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Autore: Municorno    02/11/2013    0 recensioni
Parigi da quassù è come l'unica stella che si vede nel cielo nuvoloso d'inverno
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Passa un treno, sono vicino alla ferrovia, ma non alla stazione. Le cabine dei vagoni sono illuminate, quasi deserte, ci sono solo poche persone che leggono stanche il quotidiano.
Chissá a cosa staranno pensando, dove siano rivolte,ci sarà qualcuno ad aspettarli?  
Io vorrei essere lì, su quel treno, con un giornale e senza una meta precisa.  
Addormentarsi e ritrovarsi in un'altro posto del quale conosci solo il nome scritto sul un pannello azzurro in una squallida stazione ferroviaria , la voglia di evadere dalla monotona quotidianeità. 
Io, uno zainetto, un po' di soldi e un libro.  
Lasciare che il proprio destino ti guidi la strada, una luce ti indichi il cammino per tornare a casa, non la tua casa, un nuovo posto che devi rendere la tua dimora. Ecco cosa voglio: stuzzicare il futuro, andargli in contro senza un paracadute.
Riapro gli occhi, sono ancora nelle mia camera, le solite righe azzurre della carte da parati, il quadro con il cagnolino e la finestra semi aperta e si è fatto buio ormai. 
Inizio a scrivere,  non ho voglia di prepararmi ed uscire, né di espormi  di nuovo a tutti quei giudizi taglienti che i miei coetanei mi riservano.
Stasera sono a Parigi. 
È una calda serata d'autunno, le luci illuminano i viali colmi di persone, famigliole, bambini che piangono perché vogliono il gelato, coppie innamorate e poi ci sono io da sola. Io stasera non sono solo a Parigi, io vivo Parigi, assaporo il profumo e il calore che la città mi può lasciare. Decido di salire sulla Torre Eiffel, un classico, ma voglio cogliere la città dall'alto, voglio sentirmi libera. 
Parigi da quassù è come l'unica stella che si vede nel cielo nuvoloso d'inverno, brilla, illumina tutto ciò che le sta attorno; ha una storia da raccontare, come quella stella che qualche ragazzo romantico ha regalato alla sua fidanzata. 
Resto per ore ad immaginare cosa possa succedere nelle case delle quali vedo le finestre, spio le persone che paiono tanti piccoli soldatini, resto incantata a pensare e scatto alcune foto. È molto tardi ormai, ho freddo perché si è alzato un venticello che ha scompigliato la treccia bionda che si appoggiava sulla mia spalla destra, decido così di ritornare alla mia realtà. 
Quella serata di fine agosto mi ricorda che il ragazzo che mi piace, Luca, si è trovato una fidanzata e che non sono come tutte le altre ragazze della mia età.
Io resto sempre nell'ombra, i ragazzi preferiscono qualcun'altra a me; io non sono magra e nemmeno troppo appariscente, non amo essere al centro dell'attenzione e quindi resto in disparte e sogno quello che vorrei essere perché in realtà ho paura di mettermi in gioco. 
Ho bisogno di tornare a Parigi precisamente durante un pomeriggio piovoso in una stazione della metropolitana.
Sono più pallida del solito, ma il freddo mi ha fatto spuntare fuori due guance rosse, i capelli sono tutti bagnati perché ho fatto una corsa sotto la pioggia. 
Il cielo era diventato tutto ad un tratto scurissimo e in lontananza si potevano vedere dei lampi, io ero in un parco ed ero assorta nella lettura di un libro quando una goccia e poi due e poi altre mille mi hanno disturbata e costretta a cercare un luogo coperto. 
Avevo fatto una corsa sotto la pioggia alla ricerca della stazione più vicina ed ora eccomi qui sotto ad aspettare un treno che mi porti a casa .
La stazione è quasi deserta, c'è solo un ragazzo con uno zaino rosso sulle spalle e con il giornale in mano. 
Saliamo sullo stesso treno e sullo stesso vagone. 
Lo guardo per bene, è il ragazzo più interessante che abbia mia visto.
È tutto bagnato, il ciuffetto castano rilascia delle goccioline sul giornale che sta leggendo e lui si passa le mani fra i capelli per spostarli. Ha la carnagione chiarissima e diventa tutto rosso quando si accorge che lo stavo guardando. Ci guardiamo a lungo, mi perdo nei suoi occhioni verdi, sono bellissimi. 
Mi sorride e si viene a sedere vicino a me. Si chiama Daniel.  
Parliamo a lungo, ci dimentichiamo di tutto ciò che ci circonda, ci siamo solo io e lui. 
Daniel ha pochi anni più di me e si trova a Parigi perché ha vinto una borsa di studio di francese. In Canada lo aspettano la sua famiglia ed una sorellina piccola nata pochi giorni fa, non vede l'ora di tornare per conoscerla.
Gli sorrido, lo guardo negli occhi e lui mi bacia. Chiudo gli occhi e appoggio una mano sui suoi capelli ancora bagnati  e a un tratto il freddo causato dalla felpa bagnata e dall'umidità della metropolitana scompare. Ha le labbra calde e morbide e la sua mano grande e un po' screpolata mi accarezza il viso. È la sensazione più bella che abbia mai provato fino a che il treno fa una brusca frenata e ci rendiamo conto che siamo arrivati dall'altra parte della città. 
Scendiamo insieme, la stazione è piena di barboni e giovani ragazze che si prostituiscono per guadagnare quei pochi soldi per acquistare la droga. C'è un insopportabile odore di pipì, fumo, alcol e vomito. Daniel ha detto che non avrebbe lasciata da sola così lasciamo i binari e andiamo alla ricerca di un posto dove mangiare qualcosa. 
Fuori dalla stazione siamo circondati da giganteschi palazzi  e da insegne sbiadite. Al lato della strada un vecchio disabile giace a terra svenuto con accanto una lurida bottiglia di vino. Una flebile luce proviene da un piccolo locale in fondo al viale con una brutta insegna verde. La donna che serve al bancone è stupita nel vedere dei ragazzi diversi dai bulletti che abitualmente frequentano il suo bar. 
Non vogliamo rimanere lì ancora un minuto di più torniamo allora alla stazione e prendiamo la prima metro disponibile. 
Chiudo il diario e lo ripongo in un angolino nascosto dell'armadio dietro le giacche invernali che non metto più. 


Spesso ho difficoltà a rendere evidenti i miei sentimenti oppure a dire come la penso, ho paura. Non riesco a parlare con il ragazzo che mi piace come avviene nei sogni che scrivo. Gli altri dicono solo che il fatto che sia così introversa con i ragazzi è causato dal fatto che sono una "Santa". Basta, mi sono stancata di questo assurdo appellativo, ecco perché accetto l'invito di Linda per la festa di domani sera in discoteca. Indosso il mio tubino nero, la canottiera con i fiocchi  bianchi, tacchi e mi attacco al primo ragazzo carino che trovo da solo.  Le mie amiche finalmente vedranno che anche io sono un po' zoccola come loro e spero proprio che se ne accorga anche Luca, anche se probabilmente sarà completamente preso dalla sua nuova ragazza. 
Mi sono stancata di rimanere dimenticata e di continuare a non vivere, lo scrive anche Neruda in una delle sue poesie "Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti." 
Lo voglio anche io un ragazzo di amare e voglio sentirmi amata, magari non lo incontro in una discoteca, ma come inizio direi che va bene.
Mancano poche ore alla festa, mi faccio una doccia, sono abbastanza agitata e sul punto di non andare perché anche se nascondo con la solita frase "non ho voglia" i miei pensieri, in realtà ho paura di mettermi in gioco e di essere giudicata dal ragazzo stronzo che potrei incontrare. 
Linda mi convince a non mollare, lei crede i sapere tutto su di me, in realtà lei non mi conosce a fondo, è come le altre.  
Linda è la ragazza più estroversa che io conosca, ha tutti i ragazzi ai suoi piedi e mi stupisco che stia ancora con Marco dopo che gli ha messo le corna molte volte. Linda però prima non era così, lo è diventata da quando l'anno scorso ha cambiato scuola e il nuovo ambiente e le nuove amicizie le hanno dato alla testa. È da quel momento che ho smesso di confidarmi del tutto con lei, era diventata stupida e superficiale. L'ultima volta che abbiamo passato un pomeriggio insieme abbiamo parlato esclusivamente di smalti, ciglia finte e profumi maschili. 
Siamo appena arrivate alla festa, mia mamma prima di farci uscire dalla macchina ci ha rivolto le solite raccomandazioni e ci ha lasciato a malincuore, secondo me sotto sotto avrebbe tenuto anche lei a venire a ballare.
Ci sono un sacco di persone, Linda è  con il suo ragazzo, le amiche di Linda si sono già avviate al piano bar a prendere da bere, io invece sono in mezzo alla sala, spintonata da tutti, alla ricerca di Luca mentre mi gratto nervosamente la parete esterna del dito destro. 
Luca spicca tra gli altri, è alto, bello, castano con un ciuffetto che mi fa impazzire, ma ha accanto una sotto specie di topo ragno, che non posso negare che sia una bella ragazza con delle odiosissime meches bionde. Mi giro di scatto, non ho intenzione di vederli mentre si scambiano effusioni. 
Nel l'attimo in cui precipitosamente mi giro, mi viene addosso un idiota con un paio di occhiali rossi, al quale ho versato per sbaglio la bibita azzurra sulla camicia. Mi fulmina con gli occhi, si presenta, si chiama Giorgio poi scappa dai suoi amici che incominciano a ridere compiaciuti.
Non so davvero che fare, sono appena arrivata e ho già fatto danni! 
Prendo qualcosa da bere e mi siedo su una poltroncina sul lato destro della pista da ballo. 
La serata non passa più, tutti si stanno divertendo, finalmente ben alle 3:30 quella stupida di Linda decide che è meglio se ce ne andiamo perché il suo ragazzo ha preso l'ultima navetta per tornare in città e uno sciame di ragazzetti le stanno fastidiosamente dietro. 
Quella sera avremmo dormito nella casa sulla spiaggia di Anna, l'amica di Linda più sana forse di tutta la combriccola. 
Per mia sorpresa Luca e la Troia sono nella casetta accanto e dato che è un caldo terribile hanno lasciato la porta-finestra aperta e si vede e sente tutto ciò che combinano lá dentro. Io non la reggo la situazione, quelle sciroccate si stanno facendo una canna ed io senza prima chiedermi che cavolo faccio ancora in quell'appartamento esco in spiaggia.


Il mare è un grande lago nero, in lontananza  c'è una barca ancora illuminata, la sabbia è fresca e lungo la riva anche al buio si possono vedere tantissime conchiglie colorate.
Incomincio a camminare, quelle drogate non si sono accorte che me ne sono andata.
Lungo le mie guance scende un fiume di lacrime e il trucco che ore prima avevo accuratamente applicato sugli occhi ormai si sarà sparso per tutta la faccia. 
Mi ritrovo in queste condizioni per un ragazzo, cavolo Luca, l'hai fatta proprio grossa questa volta.... 
Il mio cuore è a pezzi, le farfalle che sono nel mio stomaco si muovono così tanto che penso che siano ubriache, non riesco a togliermi dalla testa l'immagine di lui che bacia la sua ragazza e continuo a chiedermi perché non sono al posto di quella zoccoletta. 
Continuo a camminare calciando nervosamente la sabbia fino a che raggiungo uno stabilimento balneare mi sdraio su un lettino e ancora in lacrime mi addormento. 
Non ricordo che cosa ho sognato, so solo che all'alba sento delle voci e appena apro gli occhi ad un palmo da me c'è un ragazzo, tra l'altro anche carino. 
Mi ci vuole qualche secondo per realizzare che sono su una spiaggia, da sola, con dei ragazzi sconosciuti dei quali uno si trova di fronte al mio naso e soprattutto che probabilmente stanno pensando che mi abbiano stuprato durante la notte dato che i miei occhi devono essere gonfissimi e circondati da uno spesso alone nero che si protrae fin sotto le labbra. 
Caccio un mega urlo e il ragazzo si allontana, riconosco la camicia macchiata e la montatura rossa degli occhiali, è quello a cui sono andata addosso alla festa. 
In quel momento mi passa tutta la vita davanti e penso che sarebbe stato meglio passare il resto della serata a drogarmi con le mie amiche invece di avventurarmi lungo il litorale.
"Scusa non volevo spaventarti" mi borbotta Giorgio "ci conosciamo già vero?"mi dice  indicando la camicia . 
"Si... Io sono Chiara, scusa davvero per ieri sera, ma ora devo andare" mi alzo di scatto dal lettino, ma la sua mano afferra il mio polso e Giorgio continua: "Non te ne andare, non mi sembri nelle giuste condizioni, va tutto bene?" .
Lo guardo a fondo negli occhi, sono scuri e scoppio di nuovo in lacrime. 
Penso intanto tra me e me che sono una cretina e che la prova del fatto che non sono regolare la devo dare a tutti per ritenermi davvero Chiara.
Giorgio si siede vicino a me e circonda le mie spalle con un braccio e così mi trovo a piangere disperatamente sulla spalla di un ragazzo carino, ma sconosciuto. 
Quando mi riprendo, gli racconto tutta la mia storia, la mia serata precedente ed inizio a parlare di me e dei miei problemi esistenziali. 
Dove è finita la ragazza che nasconde il diario per paura che qualcuno lo legga? 
Giorgio mi guarda perplesso e l'unica cosa che riesce a dire è: "Ah, ti sei persa l'alba... È stata fantastica!" 
Poi mi guarda negli occhi, aggrotta le sopracciglia e scoppia ridere. Anche io incomincio a ridere. Probabilmente devo essere talmente sconvolta da suscitare ilarità perfino in questo ragazzo confuso. 










  
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