Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: layla_black    03/11/2013    1 recensioni
"È un momento cruciale nella vita di James Potter: ormai è un mago maggiorenne, con i pregi e i difetti di un normale, inquieto adolescente. Il suo adorato padre è morto e le notizie di scomparse, incidenti strani e morti continue non lasciano dubbi: la guerra contro Lord Voldemort è inevitabile. Vuole combattere, vuole sognare la bella Lily... Vuole finalmente poter partecipare alle missioni dell’Ordine della Fenice. La sua vita acquista una luce più complessa e cupa, in cui l’infanzia da giocherellone ha ceduto il posto a una determinazione più adulta, alla maturità e alla consapevolezza.
Questa nuova fanfic - della quale forse alcuni di voi ricorderanno pezzi/capitoli già precedentemente pubblicati da me qualche anno fa - raccoglie avvenimenti e aneddoti di vita quotidiana, alcuni dei quali citati da J.K.Rowling stessa, che raccontano l’ultimo anno a Hogwarts di James e dei Malandrini.”
Questa nuova fanfic- della quale forse alcuni di voi ricorderanno pezzi/capitoli già precedentemente pubblicati da me qualche anno fa- raccoglie avvenimenti alcuni citati da J.K.Rowling che fecero parte dell’ultimo anno di Hogwarts di James.
Buona lettura! E un Grazie a bFree- la migliore beta magica
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A diciassette anni amare è tutto:

 gli incontri lasciano il segno, il cuore non conosce riserve e l'amore è soprattutto un sentimento sincero e travolgente che può condizionare l'intera esistenza.

Ed è solo a distanza di tempo, con la maturità, che si capisce di aver

amato in una beata incoscienza, un'incoscienza, però, ben più vicina

alla vera saggezza di quanto si possa immaginare...

 

[Nicholas Sparks]

 

 

PROLOGO

 

La motocicletta sfrecciò così veloce dietro l'angolo, nella piena oscurità della notte, che entrambi i poliziotti che la stavano inseguendo diedero in un’esclamazione: "WHOA!"

Il Sergente Fisher premette il suo piedone sul freno, convinto che il ragazzo seduto dietro sarebbe certamente finito sotto le sue ruote da un momento all'altro; tuttavia la motocicletta fece inversione di marcia senza disarcionare nessuno dei due motociclisti, e con un guizzo la sua scia di luce rossa svanì su per la strada angusta.

«Li abbiamo in pugno!» strillò l’agente Anderson in tono concitato: «Quello è un vicolo cieco!»

Non appena udì lo stridio dei freni, senza indugiare, Fisher s’infilò a forza nel vicolo per raggiungerli, scrostando la vernice di mezza fiancata della macchina.

Dopo aver dato loro la caccia per più di un quarto d'ora, finalmente poterono vedere le loro prede alla luce dei fari. I due motociclisti erano intrappolati tra il muro di mattoni color tamarindo e la macchina della polizia, che puntava inesorabilmente verso di loro, quasi ringhiando come un predatore dagli occhi dardeggianti. C'era talmente poco spazio tra le portiere dell'auto e il muro della viuzza, che Fisher e Anderson ebbero difficoltà ad uscire dal veicolo. Fu un colpo basso per la loro dignità il dover arrancare di lato, come granchi, in direzione dei due teppisti. Fisher si trascinò la sua abbondante pancia lungo tutto il muro, facendo saltare i bottoni dalla camicia mentre avanzava, e finendo per staccare lo specchietto retrovisore col sedere.

«Giù dalla moto!» urlò ai due giovani ribelli, ancora seduti davanti alla luce blu dei lampeggianti, chiaramente divertiti.

Fecero diligentemente ciò gli era stato ordinato.

Liberatosi finalmente dall'impiccio dello specchietto retrovisore, Fisher li folgorò con lo sguardo. Erano poco più che due adolescenti. Quello che stava alla guida aveva lunghi capelli neri; la sua arrogante bellezza gli ricordò spiacevolmente il fidanzato di sua figlia, un chitarrista fannullone. Anche l'altro ragazzo aveva i capelli neri, ma i suoi erano più corti e sparati in ogni direzione possibile; portava gli occhiali e un sorriso compiaciuto. Entrambi indossavano delle t-shirt decorate con un grande uccello dorato. L'emblema, senza ombra di dubbio, apparteneva a qualche assordante rock band stonata.

«Niente caschi!» Sbraitò Fisher, indicando prima una testa scoperta, poi l'altra. «Superato il limite di velocità di – di parecchio, direi!»

In effetti, la velocità registrata non solo aveva superato di gran lunga quella prevista dal limite, ma andava ben oltre quanto Fisher fosse preparato ad accettare da una qualunque moto che viaggiasse.

«Non vi siete fermati davanti alla polizia!»

«Ci sarebbe piaciuto tanto fermarci a chiacchierare!» disse il ragazzo con gli occhiali; «solo che stavamo provando a...»

«Non fare il furbo! Voi due siete in un mare di guai!» esclamò Anderson.

«Dateci i nomi!»

«Nomi?» ripeté il pilota dai lunghi capelli. «Ehm... allora, vediamo. C'è Wilberforce... Bathsheba... Elvendork...»

«E la cosa carina di quest'ultimo è che sta bene sia ai ragazzi che alle ragazze» incalzò il giovane con gli occhiali.

«Oh, i nostri nomi, intendevate?» chiese il primo, non appena Anderson cominciò a farfugliare con rabbia qualcosa di incomprensibile.

«Dovevate dirlo subito! Questo qui è James Potter, mentre io sono Sirius Black!»

«Le cose per te si metteranno davvero male, piccolo insolente...!»

Ma né James né Sirius lo stavano ascoltando. Improvvisamente si fecero seri, in allerta come cani da caccia, fissando alle spalle di Fisher e Anderson, oltre il tettuccio della macchina della polizia, verso la parete più scura del vicolo. Poi, con identici movimenti fluidi, portarono le mani alle tasche posteriori.

Per una frazione di secondo entrambi i poliziotti pensarono di veder spuntare due pistole, ma l'attimo dopo notarono che i motociclisti avevano estratto niente meno che...

«Bacchette da batterista?» li canzonò Anderson. «Siete una coppia di giocherelloni, eh? Bene, siete in arresto con l'accusa di...»

Ma Anderson non finì mai di pronunciare l'accusa. James e Sirius avevano urlato qualcosa di incomprensibile, e i raggi di luce dei fari si erano spenti. I poliziotti girarono su se stessi, barcollando. Tre uomini stavano volando – realmente volando – al di sopra del vicolo, sui loro manici di scopa, e in un solo movimento la macchina della polizia venne sollevata sulle ruote posteriori. Le ginocchia di Fisher cedettero, facendolo caracollare al suolo. Anderson inciampò sulle gambe di Fisher e gli cadde addosso come un sacco di patate. Nel susseguirsi di tonfi e scricchiolii, a un certo punto udirono gli uomini a cavallo delle scope schiantarsi sulla macchina sospesa a mezz'aria, per poi cadere, apparentemente privi di sensi, a terra, mentre scaglie dei manici di scopa rotti cadevano come pioggia intorno a loro. La motocicletta aveva preso nuovamente vita, ruggendo. Con la bocca spalancata, Fisher ebbe a malapena la forza di guardare i due adolescenti.

«Grazie infinite!» tuonò Sirius sovrastando il rombo del motore. «Siamo in debito con voi!»

«Già, è stato un piacere conoscervi!» disse James. «E non dimenticate! Elvendork è unisex!»

Ci fu uno scossone degno di un terremoto, e Fisher e Anderson si gettarono reciprocamente le braccia al collo, in preda al terrore; la loro macchina si era appena schiantata al suolo. Adesso era il turno dei due motociclisti di alzarsi in volo. Sotto gli occhi increduli dei due poliziotti, decollarono verso l'aria leggera: James e Sirius si addentrarono nel cielo notturno, lasciandosi alle spalle una scia di vorticanti luci rosse, come un rubino che va sfumando. 

«Li abbiamo seminati, Felpato!» gridò James Potter dopo venti minuti di costante osservazione dei cieli. «Possiamo prendere la rotta.»

«Ottimo!» gridò a sua volta Sirius Black, allegro, e controllò la bussola sullo sterzo della moto. «Ancora qualche miglio e scendiamo! Tieniti forte!»

James, con un sorriso furbo sul volto, serrò le dita attorno alla maniglia del sedile, e un attimo dopo sentì l’aria fredda penetrargli sotto la pelle.

Non seppe mai esprimere l’esatta sensazione che provava ogni volta viaggiando sulla moto di Sirius. Ogni curva era un’emozione, ogni sorpasso un feroce drago, ogni piega era una storia e un susseguirsi di risate con il suo migliore amico.

Era tutto un altro mondo. Un mondo in cui Voldemort non esisteva, in cui i problemi e le paure svanivano non appena si accendeva il motore. Un mondo parallelo a quello reale, che apparteneva esclusivamente a lui e Sirius.

«Manca poco, cominciamo a scendere» urlò il pilota piegandosi sul manubrio.

Il motore ringhiò rabbiosamente, e i due ragazzi si sentirono come risucchiati nell’aria.  James si aggrappò con tutte le forze ai bordi del sedile e all’unisono con Sirius gridò un forte e vivace: «WOW!»

Sirius, ridendo, accelerò ancora una volta, perdendo rapidamente quota. Erano diretti verso una vasta zona deserta, con poche singole luci. Solo quando volarono più basso, fu chiara là sotto la presenza di un villaggio. Non passarono nemmeno cinque minuti, e la moto con un fremito toccò l’asfalto.

Sirius accelerò ancora una volta, e sfrecciò come un fulmine lungo la strada principale del villaggio. Attraversarono una piazza deserta, con le botteghe ormai chiuse, e in una curva micidiale svoltarono in un vialetto alla loro destra. Si fermarono in fondo, parcheggiando davanti ad una maestosa casa chiusa da un grande cancello.

Sirius scese dalla moto, spinse la grata e improvvisamente su un grosso detrito di pietra, che la addobbava, apparve una scritta:

 

Villa Potter,

Placida Heights, 9

Berkshire 

 

«Pensi che saranno già arrivati?» chiese James arruffandosi i capelli.

«Moody spero di no. Ora che ha quella grossa cicatrice mi inquieta durante i pasti» replicò Sirius accompagnando la moto nel cortile.

Alzò il sedile, prendendo da un piccolo portabagagli una serie di oggetti: il pacchetto di James, Biscottini Gufici, e una busta contenente dei dischi in vinile babbani.

«Non ti era sembrato che quei Mangiamorte fossero a Diagon Alley solo per attaccarci?» chiese un attimo dopo Sirius avvicinandosi alla dimora gentilizia.

«Stavo pensando esattamente la stessa cosa» rispose James. «Strano che ci abbiano inseguito anche per le strade di Londra, ma non mi lamento» aggiunse poi con un gran sorriso, «questo duello ha rotto piacevolmente la noia d’estate».

Salirono i gradini di pietra ridacchiando quando l’ingresso della casa s’illuminò, e la porta di quercia bianca si aprì. Sulla soglia troneggiava, minacciosa, una strega di una certa età, alta e magra, con la bacchetta puntata dritta verso di loro.

«FOLLI!» urlò con voce stridula. «CHE... COSA... AVETE... FATTO... A… DIAGON… ALLEY?!»

«Comprato i pantaloni, mamma, e...»

«Non fare il solito vecchio marpione con me, James Potter!» urlò signora Potter, con una furiosa smorfia sul volto. «Sapevo di non potervi mandare da soli! Coppia di immaturi vermicoli! Battervi con i Mangiamorte, senza avvisare l’Ordine in alcun modo…?!»

«Non avevamo un gufo a disposizione, e...»

«PATRONUS, BLACK!» urlò la donna puntando la bacchetta sul suo petto. Sirius barcollò un po’ indietro. Le urla di signora Potter avevano la stessa potenza di uno Stupeficium. «POTEVATE MORIRE! QUESTI NON SONO DUELLI TRA STUDENTI! NON SIETE A HOGWARTS!»

«Ancora no...» interloquì James. «Ma tra pochi giorni partiamo... ehm, perché ci farai tornare a scuola, non è vero?» aggiunse, cogliendo un’ombra di malvagità apparire sul volto della madre.

La donna alzò il viso di qualche centimetro, e voltandosi dignitosamente con l’eleganza di una Purosangue Black, entrò in casa.

Sirius e James si scambiarono occhiate di terrore seguendola in un vasto atrio.

«Non penserai davvero di non mandarci a Hogwarts! Non puoi!»

«Oh, sì che posso, figlio mio! Posso fare quest’immenso piacere a Silente e ritirare voi, incoscienti ficcanaso! Ma prima...» aggiunse velenosamente indicando una porta adornata artisticamente in cristallo, «... ve la dovrete vedere con il Ministero, Moody e il resto dell’Ordine».

«Ministero

«Sì, Potter. Il Ministero» ripeté una roca voce.

Un uomo apparentemente ultra trentenne, con diverse orrende cicatrici sul volto, li stava guardando minacciosamente. La madre di James gli passò accanto, e farfugliando rabbiosamente prese posto al lungo tavolo che occupava la lunghezza della cucina.

Sirius gemette in silenzio, quando le mani di Alastor Moody afferrarono lui e James per i colletti delle magliette nuove.

«Lo dicevo a Silente che era un errore non cancellarvi la memoria quando avete saputo dell’Ordine! Ma lui no! James e Sirius sono tra i miei migliori allievi, e bla bla bla!» esclamò, rabbioso, prima di mollarli al centro della grande cucina. Lì, seduti compostamente attorno ad un lungo tavolo, alcuni membri dell’Ordine della Fenice li stavano fissando, tra l’annoiato e l’arrabbiato.

 

Mobili sfarzosi e splendidi tappeti occupavano gran parte della cucina, dove si poteva pensare di fare tutto men che cucinare. L’ambiente era così aggraziato e ben arredato che neanche una comune pizza babbana, aperta e lasciata sul mobile, avrebbe potuto privarla della sua eleganza.

«SIETE STATI VISTI!» urlò Moody sputacchiando rabbiosamente. «VISTI DA UNA VENTINA DI BABBANI!»

Mostrò loro l’edizione speciale del Daily Prophet; sulla copertina c’era la macchina della polizia babbana che s’innalzava in aria davanti ai due adolescenti, in un vicolo di Londra.

«WOW!» esclamò James.

«Ramoso, hai talmente l’aria di uno stregone che Voldemort stesso s’intimidirà quando vedrà l’articolo» ridacchiò impulsivamente Sirius, ignorando i soliti sussulti al suono di quel nome, e scrutando ancora la foto aggiunse: «Specialmente per quei tuoi capelli così pericolosamente ispidi».

«Zitti!» intimò Moody, e gettò il quotidiano calpestandolo. «Codice di segretezza infranto! Duello a Diagon Alley con i Mangiamorte! Pivelli! Vi è venuto in mente che potevano catturarvi?! TORTURARVI, COSTRINGERVI A PARLARE E VENIRE COSÍ A CONOSCENZA DELL’ORDINE DELLA FENICE?!»

«Quindi non eravate preoccupati per la nostra sorte signore, ma per tutto l’Ordine e...»

Ma Sirius non finì la frase, poiché Moody lo afferrò per la collottola sollevandolo di qualche centimetro. Il ragazzo, cercando di reprimere un brivido, si soffermò con lo sguardo sul pezzo di naso mancante e sulla profonda cicatrice che deturpava il viso dell’Auror.

«Mettiamola così, sbarbatello. Se per caso tu e quell’arruffata scopa che chiami amico finiste per essere catturati, avrei un debito con Voldemort, ci siamo capiti?» sibilò minacciosamente. «La segretezza dell’Ordine deve essere la vostra legge suprema, e ciò significa...»

Improvvisamente si fermò. Fissò silenziosamente la maglietta nera di Sirius, pressando incredulo con le dita il disegno inciso su di essa. E poi, mentre il suo volto cominciava ad acquisire sfumature verdi assai simili alla pianta nell’angolo dietro di lui, improvvisamente liberò il ragazzo dalla presa. Ma fu solo per prendere la bacchetta.

«S-s-segretezza, eh

James e Sirius si scambiarono occhiate significative. Dall’espressione di Alastor intuirono di trovarsi in guai molto seri.

«FENICE! AVEVATE ADDOSSO UNA MAGLIETTA CON UNA FENICE?!» tuonò Moody.

«Alastor, non alzare così la voce...» ansimò una minuta ragazza seduta in un angolo della stanza. «La fenice non significa per forza che...»

«SILENZIO, ALICE!  STAVOLTA NON LA PASSANO LISCIA!»

Tutto ciò che si sentì poi, fu solo un confuso susseguirsi di urla e una serie di silenziosi passi provenienti dall’ingresso.

«...BLACK E POTTER! NE HO I MUTANDONI PIENI DELLE VOSTRE BRAVATE! METTETE LA VITA DI TUTTI NOI IN PERICOLO! DUELLI MORTALI! VOLETE UNA VOSTRA MISSIONE?! ECCO A VOI!» agitò furiosamente la bacchetta come se volesse staccar loro le teste e poi ordinargli di riattaccarsele da soli con la colla. «Ora...»

«... prendete posto a tavola».

Tutti i presenti si voltarono quando udirono una voce flemmatica alle loro spalle. La porta di cristallo si era aperta, e sulla soglia nientemeno che un Albus Silente dall’aria austera ma sempre gentile, sfoggiando una lunga veste color porpora, li stava guardando uno ad uno. Aveva un’espressione indecifrabile nei profondi occhi azzurri, ma di assoluta calma. La lunga barba argentea scintillò muovendosi mentre l’anziano uomo si avvicinava all’estremità del tavolo e guardava Moody, James e Sirius attraverso i suoi occhiali a mezzaluna.

«Sedetevi, prego, non c’è alcun bisogno che mi aspettiate in piedi» disse, con tono di voce che sembrava deliziato, e occupò una delle sedie tra chi borbottava e chi se la rideva.

 

 

 

 

 

 

Storia betata da splendida bFree <3

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: layla_black