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Autore: nitidi sogni    02/11/2013    1 recensioni
Non ricordo, e molti la trovano una benedizione.
Ho sentito dire che i ricordi uccidono, la mia condanna è stata perderli.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA FORZA DELLA PAURA.



Seduta su una poltrona di pelle nera, le gambe accavallate, la sigaretta che fumo davanti a un buon libro.
Tutto normale, tutto come le altre sere, tutto come è, o meglio come dovrebbe essere.
Le mani tremano e sono piene di sangue, e l’unica cosa che riesco a pensare è: ‘cosa ho fatto?’.
A tratti non me lo ricordo, a tratti riprendo a leggere la storia d’amore tra Annalisa e Marco, e il mondo sembra riprendere a girare nella direzione giusta. A tratti passo davanti al cadavere di mio marito, senza pensarci, ma illudendomi che sia solo addormentato, perché ubriaco fradicio sul pavimento. Il pavimento che da bambina cospargevo di giocattoli, adesso è coperto di una sostanza rossa, densa, quella sostanza che circola nelle vene senza sosta per permetterci di portare avanti vita ed emozioni. Quello di Paolo, è sul pavimento. Inerme al passare delle ore, inerme come colui a cui ho tolto il respiro e il fiato in gola, inerme come me che non ricordo perché l’abbia fatto, ma ricordo solo la paura che mi schiacciava il cuore.
Mi avvicino al cellulare poggiato sul comodino, con le gambe che a stento riescono a tenersi in piedi. Compongo il numero dei carabinieri, poi lo cancello, e chiamo Fabrizia. Lei mi risponde con la solarità che la distingue, anche quando le crolla il mondo addosso, con quella positività che non ho mai conosciuto, con quella forza che non ho mai visto entrare nel mio circolo di vita. Inizio a piangere, anche se fino a pochi minuti prima, non ricordavo neanche come si facesse, o cosa fossero le lacrime. Fabrizia, non risponde, attacca. Solo mezz’ora dopo me la ritrovo davanti alla porta di casa, le apro, la faccio entrare con la disinvoltura di chi non ha nulla da nascondere, non con l’orrore di chi in casa ha un cadavere disteso sul pavimento.
Fabrizia si blocca davanti a quella visione orribile, macabra. Urla.
E io guardo tutto in silenzio, come un film tragico, in cui io ho solo un ruolo marginale. Dove non sono l’assassina, ne tantomeno la moglie del defunto. Si gira con uno sguardo ghiacciato dal terrore.
Mi aspetto delle domande, presa dalla paura e dalla consapevolezza terrificante di non avere delle risposte. Lei invece mi abbraccia, e sconvolta mi sussurra all’orecchio: ‘Non avevi scelta. Se lo hai fatto, non avevi scelta.’
Scelta. Mia madre mi diceva che c’era sempre una scelta. Che sul ciglio di un burrone, c’era ancora una scelta. Che fin quando non arrivava l’ultimo respiro di vita, c’era più di una possibilità. Ed io, non mi ricordo neanche quali fossero le opzioni. Non capisco quello che ho fatto. Non mi capisco. Mi odio. Vorrei solo scomparire dalla faccia della terra. Vorrei riuscire a ricordare di aver preso un coltello e di averlo conficcato sul petto a mio marito. Vorrei solo poter ricordare.
Sono in carcere da 15 anni, oggi esco.
Buona condotta, mi dicono.




E non ricordo ancora, di quell’uomo mi è rimasto l’amore di 10 anni di matrimonio, e una coltellata in petto all’undicesimo.
Non ricordo, e molti la trovano una benedizione.
Ho sentito dire che i ricordi uccidono, la mia condanna è stata perderli.
  
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