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Autore: malpensandoti    03/11/2013    9 recensioni
Parlare di Dalia mi rende parecchio nervoso, il più delle volte perché sono dell’idea che la gente non capisca. Perché obbiettivamente, ha ragione India, la gente non capisce proprio un cazzo.
Missing moment della fanfiction "No church in the wild", da leggere anche separatamente
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sono in ritardo perché so che tu mi aspetti







Lei gira per il nostro appartamento con le calze rosse e i capelli perennemente sciolti perché non le piace scoprirsi a tal punto.

Nel corridoio ci sono ancora gli spartiti della nuova canzone e la mia maglietta verde, la sua canotta rosa e perfino un braccialetto, ma nessuno raccoglie ma seppellisce.
Dalia è sempre puntuale, le piace l’ordine ma non lava mai i piatti e non stira. Le ho regalato un’aspirapolvere che poi non ho più visto.
Il nostro appartamento parla di noi, ed è un’espressione parecchio insignificante se ci si pensa, e anche abbastanza riciclata, però è la verità.
Per esempio, all’ingresso, l’appendiabiti appeso al muro è leggermente obliquo per quella volta in cui lei ha provato ad attaccare il poster di Miley Cyrus – così quando sarà una giornata di merda e tornerò a casa, troverò lei – e lo scotch ha rovinato l’intonaco.
Non me l’ha detto, ha semplicemente inclinato l’appendiabiti credendo che non me ne accorgessi, ma Miley è finita prima in soggiorno e poi in camera, prima che lei stessa la togliesse sentendosi troppo a disagio.
Louis ha riso venti minuti buoni, quando gliel’ho raccontato.
E il divano giallo, quello che alle spalle ha il balcone, l’ha scelto lei.
Dice sempre che se ne è innamorata dal primo istante in cui l’ho portata all’Ikea, ha un colore insolito, simile ad un senape troppo vivace. È parecchio piccolo ed è privo di appoggio ai lati, ma lei piaceva troppo e beh, io non so dirle di no.
Una volta però gliel’ho chiesto, “Perché proprio quel colore?”
Non mi scorderò mai quel giorno. Stavamo impastando i biscotti di Natale, io avevo le mani farinose e lei il maglione sporco. È scoppiata a ridere, ha scosso la testa e mi ha guardato.
“Mi ricorda i tuoi capelli di merda”

Dalia è piena di ma terrorizzanti, di quelli che “sì, con te sto bene. Ma” ma, ma, ma. Quelli che ci sono già nel tono di voce, quelli che anticipano una rottura, un distacco, una perdita.
Perché Dalia è bella, davvero. Ed è anche carismatica, e ha una voce che santa merda!, mi fa vibrare ogni volta. Ma è pur sempre pigra, ed è parecchio scontrosa e acida, e mangia poco ma si lamenta lo stesso,e non piange quasi mai, neanche quando è arrabbiata ed è una cosa che succede veramente troppo spesso.
È istintiva ma ha duemila paranoie inutili sulle sue gambe lunghe, non può uscire se non è truccata e quando scrive dei messaggi non usa quasi mai il punto esclamativo.
Ed il ti amo – quello vero, non quello che dice a Zayn Malik quando tira fuori dal mobiletto basso la vodka – me l’ha detto solamente quattro volte.
Ma poi compra divani di merda perché le ricordano i miei capelli, e alle intervistatrici che riescono a beccarla per strada dice sempre che non sono così orribile come fidanzato e che abbasso la tavolozza del gabinetto anche se non è vero e quindi, davvero, chissenefrega.
Parlare di Dalia mi rende parecchio nervoso, il più delle volte perché sono dell’idea che la gente non capisca. Perché obbiettivamente, ha ragione India, la gente non capisce proprio un cazzo.
Io scrivo, certo, canto e suono. Ma come faccio a spiegare me e lei e quindi noi quando neanche io so esattamente cosa siamo?
Stiamo insieme, è vero. Siamo fidanzati e okay, ci siamo, ma poi?
Nel “siamo fidanzati” nessuno dice che, ogni mattina, mi piace accarezzarle la schiena e perdere il conto di quanti nei lei abbia infilati sotto la pelle. E nessuno dice che Dalia non mi prende mai le mani ma direttamente il braccio perché così può imparare a cadere senza farsi male. E che odia quando arrossisce ogni volta che la chiamo “amore” anche se stiamo litigando. E che litighiamo davvero ma davvero troppo spesso.
Dalia è segnata dai graffi dei suoi ma che non riesce – e probabilmente, neanche vuole – guarire. Perché lei è fatta così e ma niente. Con quei ma io ci riempio i messaggi e le frasi quando entrambi sappiamo che ho ragione.
E quindi , sei proprio una stronza, ma ti amo.

Io e lei siamo come il nostro appartamento, parliamo sempre di noi anche se nessuno riesce a capirlo. Ci apparteniamo nel più vero e doloroso significato del termine.
Parla di me il braccialetto che le ho portato dall’Irlanda che lei indossa sempre, i capelli che le ho chiesto di non tagliare perché so che poi se ne sarebbe pentita. Parla di me il rimmel che mette sempre perché le ho detto che le valorizzano gli occhi da cerbiatta. Parlano di me i suoi vestiti, il profumo che le lascio addosso, le labbra gonfie, forse anche il sorriso.
Quando torna a casa e sbatte la porta, io so che è stata una giornata di merda. E spero che sia contenta anche se non trova Miley Cyrus ma trova me.
Le cose buone, amore mio, siamo io e te che litighiamo per chi è il primo ad uscire di casa, sono i nostri spartiti sparsi per la casa e la finestra del balcone che non si chiude. Sono i vestiti che lasci per terra e che calpesti pur di non raccogliere, i piatti sporchi sempre a coppie perché so che pur di mangiare con me salti gli appuntamenti con le tue amiche. Le cose buone sono i film che mi fai guardare e il pianoforte che ti ho regalato, sono le pagine dei libri che mi scordo di leggere e quelle delle tue riviste preferite che tagli e incolli dentro l’armadio.
Le cose buone sono i tuoi ma che bacerei per sempre, quelli che ti fanno paura perché so quanto sia difficile non spezzarsi mai. Le cose buone sono le tue battute sull’allegria morta dei presentatori dei telegiornali delle diciotto e le tue lacrime ogni volta che ti vedo nel backstage dei concerti.
E quindi , sei una stronza e non fai mai i piatti.
Ma io ti amo anche in mezzo al casino che siamo io e te.
 




 
  
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