciva ad attirare l'attenzione, sebbene fosse l'unica che realmente volesse.

«Fammi capire» esordì lui, con finta innocenza, osservandola da sopra gli occhiali e posizionandosi dal lato opposto del tavolo. «Dai ripetizioni a quasi la metà dei Grifondoro e non le dai a me
«Tu non hai bisogno di ripetizioni, Potter» ribattè lei, esasperata, consapevole del silenzio che c'era intorno a loro. Perché c'era sempre silenzio, quando quei due cominciavano a battibeccare.
«Solo di un po' -un po' tanti, a dirla tutta- di neuroni in più»
I ragazzi nelle vicinanze risero, ma James era deciso a non rinunciare. Lui non rinunciava mai.
«Carina, Evans. Ma non hai risposto alla mia domanda» poggiò le mani sul tavolo, sporgendosi verso di lei.
«E cosa ti fa pensare che io voglia rispondere?» strinse i libri a sé, tirandosi indietro, senza abbassare lo sguardo, da brava Grifondoro.
«Perchè io sono James Potter»
Lily era vagamente consapevole di Sirius e Remus che, nel frattempo, sedevano al loro posto, sfiniti; il primo alzava gli occhi al cielo, visibilmente annoiato dai continui tentativi dell'amico -che veniva, diciamocelo, puntualmente rifiutato dalla rossa-, il secondo, con un sospiro, si era dedicato al suo pranzo, sperando che quella storia finisse alla svelta.
James li aveva costretti a sedersi proprio dinanzi a Lily e, a quel punto, non c'era molto altro che potessero fare.
«Su, Evans. Lascia che il tuo infinito amore nei miei confronti si manifesti»
Il sorriso malizioso gli spuntò sulle labbra, mentre s'incurvava maggiormente verso di lei, dall'altra parte del tavolo.
Lily, in tutta risposta, lo evitata alla bell'e meglio, imburrando il suo toast con finta disinvoltura.
«È proprio questo il punto, Potter. Non c'è nessun amore, tanto meno infinito»
«Impossibile»
«Possibile e, soprattutto, approvato»
Sirius sbuffò nuovamente, incrociando le braccia. «Secondo te andranno avanti ancora per molto?»
Remus alzò un sopracciglio. «Davvero me lo stai chiedendo?»


Gennaio, 1976
Gli ultimi raggi del sole attraversavano placidamente i vetri della biblioteca di Hogwarts, e si posavano sulla candida pelle di lei, che si soffermava sulle righe del tomo di Pozioni.
James la guardava, dall'angolo della biblioteca, come incantato, e sorrideva quando la vedeva scacciare via le ciocche che la infastidivano.
Si perdeva nell'osservarla, nel contemplarla, nel dedicarsi sui veloci movimenti che compiva la sua mano, accompagnando la piuma per macchiare la pergamena intatta.
Poi si fermava, all'improvviso, e metteva su un cipiglio corrucciato, e i suoi occhi volavano alla ricerca del libro che le serviva, per confermare la sua ipotesi su quell'argomento, quell'incertezza, quel dubbio che le aveva invaso la mente.
«Ancora ad osservare la rossa, Prongs?»
Sirius gli era accanto, e sfoggiava quell'espressione divertita che James conosceva come se fosse la propria. La sua non era davvero una domanda, sapeva già la risposta.
«Ti ha dato proprio alla testa, eh?»
«Ma piantala»

 

Febbraio, 1976
Il fatto era che ancora si stupiva di quanto Lily Evans fosse stronza, di quanto lui fosse stupido, di quanto il tutto dovesse essere così poco importante che, dannazione, si chiedeva perché non lo fosse.
Cosa c'era di sbagliato, in tutto quello?
Come se ci fossero stati degli errori nella pioggia, nel lago, nel cielo.
Come se il suo mondo si fosse capovolto e, d'un tratto, avesse deciso di girare intorno ad un paio di occhi verdi e capelli rosso fuoco.
E lui, proprio non capiva perché dovesse aver perso la testa per l'unica ragazza che non gli si filava, che non lo degnava di uno sguardo, di un saluto appena accennato.
Erano arrivati perfino al punto in cui lei non gli rispondeva nemmeno più, quando la stuzzicava. Si limitava ad un'occhiata, e scuotendo la testa andava via.
E James, James Potter, si sentiva solo, incompleto, insoddisfatto, messo da parte.
E né Sirius, né Remus, né Peter riuscivano a tirarlo su di morale.
Nemmeno i Malandrini potevano far niente davanti alla testardaggine di Prongs.


Nei pomeriggi di maggio, 1976
Le cose cambiarono.
Erano passati già un paio d'anni da quando James comprese che Lily non era solo il suo capriccio, la ragazzina con la quale doveva ribattere ogni argomento, che doveva stuzzicare, punzecchiare, infastidire ogni volta che la trovava. Non era semplicemente il suo passatempo, come pensavano i Malandrini. Lily era molto più di quanto James avesse mai immaginato.
E quando subì il morso della gelosia, capì che c'era davvero qualcosa che non andava, in tutta quella storia.
E Lily si accorse che, nonostante il dolore provocatole da Severus, le difficoltà incontrate con le famiglie purosangue e i loro pregiudizi, il legame ormai spezzato con Petunia, le cose andavano comunque avanti. Riprese la sua vita, la ricostruì ad Hogwarts. E il mondo babbano assunse le sfumature di un lontano ricordo per tutti i mesi che trascorreva a scuola.
Ed arrivò il momento in cui Lily cominciò ad invidiare le ragazze che James guardava, quelle con cui lui ci provava. Arrivò silenzioso, sostituendosi al freddo di gennaio, invadendo Lily prima ancora che se ne rendesse conto.
Stringendole lo stomaco in una morsa quando vide James baciare un'altra, e bagnando le sue guance infiammate.


Giugno, 1977
Durante le piovose giornate estive, mentre osservava i giocatori di Grifondoro che si allenavano sul campo di Quidditch, Lily scoprì di conoscere tutto di lui.
Conosceva il modo in cui camminava per i corridoi, sicuro di sé, l'espressione che assumeva quando era scocciato, il volto impassibile e il dolore impercettibile nei suoi occhi scuri quando si sentiva tradito.
Conosceva la posizione che assumeva quando era appoggiato nei corridoi, con le mani in tasca e il viso concentrato di chi è perso nei suoi pensieri. Conosceva la piega delle sue labbra nel momento che precedeva la comparsa di quel sorriso che lo caratterizzava, e l'elegante movimento di quando si tirava su gli occhiali.
Si rese conto che aveva imparato a riconoscere perfino quando, durante le sue giornate storte, si chiudeva in se stesso, e gli occhi sempre vivaci gli si incupivano.
Ma, sopra ogni cosa, si accorse che lo stava guardando in quel momento, incapace di distogliere lo sguardo.
E che lui, in sella alla sua scopa, la pluffa appena afferrata a mezz'aria, la osservava, con quel suo “sorriso alla James Potter”, come lo chiamava lei.


Ottobre, 1977
I giorni si susseguirono, il tempo passò; Lily crebbe e James crebbe.
Tra gli scherzi e i battibecchi che li caratterizzavano, tra i rifiuti, i "no" secchi di lei e gli infiniti tentativi di lui. Tra il suo fare Malandrino e il suo dire da Caposcuola, tra la fissazione delle regole e le difensive prese verso i Nati Babbani. Tra le lezioni, le gite ad Hogsmeade, le punizioni. E le incomprensioni, i litigi, le riappacificazioni silenziose perché entrambi avevano troppo orgoglio e non avrebbero ceduto così facilmente.
Crebbero come gli sconosciuti da sempre conosciuti; lei abbandonando l'aria saccente, lui l'immaturità che gli aveva impedito, per tanti anni, di conoscerla davvero.
Ma James la conosceva. James conosceva Lily meglio di quanto lei stessa si conoscesse.
E quando prendeva in giro Piton, quando faceva l'arrogante e il presuntuoso durante le lezioni, per i corridoi, in cortile, era unicamente per attirare la sua attenzione.
L'attenzione che ricevette quando cominciò a maturare.

«Esci con me, Evans?»
«Quando crescerai, Potter»
Si era sempre chiesto se fossero state quelle parole, a smuoverlo. E si era altrettante volte convinto che l'unica risposta a quella domanda fosse un unico, inevitabile “sì”.
E James crebbe e maturò. E sebbene fosse stato rifiutato per anni, sebbene la Evans gliene avesse fatte passare di tutti i colori – perché James Potter non era stato mai, mai, rifiutato – non si diede per vinto, né rinunciò a ciò che voleva.
E fu così che, quella mattinata di ottobre, da bravo e fiero Grifondoro quale era, prese il coraggio a due mani, e si piazzò accanto a Lily, seguendola per i corridoio, fermo nelle sue convinzioni.
«Evans! Che piacere vederti»
«Vorrei dire lo stesso, Potter»
«Non c'è bisogno che tu me lo dica, te lo leggo negli occhi»
Lily si fermò, guardandolo con pieno scetticismo, e James sorrise. Sorrise perché sapeva che lei si sarebbe girata, e che sarebbe sprofondato nuovamente nei suoi occhi chiari.
«Mi sa che leggi male, sai?» ribatté Lily, stringendo i libri e alzando leggermente il mento, con aria di sfida.
«Io credo di no»
Lui le si avvicinò, e per poco i loro nasi si sfiorarono. In risposta, però, facendo crollare tutti i suoi sogni di un appassionato e inevitabile bacio, Lily sibilò due semplici parole, che di romantico non avevano davvero nulla: «Che vuoi?»
James represse un sorriso, o forse una risata. «Mi devi un appuntamento, ricordi?»
«Io non ti devo proprio niente!»
«Oh, sì invece» e il suo sguardo si velò d'ilarità. «O vuoi che rimetta in mezzo l'argomento di...» ma non fece neanche in tempo a finire la frase, che Lily, alzando una mano, lo interruppe.
«D'accordo, Potter, ho capito» lo osservò con il suo sguardo critico, quasi come se da quella decisione dipendesse la sua vita. «Venerdì, ai Tre Manici di Scopa. Alle sette. E non tardare!» e sfuggì ad ogni sua risposa.
«E chi tarda» sussurrò James.

Lily sedeva ad un tavolo, il giubbotto ancora sulle spalle, il cappello tra le mani. Aveva ancora troppo freddo per liberarsi di quella calorosa consolazione ma, soprattutto, il freddo che sentiva veniva da dentro, attanagliato da una macabra paura: e se Potter non si facesse vivo?
Se l'avesse unicamente presa in giro e lei, come una stupida, si era convinta del contrario? Dopotutto, era pur sempre James Potter, pur sempre un Malandrino, pur sempre...
La porta si aprì, in modo tutt'altro che tranquillo, facendo entrare un ragazzo dai capelli spettinati e gli occhiali ad ornargli il volto.
Lily respirò, sospirò, riprese aria. James era lì, la vide, le sorrise. E Lily lesse il sollievo nei suoi occhi scuri, mentre incurvava le labbra come solo lui riusciva a fare, provocandole un calore incredibile, allontanando il gelo che sentiva, mandando in confusione tutte le sue certezze.
«Scusami, Evans. Sono in ritardo»
«Te l'avevo detto, io, di non fare tardi!»
Ma non le importava più dell'orario, ora che era arrivato.
Si deliziano di quell'aria calda e accogliente, mentre presero posto ad uno dei tavoli.
James non riuscì a toglierle gli occhi di dosso; perchè, per lui, Lily Evans era ogni giorno più bella.
E Lily lo guardava, incapace di dedicare la sua attenzione altrove.
Si perse nei profondi occhi scuri di James, e lui non capiva.
Non capiva come facesse a perdersi, quando era lui quello che non avvertiva più la terra sotto i piedi, mentre naufragava tra le sue iridi.
Ed era strano come quei due, il giorno prima, si detestassero.


Fine ottobre, inizio Novembre 1977
Il placido rumore del Lago Nero era rassicurante, pacifico, come le note di un pianoforte, su una delle sue melodie preferite. Lily si perdeva nell'osservarne la tranquillità, ignara di qualcuno che, allo stesso modo, contemplava il suo silenzio.
Era stata una brutta giornata, quella. Aveva incontrato Severus e i suoi compagni, i Mangiamorte, come si definivano loro.
Ed era stata presa in giro; per essere una Nata Babbana, “indegna di frequentare Hogwarts”, “una sanguesporco”.
E Piton non l'aveva difesa, non l'aveva mai fatto.
Si era limitato ad abbassare lo sguardo per non incontrare i suoi occhi, girare le spalle ed andarsene. Non era giunto nessun “scusa”, nessun “mi dispiace”.
E quello era stato il colpo peggiore.
Lily aveva imparato a non dar conto a certe dicerie, ma ciò non voleva dire che non la ferissero. Non voleva dire che, ogni volta, non avvertisse la voglia di piangere o non si sentisse soffocare.
E quella mattina era rimasta lì, immobile, senza avere la forza di rispondere, né di andarsene. Finché non era arrivato Potter, accompagnato da Black.
E, davanti agli occhi increduli di Lily, l'aveva difesa. Aveva cacciato la bacchetta e si era messo nei guai. Per lei.
Il paesaggio che le si stagliava dinanzi fu spezzato dal ragazzo che si tolse il Mantello dell'Invisibilità, facendole quasi prendere un colpo e ridestandola bruscamente da quei ricordi. Il Lago Nero divenne solo lo sfondo, secondario ed irrilevante davanti alla figura di James.
«Disturbo, Evans?»
E Lily pensò che quella era la prima volta che lui le chiedeva il permesso di fare qualcosa, e le sue labbra formarono un'unica parola, silenziosa quanto la neve.
«Grazie»


Novembre, 1977
Il sapore delle labbra di James fu quello del primo bacio, che soggiunse col freddo del novembre successivo, tra la neve e il gelo che conquistava Hogwarts.
Soggiunse con il profumo di pino di James e quello alla vaniglia di Lily. Con la soddisfazione e l'imbarazzo di chi raggiunge la meta di un lungo viaggio.
Il mondo si dissolse, sfumò, variò e poi sparì; e le loro uniche certezze furono il calore del tocco di James, delle sue mani fra i capelli, intorno alla vita, delle sue labbra sulle proprie, dei folti e mossi capelli di Lily, i loro nasi che si sfioravano e le sue mani che gli accarezzarono il viso, rese fredde dal clima invernale.
Ma a quel tocco James non sentiva freddo. Aveva l'impressione che non ne avrebbe più sentito.
E fu come se gli ultimi sei anni scomparissero, sostituiti dal calore delle labbra di James e dalle carezze di Lily. Fu come se tutte quelle litigate, quelle occhiatacce e quei battibecchi acquistassero un senso, nel buio della notte e nelle luci di Hogwarts, nella neve che cadeva e si posava sulle finestre, nel silenzio interrotto solo dal lieve rumore di qualche passo in lontananza.
E fu in quel momento che James capì quanto la sua attesa fosse stata ricompensata.



31 ottobre, 1981
L'ultimo pensiero di James fu il verde.
Quello chiaro, vivo, che riempiva le iridi della rossa che, per anni e anni, gli aveva fatto perdere la testa. Era un verde particolare, unico nel suo genere, come può esserlo l'eleganza della rugiada mattutina, dell'alba e del tramonto. Era stato quel verde che, nel tempo trascorso ad Hogwarts, decorava tutti i suoi sogni e che, da sveglio, non era mai riuscito ad avere tutto per sé. Mai, se non all'ultimo anno.
Era un verde diverso da quello della maledizione che gli era stata lanciata, diverso da quello dei prati, del mare e dei boschi.
E James l'aveva amato fin dalla prima volta che l'aveva visto, nel lontano 1971, ed era stato felice di poterlo vantare in suo figlio.
Gli ultimi secondi furono un susseguirsi di ricordi e avvenimenti che lo avevano segnato, maturato, rafforzato. E sebbene la Morte lo avesse colto così giovane, sebbene avesse passato gli ultimi anni a nascondersi, James era felice di come aveva vissuto la sua vita.
I ricordi più belli erano racchiusi in semplici attimi, strappati alla vita quotidiana e custoditi gelosamente nella memoria: gli scherzi di lui e Sirius, le nottate passate ad essere Prongs, il tempo con i Malandrini, Lily.
Lily, Lily, Lily.
E fu quel verde che lo accompagnò prima e dopo la morte, quando in questa vita aveva dato tutto ciò che poteva dare, vissuto tutto ciò gli era stato permesso vivere.

Perché verde era stato il colore degli occhi di Lily, degli occhi di Harry e dei sogni di James.


Angolo.
Sembra assurdo ma... sono in orario!
Ero certa che non sarei mai riuscita a finire questa fan fiction entro oggi, ma ci tenevo davvero tanto.
E niente, sperando che non abbia combinato un casino con questa Jily. Molte parti albergavano nel mio pc dalla notte dei tempi (okay, forse non proprio dalla notte dei tempi, ma erano già un paio di mesi buoni) e dovevo inserirle da qualche parte. E quindi nulla, mi piaceva l'idea di descrivere attimi diversi di James e Lily.
Questo sarà l'angolo autrice peggiore di sempre, perché vado di fretta e devo scappare.
Come sempre: GRAZIE a chi mi ha aggiunto tra gli autori preferiti; le mie storie tra le ricordate, le seguite e le preferite. Davvero, bho. Non so cos'altro dirvi se non "Grazie", come sempre mi lasciate senza parole. <3

Juuri
 
 
  
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