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Autore: Imapopcorn    02/11/2013    2 recensioni
“Dita da artista” aveva pensato Bert la prima volta che le aveva guardate con più attenzione, chiuse intorno ad una matita, intente a disegnare un'occhio così tremendamente simile al proprio. Persino la curva sottostante dello zigomo coincideva, il modo in cui l'arcata del sopracciglio degradava dolcemente fino alla tempia.
Non appena gli occhi verdi di quel ragazzo dal sorriso storto avevano incontrato i suoi, le stesse dita nascosero il taccuino sotto la felpa scura.
Quando le trasse fuori, i polpastrelli erano argentati di grafite.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bert McCracken
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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- Bert, cazzo, sta’ fermo un attimo.-


Gerard guardò il ragazzo dai capelli lunghi agitarsi per la stanza attraverso il vetro verde di una bottiglia di birra, con aria annoiata.


Spartiti, fogli riempiti da una scrittura disordinata che spesso sfociava in scarabocchi nervosi ingombravano il pavimento insieme ad almeno tre posacenere altrettanto ingombri di sigarette consumate fino all'ultima briciola di tabacco prima del filtro.


-You can stay and watch me fall, and of course I’ll ask for help-


Bert camminava per la stanza con sguardo assorto, fumando nervosamente l’ennesima sigaretta e fulminando qualsiasi oggetto il suo sguardo incontrasse, come a dare la colpa ad esso per la sua mancanza d’ispirazione. Non appena la sigaretta giunse al termine, con un’imprecazione il cantante la buttò in un posacenere e si lasciò cadere sul divano, accanto a Gerard che nel frattempo tentava di estrarre il significato della vita da una bottiglia di birra ormai vuota.


Era abituato agli sfoghi nervosi di Bert, al modo in cui le sue spalle si irrigidivano mentre camminava a falcate larghe e frettolose per la stanza, alla sfumatura, simile al colore del mare prima di un temporale, che screziava i suoi occhi quando le sopracciglia si corrugavano leggermente l'una verso l'altra in una perenne espressione accigliata che non scioglieva i suoi lineamenti fino a quando non trovava la scintilla giusta.


In un sussurro l'altro lesse l’ultima frase che aveva scribacchiato su un foglio stropicciato e strinse gli occhi con un mugolio frustrato a labbra strette che sfociò in un ringhio quasi ferino.


Gerard lasciò affiorare alle proprie labbra un mezzo sorrisetto, tra il divertito e il paziente, prima di apostrofare il moro, senza distogliere lo sguardo dal vetro scuro della bottiglia, sul quale correva ancora qualche goccia di condensa.


-Allora, micetto, hai finito di ringhiare al gomitolo di lana o intendi continuare ancora per molto?-


-Ti odio.-


Gerard sollevò lo sguardo al soffitto, senza distendere il sorriso, e posò la bottiglia per terra, scuotendo la testa. Con un sospiro si passò una mano tra i capelli e prese uno dei fogli buttati alla rinfusa per terra, leggendo ad alta voce.


-I’m melting in your eyes like my first time that I caught fire. Just stay with me, lay with me, stay with me, lay with me now. You can stay and watch me fall and of course I'll ask for help….cerchi il continuo per questa roba?-


In risposta ottenne solo un altro ringhio e Bert si alzò, raggiungendo il letto poco distante e sdraiandovisi pesantemente.


Afferrò una pallina blu scuro poggiata sul comodino e cominciò a lanciarla sul soffitto, segnato da piccoli puntini dello stesso colore lasciati dalle innumerevoli serie di impatti precedenti che duravano a volte anche per ore in cerca di un’idea.


Ma stavolta i tonfi regolari smisero dopo solo un minuto, fermati da una mano pallida e dalle dita affusolate che bloccò a mezz’aria la pallina, poggiandola poi sul ripiano di legno scuro sul quale giaceva fino a poco tempo prima.


Dita da artista” aveva pensato Bert la prima volta che le aveva guardate con più attenzione, chiuse intorno ad una matita, intente a disegnare un'occhio così tremendamente simile al proprio. Persino la curva sottostante dello zigomo coincideva, il modo in cui l'arcata del sopracciglio degradava dolcemente fino alla tempia.


Non appena gli occhi verdi di quel ragazzo dal sorriso storto avevano incontrato i suoi, le stesse dita avevano nascosto il taccuino sotto la felpa scura.


Quando le aveva tratte fuori, i polpastrelli erano argentati di grafite.


Gerard gattonò sul materasso e si sdraiò accanto all’altro ragazzo con un sospiro, portando le mani dietro la propria nuca.


-Quante volte ho detto che ti odio?- borbottò Bert, senza distogliere lo sguardo dal soffitto.


-Mai quante quelle in cui hai detto che mi ami- Fu la laconica e subitanea risposta che gli giunse.


Uno storto sorrisetto soddisfatto fece capolino sulle labbra sottili di Gerard e le sue iridi verde-nocciola corsero a sbirciare la reazione di Bert con un luccichio divertito ad illuminarle nella penombra della stanza dalle pareti scure.


-Non..io..- l’altro cantante si voltò e piantò lo sguardo cristallino nel suo, assottigliandolo in un tentativo di intimidazione –Questo non vale, Way-


Per niente impaurito da quegli occhi, schiariti dal colore della collera a quello limpido della calma, Gerard si sollevò a sedere contro il muro retrostante al letto e sospirò con aria di sufficienza, addolcendo la propria espressione in un sorriso appena intenerito, prima di gattonare lentamente verso Bert, fino a trovarsi sopra di lui.


La seconda cosa che aveva notato dopo il sorriso storto di quel ragazzo unico nel suo genere, erano le movenze. C'era qualcosa nel modo in cui metteva le gambe quando si sedeva, nel passo tutto suo, nei mille gesti che accompagnavano ogni suo discorso che lo rapiva e magnetizzava il suo sguardo su di lui.


Il suo respiro regolare faceva fremere le punte dei capelli corvini di Gerard che gli sfioravano le guance; le loro labbra erano le une a pochissima distanza dalle altre.


-Rilassati, amore- sussurrò Gee. Le sue labbra sfiorarono quelle dell'altro con delicatezza, le baciarono e le sfiorarono più e più volte, portando via, ogni volta che si allontanavano, parte delle preoccupazioni di Bert, che ricambiò ogni singolo bacio, accarezzando la nuca chiara del ragazzo coperta dal velo scuro dei suoi capelli.


Si separarono per l'ennesima volta, per un secondo, si guardarono negli occhi: lo sguardo di Bert aveva perso ogni traccia di tempesta.


Fu lui il primo ad annullare nuovamente le distanze tra di loro, stringendo la presa sui capelli dell’altro con delicatezza, attento a non fargli del male, e riprendendo il contatto con le sue labbra.


Lasciò che si scontrassero, si coccolassero, ma dopo poco non bastò più, erano troppo lontani, nonostante fossero a pochi millimetri di distanza


l’uno dall’altro.


Stavano inseme da tre anni. E non si era mai saziato delle sue labbra, dei suoi baci, della sua pelle sotto i polpastrelli, di lui.


Anelava sempre a quel profumo semplice, quasi impercettibile, cercava ovunque quel sorriso storto, non perdeva mai occasione di giocare distrattamente con quelle dita spesso sporche di pittura e quando vi scorgeva qualche traccia argentata, sorrideva. Ogni sua carezza era una boccata d’aria fresca nella monotonia di ogni giorno, e forse era quello, ciò che amava di più.


Sapeva che lui era lì, accanto a lui, che si sarebbe voltato e avrebbe perso un battito, perché no, non si sarebbe mai abituato al distendersi di quei lineamenti dolci in un sorriso e all'illuminarsi di quelle pozze verdi screziate d'oro brunito.


Socchiuse gli occhi per cogliere qualche dettaglio del suo viso e si lasciò scappare un lieve sorriso contro le sue labbra, mentre le sue mani correvano lungo la sua schiena seguendo la quasi impercettibile traccia della spina dorsale sotto la stoffa della maglia.


Un dolce morso catturò il labbro inferiore di Gerard, prima che la punta della lingua di Bert lo sfiorasse con delicatezza, approfondendo il bacio senza invadenza.


Quel contatto iventava di secondo in secondo più bollente, dalla fiammella morbida di una candela divenne uno scoppiettante falò estivo le cui fiamme lambivano le stelle incastonate nel velluto nero della notte.


Le ginocchia di Gerard si strinsero ai fianchi di Bert, le sue mani lasciarono il materasso su cui si erano poggiate fino ad allora per andare ad accarezzare il suo petto lentamente, lasciando trapelare da ogni singolo movimento il desiderio che cominciava a farsi strada tra la dolcezza dei movimenti.


Sentì i muscoli dell'altro tendersi tra le sue ginocchia mentre si portava su di lui, senza prepotenza.


Sentì le sue dita ruvide e lievemente callose intrecciarsi alle proprie, portando le loro mani ai lati del suo viso, contro il materasso.


I loro respiri solleticavano l’uno la pelle dell’altro e diventavano gradualmente sempre più corti e frequenti, le loro labbra si allontanavano di tanto in tanto per permettere ai due ragazzi di riempire i polmoni di un’aria della quale quasi non sentivano la necessità, tanto da smettere il bacio solo quando, allo stremo, si rendevano conto di essere al limite dell’asfissia.


Le mani dallo smalto nero sbeccato di Bert lasciarono quelle chiare e più aggraziate di Gerard per scorrere lungo i suoi fianchi, tastando ogni singola, lieve piega della sua maglia come a volerne oltrepassare la stoffa all’istante, troppo impaziente per aspettare di giungere all’orlo, sempre troppo lontano.


Un impercettibile sospiro sfiorò le labbra di Bert non appena scoprì il basso ventre dell'altro: nulla poteva mandarlo più fuori di testa della sua pelle sotto le mani, del suo calore contro il proprio corpo, nulla poteva estraniarlo dal mondo circostante tanto quanto Gerard.


Quelle stesse mani sfilarono la maglietta, lasciando nuda la pelle chiara sottostante, in netto contrasto con i suoi jeans neri.


La terza? La pelle così pallida da farlo sembrare un vampiro. Lo vide rimboccarsi le maniche mentre armeggiava con un groviglio di cavi intrecciati e rimase cinque secondi ad osservare quella pelle simile a carta intonsa, ancora non toccata dalle dita sporche d'inchiostro del poeta.


Solo dopo era giunto alla conclusione che lui stesso era poesia.


Il tempo scorreva denso come miele, morbido come le labbra di Gerard sulla spalla, sul collo di Bert, sotto la sua mascella e lungo di essa, solleticate dal lieve accenno di barba.


Ogni gesto diveniva pian piano più veloce, distinto da quella fretta che solo gli amanti hanno, la fretta di fare l’amore, di sentirsi vicini, di sentirsi unici.


Facevano l’amore.


Non solo tra le lenzuola, ma giorno dopo giorno, loro facevano l’amore, costruivano l’amore, non avevano niente tra le mani e ora avevano tutto; dagli sguardi diffidenti di Gerard verso quel ragazzo un po’ strano ed esuberante erano arrivati ai sorrisi sinceri di Bert come diretta conseguenza di quelli un po’ storti dell’altro.


E proprio uno di quei sorrisi un po' sbilenchi illuminò il viso di Gerard, prima che le sue labbra venissero catturate in un bacio e le mani di Bert scendessero lungo il suo corpo, leggere, veloci, strappandogli un lieve ansito.


E le loro anime erano lì. Si intrecciavano, danzavano al ritmo di quella musica antica come il mondo ma sempre nuova.


L'una scivolò nell'altra, come due colate di colore che si incontrano e formano un vortice di colori distinti prima di fondersi in un unica tinta.

















Gerard era bellissimo.


Sembrava uno di quei disegni a carboncino che adorava tanto: il viso abbandonato contro il cuscino era spruzzato del nero corvino dei capelli scarmigliati che ricadevano su di esso, stuzzicando appena le labbra schiuse.


Le ombre giocavano sul suo corpo, tra le dita distese sul cuscino, nella morbida curva del ginocchio lievemente piegato verso l'esterno, in mezzo ai morbidi drappeggi del lenzuolo tutt'intorno a lui.


Bert era sveglio accanto a lui, stretto alla sua schiena, intento a imprimere nella propria mente ogni singolo dettaglio di quel corpo tanto bello da togliere il fiato.


Ne aveva assaporato la mancanza nelle lunghe settimane di distanza durante i tour in giro per il mondo e conosceva ormai bene la morsa che serrava la gola ogni qualvolta il pensiero andasse a lui. Ma conosceva anche la sensazione che dava il ritorno, quella leggerezza tale da far pensare che il cuore avesse messo le ali e le sbattesse con tutta la forza possibile.


E si sentiva così, in quel momento, si sentiva leggero come la piuma di un pulcino trasportata dal vento, leggero e tremendamente felice.


Cinse i suoi fianchi con un braccio, affondando il viso con estrema delicatezza nell'incavo del suo collo per inspirarne a fondo il profumo. Profumo di pittura, di sigaretta e di birra, di lenzuola e d'inchiostro, di baci e respiri spezzati.


Avvolto da quel profumo, le palpebre si facevano pesanti, i muscoli si rilassavano, il respiro si regolarizzava fino a diventare lento e costante: il sonno lo avvolse nella sua spessa e suadente coltre. Ma, nel rigirarsi tra le lenzuola, un crepitio di carta stropicciata aprì uno spiraglio nella bambagia che lo circondava, costringendolo ad aprire gli occhi, non senza un'imprecazione biascicata tra i denti.


Bert afferrò il foglio sotto il proprio fianco quasi a volerlo strappare, ma si bloccò, paralizzato: sulla carta, candida nel buio della stanza, spiccavano le ultime parole che aveva scritto prima dell'arrivo di Gerard, in calligrafia disordinata e frettolosa.


You can stay and watch me fall, and of course I’ll ask for help.


Lo sguardo corse a Gerard. Sì, a lui avrebbe chiesto aiuto, avrebbe tentato di afferrare la sua mano, avrebbe messo da parte l'orgoglio per riversare in quegli occhi verde-nocciola la propria disperazione e vederla sbiadire come il nero della notte al lento sorgere dell'alba; avrebbe stemperato i propri difetti con dita da pittore pur di trovare il perfetto equilibrio dell'indaco.


D'improvviso, le parole corsero alle sue dita, che si animarono di febbrile agitazione nel cercare una penna, una matita, qualsiasi cosa potesse macchiare quel foglio così dannatamente bianco.


Una volta strette attorno a una penna, deformata da mesi e mesi di morsi, l'inchiostro scivolò sulla carta come fosse materia vivente, dotata di vita propria.


Just stay with me now.


Era tutto ciò di cui aveva bisogno. Gerard era la parte sana della mela marcia che Bert era, era la parte che lo salvava dall'esser buttato tra i rifiuti, era l'appiglio che gli impediva di cadere, la spinta che lo buttava nella mischia della vita e la mano che lo tirava fuori, quando questa gli faceva perdere la testa.


Take my hand.


Dita sporche di inchiostro intrecciate a dita macchiate di un'infinità di colori, un palmo ruvido contro l'altro, morbido come quello di un bambino: le loro mani dimostravano quanto fossero differenti, ma si intrecciavano perfettamente, si incastravano come pezzi di un puzzle mai trovati, di quelli nascosti sotto il coperchio della scatola, o caduti sotto il tappeto.


We could take our heads off


stay in bed just make love that's all


Fare l'amore e basta. Fare l'amore per sentirsi, per graffiarsi ed accarezzarsi, perchè sui graffi, le carezze si sentono di più; fare l'amore per non mancarsi, perchè ogni secondo separati è un'agonia, fare l'amore fine a sé stesso, quello che ti lascia senza fiato e senza sogni, perchè l'unico tuo sogno è accoccolato al tuo petto ed è nudo, nudo come te, nudo come il tuo volto, solitamente coperto da troppe maschere.


Erano poche righe, ma più che soddisfacenti. Bert posò carta e penna, si sdraiò nuovamente accanto a Gerard, quasi addosso a lui, lo strinse, tirando le lenzuola su di loro, come a proteggersi dallo sguardo del mondo, immobile davanti a qualcosa che nemmeno lui nella sua vastità poteva contenere.


Just stay with me now.















Bonsoir, gentaglia, come vedete, chi non muore, si rilegge. Rieccomi qua dopo un bel po' di tempo con questa slash che mi ha sempre allettato, nonostante i numerosi insulti ricevuti a causa di questa...ma a proposito di insulti, recensite, insultatemi, criticatemi, amatemi, odiatemi e procreate.


(Quello ci sta sempre.)


Alla prossima!





-Popcorn

   
 
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