Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: _eleonora    02/11/2013    2 recensioni
Rivide il primo momento che lui era entrato in negozio. Era appena tornata da scuola, e aveva appena finito di fare due ore di educazione fisica, e le ore prima aveva avuto compito di matematica. Era in pessime condizioni in poche parole. Per fortuna lui non l’aveva notata, ne era certa. Ma lei l’aveva notato eccome. Si era informata su di lui dopo quell’incontro. Aveva scoperto che andava alla sua stessa scuola, che era più grande e che si chiamava Leonardo. E con pazienza era riuscita a scoprire da sua mamma che lui andava sempre lì a prendere il pane e che abitava proprio lì di fronte in uno dei condomini schierati dall’altra parte della strada.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
The Bakery.


A Katia.
Te l'avevo detto che avrei pensato alla tua storia d'amore tutta la sera.


La campanella d’ingresso trillò.
D’istinto guardò l’orario: 13:06. In perfetto orario.
Katia si guardò intorno, dov’era sua madre? Perché non era lì pronta a servire un cliente? Quel cliente, oltretutto. Si alzò in piedi e si diresse nel retro del panificio, prima che lui la vedesse, in cerca della madre.
«No, guardi, non siamo noi a produrre le statue di pane, è il fratello di mio marito, ad Altamura, che si occupa di questo. No, le sto dicendo che qui non le facciamo. Si, lo so che su internet è scritto diversamente, ma il cognome è uguale, deve aver sbagliato sito.» sua madre sospirò, e lasciò che la persona dall’altra parte del telefono continuasse a blaterare.
«Mamma, c’è un cliente» sussurrò Katia.
Lei posò una mano sul telefono, per impedire che sentissero. «Occupatene tu, poi vai a casa, Tommy mi ha appena avvisato che mangia da un amico.» poi le fece un cenno con la mano e continuò a discutere con il tizio.
Katia si sentì avvampare le guance. Aveva la sua possibilità di parlargli. Certo, con la sua fortuna avrebbe rovinato tutto prima ancora di aprir bocca. Le succedeva sempre, di rovinare le cose. Non era quel tipo di ragazza che ci si aspetta di incontrare in un negozio di vestiti. Era più facile incontrarla davanti ad un computer, a condividere sogni con gente che non conosceva. Ma non era una di quelle persone che si chiudono in sé stesse, la sera usciva con i soliti amici e rideva con loro. Portava i capelli corti e scuri e un ciuffo biondo le ricadeva sulla fronte, “un taglio particolare” ripeteva sua nonna ogni volta che Katia tornava dalla parrucchiera per rifarlo sempre più corto. Portava gli occhiali e l’apparecchio, aveva la r moscia e mai, mai e poi mai avrebbe indossato una gonna. Era carina nel complesso.
«Okay.» sussurrò alla madre.
Si girò sui tacchi e a passo lento si diresse al negozio. Perché tanta ansia? Facile, Leonardo.
«Ciao.» disse lei, improvvisando un sorriso cordiale. Non era certa, però, che il risultato fosse esattamente quello che voleva, doveva sembrare più una smorfia quella sul suo viso.
«Ciao, il solito, grazie.» disse infilandosi una mano nella tasca posteriore dei jeans per prendere il portafogli.
Il solito? Si rimproverò da sola. Ogni volta che quel ragazzo entrava nel negozio riusciva solo ad incantarsi e a guardarlo sorridere verso sua madre. Ma mai una volta era riuscita ad ascoltare, e se c’era riuscita allora aveva dimenticato tutto.
«Che significa?» chiese.
“Che significa?” sul serio? Vuoi anche buttarlo fuori dal negozio? Sii più gentile!
«Oh, scusa! Una baguette e due tartarughe, grazie.» le sue guance si colorarono.
Non credeva fosse possibile, non credeva che quel ragazzo potesse essere ancora più bello, ma quelle guance rosse la fecero ricredere. Non aveva mai visto nulla di simile.
Riprenditi!
Si limitò ad un cenno con la testa e si infilò i guanti. Mentre riempiva la busta con quello che aveva chiesto sentiva lo sbattere insistente delle dita sul bancone. Era di fretta per caso? Posò la busa sulla bilancia.
«1 euro e 98 contesimi» disse lei, la voce le tremava.
Aveva paura di combinare un guaio, sapeva che sarebbe successo. Appoggiò la busta bianca sul bancone e aspettò i soldi.
«Aspetta, forse ho 8 centesimi.» disse sorridendo. Si infilò una mano in tasca e frugò in cerca dei soldi. Quando li trovò fece una smorfia di vittoria e li posò sul bancone.
«Grazie»
Sorridi! Sembri uno zombie, non tornerà più se non sei cordiale.
Questo era praticamente impossibile, lui abitava lì di fronte e andava a prendere il pane per la sua famiglia ogni giorno mentre tornava da scuola.
«Senti»
Oddio, ora mi fa una domanda. E se non so la risposta?
«avete ancora dei dolci o li avete già finiti?»
Lode al cielo, la risposta la so!
«Sì, dovrei averne alcuni, ma è sabato ed è l’una passata, non aspettarti troppo.» sorrise, fiera della sua risposta completa e esaustiva, c’era anche una vena di sarcasmo. Perfetta.
«Non importa, è il compleanno di mia madre e non le ho comprato un regalo. Qualunque cosa andrà bene.» si grattò la nuca sorridendo e scuotendo la testa.
«Vieni» si spostarono nel lato destro del bancone, dove c’erano dolci e pasticcini. «Ne vuoi una intera, delle fette o dei pasticcini?»
Lui la guardò in difficoltà «Non lo so, che mi consigli?»
Sta chiedendo un consiglio a te? Il ragazzo è messo male.
«Ti sconsiglio le fette di torte diverse, potrebbe pensare che hai fatto tutto all’ultimo minuto.»
Lui annuii, evidentemente d’accordo. «Allora una torta intera.»
«Ne ho una sola, al cioccolato e lamponi. Può andare?»
Dì di sì!
«Mamma adora i lamponi! È perfetta.» sospirarono entrambi di sollievo.
«Ci vuoi una scritta sopra?»
Lui la guardò storto.
«Per dedicargliela, così sembra che l’hai fatta preparare apposta.»
«Puoi farlo?»
Tesoro, io posso fare di tutto! No no, pensa normale, non dire cavolate.
«Certo!»
Ecco, brava.
«E’ fantastico, mi stai salvando la giornata!»
Katia arrossì «Che ci scrivo sopra?»
«’Buon compleanno mamma’? Può andare? È banale?»
«Non è banale… è classico»
Lui sorrise «Allora che ‘buon compleanno mamma’ sia.»
«Torno subito»
Katia prese la torta attenta a non farla cadere e si spostò nel retro. Sua madre stava ancora parlando con quel tizio.
«Le ho detto che il numero di telefono finisce con 229! Si, quel sito non viene aggiornato da tempo. È lo zio dei miei figli dovrò pur avere il suo numero di telefono, no?» sbuffò. Per poco non gli chiudeva il telefono in faccia, ma avrebbe fatto perdere un potenziale cliente al fratello di su marito.
Katia prese un sospiro. Non puoi rovinarla, okay? Se la rovini sei morta. Fai con dolcezza e con calma. No, calma no, lui è di fretta. Sbrigati. Impugnò la sacca e iniziò a far scendere il cioccolato bianco sulla torta. Okay, sta venendo bene. La b è fatta, la u pure, bene così. Finì di scrivere senza troppi problemi. Era stato così facile? Forse in qualcosa allora era veramente brava. Stava per posare la sacca quando le venne un’idea. Una stupida idea.
Andiamo, se è stato così facile ora non accadrà nulla di male. Poi ti ringrazierà e vi sposerete a avrete tanti bambini. Piantala, concentrati e non pensare a quanto hai aspettato questa occasione e a come potresti rovinarla in due secondi.
Invece c’era riuscita. Un cuore. Uno stupido cuore le aveva rovinato la torta. La parte desta era troppo alta e si era attaccata alle lettere, aveva provato a toglierla per rifarla, ma aveva semplicemente sporcato tutto.
Con calma, respira. Non è niente di che.
Invece il guaio era bello grosso e lei si lasciò prendere dal panico. Lui era di là ad aspettare. E non aveva altre torte, e per di più quella ai lamponi era la preferita di sua madre. Lo sapeva che tutto stava andando troppo bene per essere vero. Si guardò intorno agitata. Come avrebbe fatto ora?
Rivide il primo momento che lui era entrato in negozio. Era appena tornata da scuola, e aveva appena finito di fare due ore di educazione fisica, e le ore prima aveva avuto compito di matematica. Era in pessime condizioni in poche parole. Per fortuna lui non l’aveva notata, ne era certa. Ma lei l’aveva notato eccome. Si era informata su di lui dopo quell’incontro. Aveva scoperto che andava alla sua stessa scuola, che era più grande e che si chiamava Leonardo. E con pazienza era riuscita a scoprire da sua mamma che lui andava sempre lì a prendere il pane e che abitava proprio lì di fronte in uno dei condomini schierati dall’altra parte della strada.
Come poteva aver rovinato tutto ora?
«Che hai combinato? Non è il mio compleanno!» no, non sua madre.
«Me l’ha chiesta un cliente e ho combinato un casino.»
«Fatti in là» disse sbuffando.
In neanche un minuto la torta fu di nuovo apposto.
«Perché un cuore? Non li abbiamo mai messi.» disse accigliata sua madre.
«Pensavo fosse una cosa carina, lui sembra tanto agitato.»
«Lui? Mh, chi è?» camminò fino all’uscio del laboratorio e sorrise. «Dovevo capirlo, per chi altro ti saresti scomodata tanto?» ridacchiò.
Katia afferrò la torta e la ignorò. Quando tornò al negozio Leonardo si illuminò.
«E’ bellissima.»
Katia arrossì. Perché arrossisci? Mica l’ha detto a te.
La incartò e gliela diede.
«Grazie mille, l’anno prossimo cercherò di prendermi per tempo»
«O puoi tornare qui e prendere un’altra torta»
«Giusto, sarebbe molto più facile»
«E sarei felice di salvarti di nuovo»
“Salvarti di nuovo”? “Salvarti di nuovo”! Andiamo Kat, non sei mica in un romanzo di Nicholas Sparks. Vedi di tornare in te.
«Cioè, di aiutarti.» provò a sorridere.
Complimenti Katia.
«Qui amiamo aiutare i clienti, è il nostro primo pensiero al mattino» tentò di nuovo.
Non tornerà più qui.
«Leonardo!»
Katia si posò una mano sulla fronte, non ora.
«Salve signora Petronella» almeno ora sorrideva di nuovo.
«E’ il compleanno di tua mamma?»
«Sì, per fortuna avete sempre delle torte qui.»
«Sempre pronti. Dille di venire qui dopo, che le offro un caffè e le faccio gli auguri.» disse facendogli l’occhiolino.
Leonardo sorrise «Certo. Grazie ancora, ci vediamo lunedì.» disse uscendo dal negozio.
Katia si posò una mano sulla fronte e la fece scivolare fino al mento. «Non ci posso credere.» disse esausta.
Aveva rovinato la sua unica possibilità.
«Katia» la chiamò sua mamma.
«Non ora mamma, è un brutto momento.»
«Ma vedi…»
«Ho detto non ora!»
«D’accordo, allora glieli porterò io il resto e lo scontrino che ha dimenticato per la fretta.»
«Cosa?»
Sua madre mosse la testa verso il bancone verso il bancone.
Aveva una seconda possibilità.
Si tolse i guanti e afferrò il resto e lo scontrino, e uscì di corsa dal negozio. Si guardò intorno, e se era già rientrato in casa? Come avrebbe fatto? Per fortuna Gravina vantava un gran bel traffico a quell’ora e lui era fermo al semaforo che premeva freneticamente il pulsante per richiedere il verde. Gli corse in contro, ma si fermò qualche passo prima, per assicurarsi di non avere il fiatone o i capelli scompigliati. Inutile, i tuoi capelli sono sempre scompigliati, e avresti il fiatone anche solo con cinque metri di camminata veloce.
«Leonardo?»
«Sì?» lui parve sorpreso di vederla. Ma non terrorizzato o imbarazzato… sembrava quasi contento.
«Hai dimenticato il resto.» disse sorridendo.
«Oh, grazie. Che sbadato!»
«Di niente.»
Il semaforo divenne verde.
«Ci vediamo a scuola!» disse attraversando la strada di corsa, perché era risaputo che a Gravina il verde durava meno di 21 secondi.
Lei gli sorrise e lo salutò con la mano.
Aspetta, come fa a sapere che andiamo a scuola insieme?

 


Give me a moment.
Questa storia è nata in poche ore, solo per far capire a una ragazza che se usa la fantasia tutto può succedere.
In ogni caso spero sia piaciuta a più persone e non solo a lei.
Grazie per averla letta.

- eleonora.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _eleonora