Love and be loved in return
-“Stunnengly
pretty”? Her?! What was she judging against – a chipmunk?-
Pansy
chiuse di scatto la Gazzetta del Profeta e la lanciò sul tavolo con fare
stizzito.
-Avrebbe
dovuto vincere il chipmunk, allora.- le rispose Draco senza nemmeno degnarla di
uno sguardo e procedendo nel mangiare la sua colazione, il ciuffo biondo a
coprirgli metà del ghigno sulle sue labbra.
Pansy
incrociò le braccia al petto e tornò a fissare la prima pagina del giornale,
dalla quale un’Hermione raggiante le sorrideva aggrappata al braccio muscoloso
di Krum.
La
ragazza ringoiò a stento un verso di estremo disgusto: erano rivoltanti
insieme. Rivoltanti e così scontati!
Tutti
avrebbero scommesso sulla saputella dalla pelle d’avorio e l’aitante straniero;
non c’era nulla di particolare o di affascinante in quella coppia.
Pansy
sbuffò sonoramente e stava per lanciarsi sulle sue uova quando una risata
cristallina la obbligò a rivolgere lo sguardo verso il tavolo dei Grifondoro.
Poteva
vederla chiaramente, o quasi, tra le teste dei Tassorosso seduti al loro posto
tra il suo e quelli rosso-oro. Hermione stava ridendo, felice e a cuor leggero,
ignara del peso che lei aveva sullo stomaco da quando aveva aperto la Gazzetta
quella mattina. Rideva, a una qualche battuta idiota che doveva aver fatto
Potter, con gli occhi e con le labbra. Con il petto e con gli zigomi.
E Pansy
non lo poteva sopportare. Non quando aveva fatto di tutto perché la sua serata,
il suo mese, il suo intero anno
scolastico andassero allo scatafascio.
Cosa
aveva ottenuto parlando con quella Rita Skeeter? Nulla. Aveva gettato fango
sulla Granger e su Potter, dichiarandoli una coppia spacciata e sperando di
attirare così tanta pressione mediatica su di loro che Potter avrebbe fallito
le prove del Torneo e che Krum si sarebbe accorto del suo tempo sprecato dietro
quella mezzosangue. Aveva fatto del suo meglio, aveva seguito tutti i consigli
di Draco. Aveva spifferato di tutto alla più crudele giornalista del mondo
magico e aveva ottenuto solo una risata pura e schifosamente gioiosa da parte
della ragazza che, secondo i suoi piani, ora sarebbe dovuta essere chiusa in
qualche bagno a piangere.
Pansy
si morse nervosamente l’interno della guancia. Non poteva sopportarlo.
*
Cura
Delle Creature Magiche le era sempre piaciuta. Certo, odiava Hagrid e odiava il
dover condividere la lezione con il quarto anno Grifondoro, ma poi, quando
scopriva che la lezione era sugli unicorni, si scordava ogni problema e
avversione e si concentrava su quelle creature così nobili ed eleganti.
Draco
non perdeva mai occasione di prenderla in giro per questa sua ossessione nei
confronti di quelle creature e lei non perdeva mai occasione di mollargli un
pungo assestato sulla spalla, in modo da ricordargli che, amore per gli
unicorni a parte, era sempre la Pansy con gli attributi che lo seguiva in ogni
avventura da maschiaccio nella quale Draco si cacciava.
Con
questi pensieri in testa, la ragazza si dirigeva verso la Foresta Proibita a
passo spedito, i libri stretti al petto e il respiro pesante a bruciarle i
polmoni.
Qualche
centinaio di metri avanti a lei, Draco correva, con Goyle e Tiger alle
calcagna, verso qualcosa – o meglio qualcuno
– che non riusciva a mettere bene a fuoco.
Man
mano che si avvicinava al gruppo di ragazzi, ora fermo sul sentiero più vicino
al punto di ritrovo, riusciva a riconoscere un paio di volti.
C’erano
Paciock, l’irlandese – com’è che si chiamava? Flinn…Fearg… Finnigan? – e poi,
ovviamente, c’era Potter.
Stranamente
non era scortato da quello schifoso babbuino traditore della sua stirpe di
Weasley; e non si sentiva nemmeno la puzza del sangue sporco della Granger.
Pansy
sorrise maligna e percorse l’ultimissimo tratto di sentiero che la separava dal
resto del ragazzi, pensando che forse – solo forse – Hermione era finalmente chiusa in qualche antro del
castello a disperarsi a per le voci che lei aveva messo in giro.
Una
strana sensazione che catalogò come l’unione di soddisfazione e speranza le si
annidò alla base dello stomaco, mentre lanciava il braccio oltre le spalle di
Draco e puntava gli occhi in quelli di Potter.
La sua
amichetta avrebbe imparato cosa si guadagna a creare stupidi scandali da
Settimanale delle Streghe con ancora più stupidi studenti di una scuola
straniera.
-Buondì,
Potter!- esordì sorridendo nuovamente quando Harry la guardò schifato. Draco
rise.
-Allora,
ce lo vuoi dire cos’hai in serbo per stupire il pubblico durante la prossima
prova?- lo provocò Draco con una leggera spallata.
Harry
lo fulminò e proseguì a camminare, cercando di ignorare il tono irrisorio del
biondo.
-Hai
fatto rifornimento di trucchi da fattucchiere dai Weasley?- proseguì Draco
affiancandolo e ridendo sguaiatamente dritto davanti alla sua espressione
stanca.
Da dove
era lei la scena era esilarante e tesa allo stesso tempo. Tutti si aspettavano
una qualche tipo di risposta da parte del Grifondoro, magica o verbale che
fosse, ma questa non arrivò e, una volta raggiunto il luogo di incontro, Draco
aveva provocato Harry così duramente che se non aveva ancora risposto,
probabilmente non lo avrebbe proprio fatto.
Draco
si allontanò dal moro scrollando le spalle, decisamente deluso dal non essersi
divertito per niente con Potter,e fu allora che Pansy aprì la bocca e questa
parlò da sola.
-Non
sei molto aggressivo quando non hai il tuo tirapiedi e la tua ragazza a
coprirti.- lo gelò con tono di scherno.
La sua
ossessione per quella ragazza era decisamente fuori controllo. Avrebbe fatto
bene a porsi dei limiti.
Pansy
si face un memo mentale e proseguì la sua recita, non lasciando scivolare la
maschera che le tremava contro le guance calde ogni qual volta si trovasse a
pensare a Hermione.
Harry,
a sentir nominare i suoi amici, posò lo sguardo smeraldino negli occhi neri di
lei e le sue labbra tremarono, mostrando appena i denti, minaccioso.
Pansy
non abbassò lo sguardo, nemmeno per un secondo. Harry rimase zitto.
-Dove
sono, a proposito?- chiese la ragazza, accennando qualche lento passo verso le
rocce dove si erano sistemati i tre Grifondoro e attirando l’attenzione
dell’intero gruppo su di lei e la loro conversazione.
-Non
penso siano affari tuoi, Parkinson!- la freddò Harry, la voce densa di lame
affilatissime.
-Ohh,
non è che per caso te la stanno facendo alle spalle, Potter?- gli chiese
provocando le risatine infantili di molti Serpeverde alle sue spalle. Paciock
alzò lo sguardo preoccupato su Harry, come se temesse la reazione del ragazzo,
ma non fiatò.
-La tua
dolce metà e il tuo migliore amico, che disdetta! D’altronde la Granger non
sarebbe nuova a questo tipo di cose, o no?- continuò ridendo Pansy e il
pensiero di Weasley che toccava, baciava,
Hermione le diede il voltastomaco. Esattamente come il pensiero di chiunque altro al posto di Weasley. Semplicemente lei doveva rimanere sola.
Doveva soffrire.
-Taci!-
le urlò addosso Harry, alzandosi di scatto dalla roccia e sfoderando la
bacchetta. Quel potentissimo pezzo di legno era ora puntato alla sua gola, ma
la mente della ragazza fluttuava ancora nel disgusto provocato dalle immagini
che aveva appena dipinto e non se ne accorse subito.
Si
risvegliò dal suo stato comatoso quando le risate dei suoi compagni le
comunicarono che era successo qualcosa di divertente. Ovvero Paciock che,
spaventato dall’improvviso movimento di Harry, era caduto dalla roccia e aveva
mandato nel panico Finnegan che adesso non sapeva se soccorrere lui o aiutare
Harry con Pansy.
Prima
che la ragazza potesse pensare alle conseguenze, tornò a parlare:
-Questo
sì che è qualcosa che racconterei alla Skeeter. E questa volta mi
ascolterebbe.-
In un
secondo, gli occhi di tutti le si incollarono addosso. Quelli di Harry, per un
momento confusi, si persero nel vuoto mentre pensava e si riaccesero dopo
pochissimi secondi, ancora più furiosi e caldi di prima.
Alle
sue spalle, potè sentire chiaramente Draco sibilare il suo dissenso per quello
che aveva appena fatto.
Solo
lui sapeva che era stata lei a parlare con la giornalista, dandole gli spunti
per il suo articolo che sarebbe dovuto essere molto, ma molto, più infamante
nei confronti dei due Grifondoro.
Solo
lui sapeva quanto era rimasta delusa dal fatto che non c’era una singola parola
di critica rivolta alla Granger e solo lui sapeva, a questo punto, quanto aveva
fatto male a spifferare tutto a Potter, in un momento di orgogliosa debolezza.
Nel
momento in cui realizzò, si maledisse e si morse la lingua, la bacchetta di
Harry ora a diretto contatto con la sua giugulare.
-Tu hai
fatto cosa?- le sussurrò digrignando i denti.
Pansy
deglutì, privata di tutta la sua forza e della sua sfacciataggine. Ma tutti
erano in ascolto e lei era una Serpeverde, la migliore amica di Malfoy per di
più… Non poteva dargliela vinta.
-Ho
pensato non ci fosse nulla di male nel raccontare un po’ della vita privata del
più giovane Campione Tremaghi alla Gazzetta del Profeta.- scandì con voce
relativamente ferma. -Ho detto solo la verità. Tutti sanno della tensione che
c’è nel vostro trio. Senza contare la storia di Krum. Tanto valeva essere
onesti e raccontarlo al mondo intero.- concluse la ragazza, un’espressione di
ingenua sfida in volto.
Harry
tremò e Finnegan, dietro di lui, sussurrò un ‘Harry?’ poco convinto,
probabilmente sperando di calmarlo.
Non
c’era un solo rumore in tutta la radura. Anche il vento sembrava aver deciso di
calmarsi, lasciando gli unici suoni allo scontro tra i colori degli occhi dei
due ragazzi.
Prima
che il moro potesse rispondere, minacciarla, o dire qualsiasi altra cosa, Pansy
riprese, come colta da un’improbabile e codarda frenesia.
-Non
che mi abbia dato retta, comunque. Credimi, se avessero pubblicato tutto quello
che ho detto alla Skeeter, la tua amica sarebbe da qualche parte a rimpiangere
di aver mai messo piede nel nostro mondo di maghi-
-Il
nostro mondo è il suo mondo!- urlò
Harry oramai al culmine della rabbia. -Merita più lei il posto in questa scuola
che te e la metà dei tuoi amici, serpe!- la insultò il moro con le guance
arrossate per l’ira e lo sforzo di calmarsi e non schiantarla seduta stante.
Pansy
sbuffò con una mezza risata decisamente forzata, dato che cominciava a faticare
a respirare, tanta era la pressione della punta della bacchetta di Potter sulla
pelle del suo collo.
-Che
succede qui?-
Una
voce preoccupata li raggiunse dal lato della radura.
-Lotta
nel fango tra ragazze.- rispose la voce divertita di Draco, evidentemente
incapace di preoccuparsi per la sua amica anche quando un mago le puntava la
bacchetta alla gola.
-Harry,
che stai facendo?-
Hermione
entrò nel campo visivo di Pansy che abbassò subito lo sguardo, sulla punta
delle sue scarpe lucide.
-Questa…
strega. Non sai cosa ha fatto, Hermione. E’ stata lei a…- cominciò Harry,
prendendo fiato un paio di volte e visibilmente calmato dalla presenza della
bionda.
-Non mi
interessa cosa abbia fatto. Tu non sei come lei. Abbassa la bacchetta ora.- le
disse lei gentilmente, mentre Weasley, spuntato da non si sa dove, gli poggiava
una mano delicata sulla spalla, incoraggiando il movimento dei suoi muscoli
tesi.
Pansy
era immobile, nel frattempo, completamente sconvolta dal profumo e dal color
nocciola degli occhi della ragazza davanti a lei.
Era
così bella. Era dannatamente bella;
ed era anche gentile. Poteva esserci creatura più perfetta?
E lei
non sapeva come sentirsi a riguardo. Se amarla, odiarla, esserne invidiosa. Decise
che per il momento se ne sarebbe stata buona buona a godersi quella vista da
vicino e ad ascoltare il battito del suo cuore che aumentava a dismisura.
-Avanti
Harry. Sei solo nervoso. Andiamo a sederci prima che Hagrid ti veda con la
bacchetta a mezz’aria.- gli disse Ron, togliendogli di mano il pezzo di legno e
voltandolo poco delicatamente, lasciando Pansy a fissare le spalle di Harry.
-Ma lei
ha parlato con la Gazzetta, Ron!- protestò Harry, lasciandosi comunque guidare
verso la roccia dove poco prima era seduto con Paciock e Finnegan.
-Si,
adesso ne parliamo.-
La voce
dei due ragazzi era sempre più lontana e
per questo bassa mentre Hermione era ancora lì, esattamente davanti a lei, la
confusione scritta in viso.
Pansy
trattenne il fiato mentre lei le si avvicinava ancora.
In un
momento di lucidità si accorse che da quando Potter aveva abbassato la
bacchetta, la scena si era fatta molto meno interessante e i tre quarti dei
ragazzi presenti avevano perso la curiosità e adesso le ignoravano,
chiacchierando tra di loro o sfogliando il libro prima della lezione.
-Non
avevo troppe speranze, sai? Ma pensavo che almeno tu fossi diversa. Non dico
una brava persona, no, ma almeno leggermente migliore di Draco.- le disse Hermione, il volto contratto dalla
delusione e dal dispiacere. Sbatté un paio di volte le palpebre e Pansy si
sentì morire. Voleva scavarsi un buco lì, tra il fango e le foglie autunnali,
ficcarcisi dentro e morire.
-Mi
sbagliavo.-
Hermione
parlò e Pansy chiuse gli occhi. Non avrebbe retto un altro secondo la vista
della Granger farle la predica, la morale o qualsiasi altra cosa stesse
facendo. Ora voleva solo rintanarsi tra i Serpeverde, magari beccarsi qualche
pacca sulle spalle per aver sfidato Potter e per averlo messo nei casini con la
Gazzetta, e dimenticarsi di quella scena. Dimenticarsi del calore che emanava
il viso della ragazza così vicino al suo.
-Non mi
interessa nulla di quello che pensi tu, Granger.- sputò velenosa Pansy,
voltandole le spalle altezzosa.
E mentre si allontanava dal centro della radura, dando le spalle alla bionda
ancora impalata lì, il suo cuore non poteva trovarsi più in disaccordo.
*
La
lezione era proseguita decentemente. Hagrid – Pansy non lo avrebbe mai chiamato
Professore – aveva blaterato con il
suo vocione roco qualcosa sui centauri per 55 minuti e poi si erano diretti
tutti nuovamente verso il castello. Potter aveva reso conto ai suoi scagnozzi
di quello che era successo, con l’aiuto di Paciock, evidentemente ripresosi
dalla caduta. Sia Weasley che la Granger l’avevano fulminata un paio di volte,
durante il racconto, e mentre Pansy ignorava ogni occhiataccia del rosso,
trovava davvero complicato fare lo stesso con quelle della ragazza. Il punto
era che i suoi occhi erano così
pungenti e densi.
Ora
erano a cena, la scena nella radura quasi un lontano ricordo, e Pansy non
mangiava.
-Lo
finisci quello?- le chiese, ancora con la bocca piena, Draco indicando con gli
occhi blu affamati il pollo nel suo piatto.
La
ragazza lo stava torturando da secoli e non si decideva a ingoiarlo, quindi…
-No,
tieni.- gli rispose acida, spostando violentemente il piatto oro e bianco nella
direzione del ragazzo.
-Per
tutti i denti del Basilisco, Parkinson! Cos’hai oggi?!- le urlicchiò addosso
Draco, sconvolto dall’improvvisa intrattabilità della ragazza.
-Ohh,
stai zitto e mangia invece di giocare al legilimens!- sbottò Pansy alzandosi
dalla panca. Improvvisamente c’era troppo rumore nella Sala Grande, troppo
caldo, troppo tutto; e i suoi compiti di Difesa Contro le Arti Oscure, che la
aspettavano nel dormitorio, le sembravano assolutamente più allettanti che
tutto quel casino.
-Gfn dove gnf stai anda gdfn ndo ora
gngf?- le chiese Draco, masticando brutalmente il pollo, con un’espressione
davvero più che sconnessa in volto.
Pansy
non gli rispose e continuò a camminare verso l’uscita, lanciando occhiate
febbrili e teoricamente circospette al tavolo rosso-oro.
Quei
tre erano sempre lì, seduti ai loro soliti posti. L’unica differenza dalla
scena di quella mattina era che nessuno rideva più, anzi. Aleggiava la classica
aria da ‘qualcosa è in sospeso’ e Harry bisbigliava nell’orecchio di Hermione,
il cui sguardo volava da un posto all’altro della tavolata dei Serpeverde.
Pansy
si bloccò, a pochi passi dall’uscita, gli occhi ancora incollati alla coppia.
Hermione
si guardava intorno come se stesse cercando qualcuno. Improvvisamente i loro
sguardi si incrociarono e il mondo si fermò per un attimo.
Con la
coda dell’occhio, Pansy poteva distinguere Weasley indicarla con un dito unto
di olio – evidentemente anche lui era coinvolto in quella ricerca – ma la cosa
non le interessava più di molto. Non quando Hermione la stava fissando.
Si
sentì le guance andare a fuoco e, un po’ per la vergogna e un po’ per
l’imbarazzo, si affrettò ad uscire dalla Sala Grande, il mantello che
svolazzava alle sue spalle creando ombre suggestive sulle pareti in granito
della stanza.
Accennò
una corsetta verso il corridoio che portava ai sotterranei e, proprio quando
pensava che il rossore sulle sua guance fosse svanito – raffreddato
dall’atmosfera lugubre e rassicurante della strada per il suo dormitorio -,
voltò l’angolo e andò a sbattere dritta dritta contro Hermione Granger in
persona.
Dritta
ed elegante, era appoggiata ad una colonna d’angolo.
Pansy
si fermò, una mezza paralisi a bloccarle le gambe e le labbra in una piccola
‘o’ di sorpresa.
-C…
Come… Tu eri nella Sal… Cosa ci fai qui?- riuscì a balbettare dopo un paio di
tentativi la mora, non osando guardare l’altra ragazza negli occhi, sicura che
sarebbe svenuta, o per la rabbia o per il pentimento.
Hermione
non rispose ma, arrossendo, si portò entrambe le mani dietro la schiena e
sistemò al meglio qualcosa nella tasca posteriore dei jeans che portava sotto
la divisa.
-Non è
questo quello di cui sono venuta a parlarti.- esordì la ragazza sistemandosi
una ciocca di capelli color del miele dietro l’orecchio.
Pansy
la guardò ammaliata. Appena si riprese, però, tornò la solita malvagia Serpeverde
che era con tutti e in particolare con la Granger.
-E di
cosa vuoi parlare, di grazia?- le chiese scocciata incrociando le braccia al
petto e appoggiandosi al freddo muro del corridoio deserto.
Tutti
erano a cena nella Sala Grande. C’erano solo loro due e Pansy non sapeva se
gioirne o esserne terrorizzata. Hermione era di gran lunga più brava di lei con
gli incantesimi; se avesse voluto avrebbe potuto metterla KO in meno di un
secondo. Ma nonostante questo pensiero: -Sei venuta a chiedermi consiglio per
le tue pene amorose, Granger? Non sai più come districarti tra tutti i tuoi
flirt?- la provocò sorridendo.
-Cerca
di essere seria per un momento, lo sai bene di cosa voglio parlarti.-
L’espressione
della ragazza davanti a lei era calma, tranquilla e davvero troppo bella per
essere reale.
Pansy
ricacciò questo pensiero nei meandri della sua testa e tornò a concentrarsi su
quello che le stava per dire.
-Tu non
sei così, Pansy.- Hermione parlò solo una volta certa di aver avuto
l’attenzione dell’altra ragazza.
La mora
deglutì.
-E a te
chi lo dice?- chiese sarcastica alzando il mento nella sua direzione con aria
di sfida.
-Io lo so.- le rispose sicura la bionda. -Lo so
e basta.-
Il
cuore di Pansy prese ad aumentare la sua corsa e i palmi delle mani divennero
improvvisamente umidi.
-Ti
vedo. So che non vuoi, so che è una recita.- continuò Hermione scrutando senza
pietà giù, in fondo, nella sua anima. -Mi chiedo solo cosa farai quando quella
maschera diventerà troppo pesante.-
La sua
voce vellutata e sinceramente impensierita sapeva soffiare sul cuore di Pansy
come lo scirocco africano tra le cime montane innevate e la ragazza non riuscì
a trattenere un fremito, le guance e lo spirito in fiamme.
Quello
che stava dicendo era vero. Dannatamente vero. Così vero che il dolore era
tangibile e, a tratti insopportabile, proprio lì, in mezzo allo sterno.
Non
aveva il coraggio di rispondere, Pansy, così taceva travolta da quell’onda di
verità che lei non avrebbe dovuto
conoscere.
Lei,
soprattutto, non avrebbe dovuto essere a conoscenza del suo punto debole, della
menzogna che si era forzata a vivere.
Non lei
che era splendida e perfetta in ogni cosa facesse, qualsiasi cosa dicesse. Non
lei che era onesta.
-Tenterai
di issarla nuovamente, consapevole che non sarà mai più credibile…- cominciò di
nuovo Hermione, avvicinandosi piano a lei, come se temesse una qualche sorta di
ribellione -…o la lascerai cadere?- terminò soffiandole dolcemente quella domanda
sullo zigomo e Pansy era così confusa e sopraffatta che si sentì morire,
letteralmente.
Chiuse
gli occhi, il respiro affannato e il petto compresso dalla paura e dalla
consapevolezza che l’essere più perfetto al mondo le aveva appena sbattuto in
faccia il suo segreto più grande. Quando li riaprì, lei era ancora lì, il viso
a pochi centimetri dal suo.
Perfetta.
E
sussurrava.
-La
lascerai andare? Crollare al suolo in mille schegge?-
Basta.
Basta. Basta.
Era
troppo.
La
baciò.
Fu un
contatto brevissimo e così agognato che a Pansy sembrò sinceramente durare un
millesimo di secondo.
La
frazione di un momento in cui, per la prima volta da anni oramai, si sentiva
serena, felice e in pace con se stessa. E aveva avuto bisogno di premere le sue
labbra contro quelle della ragazza più bella, intelligente e insopportabile che
lei avesse mai conosciuto.
Quando
si staccarono, però, Pansy fu violentemente trasportata di nuovo sulla Terra; e
sulla Terra, chi sbaglia paga.
-Cos’era
quello?- chiese stranita e quasi spaventata Hermione. Pansy abbassò
istantaneamente lo sguardo.
-Niente!
Non stavi zitta e la mia bacchetta era troppo lontana per zittirti con uno
schiantesimo.- le rispose la mora con cattiveria.
Hermione
però non sembrava molto convinta e, come se ogni tassello di un enorme puzzle
fosse volato al suo posto proprio in quell’istante, serrò le palpebre e fece un
passo indietro.
Quando
le mostrò di nuovo il cioccolato delle sue pupille, Pansy vi trovò dispiacere e
sorpresa. Parlò, infine, e la mora dovette fare ricorso ad ogni briciola della
sua forza e del suo orgoglio per non scoppiare in lacrime.
Era
terrorizzata da quello che aveva fatto, conseguenza di quello che provava da
troppo e una marea di domande le annebbiavano il cervello.
In
tutto questo, Hermione Granger era ancora lì, perfetta.
-Io ti
piaccio.- asserì la bionda, gli occhi spalancati dalla sorpresa. -Tu hai una
cotta per me!-
Non lo
ripeteva per farle del male, Pansy ne era sicura, eppure era proprio quello che
stava facendo. Prendendo il suo cuore e calpestandolo con ogni sillaba che le
sue labbra rosee pronunciavano.
-Questo
spiega tutto! Le continue torture e i tuoi tentativi di sabotare ogni mia
relazione!-
Il suo
tono cominciava a darle sui nervi e Pansy, imbarazzata come mai nella sua
intera esistenza, cominciò a spostare il peso del corpo da un piede all’altro,
sperando con tutta se stessa che tutto fosse solo un incubo e che il dolore
assurdo al centro del suo petto se ne andasse al più presto.
-Devi
infierire ancora o hai finito; Granger?- sputò velenosa Pansy, gli occhi pronti
alle lacrime e la gola trafitta da un pugnale.
-Oh,
Pansy. Ancora non hai capito?- le chiese Hermione pacata. -Odio essere io a
doverlo fare, davvero, ma è ora che tu impari qualcosa di semplice dalla vita.-
Ora
sembrava imbarazzata e la mora si chiese come diavolo si permettesse di essere
a disagio quando quella che si era appena giocata la sua intera vita era lei!
Non le
si avvicinò ma le parole che scelse subito dopo colpirono Pansy in petto come
un ariete.
-Ama e
sarai amato. Dai se vuoi avere.- le disse, priva di vendetta o risentimento.
-Tu non mi hai amata, Pansy…- riprese Hermione scuotendo la testa convinta e
amareggiata.
La mora
era sul punto di cedere e svenire, il cuore che martellava, le lacrime che
premevano e il sangue che le pulsava nelle vene come i rintocchi di un qualche
orologio che, crudele e invisibile, le ricordava che era troppo tardi.
Stava
per dire qualcosa, qualsiasi cosa a sua discolpa, ma Hermione fu più svelta.
Si
avvicinò rapida e posò le labbra sulla guancia fredda di Pansy. Un bacio
leggero, quasi impercettibile, ma che sapeva comunque un po’ di perdono e molto
di addio.
-…ora
non puoi pretendere che io ti ami.-
Così si
concluse il monologo di Hermione. Toccante e profondo al punto giusto; severo
da far venir voglia a Pansy di correre a chiedere scusa a chiunque avesse mai
offeso perché avrebbe fatto di tutto pur di riavere quel contato di labbra
sulla sua pelle.
Perfetta.
Ora,
Hermione se ne andava dispiaciuta e pensierosa dai sotterranei, probabilmente
verso la Sala Grande, a terminare la sua cena. Ora Pansy se ne andava distrutta
dai sotterranei, probabilmente diretta verso il suo dormitorio, sperando di
trovarlo deserto, dove avrebbe pianto fino alla mattina successiva, stretta al
suo cuscino e desiderando di avere avuto un cuore puro.
E
mentre la sua maschera cadeva a terra, le schegge e spargersi rumorosamente
sulla pietra del corridoio, lei non era capace di distinguerne l’agghiacciante
suono, troppo assordata dal rumore dello spezzarsi del suo stesso cuore.
Ama e
sarai amato.