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Autore: Sekunden    01/11/2013    1 recensioni
[5x05 Nadia/Katherine]
Quella notte, Katerina Petrova sognava di esili braccia intorno al proprio collo, alla ricerca di un abbraccio e dell’affetto materno.
Immaginava, con melanconia immensa, il tono di voce sud-orientale e gli occhi da cerbiatto che sarebbero riusciti ad ammaliare chiunque.
Così, sentendo una risata inesistente, Katherine Pierce aprì gli occhi e dimenticò tutto. Ancora.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katherine Pierce, Nadia Petrova
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The Eyes Of Truth



 

Listen to my heartbeat and I try to follow where it leads me, that’s right.
I don’t wake up in the shadows anymore, I can finally breathe.

[…]

 

•••

Era l’ennesima volta in una notte che Katherine si svegliava di colpo, accecata dal mal di testa. Non riusciva a dormire, in effetti era impossibile farlo.
I suoi occhi impastati e la sua bocca secca la resero ancor più nervosa di quanto non lo fosse già. Aveva paura, provava dolore e al contempo un sentimento appagante che non riusciva a spiegare in nessun modo.
Voleva forse dire questo essere umani? Perché provare senso di colpa? si chiese mentalmente, di nuovo, con insistenza.
Tentò di soffocare il respiro caldo nel cuscino, ma i suoi occhi si posarono sulla figura supina di fianco al suo letto. Le prime luci dell’alba lasciarono intravedere la sagoma di quel corpo immobile e privo di sensi. Katherine sporse il capo per vedere meglio, ma pochi istanti dopo tornò a toccare le lenzuola con il viso.
Non riusciva a capacitarsene, non voleva. Troppi secoli a rimpiangere e a provare rabbia per un passato ingiusto, adesso però non sapeva come comportarsi. 
In fondo, il problema era che Katherine non sapeva cosa fare, mentre Katerina sì. Fidarsi, lasciarsi andare all’istinto e comportarsi da quello che – senza saperlo – era rimasta per più di cinquecento anni: una madre.
Quella notte, Katerina Petrova sognava di esili braccia intorno al proprio collo, alla ricerca di un abbraccio e dell’affetto materno.
Immaginava, con melanconia immensa, il tono di voce sud-orientale e gli occhi da cerbiatto che sarebbero riusciti ad ammaliare chiunque. 
Così, sentendo una risata inesistente, Katherine Pierce aprì gli occhi e dimenticò tutto. Ancora. 
Decise di alzarsi da quel letto, diventato più scomodo delle pietre. Cercò di svuotare la mente, di dimenticare la propria identità e pensare solo alla sete che la stava tormentando. Era disidratata, ma probabilmente ciò che più soffriva la carenza era il suo cuore.
Quando il sole cominciò ad illuminare la camera con più insistenza, Katherine ebbe paura di voltarsi alla sua destra. Non voleva incrociare il suo sguardo, non riusciva ad immaginare una conversazione concreta e reale. Si toccò le braccia, ancora indolenzite per i movimenti della sera precedente. L’aveva presa, sorretta fino all’automobile e poi era riuscita a guidare con velocità senza pensarci due volte. Era ironico, perché – per la prima volta – stava sorreggendo qualcuno che non fosse se stessa, per cui si sentiva più strana di prima.
Cos’era quel senso di responsabilità, quell’immensa voglia di uccidere chiunque si fosse avvicinato alla ragazza? Perché preoccuparsi, quando non l’aveva mai fatto?
Katherine si avvicinò al bollitore elettrico, preparandosi una tazza di té. Ne aveva bisogno, voleva distrarsi e non pensare più. Avrebbe potuto elaborare uno dei suoi soliti piani di fuga, qualcosa contro Silas e tutti gli altri, ma non riusciva a pensare razionalmente. Preparava quel té, in silenzio, mentre abbracciava il giorno fissandolo dalla finestra.
E come in un’ondata di verità, Katerina perse ogni freno mentale e lasciò spazio alla sua speranza ritrovata, ma soprattutto permise al suo cuore di battere più velocemente, non per paura, ma per amore.
L’amore di una madre, ricreduta, ritornata alla vita.
In un sorriso dolce e delicato, lasciò che una lacrima solitaria e sincera rigasse il suo viso. Fu in quel gesto così semplice e spontaneo che, Katerina Petrova, si rese conto della realtà e l’abbracciò con piacere. Così, non appena sentì il respiro affannato di Nadia, della sua дете*, testimoniare il suo risveglio, Katherine chiuse gli occhi e non li riaprì più.

•••

Took a little time to work it through, but I found everything the day that I had you.
(Always Be Your Girl – Céline Dion)
 
 
дете = bambina

Note d’autore: ed è così che uno dei miei desideri più grandi si avverò: Katherine ha ritrovato sua figlia, Nadia Petrova, a distanza di cinquecento anni. Per questo, non ho resistito a scrivere qualcosa a riguardo.
Sono la fangirl più felice al mondo, sappiatelo. Questa rivelazione, che avevo previsto da un bel po’, si è decisamente rivelata la mia salvezza in quanto a ispirazione e amore telefilmico. In poche parole, sono talmente innamorata di Katherine Pierce che vederla – molto probabilmente – felice mi farà scrivere tanto, ma soprattutto mi farà provare un po’ di piacere, visto che in quattro stagioni di The Vampire Diaries non ho fatto altro che stare appresso agli scleri della Plec riguardo la sua storyline piena di insidie, ma soprattutto, solitaria.
Adesso, Katherine ha finalmente qualcuno con cui condividere la propria esistenza. Sono troppo felice, basta.
Per quanto riguarda la storia, ho voluto inserire le figure contrastanti di Katerina Petrova e Katherine Pierce. Spero di essere stata chiara a riguardo, sono solita fare questi contrasti nelle mie storie, infatti in alcune mie FF passate li potete trovare.
Spero vi sia piaciuta, dunque. Alla prossima!

 
   
 
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