Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Hermione93    18/04/2008    18 recensioni
Prego chiunque passi davanti questa fic, di buttarci almeno uno sguardo.
In onore dei missionari e in memoria dei massacri in Africa.
Degli scempi in villaggi che possiedono una vita meno agiata.
Una fiction nel quale ho depositato molte informazioni.
Ho studiato e ho fatto ricerche per scriverla.
Ho ascoltato parole, ho letto racconti.
Tutto per riportarlo ai vostri occhi.
E magari con una semplice recensione, mi dimostrerete che il tempo non è stato perso e che forse sono riuscita a toccare il vostro cuore.
Buona lettura e Grazie di cuore, Ten
Genere: Triste, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Neji Hyuuga, Rock Lee, Tenten
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nelle terre dimenticate da Dio

Era mattina e sfrecciavamo per le vie di New York a bordo di una BMW nera.
Era un giorno particolare ed eravamo diretti, io e Neji, all’aeroporto.
Ormai era più di un anno che non avevamo notizie di Lee e adesso avevo una tremenda voglia di riabbracciarlo.
Vedevo anche Neji agitato. Stringeva il volante in pelle facendolo opacizzare al contatto della mano umida.
La città era zeppa, come al solito, di gente che correva veloce per andare al lavoro e di mezzi che commettevano infrazioni per scivolare nel traffico cittadino.

Neji aveva preso un giorno libero, in fondo non ero solo io a dover incontrare di nuovo il mio miglior amico.

Erano passati ormai molti mesi dalla partenza di Lee.
Ogni due mesi ricevevamo una sua mail che ci faceva sempre sperare che stesse bene.
L’importante era sapere che era vivo.

Finito il liceo e gli studi all’università, insieme, mi aveva confessato la sua vocazione.
Andare in Africa per aiutare le popolazioni in difficoltà.
Io e Neji la prima volta non gli credemmo e sperammo lui stesse solo delirando, ma dopo un mese vedemmo in lui un cambiamento radicale.
Abbandonò il suo servizio come infermiere all’ospedale e preparò le valigie.
Cercammo in ogni modo, invano, di convincerlo a ripensarci, ma le sue parole furono ferree e indiscutibili.

Partì per l’Africa con alcuni amici del corso per missionari.
Lui fu assegnato alla zona di guerra nel Sudan.
In quel periodo quando lo venni a sapere piansi per tante notti e se non fosse stato per Neji mi sarei lasciata andare.
Per fortuna, però, poco tempo dopo ci arrivarono sue notizie: ci disse che sarebbe tornato sano e salvo.

Quello era il giorno tanto atteso e non vedovo l’ora di rivederlo.

Appena usciti dall’auto, camminai a passo svelto verso l’entrata e Neji si affrettò a inseguirmi per farmi rallentare, prendendomi per un braccio.

“va’ piano… tanto l’aereo non è che arriva prima se fai queste corse Tenten…”

Gli strinsi la mano e lui ricambiò con una stretta rassicurante. Anche nei suoi occhi chiari leggevo l’ansia per l’incontro.

“ok…”

Camminammo verso l’interno dell’aeroporto e dopo poco sentii la voce all’altoparlante segnalare l’arrivo del suo aereo. La presa della mano di Neji si era fatta salda, ma la sua mano non trasmetteva più un piacevole tepore, soltanto una fastidiosa stretta sudaticcia.

“dove pensi sia… è arrivato vero? È qui vero?”

Guardai Neji con terrore per poi continuare a muovermi a scatti come una pazza, in mezzo alla folla che passava con le valigie e spingeva per passare. Sentivo una morsa allo stomaco e un dejà vu  tornarmi alla memoria.

Non era la prima volta che lo aspettavamo lì.
E non era la prima volta che tornavamo a casa senza di lui.

La prima volta ci aveva detto che l’aereo aveva avuto dei problemi con un attentato alla stazione di controllo.
La seconda era dovuto rimanere al campo per accertarsi che una famiglia sotto la sua guida e protezione non subisse attacchi esterni visto che i componenti erano tutti di sesso femminile.

Mi raccontava che lì la donna veniva disprezzata e sfruttata solo per la procreazione.
Cose oscene che neanche avevo mai potuto o osato immaginare nei miei incubi più loschi.

Mi aveva raccontato come le ragazzine all’età di 13 anni, o addirittura da appena nate, venivano brutalmente operate.
Mi aveva raccontato che la tradizione crudele del villaggio prevedeva per le donne una vera e propria tortura.
La chiusura della vagina affinché fino alla deflorazione rimangano intatte per lo sposo.
Crudele e brutale pensare come lì la donna fosse solo uno strumento per far figli e non dovesse neanche provar piacere durante l’atto sessuale.
Toccava al marito o a un dottore riaprire l’organo per il rapporto o per il parto per poi subire di nuovo la cucitura.

La volta quando me lo disse stetti male per sere e sere ancora.

Ma oggi non doveva succedere ancora una volta che non lo vedessi e pregai con tutta me stessa che lui ci fosse.

E poco dopo Neji mi battè sulla spalla indicandomi un punto fuori dal cancello di uscita.

Era lui. Era veramente a casa.

Non feci in tempo a stoppare le lacrime che quelle mi caddero sulle gote fredde, mentre lui ci veniva incontro con gli occhi lucidi e un gran sorriso.
Gli saltai al collo piangendo e lui mi strinse dondolandosi sulle gambe per gustarsi il momento tanto atteso: ritrovare i vecchi amici.

“Lee… ci sei mancato da morire…”

È l’unica cosa che riuscii a dire per molto tempo.
Quando ci staccammo anche Neji abbracciò per un po’ l’amico abbozzando un sorriso, sempre nascosto da quell’aria da duro.

Osservai il volto del mio amico e notai la barba rasata male, i capelli sicuramente tagliati da poco che mostravano una treccina con due perline colorate alla base della nuca.
Il viso sciupato, un sorriso stanco e dei leggeri segni viola sotto agli occhi sulla carnagione abbronzata.

Salimmo in macchina e in poco tempo fummo a casa.

“allora come stai? L’ultima mail diceva solo che saresti tornato.”

Sorridevo contenta guardando il mio vecchio compagno di liceo.

“bhè… nulla di che Tenten-chan…”

Neji aprì la porta di casa e appoggiammo le borse in terra, mentre gli prendevo la giacca Lee si guardava intorno con un sorriso nostalgico.

“tsè… è più di un anno che non ti fai vedere…e non ci racconti nulla?”

Stavolta stranamente era Neji ad aver parlato e Lee ci osservò con aria triste; capii che c’era qualcosa che non andava… sorrise e aprì lo zaino che portava in spalla.

“quasi dimenticavo… questi sono per voi… li hanno fatti i bambini di cui mi occupo…”

Osservai le mani rovinate che mi porgevano un braccialino in legno con dei ciondoli scalfiti e colorati con della vernice rossa e nera.

“grazie… è bellissimo…”

Lo abbracciai commossa e ancora scossa per il suo ritorno.
Neji osservò il suo regalo… era un piccolo ciondolo con una gemma incastonata… sicuramente un portafortuna.

“questi sono simboli della lavorazione in Africa… sapete?... quel braccialino che porti Tenten-chan viene fabbricato dai bambini orfani che vengono costretti a forza a lavorare per ore e ore ogni giorno… quella gemma Neji è stata ritrovata insieme ad altre negli scavi per trovare pietre preziose…”

Io e Neji lo guardammo con il fiato sospeso mentre, segnato dalla sofferenza,  parlava come in trance… osservai il regalo e così fece Neji.

“…per trovare una pietra come quella… quel semplice pezzo di pietra si ammazzerebbero, lì… comunque… quei regali li hanno fatti i bambini e le donne della comunità della quale mi occupo insieme ai miei colleghi… ho parlato molto di voi e loro hanno voluto farvi questi regali… non sono molto, ma capite che non hanno nulla da offrirvi…”

Alzò lo sguardo sorridendoci appena.

“… raccontaci…”

Ci sedemmo sul divano e gli poggiai una mano sulla sua guardandolo dolcemente per fargli coraggio. Leggevo nei suoi occhi qualcosa di sbagliato.

“… la vita è completamente diversa lì…”

Non staccai mai lo sguardo dal suo volto osservando ogni sua minima espressione di dolore o tristezza…Neji si sedette sulla poltrona vicino a noi e stette in silenzio ascoltando.

“… ho osservato i bambini giocare e quando sono andato lì la prima volta mi ricordo… mi ricordo che avevo un pacchetto di caramelle e le offrii a quei bambini… loro le presero sorridendomi con la solita ingenuità che può appartenere solo a un bambino… e quando ne ebbero una ciascuno non le scartarono tutti…”

Esitò e sorrise a quel ricordo. Mi accorsi della malinconia dell’argomento, come anche della gioia che risplendeva nei suoi occhi scuri.

“loro aprirono solo una caramella… una sola… e se la passarono… ognuno la assaggiava e così poterono tutti assaporarne il sapore… sembrerà una cosa schifosa o strana… e io chiesi al capo gruppo perché facessero così… lui mi spiegò che così facendo nessuno sarebbe rimasto insoddisfatto e le caramelle le avrebbero potute consumare quando ne avrebbero ancora avuto voglia…”

Sorrisi commossa e gli strinsi la mano, alzò la testa per guardarmi, ma poi la riabbassò non riuscendo più a sorridere.

“è un mondo così diverso…”

“Lee…”

“è un mondo diverso, ma tu ne fai parte?”

Lee osservò Neji e poi stirò le labbra rosee.

“Neji…”

Lo ripresi sconcertata, ma Lee mi fece segno di non preoccuparmi.

“No… ha ragione… comunque… Neji ci sono tante cose che voi non avete visto…”

“si m…”

“non è come qua… là i bambini ti sorridono con uno sguardo… là tutto significa sopravvivenza e un bambino è felice se tu gli metti in mano una matita! Una semplice matita e ti regalerà un sorriso e un abbraccio… ma là è anche uno schifo… non c’è la pace che c’è qua… non c’è…”

“dicono che ci saranno altri attentati…”

“…Neji tu pensi ancora ad altri attentati?... io ti parlo di altro…”

“Lee sii realista parliamo della possibile crisi del gover…”

 “Neji lì ci sono bambini che a otto anni già hanno ucciso delle persone!”

Stetti zitta sbarrando gli occhi e abbassando lo sguardo, mentre lui si calmava scusandosi e Neji annuiva appena.

“… scusate… ma ormai i problemi di questo schifo di governo non mi riguardano più… la mia vita ormai è laggiù…”

“allora rimarrai…”

“si rimarrò lì…”

Lo guardai, mentre un sorriso triste mi si apriva sulle labbra carnose.

“ho visto troppe cose per abbandonare tutto adesso…”

“Lee tu sai che non puoi cambiare il mondo…”

“no Neji. Ma… hai mai sentito il detto tante gocce fanno un oceano? Bhè… se ognuno di noi mettesse la sua parte… molto poco… forse si salverebbero tutti…”

“Lee… nel Sudan c’è la guerra ormai da 40 anni… non saremo noi a cambiare la situazione…”

Strinse un pugno e sentii una morsa allo stomaco...Neji non continuò il discorso e mi avvicinai a Lee… lo vidi tremare di rabbia e lo strinsi forte, mentre lui si aggrappava a me.

“Tenten-chan… è successo un casino… sta andando tutto a puttane…”

com…?”

“è scoppiata una bomba una settimana fa a nord dal nostro villaggio… ci sono state evacuazioni… molti non ce l’hanno fatta… il dottore era ferito e…”

L’avevano scelto?

“ehi… calmati…”

Gli accarezzai i capelli e Neji andò in cucina lasciandoci soli.

“ohi… avanti… dimmi tutto…”

Lo staccai guardandolo negli occhi lucidi.

“Tenten-chan… il gruppo dove avevo operato mesi fa… quando mi avevano trasferito in Kenya… è arrivata la notizia ieri…”

Il suo sguardo era perso nel vuoto e poi prese lo zaino porgendomi un giornale rovinato.
Indagai con lo sguardo su tutta la pagina e quando trovai la scritta iniziai a leggere prima ad alta voce, poi, capendo, proseguii dentro di me mentre la gola si seccava inevitabilmente e le mani stringevano per la rabbia il foglio.

Kenya: secondo il Daily Telegraph stuprati donne e bambini

Lo stupro di massa, orribile arma sempre più presente nei conflitti degli ultimi anni, fa la sua comparsa in Kenya: secondo il Daily
 Telegraph, centinaia di donne e bambini, alcuni di soli cinque anni, sono stati violentati nel corso degli scontri seguiti alle elezioni
 presidenziali, che stanno prendendo sempre più la piega di un conflitto tra etnie rivali
.
Il quotidiano riferisce di notizie, provenienti dagli ospedali di alcune zone del Paese, secondo cui la violenza sessuale è stata
 perpetrata da gruppi di uomini ai danni di donne e bambini dell’etnia avversaria. In un ospedale del sobborgo di Nairobi chiamato
 Hurlingham, i medici dicono che negli ultimi quattro giorni hanno dovuto curare 24 donne e 13 ragazze minorenni che erano state
 violentate. Anche tre bambini sono finiti in ospedale dopo essere stati ripetutamente sodomizzati.'’Uno di loro era stato violentato da
 dieci uomini'’, ha detto Rahab Ngugi, capo infermiera dell’ospedale,’Noi pensiamo che questa sia solo una piccola parte delle
 vittime, perché molta gente non ha i mezzi per raggiungere l’ospedale, o è intrappolata dalle violenze'’.
Secondo una testimonianza pubblicata dall’agenzia missionaria Misna, solo mercoledì scorso 35 vittime di stupro sono andate a
 cercare aiuto all’Ospedale femminile di Nairobi, un numero molto superiore alla media dei tempi normali.
Secondo le fonti del Telegraph, la maggior parte delle vittime sono state attaccate nelle loro case nelle baraccopoli della capitale, e
 solo a causa della loro appartenenza alla tribù del presidente Mwai Kibabi, i Kikuyu. Gli aggressori sarebbero parte di altre etnie che
 sostengono Raila Odinga, membro dell’etnia Luo, sconfitto alle elezioni che i suoi seguaci e molti osservatori stranieri ritengono
 siano state truccate.
Le testimonianze delle donne dicono che gruppi di uomini armati di machete e bastoni hanno fatto irruzione in casa, violentandole
 di fronte ai loro mariti, alcuni dei quali sono stati poi uccisi. Queste notizie vengono confermate da diversi cooperanti, che hanno
 sentito di eventi simili in varie parti del Kenya, e non solo nelle zone più povere di Nairobi.
Una donna inglese che vive nel sobborgo residenziale di Kilimani ha detto al Telegraph di aver visto dal balcone di casa quello che
 sembrava lo stupro di una giovane donna. Mentre una folla dava alle fiamme una vicina stazione di servizio e la polizia sparava
 in aria, tre uomini hanno abusato della giovane, sui 20 anni. “Lei li pregava in swahili dicendo, per favore, per favore - ha detto la
 testimone, il cui nome non viene fornito - Poi l’hanno portata dietro a un muro, non li vedevo più, ma sentivo le sue grida. Non
 sapevo cosa fare, era troppo pericoloso scendere in strada. Se avessi avuto un’arma sarei andata lì e avrei sparato a quegli uomini.
 Ma
non ce l’avevo e non c’era nulla che potessi fare”.



“era il mio gruppo… Mr. Johanne è stato ucciso per aver cercato di salvare il gruppo in una capanna nell’altro campo…”

“Lee…”

“i missionari non sono ben visti Tenten-chan… basta pensare alle grandi multinazionali…”

Ridacchiò asciugandosi un occhio.

“Nike… Nestlè… e molte altre… sai quante volte abbiamo cercato di sputtanarli… ma… non è che la gente non sappia… è che è solo così ipocrita e superficiale da voler vivere fregandosene di tutto e tutti…”

“già… ho letto quell’articolo… avevo cercato di farlo pubblicare ma il capo l’aveva subito cestinato… la Nike che sfrutta i bambini dandogli della gomma per le scarpe da masticare permettendo così che lavorino ore e ore al giorno combattendo meglio la fame… per cosa poi… una misero pezzo di pane da portar a casa per potersi sfamare… la Nestlè invece che dà latte in polvere… belle storie, ma non pubblicabili…”

“già… latte in polvere per sfamare quei bambini…usando però l’acqua putrida dei pozzi per scioglierlo… ma che generosi eh… avvelenare così la popolazione…”

Stemmo zitti per parecchio e Neji tornò con in mano una tazza di caffè fumante…sorseggiò appena.
Lee si alzò dal divano e afferrò con delicatezza la tazzina che l’altro gli porgeva.

“…Grazie. Bhè… Tenten-chan allora… io sono tornato e ho tante cose da dirvi ma non vi voglio rattristare! Raccontatemi un po’ di voi due!”

Lo vidi sorridere e si accovacciò arrivando con il suo viso all’altezza del mio, osservandomi meglio negli occhi.

“…allora?”

“Bhè che vuoi che ti diciamo?” dissi con un leggero sorriso sulle labbra.

“Suvvia! Qualcosa ci sarà! Non mi dite che il tempo è passato solo per il sottoscritto! Come va il lavoro per esempio?”

Rise alzandosi e Neji incrociò le braccia al petto avvicinandosi appena a noi.

“So che tu hai fatto progressi Tenten-chan! Sapevo che avresti sfondato nel giornalismo! Adesso non c’è giornale in cui non si legga un tuo articolo!”

“ma va… Non fare il lecchino!”

Risi allegra concedendomi un po’ di calma.

“E tu Neji? La carriera da sbirro come va?”

Si volse verso l’amico e Neji storse la bocca contrariato per quel soprannome abbinato solitamente a chi svolgeva il suo lavoro.

“In primis, non sono uno sbirro, ma lavoro per la polizia. E comunque sì… non mi lamento, il mio capo è soddisfatto di me  e mi ha appena passato di grado.”

“E bravo Neji!”

L’esclamazione fu accompagnata da una pacca sulla spalla e ci lasciammo andare a una leggera risata.
Era come i vecchi tempi.
O forse no. Veramente era tutto, troppo, cambiato.
Ma noi eravamo ancora noi.
Io che mi preoccupavo sempre troppo per loro due, Neji che per quanto volesse risultar freddo ormai si era abituato ai nostri caratteri e Lee… Lee era sempre il mio migliore amico, peccato che adesso stessi in pena per lui in ogni mio istante libero.

“…ma poi… adesso dove ti hanno trasferito?”

 Neji corrugò la fronte stupito alla mia domanda e Lee si rifece pensieroso rispondendomi.

“Uganda…”

“Cosa?!”

“Si… mi hanno reputato come uno dei medici più efficienti e quindi mi hanno trasferito lì… ma tanto, comunque, non tutti ci lasciano operare in santa pace…”

“Ma Lee è uno dei posti più pericolosi!”

“Chi è il responsabile?! Sai che magari Neji potrebbe aver dei contatti o io potrei ricercare qualc…”

“Tenten-chan mi sono offerto dopo che mi avevano proposto… ho sentito la situazione e ascoltato le ultime notizie… spaventose… orribili…”

“Lee…”

“Cioè tu sei il responsabile del tuo stesso e prossimo suicidio? Complimenti…”

Mi risedetti sul divano poggiando una mano sul ventre e una sulla fronte mentre Neji lo guardava sarcastico.
Il cuore rimbombava nelle orecchie e ragionavo sui giornali censurati che avevano mandato negli ultimi tempi in redazione.
Articoli mai pubblicati perché avrebbero compromesso il governo americano.
Troppe notizie falsificate o coperte.

“Neji non fare l’idiota com’è tuo solito… È diverso da come credi!”

“Io so solamente che in Uganda c’è il finimondo e tu ti cacci sempre nei casini più amari…”

“Là c’è bisogno di aiuto! Intervento immediato! Non come qua che ragionano sull’eventualità di un fottuto posto alla Casa!”

Lo guardai stupita alzando il capo.
Si alterava raramente addirittura poi, usando parolacce, e adesso aveva le guance infiammate per la rabbia.
I nostri sguardi erano sconcertati e quando se ne accorse si passò una mano sul viso stanco.

“Scusatemi… è solo che sto combattendo da quando sono là contro le forze armate del luogo… lì neanche dei cosiddetti sbirri ti puoi fidare… non c’è giorno che lì la gente non ringrazi il Signore… in pochi hanno ancora speranze… non c’è giorno che non si senta alla radio o alla tv che non c’è stato un attentato o che qualcuno sia morto…”

“Mi hanno detto che la scorsa settimana c’è stato uno scontro per strada tra forze dell’ordine e popolazione…”

“Si… io ero tra gli operatori che si occupavano dei feriti… abbiamo portato via 15 cadaveri e 37 feriti… un bambino è morto per una bomba fumogena posta dentro un pulmino…”

“Dio…”

Il suo sguardo spento incontrò i miei occhi disgustati e angosciati.
Potevo leggere in lui la paura, ma anche la voglia di non venir mai sconfitto, di non arrendersi.

“…Ma tu… sei sicuro allora…”

“Si… voglio rimanere Neji… Adesso mi occupo anche di una nuova famiglia… ci sono tre bambini… con la famiglia precedente che avevano affidato al mio collega hanno fallito… e io non voglio fare lo stesso… non ci saranno altri stupri e non porteranno via quei bambini per istruirli e farli diventare bambini-soldato… non lo permetterò stavolta…”

Strinse il pugno e mi alzai abbracciandolo a malincuore sentendo come una fiamma spegnersi dentro me…
Le mie speranze al contrario si affievolivano ogni volta di più…
E la mia paura era sempre più divorante, a tal punto che la potevo sentire a pelle, dentro lo stomaco.

“Bel casino… ti sei andato a scegliere un alloggio ben sistemato… comodo come uno spillo in culo…”

“Neji!”

“tsè… è la verità Tenten… le notizie che arrivano dal confine col Sudan e Kenya sono delle peggiori e Lee si è andato a scegliere l’Uganda che sta proprio in mezzo al casino perenne.
Tra la guerra civile, la violenza e mancanza di diritti sulla sanità ti sei andato a cacciare proprio in un bel guaio…”

“…Gia…”

Quando
si staccò da me vidi riaffiorare sulle sua labbra chiare un pallido sorriso.
Era più la sua volontà che lo induceva a volerci credere, ma io da quel sorriso spento avevo gia notato la sua poca fede.
Chiunque avrebbe dubitato…

“Quattro anni fa hanno definito questa situazione come “la più grave situazione umanitaria esistente”…”

“Lo so…Purtroppo l’UA (Unione Africana) ha cercato, e continua in ogni modo, di metter fine al caos e così portar la guerra civile ai tavoli di pace… ma purtroppo le due fazioni opposte, lo SLM/A (Sudan People’s Liberation Movement/Army) e il Jem (Justice for Equality Movement) non cedono e vogliono continuare a scontrarsi solo Dio sa per quanto ancora!”

Strinse un pugno iroso e sospirai conoscendo gia norme e leggi di quelle organizzazioni.

“Per non parlare dell’area del Darfur dove lottano le popolazioni nomadi e quelle stanziali per le risorse vitali come acqua e terra! Dio!”

Diede un pugno sul tavolino e Neji gli poggiò una mano sulla spalla facendolo calmare.

“Le famiglie in tutto questo ormai non sono più libere di vita… le donne…”

E il suo sguardo si posò su di me per poi voltarsi disgustato all’idea.

“Le donne non hanno più vita laggiù… Le ragazze madri devono scegliere se uscire di casa per sfamare i figli con il rischio però di venir violentate oppure di lasciarli digiuni o morir di sete…
L’asportazione del sesso… la mancanza di cibo… e vedersi portar via i propri figli dai militari…
Qui non sanno neanche cosa voglia dire aver paura… provar terrore e pensare di poter perdere ciò che hai di più caro…”

Il silenzio era ormai nostro vicino e sia io che Neji non riuscivamo mai ad aprir bocca.
E quella purtroppo era la verità che ci era sempre stata negata quella verità che purtroppo nessuno voleva mai conoscere.
Quello schifo di verità che aveva fatto strage di centinaia di migliaia di persone, mentre tanta altra gente in altri paesi che pur viveva bene si lamentava per la più piccole insoddisfazioni.
Anche a me era capitato… logico… a chiunque e adesso a sentire quelle cose… quelle cose che anch’io sapevo mi sentivo male… mi sentivo uno schifo, perché anche io mi ero tappata le orecchie e mi ero ripetuta: purtroppo non dipendono da me…

“…Quando
il nostro campo era in Sudan ho salvato un bambino che era mezzo morto per la strada… aveva poco più di due anni… pensavamo sarebbe morto… l’avevo ritrovato con le mosche intorno e la madre vicino a lui morta, martoriata dagli uccelli affamati. Sono sceso dal furgone mentre la guida che stava in macchina mi urlava “Non avvicinatevi Signore! Non lo fate! Dobbiamo sbrigarci sarà solo una perdita di tempo!”… e quando lo portai al campo nomadi… bhè lì inorridii… lo affidai a un mio collega e quello dopo la prima visita disse di sbarazzarsene…”

Trattenni il fiato inorridita mentre Neji seguiva con la sua solita aria apparentemente impassibile.

“Io intervenni urlandogli “che cosa dice?! È un bambino! Respira ancora!” e lui mi rispose che c’erano più di mille persone per accampamento… non potevamo pensare a chi stava in fin di vita… perché tanto solo in pochi ce l’avrebbero fatta… era purtroppo un dato di fatto… Aveva ragione in fondo… Ne ho visti tanti morire… e il deserto era zeppo di sassi piantati nel terreno sabbioso… ogni sasso, una morte. Ma non mi arresi con quel bambino… stette una notte intera tra le mie braccia… gli bagnavo le labbra con del latte… solo dopo ore e ore iniziò a leccarsi appena le labbra… gli misero le flebo e così dopo mesi si riprese del tutto…”

Mi sorrise rassicurante e mi accarezzò la testa come un fratello maggiore.

“La madre prima di venir divorata aveva protetto il bambino da un attacco militare… Rashid, quel bambino, adesso è il piccolo “aiutante” dei miei colleghi laggiù… è divenuto la nostra piccola mascotte, il nostro simbolo di speranza.”

“È bellissimo…”

Mi asciugai una lacrima che mi era scivolata su una guancia e Neji abbozzò un piccolo sorriso mentre abbracciavo di nuovo il mio amico.

“Si lo è… poi un giorno vi porterò alcune foto dei bambini del villaggio!”

“Comunque… parlando d’altro che sennò mi tocca rifarmi il trucco…”

“Si… Io e Tenten dovremmo dirti una cosa…”

“Come come?! Non dirmi che vi sposate?!”

Ci guardò eccitato e sorrisi felice quando mi sollevò da terra facendomi fare qualche giro.
Bhè… ecco, quella fu l’ultima volta che rividi il mio amico.


L’ultima notizia mi arrivò con un telegramma firmato con la sigla della Corporazione di cui lui faceva parte…


Ci dispiace di darle notizia, Miss. Tenten McKanzie,

della morte dello specializzando Rock Lee Michen avvenuta ieri mattina all’ospedale Macuba

a seguito di un attentato mortale al villaggio.

 

Condoglianze, dott. Machnun



Quello fu ciò che mi rimase di lui.
Un semplice foglio di carta con su sopra l’avviso di morte.

Non arrivò neanche il corpo qui in America.
Io e Neji ci eravamo sposati l’anno prima e il nostro bambino prese il suo nome.
In suo onore, del suo coraggio.

Suo e di chi rischia come lui la vita per salvare o comunque provare ad entrar in contatto con un mondo che è estraneo al proprio.
Lui ci aveva provato e come altri missionari le sue parole erano state bloccate da alcune pallottole.
Queste sono memorie ormai lontane.
Ma vorrei solo fossero ricordate per ciò che sono.

I sacrifici di chi ha voluto sperare ed è stato sconfitto dalla crudeltà e dalla miseria.
Nelle terre dimenticate da Dio.






XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX










Riportati: Recensioni, Interventi, Pezzi giornalistici e Memorie di alcuni missionari, non di mia proprietà.

Per qualunque curiosità, informazione o scrupolo basti cercare su Google.
Ma ricordo che pochi sono i siti nei quale si riportano notizie veritiere su alcuni fatti narrati in questo racconto.

  
Leggi le 18 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Hermione93