Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: AiraD    01/11/2013    2 recensioni
Rose Weasley ha sedici anni ed è una Serpeverde. L’unica Weasley Serpeverde. Il suo più grosso problema? Quel deficiente e presuntuoso Grifondoro, che risponde al nome di Scorpius Malfoy. Anche Daria De Lupo ha sedici anni e anche lei è una Serpeverde. Diversamente dall’amica, lei è italiana e discende da una famiglia potente e antica quanto il tempo. Amici pazzi, una serie di scommesse assurde e un preside dalle idee malsane, le obbligheranno a fare i conti con un piccolo, insignificante organo, chiamato cuore.
--- Posò la mano sulla maniglia e l’abbassò, ma prima che potesse aprirla un soffio caldo all’altezza del suo orecchio la bloccò.
“Sogni d’oro Weasley”
La voce di Malfoy era appena più bassa e suadente del solito, un sussurro caldo che le bloccò il fiato per un istante. Lui non la stava nemmeno toccando, ma sentiva il calore del suo corpo per quanto era vicino. Un piccolissimo brivido le percorse la schiena, poi lui fece un passo indietro e Rose aprì la porta e uscì senza voltarsi. Conosceva il suo corpo e le sue reazioni e sapeva cosa significavano il respiro che resta in gola e il brivido lungo la schiena: attrazione. ---
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Icecream & Cookies'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

12) Saving You, Saving Me:

 

 

“Proprio le condizioni atmosferiche migliori per giocare a Quidditch”.

“Non abbiamo mai giocato contro Grifondoro col bel tempo, ma così è esagerato!”

“Già”. All’ennesimo tuono Rose non poté far altro che concordare coi compagni di squadra, mentre si limitava a spiluccare distrattamente la propria colazione. Aveva lo stomaco chiuso.  Non tanto per l’ansia dovuta alla partita: essendo di natura estremamente competitiva, l’atmosfera di agitazione e lo stress che precedevano una prova, sportiva o accademica che fosse, erano per lei come una carica di adrenalina e la rendevano incredibilmente lucida e reattiva.

A turbarla era piuttosto il brutto presentimento di Daria. Era stato utile, durante quella settimana, per tenere la mente occupata, ben lontana da pensieri che non voleva e non doveva fare. Però, ora che tutti i suoi tentativi di capirci qualcosa, di scoprire a cosa si riferisse o a cosa fosse dovuto erano caduti miseramente nel vuoto, era rimasta solo la frustrazione. La frustrazione e l’ansia. Un’ansia illogica che le impediva di godersi la meravigliosa atmosfera del pre-partita.

Rose si fidava ciecamente dei presentimenti dell’amica, sarebbe stato stupido non farlo, visto quanto si erano sempre rivelati accurati.

Quando l’italiana le aveva confidato quanto peggiore fosse la sensazione che la perseguitava e che una così negativa non l’aveva avuta mai, Rose aveva sentito un brivido percorrerle la schiena e quell’ansia incomprensibile attanagliarle le viscere.

È assolutamente logico essere preoccupati, no?

E non era la sola.

Daria si aggira per il castello con un’aura così negativa che se incontrasse dei Dissennatori fonderebbero all’istante un fan club in suo onore, con tanto di bandierine colorate e striscioni. Magari la pregherebbero pure di insegnar loro il mestiere.

“Tutto bene, Rossa? Non è da te non fare colazione prima di una partita”.

“Uhm.. sì tutto ok”. La ragazza si riscosse dai propri vaneggiamenti mentali e si sforzò di rivolgere a Moira un sorriso che sperava credibile.

“Dovreste davvero mangiare qualcosa. Tutti e tre. Agitarsi così è solo controproducente”. Continuò l’altra con tono pratico, rimproverando con lo sguardo sia lei che Daria e Dave. La rossa annuì e si costrinse a inghiottire una cucchiaiata di porridge.

Daria non aveva voluto parlare con nessun altro di ciò che la angosciava e Rose si era trovata assolutamente d’accordo: era inutile far preoccupare anche altri, quando nemmeno loro avevano idea di che cosa bisognasse preoccuparsi.

Allontanò da sé il piatto colmo di cibo – non sarebbe riuscita a ingoiare nient’altro – e si alzò, lanciando uno sguardo all’amica. “Andiamo?”

La castana annuì sollevata e si alzò di scatto, tradendo la propria nervosa agitazione.

“Non è un po’ presto?” Chiese Asa, inarcando le sopracciglia, perplesso.

“Tra un po’ dovrebbero arrivare i miei insieme agli zii e non mi va di vederli”. Rispose lei con la scusa pronta. Scusa che non era poi tanto una scusa: mamma capirebbe in un secondo che c’è qualcosa che non va e non muoio dalla voglia di mettermi a spiegare.

 

Appena furono fuori dalla Sala Grande e lontano da sguardi indiscreti, Daria le afferrò una mano stringendola con forza e lei rispose alla stretta senza esitare. Camminarono verso il campo da Quidditch in perfetto, tormentato silenzio.

Quel periodo per lei si era rivelato estremamente faticoso: lei, Daria, Moira e Domi, con l’aiuto sporadico di Lily e Molly, si erano  letteralmente date i turni per non lasciare mai Meg sola troppo a lungo, si era data da fare per allontanarsi da Dave e nel contempo aveva continuato a solidificare i suoi rapporti con Moira, aveva anche imparato a scomparire in poco tempo ogni qualvolta si trovava in presenza dei due contemporaneamente e aveva fatto tutto, ma davvero tutto ciò che era in suo potere per tenere Scorp… Malfoy! Per tenere Malfoy lontano dai suoi pensieri.

E iniziare a chiamarlo per nome non era d’aiuto.

Stupido cervello.

“Rose!”

Rose si voltò esattamente quello che sperava di non vedere: suo padre stava trotterellando allegramente verso di loro, seguita a poca distanza da sua madre. Si stampò un sorriso entusiasta, che sperava convincente e lanciò un’occhiata all’amica nella speranza di trovarle in viso un’espressione credibile. Il sorriso un po’ nervoso, ma fondamentalmente sereno, la sorprese e le infuse un po’ di fiducia.

Forse abbiamo una possibilità di superare lo sguardo che tutto vede e tutto capisce di mamma. Io e Moira dovremmo davvero smetterla di sottovalutare le sue doti recitative.

“Rosie! Daria! Pronte per la partita?”

“Buon giorno papà”. Fece Rose con tono a metà tra l’esasperato e il divertito. “Ciao, mamma”. Aggiunse poi, quando lei li raggiunse.

“Ciao, Rose. Non è un po’ presto per scendere al campo?”

“Decisamente sì, ma qualcuno qui era un po’ nervoso. Tanto per cambiare”.

“Non è colpa mia, se io non sono fatta di ghiaccio, Rossa”. Ribattè Daria dandole una leggera spinta con la spalla.

Sua madre annuì, comprensiva. “Non c’è niente di male ad essere emotivi: io mi agitavo tantissimo prima degli esami e tuo padre diventata pallido e loquace quanto un muro prima di ogni partita”.

“Visto? Sei tu quella anormale”.

Lei scrollò le spalle indifferente, mentre iniziava a cercare una via di fuga da quella situazione.

“Allora Daria, quando pensi di venirci a trovare?”

“Beh, Rose mi ha invitata a passare capodanno da voi e restare fino al ritorno a scuola”.

“Mi sembra un’ottima idea. Un’intera settimana a mangiare quello che cucini tu”. Commentò suo padre, portandosi le mani dietro la nuca. Rose avrebbe potuto scommettere che stava già pregustando i pranzi e le cene che Daria avrebbe preparato per loro. Fin dalle sue prime visite, l’italiana aveva sempre insisto per occuparsi della cucina, ogni volta che la andava a trovare e passava qualche giorno a casa sua.

Inutile dire quanto suo padre fosse entusiasta della cosa. La sua adorazione per tutto ciò che Daria cucinava, era seconda solo all’adorazione per Daria stessa. La sua amica aveva fatto subito una magnifica impressione ai suoi genitori, che se n’erano innamorati subito entrambi. Ma, mentre sua madre riusciva ad essere più discreta ed equa nel suo modo di rapportarsi con tutti gli amici dei figli, l’ammirazione, l’affetto e la stima di suo padre per la ragazza dagli occhi blu erano assolutamente palesi.

Rose si lasciò sfuggire un sorriso, poi riportò la propria attenzione sulla propria volontà di liberarsi dei genitori. “Zio Harry e zia Gin non sono venuti?”

“Sono già saliti al castello. Noi vi abbiamo viste allontanarvi e abbiamo deciso di raggiungervi per augurarvi buona fortuna prima della partita”. Spiegò sua madre con un sorriso.

“Grazie, ma’”.

“Sì grazie, Hermione”.

“Mi raccomando, ragazze, fatevi valere. E tu Rose fa vedere a quel moccioso arrogante come si gioca veramente a Quidditch”.

La ragazza sorrise, il fuoco della competizione vivo e fremente nei suoi grandi occhi azzurri. “Tranquillo, pa’. Sono il portiere migliore di Hogwarts. Malfoy non può competere con me”.

***

 

 

Quella partita le sembrava infinita. Infinita ed estenuante. Il tempo mefitico la obbligava ad usare il triplo delle forze per restare in sella e gli occhi le pizzicavano brutalmente per quanto li stava sforzando. Ogni minuto che passava diventava sempre più difficile vedere i suoi compagni, per non parlare della pluffa.

L’ennesimo tuono scosse il cielo, seguito a breve da un lampo che illuminò a giorno il campo da gioco. Rose poté così vedere Albus e Daria volare parecchi metri sopra di lei. Un raggio di speranza le risollevò il cuore per un secondo.

Forse hanno visto il boccino! Proprio mentre formulava questo pensiero la Serpeverde vide la scopa dell’amico dare un brusco, imprevisto scossone e il cugino perdere inevitabilmente la presa, precipitando nel vuoto.

I metri che lo separavano da terra diminuivano ad una velocità incredibile, mentre Rose, paralizzata dal terrore, realizzava, con la lucidità tipica dei momenti di forte shock, che nessuno sarebbe riuscito ad intervenire in tempo. Lei stessa non poteva fare niente. Niente se non guardare impotente il corpo di suo cugino cadere sempre più giù.

 

***

***

 

Il vento le schiaffeggiava con forza il volto, ferendole gli occhi e ululandole assordante nelle orecchie, mentre si cacciava in picchiata verso il suolo, a tutta velocità in una disperata corsa contro il tempo.

Si stava lasciando guidare dall’occhio della mente. Non era qualcosa che Daria aveva deciso: quando la sua mano aveva sfiorato appena il boccino e quelle immagini si erano imposte nella sua testa, le sue dite non avevano chiuso la presa, lasciandosi sfuggire la pallina dorata, e lei aveva semplicemente smesso di ragionare. Smesso di opporre resistenza.

Si stava affidando totalmente e ineluttabilmente a quelle immagini che le infestavano la testa da settimane.

Fermò la propria scopa all’improvviso, bruscamente, poi, senza avere il coraggio di guardare, allungò un braccio. Il suo cuore gioì di sollievo, quando la sua mano si chiuse con forza attorno a della stoffa bagnata.

Il peso improvviso le fece urlare i muscoli e sbilanciò il suo equilibrio. Strinse le gambe con forza attorno al manico della scopa. Allungò l’altro braccio ad afferrare l’amico sotto l’ascella. Lo sentì boccheggiare e ricambiare la presa. Chiuse gli occhi blu per lo sforzo. Percepì ogni singola fibra dei suo muscoli tendersi all’inverosimile. Infine, digrignando i denti per la fatica e aiutata dalla disperata volontà dell’altro, lo issò sulla propria scopa.

 

Era accaduto tutto talmente in fretta, poche manciate di secondi, che il pubblico non sembrava aver realizzato pienamente quanto accaduto.

Anche se così non fosse stato, Daria non se ne sarebbe minimamente resa conto. L’unico suono che riempiva le sue orecchie era il battito forsennato, irregolare di due cuori: il suo e quello di Al. Non era mai stata tanto felice di sentire qualcosa in tutta la sua vita.

La presa del Grifondoro sulle sue braccia era talmente ferrea da farle male e, considerato quanto il suo corpo fosse indolenzito dal freddo, la ragazza era convinta che presto avrebbe smesso di sentirle del tutto. Non cercò di liberarsi, non pensò nemmeno di farlo. Le sue stesse dita erano ancora arpionate saldamente alla fradicia stoffa rossa della divisa dell’altro.

Respiravano affannati, le loro fronti che si sfioravano appena e la scopa che fluttuava faticosamente nell’aria. Dopo un tempo infinito, o, forse, dopo solo pochi secondi, entrambi lasciarono la presa sull’altro. Daria posò entrambe le mani sulla porzione di manico tra le sue ginocchia e quelle dell’amico, nel tentativo di stabilizzare un minimo la scopa. Al, invece, infilò una mano in tasca e ne estrasse una pallina dorata grossa quanto una noce.

Sfoderò un sorriso che forse voleva essere strafottente e compiaciuto, ma era, in realtà, solo debole e appena accennato. “Te… te l’avevo detto… c-che.. avremmo v…vinto noi”.

Lei gli lanciò quella che, nei suoi intenti, doveva essere un’occhiataccia raggelante, ma probabilmente ne era solo una pallida imitazione tremolante. “S…solo perché ho.. s-scelto di salvarti la v-v..vita, …M-Mini-Potter”. 

“Al! Stai bene?” La voce preoccupata, terrorizzata di Rose li rimise finalmente in contatto con il resto del mondo. Dietro la rossa, tutti i giocatori di Grifondoro e Dave si stavano avvicinando ad una certa velocità.

“Sto bene, sto bene”. Fece lui, sorridendo rassicurante come per confermare le sue parole. Il respiro finalmente normale.

Daria lanciò un’occhiata ammonitrice a Rose e  Lily, che sembravano assolutamente intenzionate a saltare al collo del cugino e fratello per abbracciarlo. “Non pensateci nemmeno. Sono appena riuscita a riportarci in equilibrio”.

 

 

***

***

 

 

“Però non riesco proprio a capire cosa sia successo alla mia scopa. Mi ha disarcionato all’improvviso, senza motivo”.

“Hai ragione, non ha senso. Le nostre scope sono in perfetto stato e dotate dei più potenti incantesimi di protezione in commercio”. Rose annuì alle parole di James: zio Harry aveva sempre avuto una strana fissazione per gli incantesimi difensivi delle scope dei figli.

Mamma dice che ha a che fare con certi traumi della loro adolescenza.

“Già, ma dalla reazione della scopa è come se qualcuno vi avesse castato un potente malocchio... non c’è altra ragione per cui un manico in perfette condizioni avrebbe disarcionato il suo cavaliere”. Commentò Fred, pensieroso. Rose, però, sapeva bene che gli incanti di protezione erano troppo forti per poter essere spezzati da una sola persona per quanto potente.

“Gli incantesimi di difesa erano troppo avanzati per essere superati dal malocchio di un solo mago. Devono essere stati almeno tre o quattro”.

Detestava ammetterlo, ma le considerazioni di Malfoy avevano appena dimostrato per l’ennesima volta quanto il loro modo di ragionare fosse simile e le loro menti sincronizzate.  Comunque non gli avrebbe lasciato la soddisfazione di essere l’unico ad avere deduzioni brillanti. “Probabilmente quattro, posizionati ai quattro punti cardinali, per attaccare la scopa in contemporanea da punti diversi e spezzarne definitivamente le difese”.

“Papà deve aver pensato la stessa cosa”. Fece James, voltandosi ad osservare la folla agitata degli spettatori. “Non ha permesso a nessuno di lasciare il proprio posto”.

Al sospirò pesantemente. “Anche così non penso cambierà molto. Ci sono troppe persone perché gli auror possano interrogarle tutte. Senza contare che non ci sono prove per dimostrare che si sia trattato veramente di malocchio: la mia scopa è probabilmente andata in pezzi”.

“Hai ragione, maledizione! Se solo avessimo un modo per restringere il campo!”

“Quello” Esordì Daria, che fino a quel momento non aveva proferito parola. “forse posso farlo io”. Si prese una breve pausa, poi spiegò. “Si può dedurre molto dal battito cardiaco di una persona. Quasi tutto”. Poi la cercatrice chiuse gli occhi e Rose alzò una mano per bloccare le proteste e le perplessità degli altri.

Il fatto che Daria avesse scelto di usare il proprio udito in quel modo lasciava un po’ perplessa anche lei, ma si fidava ciecamente dell’amica e del suo giudizio. Perciò, anche se lei non vedeva come sarebbe riuscita a distinguere gli aggressori dal loro battito cardiaco, quando probabilmente la gran parte degli spettatori era agitata,  aveva l’assoluta certezza che l’italiana avesse un asso nella manica.

Infatti solo una manciata di secondi dopo, Daria spalancò gli occhi blu. “Gradinata est: posto 9, fila 15. Gradinata sud: posto 3, fila 7. Gradinata ovest: posto 17, fila 2. Gradinata nord: posto 12 fila 20”.

Tutti loro si voltarono di scatto nel tentativo di localizzare le persone indicate dall’italiana. “Ho già comunicato la cosa al padre di Rose. Terranno in considerazione le nostre deduzioni”.

 

 

***

***

 

Daria non aveva mai apprezzato tanto come in quel momento il fatto che lo spogliatoio femminile di Serpeverde fosse utilizzato solo da lei e Rose, in quanto uniche ragazze della squadra. La situazione era la stessa anche a Grifondoro, ma Lily diceva sempre di non ritenersi altrettanto fortunata: lei non divideva lo spogliatoio con la sua migliore amica, ma con la Baston e la piccola Potter, per solidarietà con Rose, non aveva mai provato una grossa simpatia per la compagna di squadra.

Chissà perché quel terremoto dai capelli rossi con tutte le magnifiche cugine che ha, ha scelto proprio Rose e me come sue sorelle maggiori e suoi esempi.

L’italiana si rendeva perfettamente conto di quanto fosse strano concentrarsi su pensieri simili in un momento come quello. Il suo, però, era un comportamento assolutamente motivato: stava facendo di tutto per non vedere le immagini che continuavano ad affollarle la mente .

Un gemito di fastidio e dolore le scappò dalle labbra, richiamando l’attenzione di Rose. “ Tutto ok, Al?”

“Solo un po’ di mal di testa. Niente di che”.  Daria scosse il capo esasperata, mentre le immagini si facevano sempre più difficili da ignorare. Si sfregò gli occhi e mugugnò con voce rotta. “Tuo.. padre ci sta aspettando qui fuori… gli auror vogliono… farci delle domande… Specialmente a me..”

Rose le rivolse un’occhiata preoccupata, probabilmente per via del suo tono, ma non le chiese come facesse a saperlo e l’italiana apprezzò infinitamente la cosa: non le piaceva mentirle. Quel giorno l’aveva fatto e probabilmente sarebbe stata costretta a farlo ancora, presto. Di certo avrebbe dovuto mentire ad altri: a breve avrebbe dovuto rispondere ad un milione di domande e non lo avrebbe fatto con la verità. Non poteva farlo con la verità.

La verità avrebbe portato solo a problemi e domande che lei non si voleva porre, a cui non sapeva rispondere, a cui non voleva rispondere.

Il fatto che tutti lì pensassero che non sapesse mentire, poi, giocava a suo favore. In un certo senso avevano anche ragione: la Daria che conoscevano loro, quella che studiava ad Hogwarts ed era un’adolescente magica più o meno normale, era incapace di mentire e non lo aveva mai trovato necessario. Quello, però, era, in realtà, solo uno dei suoi modi d’essere: la ragazza era infatti perfettamente conscia dell’esistenza di due “versioni” di se stessa.

La Daria che l’Inghilterra conosceva era una riservata ragazza di sedici anni, un’adolescente intelligente e tranquilla che faceva di tutto per mantenere un profilo basso e non attirare l’attenzione.   

L’altra versione, quella italiana, era molto meno simile ad una normale teenager e molto più vicina al prototipo del leader ideale, era la sedicenne che aveva l’ammirazione e il rispetto di un intero popolo e godeva della massima influenza sui maghi e sulle famiglie più potenti del paese.

Non si trattava di due persone diverse, né, tantomeno, di due personalità distinte, era solo questione di necessità. Quando era lì, in Inghilterra, poteva essere chi voleva essere davvero, poteva avere uscite imbarazzanti, ridere, scherzare, arrabbiarsi. Non aveva bisogno di mantenere sempre il contegno o di essere sempre impeccabile. Non aveva sempre gli occhi di qualcuno puntati addosso né un ruolo ben definito a cui conformarsi, di conseguenza, il lato più controllato e Serpeverde della sua personalità non era mai davvero venuto fuori. Fino a quel momento.

Adesso aveva dovuto accettare la realtà: per uscire da quella situazione avrebbe dovuto usare quelle abilità che di solito era ben contenta di lasciar riposare e di non dover usare quando era ad Hogwarts in mezzo ai suoi amici. Avrebbe dovuto tirar fuori quella “versione” di se stessa.

Quella che era bravissima a mentire e a manipolare la verità, a suo piacimento. Quella che non avrebbe avuto problemi a rispondere a domande scomode, come ad esempio in che modo fosse riuscita a prendere Al o come mai avesse reagito come se sapesse già cosa stava per succedere. Quella che non avrebbe avuto difficoltà a mentire, a dire di essersi semplicemente affidata al suo infallibile sesto senso. Quella che non avrebbe esitato a trarre vantaggio dal fatto che i suoi interrogatori non avessero idea di quanto vago e approssimativo fosse in realtà il sesto senso degli Eredi.

“Beh, immagino che sia normale dopo quanto è accaduto. Sono sicura che non sarà niente di duro o traumatico”. Rose le passò un braccio sulle spalle e Daria trasse un profondo respiro, mentalmente pronta ad affrontare qualunque domanda decidessero di porle. Varcarono la soglia dello spogliatoio assieme, ciascuna presa dai propri pensieri.

Ron Weasley le stava aspettando lì fuori. Aveva un’espressione preoccupata, ma quando le vide uscire sorrise rassicurante. Le salutò con calore e cominciò a sommergerle di parole entusiaste. Daria non ne ascoltò nemmeno una.

Il suo cervello veniva bombardato sempre più intensamente da quintali di immagini, che le scorrevano davanti agli occhi come un fiume in piena. Più cercava di ignorarle, più loro aumentavano ed erano così tante e coì vorticose da causarle un profondo e intenso mal di testa.

Se continua così, non so quanto reggerò ancora.

 

 

***

***

 

 

Suo padre le aveva condotte in una stanza del castello dove, insieme al resto della loro squadra e a quella di Grifondoro, avrebbero aspettato di essere interrogate. Daria era stata l’ultima ad essere chiamata nella stanza adiacente, in cui Alaric Jones, un compagno di squadra di suo padre, e un altro auror che Rose non conosceva, avevano posto loro le domande del caso. I primi a venir chiamati erano stati i giocatori meno coinvolti con gli eventi della mattina: quasi tutti i serpeverde e la Baston.

Nella stanza spoglia, ad aspettare che l’italiana finisse erano rimasti in otto: lei, Dave, Albus, Lily, James, Fred, Hugo e Malfoy.

Rose sospirò pesantemente. Le attese non le erano mai piaciute particolarmente, ma quella volta era anche peggio del solito. Sentiva di stare per esplodere. Lo shock, l’ansia, il terrore che si era tenuta dentro fino a quel momento minacciavano di uscire. Non sarebbe riuscita a mantenere il controllo ancora per molto e non aveva la benché minima intenzione di perderlo in presenza di altre persone, nemmeno di Daria o Al. Allo stesso tempo, però, voleva aspettare che l’amica tornasse: si era resa conto che nemmeno lei sembrava pienamente in controllo di se stessa.

Quando mio padre ci ha accompagnati qui, non ha detto una sola parola e penso che non abbia sentito nulla di ciò che abbiamo detto noi. Non è da lei, estraniarsi così dalla conversazione.. ha fatto preoccupare persino pa’..

“Non ci stanno mettendo un po’ tanto? Daria sarà lì dentro da almeno dieci minuti”.

“è normale”, rispose Rose con la sua solita logica. In quel momento era l’unica cosa, insieme al suo orgoglio, a cui la ragazza poteva ancora aggrapparsi per continuare ad apparire tranquilla. “Dopotutto è stata lei a dedurre l’identità dei sospettati”.

Gli altri annuirono nervosamente al suo ragionamento. Erano tutti agitati e sul chi vive. Ciò che era accaduto durante la partita li aveva scossi tutti profondamente.

Per assurdo, l’unico ad apparire calmo era Al. Ma, d’altra parte, era anche l’unico che non era stato trascinato lì direttamente. Quando era sceso dalla scopa di Daria l’avevano portato immediatamente in infermeria per controllare che fosse tutto a posto.

Rose immaginava ne avesse approfittato per sfogarsi: quando erano ancora in cielo a fare deduzioni gli occhi di suo cugino erano spalancati, le pupille che vagavano erratiche. Non c’era stato bisogno di essere un medimago per capire che si trovava sotto shock.

La stessa cosa che succederà a me di fronte a tutti, se Daria non si sbriga a tornare.

Proprio mentre formulava questo pensiero, la porta si aprì lentamente. L’espressione controllata e indifferente della ragazza cadde non appena i suoi occhi blu si posarono sui volti preoccupati dei suoi amici.

Rose la vide cercare di forzarsi un sorriso tranquillo in viso e fallire, prima che le sue palpebre si chiudessero e le sue gambe cedessero, facendola cadere a terra. Albus che era il più vicino la afferrò prima che toccasse il pavimento.

La ragazza dai capelli rossi rimase per qualche secondo immobile a fissare l’amica svenuta.

Stava combattendo una dura battaglia interiore. Lo shock minacciava di avere la meglio su di lei.

No! Non adesso! Manterrai il controllo ancora per qualche minuto! La tua migliore amica ha bisogno di te!

Si avvicinò ad Albus che teneva Daria tra le braccia, con un’espressione sorpresa e preoccupata in volto. Mai preoccupato quanto il fratello che lo sovrastava continuando a ripetere il nome dell’amica, come una chioccia agitata. Rose gli schioccò le dita sotto al viso per attirare la sua attenzione. “Così non l’aiuti, Jam”.

“Come fai a restare così calma? La tua migliore amica è appena svenuta!”

Calma? CALMA James? Ma se sto dando fuori di testa! “Cerco solo di comportarmi nel modo più utile per lei”. Giusto devi esserle utile e poi dartela a gambe per perdere il controllo da qualche parte dove nessuno possa vederti.

La guardò più da vicino e le posò una mano sul viso, toccandole la pelle ghiacciata, la strana sensazione che la sua energia venisse risucchiata la colpì all’istante, strappandole un sospiro sollevato. Era una reazione che conosceva bene quella. “Non è nulla di grave. Svenimento da abuso di poteri”. Mormorò riportando lo sguardo su James. “Se non volete finire come lei vi consiglio di non toccare la sua pelle nuda”.

“Eh?”

“In questo momento il suo corpo è affamato di energia. Se toccate la sua pelle nuda assorbirà la vostra”.

“Stai scherzando spero? La mia Daria non è una specie di mostro succhia-energie!”

“Mai detto questo James. Senti è complicato.. lei ti saprà spiegare meglio”.

“D’accordo. Quindi come la aiutiamo?”

Rose sospirò ancora alla giustissima domanda di Albus. Quella proprio non ci voleva. “Dovrò andare nel nostro dormitorio. Daria tiene una boccetta di essenza di mare nel baule proprio per casi come questo”.

“Essenza di mare?” Chiese la voce di Lily da dietro di lei. Rose lanciò una rapido sguardo alle proprie spalle e solo in quel momento si rese conto che tutti gli occupanti della stanza si erano radunati attorno a loro.

“Già l’odore del Mar Mediterraneo la aiuta a riprendersi in questi casi”. Poi, precedendo le loro domande, aggiunse: “Anche questo è complicato. Vi spiegherà tutto lei”. Si raddrizzò preparandosi a scendere fino ai sotterranei per prendere la boccetta.

Spero solo di arrivarci

“Allora non c’è bisogno che tu vada, Rosie”. La voce del cugino la bloccò sul posto e portò la Serpeverde a voltarsi per guardarlo. Al aveva piegato le gambe per riuscire bilanciare meglio il proprio peso e quello della ragazza e poter passare un braccio sotto le ginocchia dell’amica. Mentre l’altro braccio andava a circondarle la schiena tirando il corpo dell’italiana più vicino a quello del Grifondoro.

“Senza offesa, Albus, ma penso proprio che ce ne sia bisogno, eccome. Tu di certo non puoi entrare nel dormitorio femminile di Serpeverde”.

Pure aggressiva! Andiamo bene, rossa! Mi dicono che questa cosa del mantenere il controllo sta funzionando davvero alla grande.

“Non è per quello, Ros… è che ho lo stesso odore del suo mare”. Poi Albus abbassò lo sguardo sulla ragazza che teneva tra le braccia, negli occhi un misto di dolcezza, preoccupazione e orgoglio, e aggiunse quasi in un sussurro. “Almeno stando a quanto dice lei”.

Rose abbandonò improvvisamente la posa aggressiva. “Ah bene. Allora te la affido”. Poi raccolse la sua borsa da terra ed uscì, fuggì dalla stanza. Talmente di fretta da non rendersi conto di essere seguita.

 

 

***

***

 

La prima cosa che Daria realizzò riprendendo conoscenza fu l’intenso profumo di acqua di mare.

La seconda che qualcuno stava sfiorando le sue labbra con le proprie.

Da questi due dati la mente annebbiata della ragazza dedusse la terza: Al la stava baciando.

Un secondo dopo, quando Albus si allontanò dal suo viso, Daria dovette reprimere un mugugno infastidito. Era piacevole! Più per l’energia che quel contatto le stava fornendo che per il contatto in sé, certo. Ma restava il fatto che fosse piacevole.

Poi cominciò un dondolio cadenzato e Daria prese coscienza anche delle braccia che la stavano sostenendo.

Ah sta camminando con me in braccio. Per andare dove?

Dopo qualche altro secondo la serpeverde decise che quello era qualcosa che non sarebbe riuscita a dedurre da sola, perciò spalancò gli occhi scuri, battendo le palpebre un paio di volte prima di riuscire a mettere a fuoco la sagoma del ragazzo che la teneva tra le braccia.

“Mini-Potter?”

Lui smise di camminare e abbassò lo sguardo a incontrare il suo. “Ben svegliata, De Lupo”. Poi incurvò le labbra in un sorriso dolce e sollevato che la fece sorridere a sua volta.

“Dove mi porti di bello?”

“Nel tuo dormitorio”. Rispose, lui senza distogliere lo sguardo. Poi, le rivolse una smorfia di rimprovero, smorzata impietosamente dai suoi grandi occhi verde chiaro che riflettevano ancora troppo sollievo per poter essere davvero ammonitori. “Pare che qualcuno qui abbia esagerato un pochino con certi poteri particolari”.

La Serpeverde sbuffò e si mosse a disagio tra le sue braccia. Era vero, ma non l’aveva fatto volontariamente.

Dall’istante in cui mi sono affidata a loro per salvarti, quelle maledette visioni non mi hanno dato tregua. Ho visto così tante cose, volti e scenari… anche solo ripensarci mi fa girare la testa.

Le immagini avevano continuato a vorticarle impetuose ed impietose nella mente, senza controllo. Susseguendosi con una tale rapidità che, se anche avesse voluto, non sarebbe riuscita a vederne comunque nessuna. Ma lei non aveva voluto e continuava a non volere, quindi almeno quello andava bene.

Per lo meno adesso pare che abbiano deciso di lasciarmi in pace.

“Immagino sia stato tu a prendermi, quando sono svenuta”.

“Ho ricambiato il favore”. Scherzò lui con uno dei suoi sorrisi smaglianti.

Daria scosse il capo, sorridendo a sua volta, e allungò una mano per lasciargli una carezza sul viso. La pelle di Al era più liscia e morbida di quanto si aspettasse e l’italiana sentì le proprie dita formicolare piacevolmente. “Grazie”. Sperava davvero che i suoi occhi riuscissero a trasmettergli tutta la sua gratitudine e il suo sollievo a saperlo sano e salvo. Quelli verdi di Al ci riuscivano benissimo, con un’intensità tale da costringerla a stemprarla e ad abbassare lo sguardo. “Ora puoi mettermi giù”.

“E vederti svenire di nuovo? No, grazie. Preferirei non ripetere l’esperienza”.

La ragazza spostò la mano dal suo viso, riportandosela in grembo, e risollevò gli occhi blu ad incontrare quelli dell’altro. Sulle labbra carnose spiccava un malizioso sorrisetto di sfida. “Uff, e io che volevo farti un favore! Darti un’altra occasione per farti bello ai miei occhi e poi baciarmi mentre sono incosciente”.

Spostò di nuovo lo sguardo: non aveva bisogno di vederlo per sapere che era appena arrossito impietosamente. Se c’era una cosa che aveva imparato in quel mese e poco più di amicizia, era che Albus nei rapporti con l’altro sesso era imbranato quasi quanto lei.

Non so fino a che punto si sia spinto con Viperanda, ma tanto in là non devono essere andati. Lo imbarazzano le stesse cose che imbarazzerebbero me… che imbarazzano me. Si corresse, sentendo il rossore salirle alle guance, mentre si rendeva conto che quella particolare realizzazione le faceva un po’ piacere.

“Comunque dico sul serio. So di essere pesante, non è il caso che ti sforzi ulteriormente. Posso camminare, davvero”.

“Se lo permettessi, poi verrei torturato e ucciso da almeno quattro o cinque persone. Vedila così: è il mio modo per dimostrarti che dovresti smetterla di chiamarmi “Mini-Potter””.

“Sai che non accadrà mai, vero?” Controbatté lei, prendendolo in giro.

Suo malgrado, però, doveva ammettere che non stava male, anzi. Farsi portare in braccio da lui era piacevole. E caldo.

Aveva sempre adorato sia il Quidditch che le arti marziali, ma non ne aveva mai apprezzato così tanto gli effetti.

Sentiva un confortevole calore irradiarsi dalle sue ginocchia e dalla sua schiena e tutto il suo corpo sembrava perfettamente, sorprendentemente consapevole sia di ogni singolo, minuscolo punto in cui era in contatto con quello del Grifondoro, sia di tutti i muscoli che permettevano all’amico di reggere il suo peso.

Quando lui riprese a camminare lentamente, Daria si mosse appena per cercare una posizione più comoda tra le sue braccia. Finì col posare la testa nell’incavo del collo del ragazzo, il colletto della sua camicia che le solleticava lievemente la guancia. Chiuse gli occhi, strofinando meglio il naso contro la sua pelle per respirarne più a fondo l’odore, e lasciò che una sua mano si posasse sul petto del Grifondoro, alla stessa altezza del cuore.

Daria non seppe mai dire se, a tranquillizzarla, fu il battito regolare del ragazzo, o i muscoli ben delineati su cui poggiavano le sue dita. Forse furono entrambi.

 

 

***

***

 

 

Rose non era riuscita ad andare molto lontano, aveva svoltato appena un paio di angoli, prima che il tremore cominciasse. Spasmi incontrollati continuavano a scuoterle tutto il corpo, con violenza. “Maledizione”. Sputò tra i denti, mentre tentava invano di impedirgli di battere. Chiuse i luminosi occhi azzurri, lasciò cadere la borsa atterra e strinse le braccia attorno al corpo.

Maledizione! Maledizione! Maledizione!

Non riusciva a cancellarsi dalla memoria l’immagine del corpo di Al che cadeva inerte e ogni volta che lo visualizzava sentiva anche la stessa impotenza che aveva provato in quel momento di fronte alla quasi morte del suo migliore amico e cugino.  Pensare alla propria disarmante incapacità di reagire, di fare qualcosa per salvarlo la riempiva di terrore e rabbia e portava a quegli stupidi, maledetti spasmi.

Se non fosse stato per la prontezza di Daria, Al non sarebbe qui. Mio cugino sarebbe qui.

Era l’unico pensiero che la sua mente spezzata riusciva a formulare e continuava a tormentarla a ciclo continuo.

Ha rischiato di morire. È quasi morto.. morto.. mio cugino. Albus, morto.

No! Sta bene. Daria l’ha preso.

Daria… Daria è svenuta! Albus quasi morto.

Albus cadere sempre più giù. Il suo corpo inerme avvicinarsi velocissimo, inarrestabile al terreno. Daria cadere anche lei, svenire. Al perdere la presa, precipitare.

NO! BASTA! BASTA! Stanno bene, loro stanno bene

Ma gli spasmi continuavano, facendosi sempre più forti e Rose sentì gli occhi pizzicare: calde lacrime premevano per uscire.

Proprio credeva di essere sul punto di rompersi, di spezzarsi in milioni di minuscoli frammenti, un paio di braccia calde e solide la avvolsero da dietro, impedendole di andare in frantumi.

Nonostante il tremore e lo stato emotivo disastrato, Rose riuscì a girare rapida su se stessa e a dare uno spintone al ragazzo, allontanandolo da sé. Con gli occhi lucidi di lacrime che non avrebbe lasciato uscire, la Serpeverde mise lentamente a fuoco la sagoma di un ragazzo biondo, bello come il peccato.

Scorpius Malfoy la stava guardando, la pallida fronte corrugata in quella che sembrava essere un’espressione preoccupata. La mente di Rose, troppo scossa per sorprendersene o per leggerne le altre sfumature, riuscì solo a realizzare che, per quanto il suo corpo bramasse quell’abbraccio, il ragazzo di fronte a lei era l’ultima persona sulla faccia del pianeta da cui avrebbe voluto farsi vedere in quello stato.

“Rose”. Il suo nome pronunciato con quella dolcezza ed attenzione dalle labbra di Malfoy, la scosse dentro causandole l’ennesimo brivido. Ciò nonostante, la Serpeverde riuscì a tirar fuori abbastanza voce da mormorare “Vattene”.

Il ragazzo scosse il capo, senza spostare gli occhi grigi dalla sua figura tremante, e sollevò entrambe le mani chiuse a pugno. “Guarda”.

Lei lanciò una rapida occhiata, incuriosita e rimase a bocca aperta. La mano sinistra del biondo era coperta di escoriazioni e graffi sulle nocche, piccole croste coprivano dei tagli che, pur non essendo profondi, dovevano causare dolore e fastidio e la pelle tutt’attorno era arrossata ed irritata. Il pugno destro verteva in condizioni ancora peggiori: dalla nocca dell’indice a quella dell’anulare non c’era nemmeno un millimetro di pelle, la carne nuda era esposta e, anche se aveva smesso di sanguinare, la crosta sembrava essere ben lungi dal formarsi.

“Ciascuno sfoga lo shock a modo proprio. Tu tremi, io prendo a pugni i muri”.

“Bene, vedi di andarlo a fare da un’altra parte”. Quello che nelle sue intenzioni doveva e voleva essere un sibilo minaccioso, in realtà le uscì solo come un misero, flebile sussurro.

“Avanti, voglio solo aiutarti Weasley”.

Lei, incapace di parlare senza cominciare a balbettare in modo sconnesso, scosse violentemente la testa e fece un passo indietro.

Il Grifondoro trasse un profondo respiro, poi fissò gli occhi grigi in quelli azzurri della ragazza. “Ti prego, Rose. Non posso… non riesco a vederti così. Ti prego”.

Lei testarda, scosse ancora il capo, andando contro a ciò che il suo corpo e la sua mente annebbiata e scioccata le stavano chiedendo. L’orgoglio unico baluardo alle sue difese.

“Quando ti sarai ripresa ti concederò di obliviarmi. Sarà come se io non ti avessi mai trovata, come se nessuno ti avesse mai vista in queste condizioni”.

A quelle parole gli occhi chiari della Serpeverde si spalancarono, mentre anche l’ultimo minuscolo brandello di resistenza andava in pezzi.

Scorpius Malfoy fece un paio di passi verso di lei, fino ad azzerare la distanza che li separava, poi avvolse la ragazza tremante tra lei sue braccia. Rose, scossa dagli spasmi, passò le proprie dietro la schiena del biondo, aggrappandosi disperatamente alle sue spalle per restare in piedi, per evitare di andare in frantumi.

 

 

 

 

Mi scuso moltissimo per il ritardo. Ho avuto i miei motivi, ma questo non giustifica un’assenza così prolungata. Spero solo che questo capitolo, possa rimediare almeno in parte. E giuro che il prossimo è già in cantiere e non dovrei impiegarci troppo ad aggiornare di nuovo.

Ah qualche tempo fa ho scritto due flashfic POV Alvus e POV Scorpius ambientate nel capitolo 10 se vi va di dare un’occhiata queso è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1480746&i=1

 

Un bacio

AiraD

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: AiraD