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Autore: EgoLoss    03/11/2013    0 recensioni
Una voce angelica. L'eco ancora si può udire nell'aria. Il suo profumo e il suo bel viso.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Di nuovo, di nuovo quella voce! Quel sibilo fastidiosissimo che mi entra nelle orecchie e mi trapana il cervello. Ancora, di nuovo. 

Liberatemi prima che sia troppo tardi, ve ne scongiuro. 
Ma nessuno sente il mio disperato grido soffocato, strozzato da una mano che mi schiaccia con il viso al muro. Sento delle dita che mi accarezzano, mi sfiorano la schiena in un brivido di terrore. Chi c’è oggi? No, non devo cedere, non ancora, non anche oggi. Devo ricordarmi tutto ciò che è reale. Sono chiuso in cella, sigillato in cella di isolamento da un tempo troppo lungo per essere ricordato. Sono solo, sono sempre solo, sempre qui, non c’è nessuno, è una cella, è una cella, sono chiuso dentro da venticinque anni, basta!
Basta le voci, state zitte! Oh, perfide, io lo so cosa volete, volete distruggermi, volete rodermi il cervello e… e…
«Mike, per piacere calmati.»
Una voce angelica, dolce, leggera. L’eco ancora si può sentire nell’aria. Sento di nuovo delle dita che mi sfiorano la schiena. Mi giro, e vedo lei, la mia amata moglie che mi sorride, in un sorriso spento e sofferente. Ha una ferita sotto l’occhio destro, un coltello impiantato del torace.
«Amore, cosa ti hanno fatto?»
Ma lei tace, mi mette una mano davanti alla bocca. Poi si gira e si avvicina a una grande vetrata. Al di là si vede il mare, un mare blu. Il sole in fondo che tramonta, e mi scalda il viso. La abbraccio delicatamente da dietro, affondando il viso nei suoi capelli profumati.
In giardino ci sono i nostri bambini che giocano con la terra.
«Quanti anni hanno ormai?» le chiedo.
«Otto. Sono belli vero?»
«Bellissimi, come te amore mio.»
«Devo andare.»
«Dove? No, ti prego, resta.» tento di afferrarle la mano, ma lei già mi trascina verso la vetrata. Ci passa attraverso e sparisce, con tutto il resto. E torna buio. E tornano le voci.
«State zitte! Ve ne prego.»
«Lo sai che non cambierà mai nulla se continuerai a urlare?»
Un’anziana signora è seduta al di là delle sbarre.
«Come dice, prego? Lei chi è?»
«Sono l’ex direttrice di questo posto. Ti dicevo, le voci non spariranno così.»
«Mi scusi, e lei come sa che io sento delle voci?»
«Perché le sento anch’io. È il cibo che le danno, è avvelenato. Vogliono farla impazzire per tenerla qui rinchiuso in eterno.»
E sparisce. 
Le voci tacciono, ma parte un incessante ticchettio. Tic, tic, tic, tic…
E diventa sempre più forte. Ogni secondo sale e cresce. Comincio a parlare per tentare di coprire il suono. Ma aumenta, e aumenta, e tornano le voci, mi dicono di uccidermi, perché è quella la libertà, sono impossessato dal diavolo, devo morire. E aumentano, sono sempre più forti, e più forti e più forti, e io urlo, urlo e mi metto a girare in cerchio, prego che la smettano, che tacciano, gli dico che non è vero, che è una bugia.
Ma loro continuano, all’infinito, e io mi metto a saltare, con la mani schiacciata sulla fronte, prego che smettano, il respiro si fa affannoso, urlo, sbatto la mano sul muro. Ma continuano, sempre più forte, e il ticchettio mi uccide il cervello.
Mi sposto verso le sbarre, le voci urlano, urlano che devo morire, urlano un nome. Poi mia moglie torna, la vedo in fondo al corridoio.
«Amore! Torna ti prego, torna…»
Le lacrime mi bruciano il viso. Lei non esiste, è solo un’allucinazione. Basta, prego che smettano tutti, che se ne vadano.
Il ticchettio tace. E anche le voci. Sembra tutto improvvisamente tornato normale. Sto impazzendo.
«Mike… ti ricordi perché sei qui dentro?»
«Vattene!»
«Mike… ti ricordi questo coltello di chi era?»
«Basta, ti prego!»
«Mike… devi ucciderti per liberarti.»
E torna di nuovo silenzio e buio. Ancora. Sento dei passi nel corridoio. Arriva il carceriere. Entra dentro la mia gabbia, mi inietta qualcosa nel braccio e se ne va.


Allungo fuori dalle sbarre la mano e una gamba. Un filo di vento mi accarezza le dita. Ah, com’è piacevole sentire un fresco solletico! Com’è folle il mio desiderio di spiaccicarmi il più in là possibile solo per sentire quella brezza anche sul viso! E invece è tirchio il vento, tirchio e avido come tutti gli uomini, come tutte le genti e tutti i popoli. Essi non danno se sanno di non ricevere. O danno troppo, in modo da poter sempre fare del male nel togliere. 
E tace, il vento.
  
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