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Autore: TheSlayer    03/11/2013    3 recensioni
Kat Moore è nata e vissuta a Los Angeles finché non è arrivato per lei il momento di trasferirsi a Londra per cambiare completamente la propria vita. In Inghilterra incontra nuovi amici e trova l'amore, ma il suo misterioso passato torna a tormentarla influenzando irrimediabilmente il presente. Quella partenza da Los Angeles sarà stata una fuga? Da cosa starà scappando Kat? A cosa andrà incontro?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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(Un)broken - Le Ali della Farfalla

Capitolo 1
 
Ricominciare da zero. Ecco cosa volevo fare quando decisi di trasferirmi da Los Angeles a Londra. Avevo cambiato colore di capelli, passando dal biondo chiaro al castano scuro e li avevo tagliati in modo diverso. Volevo diventare un’altra persona, volevo lasciare alle mie spalle tutto quello che era successo negli Stati Uniti.
L’addetto alla sicurezza all’aeroporto di Heathrow, un uomo corpulento con capelli e baffi grigi, guardò prima il mio passaporto e poi me con un’espressione incuriosita. Certo, la foto sul documento risaliva a quattro anni prima, quando avevo sedici anni ed ero completamente diversa.
“Buona permanenza.” Disse poi, richiudendo il mio passaporto e riconsegnandomelo. Mi diressi verso il nastro dei bagagli per recuperare la mia valigia. Ne avevo portata solo una, perché non volevo nulla che mi ricordasse la mia vecchia vita.
Sul treno diretto verso il centro di Londra cominciai a riflettere sulle scelte che mi avevano portato nel Regno Unito. Erano state impulsive, sbagliate. Non sapevo più nemmeno io quante notti avevo passato a fissare il soffitto e ad avere rimorsi.
Appena fuori dalla stazione di Paddington fui investita dalla pioggerellina fitta e fredda tipica di Londra. La presi come segno di benvenuto e salii su un taxi diretta verso la mia nuova casa. Avevo già pensato a tutto: avrei lavorato in un negozio di vestiti e sarei vissuta in un attico a Kensington High Street, più o meno all’altezza di Hyde Park. Certo, avrei potuto anche passare le mie giornate senza fare assolutamente nulla, visto che i soldi non erano un problema, ma volevo cambiare vita e volevo conoscere persone nuove.
Magari un giorno avrei ripreso gli studi, ma per il momento mi accontentavo di essere una commessa in una città nuova. E Londra era abbastanza grande per ricominciare una nuova vita lontana dall’America.
“Sono dieci sterline.” Disse il taxista quando si fermò davanti alla mia nuova casa. Gli porsi una banconota da venti.
“Tenga il resto.” Replicai prima di scendere dalla vettura. Guardai l’orologio: ero in ritardo di quindici minuti per l’incontro con la padrona di casa, la donna che mi avrebbe dato le chiavi dell’attico che avevo affittato. Era una soluzione temporanea, non volevo impegnarmi ad acquistare un posto che magari mi avrebbe fatto schifo.
Avevo scelto quell’attico per tre motivi: era arredato con gusto, avrei avuto la vista del parco ed ero ad una distanza ragionevole dal mio posto di lavoro. Ci sarei potuta andare a piedi e mi sarei anche potuta fermare da Starbucks sulla strada.
“Mi scusi, c’era una fila interminabile al controllo passaporti.” Dissi quando vidi la padrona di casa che mi aspettava sugli scalini.
“Non si preoccupi, sono cose che succedono.” Replicò la donna prima di accompagnarmi nell’appartamento. “Ecco, queste sono le sue chiavi di casa. Ho ricevuto il primo pagamento e credo di averle detto tutto quando ci siamo sentite al telefono.” Replicò la donna. Adoravo l’accento inglese e speravo di riuscire anche ad imitarlo un giorno. Magari avrei potuto vivere a Londra per anni, così avrei potuto ottenere il passaporto britannico. Forse avrei potuto fingere di essere inglese.
“Sì, mi ricordo tutte le regole.” Dissi. “Non posso fumare in casa, niente animali domestici, niente feste e via dicendo.” Aggiunsi con un sorriso.
“Per qualsiasi cosa mi contatti pure al numero che le ho lasciato, signorina Moore.”
“Grazie, signora Gardner.”
La donna sparì dietro le porte dell’ascensore che arrivava direttamente in salotto e mi lasciò sola nel mio nuovo appartamento. Mi guardai intorno, constatando che tutto era esattamente come nelle foto dimostrative sul sito dell’agente immobiliare e decisi che sì, mi sarei trovata benissimo in quel posto. Mi avvicinai alla finestra e guardai fuori: Hyde Park era magnifico con gli alberi dalle chiome verdissime. La strada che separava il palazzo in cui vivevo dal parco era trafficata e c’erano tre famosissimi autobus rossi a due piani in fila.
Sbadigliai e tornai all’ingresso, dove avevo abbandonato la valigia. Estrassi il passaporto dalla tasca della borsa e lo aprii. Tornai ad osservare la mia foto e scossi la testa davanti all’ingenuità che avevo dimostrato a quell’età. A sedici anni avevo preso una decisione che mi aveva cambiato la vita e non avevo ancora smesso di pentirmene.
 
Combattere il fuso orario non fu per niente facile. Per i primi tre giorni mi svegliai alle quattro del mattino, senza più riuscire a prendere sonno. Così passai il tempo a guardare canali che trasmettevano news ventiquattro ore al giorno per poi alzarmi e andare a fare jogging al parco. La prima mattina commisi l’errore di uscire semplicemente in maglietta e pantaloni, abituata al tempo sempre mite di Los Angeles. Scoprii ben presto che Londra alle sette del mattino era fredda, nonostante il calendario mi diceva che avremmo dovuto essere quasi in estate.
Ben presto cominciai ad avere una routine: sveglia presto, corsa al parco seguita da doccia, colazione e lavoro.
Il negozio di vestiti dove avevo cominciato a lavorare apriva alle dieci, quindi avevo tutto il tempo del mondo. Avevo immediatamente fatto amicizia con Sarah, una delle mie colleghe e ci trovavamo benissimo. Passavamo le pause pranzo insieme e sembrava quasi che ci conoscessimo da una vita invece che solo da un paio di settimane.
“Così gli ho risposto: non ci penso nemmeno! Non mi hai neanche offerto la cena!” Esclamò la ragazza. Il negozio aveva chiuso, ma noi avevamo appena ricevuto un carico di merce nuova e lo stavamo sistemando per il giorno successivo. Eravamo rimaste in poche e stavamo lavorando con la musica accesa mentre chiacchieravamo e Sarah mi stava raccontando di come aveva rifiutato l’invito di andare in una camera di un hotel di dubbio gusto con uno sconosciuto che aveva incontrato la sera prima al pub.
 “E lui cos’ha detto?” Chiesi con interesse mentre piegavo una maglietta e la riponevo sullo scaffale di fronte a me.
“Mi ha risposto che non aveva abbastanza soldi per offrirmi una cena intera e mi ha chiesto se mi accontentavo di una birra. Inutile dire che l’ho mandato a quel paese senza pensarci due volte.” Replicò la ragazza. Sarah aveva la mia stessa età e avevamo scoperto di essere nate con un mese esatto di differenza l’una dall’altra. Era leggermente più bassa di me e aveva una chioma di capelli mossi rosso ramato, il viso cosparso di lentiggini e gli occhi verdi.
“Hai fatto benissimo.” Dissi.
“Tu dovresti venire fuori con me qualche volta!” Esclamò Sarah dopo qualche istante. “Ti racconto sempre quello che mi succede, ma sarebbe più bello se tu vivessi il tutto insieme a me!”
“Non lo so, Sarah…” Cominciai a dire, cercando una scusa per rifiutare l’invito.
“Dai, Kat! Josh, il ragazzo di cui ti parlavo qualche sera fa, ha cominciato a lavorare come PR e ci può mettere in lista in un locale bellissimo! E’ venerdì sera, non puoi dirmi di no.”
“Ma veramente… E’ già tardi, dovrei prepararmi.” Dissi, guardando l’orologio e scoprendo che erano già le nove.
“Abiti praticamente qui di fianco e al locale possiamo arrivare alle undici o a mezzanotte.”
“D’accordo.” Cedetti infine. Cosa sarebbe potuto succedere di male in un locale? Ero più matura di quattro anni prima, prendevo decisioni meno incaute e avevo imparato la lezione.
“Evvai!” Esultò Sarah, prendendo un vestito di pizzo nero da uno scatolone e mostrandomelo. “Questo è in vendita da domani.” Disse, sventolandomelo davanti al naso.
“E…?” Domandai.
“Niente, dico solo che ti starebbe benissimo e che è adatto ad una serata fuori.” Rispose con aria vaga. “Ma se non lo vuoi posso sempre metterlo io.” Aggiunse poi, nascondendo l’abito dietro la schiena e sorridendo.
“No! Okay!” Replicai, acchiappando il vestito al volo e mettendomelo davanti per darmi un’idea di quanto era corto. Non eccessivamente, poteva andare bene. “Lo metto se tu indossi quello.” Aggiunsi, indicando lo scatolone di fronte a noi. Sarah estrasse un abito corto pieno di paillettes e scoppiò a ridere.
“D’accordo. Ma solo perché in questo locale ci andremo giusto una volta in tutta la nostra vita e sono sicura che non incontrerò mai più nessuna di quelle persone.” Rispose la ragazza. “Sarà come essere un’altra persona per una serata.” Aggiunse. Mi bloccai con il vestito che avevo in mano a mezz’aria, colpita da quelle parole.
Sarà come essere un’altra persona per una serata… era esattamente quello il pensiero che mi aveva portata a tutto quello che era successo. Provai un brivido lungo la schiena e inspirai profondamente, ripetendomi che no, non sarebbe successo niente. Avrei ballato con Sarah, mi sarei divertita e sarei tornata a casa.
 
“Non avevi detto che Josh ci avrebbe messo nella lista VIP.” Commentai quando entrammo nel locale. Eravamo passate da casa mia per truccarci e cambiarci e avevamo preso un taxi per arrivare al locale nel Mayfair, la zona in di Londra.
“Scherzi? E’ quello il divertimento! Ci facciamo offrire da bere da qualche riccone, balliamo e ci divertiamo a spese degli altri!” Esclamò Sarah dopo aver baciato Josh su entrambe le guance e aver lasciato la giacca al guardaroba.
“Okay.” Dissi. Era impossibile non farsi contagiare dall’entusiasmo della ragazza.
“In fondo sono solo due anni che cerco di entrare in un locale come questo!”
“D’accordo, non sarò io che ti rovinerò la serata!” Esclamai. La musica era altissima e faticavamo a sentire quello che ci dicevamo, ma ero abituata. A Los Angeles uscivo quasi tutte le sere. Anzi, ero abituata a volumi ben più alti.
Lasciai anche la mia giacca al guardaroba e seguii Sarah al tavolo che il suo amico Josh ci aveva riservato. La mia amica cominciò a guardarsi intorno, probabilmente alla ricerca di qualche riccone da conquistare per farsi offrire un drink. Come in tutti i locali in cui ero stata a Los Angeles, anche in questo c’erano solo due tipi di uomini nella zona VIP: i viscidoni di mezza età che ti squadravano e ti facevano l’occhiolino e i figli di papà che sembravano estremamente stupidi, ma almeno avevano un’età accettabile.
“Loro due.” Dissi, muovendo la testa leggermente in direzione di due ragazzi che erano a un tavolo da soli. Tutti gli altri erano circondati da amiche e fidanzate molto belle o direttamente da modelle.
“Dici?” Mi domandò Sarah. Guardò i ragazzi con un’espressione incuriosita e poi spostò lo sguardo su di me.
“Fidati.” Risposi annuendo. Non avevo raccontato nulla del mio passato alla mia nuova amica, ma sapevo quello che stavo facendo. Farsi offrire un drink da uno dei viscidoni era fuori discussione e cercare di unirsi a un gruppo già molto numeroso era completamente inutile. E poi quei due erano incredibilmente attraenti, il che non guastava.
“Dobbiamo andare a presentarci?” Mi chiese Sarah.
“No!” Risposi scandalizzata. Poi mi ricordai che la ragazza non era mai stata in un locale del genere, quindi non aveva idea di come ci si comportasse. “Cominciamo a ballare e ogni tanto voltiamoci verso di loro e sorridiamo. Vedrai che tra cinque minuti verranno da noi.” Aggiunsi.
“Okay.” Sarah sembrava perplessa, ma si fidò di me. Cominciammo a ballare e a lanciare occhiate nella direzione dei due ragazzi seduti sul divanetto e, come avevo previsto, dopo pochi minuti si alzarono e ci raggiunsero.
“Ciao, ragazze!” Ci salutò il primo. Era più alto di me, aveva i capelli neri tagliati abbastanza corti e gli occhi azzurri. Da quello che riuscivo a vedere aveva le braccia piene di tatuaggi ed era dannatamente attraente. L’altro aveva i capelli biondi e gli occhi verdi ed era un po’ più basso del primo, ma altrettanto pieno di tatuaggi e ugualmente affascinante. Non ero mai stata brava ad indovinare l’età delle persone, ma avrei giurato che quei due ragazzi non erano molto più grandi di Sarah e me.
“Ciao.” Risposi, continuando a ballare con la mia amica.
“Possiamo offrirvi qualcosa da bere?” Chiese il primo. Sorrisi e smisi di ballare per voltarmi verso di lui.
“Volentieri.” Risposi. Sarah, di fianco a me, stava annuendo e guardando il primo ragazzo con aria interessata.
“Cosa prendete?” Domandò il biondo. “A proposito, io sono Tommy, piacere di conoscervi.” Aggiunse.
“Kat.” Dissi. “Per me un’acqua tonica, grazie.” Aggiunsi poi. Era difficile staccare gli occhi da quel ragazzo per quanto era attraente. Notai che Sarah mi stava guardando con aria leggermente perplessa, ma non ci feci caso.
“Savannah.” La sentii dire. Quindi voleva davvero essere qualcuno di diverso quella sera. Cercai di ricordarmi di non chiamarla mai Sarah per non rovinarle il gioco. “Prendo un Cosmopolitan.”
“D’accordo, torno subito.” Disse Tommy, lasciandoci da sole con il primo ragazzo. Lo seguii con lo sguardo fino al bar e poi mi voltai verso il suo amico.
“Io sono Evan invece, piacere.” Si presentò. Invece di darci la mano ci abbracciò entrambe e ci diede due baci sulle guance.
“Avevo sentito dire che voi inglesi non eravate amichevoli, invece mi sbagliavo!” Dissi ridendo.
“Sono di origini australiane.” Rispose Evan.
“Ecco perché. Adesso mi spiego tutto.”
“Voi invece da dove venite?”
“California.” Risposi, rimanendo vaga. Non c’era bisogno che dicessi la città, giusto?
“Io sono nata e cresciuta a Londra.” Disse Sarah. Tommy tornò con i nostri drink e brindammo alla serata.
 
“Questo cocktail fa schifo.” Confessò Sarah dopo un po’. Avevamo ballato con Tommy ed Evan e poi i ragazzi ci avevano invitate a sederci al loro tavolo per fare loro compagnia.
“E’ fatto male?” Domandai.
“Non lo so, non avevo mai assaggiato un Cosmo.” Replicò la ragazza con una scrollata di spalle che mi fece sorridere. “Sono abituata alla birra.”
Sarah mi ricordava me stessa qualche anno prima e speravo che non avrebbe fatto i miei stessi errori. In fondo ci voleva davvero poco per cambiare completamente il corso della propria vita.
“Vuoi assaggiare?” Le chiesi dopo qualche istante, porgendole il mio bicchiere.
“No, grazie. Credo che andrò a prendere una birra.” Disse Sarah, abbandonando il drink ancora mezzo pieno sul tavolino di fronte a lei.
“Tutto bene?” Le domandò Evan quando vide che la ragazza si stava alzando.
“Stavo andando a prendere una birra.” Rispose lei.
“Andiamo insieme, te la offro io.” Propose il ragazzo e si allontanarono insieme verso il bar, lasciando Tommy e me da soli sul divanetto.
“Kat.” Disse il ragazzo, pronunciando il mio nome con un forte accento britannico che mi fece, se possibile, pensare che fosse ancora più attraente. “Immagino che te lo dicano spesso che assomigli a un gatto. Hai il nome adatto a te.” Aggiunse, osservandomi. Sì, non era di certo la prima persona a notare la mia somiglianza con un felino. In realtà io non la vedevo. Forse erano gli occhi verdi un po’ allungati o la forma del viso. Non ne avevo idea. In quel momento avrebbe potuto dirmi quello che voleva, tanto io ero distratta dal suo accento.
“Mia nonna ha iniziato a chiamarmi Kat proprio per questo motivo. Il mio nome intero sarebbe Katherine.” Risposi, bevendo un altro sorso dal mio bicchiere. “Quindi, um, Tommy… cosa fai nella vita? Tatuatore?” Domandai dopo qualche minuto, cambiando completamente discorso e cercando di indovinare. Aveva le braccia quasi completamente ricoperte, quindi probabilmente era una sua passione. Magari lo faceva di lavoro. Inoltre volevo disperatamente cambiare discorso, perché parlare del mio aspetto fisico mi metteva in imbarazzo, per qualche strano motivo. Non mi capitava spesso di essere timida con qualcuno e non era mai un buon segno.
“No.” Replicò il ragazzo, ridendo. “Canto e suono la chitarra.”
Ringraziai il buio del locale, sperando che fosse servito a nascondere la mia espressione a metà tra il deluso e lo scioccato. Un musicista? No, grazie. In mezzo secondo cambiai completamente idea su di lui.
“Oh.” Commentai.
“Tu cosa fai, invece?”
“Lavoro in un negozio di vestiti.” Replicai, cercando di far cadere la conversazione. Tommy era bellissimo e, in altre circostanze, mi sarebbe probabilmente piaciuto conoscerlo meglio. Il fatto che fosse un musicista, però, mi bloccava.
“Sei una ragazza misteriosa, Kat, non è vero?” Mi domandò dopo qualche minuto senza distogliere lo sguardo. Deglutii, sentendo un brivido risalirmi la schiena e chiedendomi per quale motivo dovesse essere un musicista, con tutti i lavori che c’erano al mondo. Non poteva essere un astronauta? O un domatore di dinosauri, un cameriere, un pilota di auto da corsa, un mantenuto dai genitori. Qualsiasi cosa, ma non un musicista.
“Rende le cose più interessanti.” Replicai con un sorriso. Forse andare in quel locale con Sarah non era stata una buona idea, soprattutto perché la mia amica era sparita con Evan e non sembrava avere intenzione di tornare. “Credi che dovrei andare a cercare Sa…vannah?” Mi maledissi mentalmente perché stavo rischiando di dire il nome vero della ragazza e cominciai a guardarmi intorno. La coppia non era al bar e non era nemmeno nella zona VIP del locale. Non sapevo da quanto tempo si fossero allontanati, ma mi sembrava parecchio.
“Ti accompagno.” Si offrì Tommy, alzandosi dal divanetto. Non trovammo i nostri amici da nessuna parte e cominciai ad agitarmi.
“Non le sarà successo qualcosa, vero?”
“Non credo.” Rispose il ragazzo. “Conosco Evan da una vita e non è il tipo di persona che obbliga qualcuno a fare qualcosa che non vuole, se è quello a cui stai pensando.”
“Senza offesa, ma ci siamo appena conosciuti e non sono molto portata a credere a quello che mi stai dicendo. Potrebbe benissimo essere una scusa.” Dissi, estraendo il cellulare dalla pochette e chiamando la mia amica. Sarah rispose dopo qualche squillo e, a giudicare dalla musica altissima che sentivo in sottofondo, si trovava ancora nel locale.
“Scusa se non ti ho avvisata, ma sono andata a fare due passi con Evan! Siamo appena rientrati nel locale!” Esclamò e terminò la chiamata. Dopo pochi istanti, infatti, i due ragazzi ricomparvero nella zona VIP, sorridendo e tenendosi per mano.
“Scusa tu, sono andata in paranoia.” Spiegai quando Sarah prese posto di fianco a me.
“Lo so, mi sono resa conto di essere stata via per tantissimo tempo solo quando ho visto che mi stavi chiamando. Siamo usciti dal locale per parlare perché qui dentro non si sentiva nulla.” Disse la ragazza.
“E…?” Domandai. Ormai ero tranquilla e sapevo che non le era successo nulla, quindi volevo sapere tutto.
“Credi che sia possibile innamorarsi in una sera?” Mi chiese con espressione sognante.
“Sì.” Risposi convinta. Sapevo per certo che era possibile, perché mi era capitato.
“Evan è il ragazzo perfetto. Abbiamo parlato di tutto, mi ha offerto la sua giacca quando avevo freddo…” Sarah si interruppe per sospirare e lanciare un’occhiata al ragazzo, che stava chiacchierando con Tommy. “Comunque a te come è andata con lui?”
“Mmh…” Risposi. “Non andiamo molto d’accordo.” Aggiunsi. In realtà mi sarebbe piaciuto andare d’accordo con lui, ma non mi sembrava il caso. Era un musicista, quindi era un caso perso in partenza. Era come se sapessi dall’inizio che tutto quello che usciva dalla sua bocca era una menzogna.
“Mi dispiace.” Commentò Sarah. “Sareste carini insieme.”
 
 Alla fine della serata, dopo aver riso e scherzato e ballato fino ad avere i piedi doloranti, Sarah ed io decidemmo di condividere un taxi fino al mio appartamento. Avremmo dormito insieme, tanto avremmo dovuto svegliarci dopo poche ore in ogni caso per andare a lavorare.
“Evan, è stato un piacere conoscerti!” Esclamò la mia amica avvicinandosi al ragazzo.
“Anche per me. Mi farebbe piacere rivederti.” Rispose lui. Sarah arrossì e sorrise.
“Anche a me.” Disse. I due si avvicinarono per salutarsi e si scambiarono un bacio. Lo presi come un segnale per distogliere lo sguardo e mi trovai di nuovo da sola con Tommy.
“Beh, a presto, immagino.” Disse il ragazzo.
“Già.” Risposi. Tommy si avvicinò e mi diede due baci sulle guance. Provai un altro brivido al contatto e chiusi gli occhi, nella speranza di non tradire nessuna emozione. Perché l’unico ragazzo attraente di tutto il locale doveva essere uno stupido musicista?
“Andiamo?” Propose Sarah, prendendomi a braccetto. Passammo dal guardaroba a recuperare le nostre giacche, salutammo Josh e fermammo un taxi per tornare a casa, dove cercammo di addormentarci immediatamente. Sapevamo già che il mattino successivo saremmo state degli zombie al lavoro, ma ne era valsa la pena. Almeno Sarah si era divertita e aveva incontrato un ragazzo di cui si era praticamente già innamorata.

 


Buongiorno! Esattamente un anno fa ho postato su EFP la mia primissima storia! Per festeggiare il mio primo anniversario ho deciso di postare questa storia originale. (Un)broken ha un significato particolare per me, perché l'ho scritta per partecipare ad un concorso di una casa editrice. Purtroppo non sono arrivata in finale, ma è una storia che amo e ci tenevo a condividerla con tutti.
Nei primi capitoli vedremo il quadro generale della situazione. Tutto quello che leggerete in queste prime pagine porterà al cuore della storia, a quando scopriremo davvero cosa sta succedendo a Kat. Perché se ne è andata da Los Angeles? Cos'è successo nel suo passato? Perché lo sta evitando?

Ci tengo a ringraziare le persone che hanno già letto le prime cinquanta pagine sul sito del concorso. Posterò due volte a settimana, così arriveremo più presto al resto della storia. Grazie a tutti in anticipo se deciderete di leggere!
A giovedì con il prossimo capitolo e spero che questa storia vi piaccia. A me è piaciuto tanto scriverla :)

Vi lascio i miei link:

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