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Autore: Rety    02/11/2013    1 recensioni
C'erano una volta un universo, delle parole, delle immagini, dei suoni, dei personaggi e dei sogni.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Cadono nella nebbia, per non atterrare mai,
Le braccia staccatesi dalle spalle troppo fragili,
L'entrate sfacciate nei sogni troppo facili. 
In un eterno primo principio della dinamica, cadono.
Lui sa dove andranno a finire, ma non ce lo dirà mai,
Per quanto buono sia, non ce lo dirà mai
Ammutolito da un'esperienza inopportuna. Lui,
Satelliti, quasar, astri, pianeti, tutti suoi.
Ancora vividi gli costellano la volta cranica,
E l'unico rumore che sente è quello cosmico di fondo
Che permeandogli il capo l'universo cela e mostra.
Al confine tra liquido e livido, il suo sangue,
Nelle sue vene sottili, eccede, evade, e muore.
Crateri antichi accuratamente decorati allietavano
Gli altrettanto antichi banchetti, quando contemporaneamente
Crateri altri, la cui costruzione era ormai ultimata,
Liberavano dalle fatiche i piccoli muratori celesti,
Che inauguravano la nuova dimora del nulla
Mangiando sguardi e brindando all'amore 
Con alti i calici dei desideri, e in bocca il canto della vita.
Una rondine si era persa, a luglio sulle rive dello Zambesi,
Mutò così in un astro, ma si perse.
Ad agosto nel cielo di novembre, cercava una meta, 
Cercava un posto per sé, per sempre, ma niente.
La notte più lunga dell'anno decise: s'incise,
Diviso, il piccolo pianeta ormai non più sferico,
Nell'incoerente accoglienza gelida dello spazio
Quasi moriva, era solo eternamente viva.
Intanto un timido sasso innamorato del Sole
Arrossiva periodicamente più o meno ogni dodici ore.
Intanto un giovane cucciolo d'uomo innamorato del Cielo
Arrostiva ogni notte pezzi di cuore cibandosene come nulla fosse.
Intanto una ragazza che aveva paura del Mare s'immergeva
Nelle acque più profonde, dove non si tocca terra,
E allo stesso modo faceva con le persone,
Immergendosi ad occhi chiusi in quelle più profonde.
Un poeta romantico nato nel medioevo e morto troppo tardi
Scriveva sul bagnasciuga le sue poesie,
Il mare della tranquillità, dove andava a villeggiare, 
Lo lasciava scrivere, non cancellava nulla, nemmeno gli sbagli.
Una notte un piccolo muratore celeste, 
Scampato alla furia omicida della libertà, 
In una notte di opere eteree come le altre,
Abbassò lo sguardo alla Luna, e lesse tutto.
Trascrisse le parole dell'anonimo poeta senza tempo 
Sulla piccola, gialla, vanitosa e permalosa stella
Dove si trovava per lavori di manutenzione della corona,
In occasione di un'imminente eclissi totale 
Da proiettare sulla superficie di un pianetino malato.
Le parole del poeta senza tempo però volarono via celeri,
Trasportate dal vento solare. Nacque così l'aurora.
In cielo, quella stessa notte, da qualche parte,
Due pianeti deformi e simmetrici collisero, 
Frantumandosi in mille pezzi furono intrappolate
Dal campo gravitazionale terrestre.
Venne il giorno:
E quel piccolo paesino dimenticato dalle paure
Si svegliò ricolmo di piccoli crateri, 
Di rondini che riempivano i nidi lasciati lì l'inverno scorso,
Di microscopici muratori celesti
Intenti a conficcare luce in seno a vergini molecole d'acqua,
Tutti i colori cantavano le parole del poeta senza tempo 
E la ragazza che aveva paura del mare, ispirata dalla musica,
Si decise a far abbassare gli occhi del giovane cucciolo d'uomo,
Il quale si perse nei suoi di occhi.
Cadde, in una nebbia iridescente, per non atterrare mai, 
Il giovane cadde, e Lui rinacque.
Da dove non ci è dato sapere. Rinacque.
E il timido sassolino innamorato del Sole continuò, per sempre,
A limitarsi ad ammirare la sua luce da lontano, 
Una volta ogni dodici,
Da solo,
Assorto,
E comunque
Felice.
   
 
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