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Autore: Mignon    04/11/2013    6 recensioni
«Per te».
Raccolse quel foglietto e lo rigirò tra le mani.
«L’ho trovato lì» indicò con il ditino rosa un punto indistinto tra l’erba, poi sorrise arricciandosi ancora i capelli biondi. «Puoi scrivere quello che stai pensando. La mia mamma lo fa sempre».

Ma quel foglio nasconde molto di più.
Se ne renderà conto Harry, ritrovandosi seduto sul suo divano a leggere una lettera, nascosta da un semplice incantesimo.
Nessun mittente, nessuna data. Harry non sa chi è stato a scrivere quelle parole.
E Draco, sicuramente, non si aspetta che a distanza di un anno qualcuno l'abbia trovata... e abbia intenzione di rispondergli.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Pansy Parkinson, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Va bene, vi lascio al penultimo capitolo... insieme ad una frase di Kundera.
Ci vediamo più sotto per il solito ed immancabile sproloquio.
Besos!
Buona Lettura!




 




 




Capitolo 10

L'esistenza non è ciò che è avvenuto, l'esistenza è il campo delle possibilità umane, di tutto quello che l'uomo può divenire, di tutto quello di cui è capace






 
[ 25 dicembre. Appartamento Blaise Zabini e Neville Paciock. 22:18 ]
 
Aveva vagato per un po’ senza meta prima di ritrovarsi davanti al grande portone di quell’appartamento.
Sperava che Neville fosse in casa, che avesse del tempo per lui.
Non voleva parole di conforto, per questo non era andato da Hermione e Ron. Chiedeva solo un po’ della tranquillità di Neville, del cinismo di Blaise…
Suonò il campanello e sentì la voce calma e calda di Zabini che chiamava l’elfo domestico che poco dopo gli aprì.
Fu Neville ad andargli in contro, rilassato nel suo comodo pigiama e con le ciabatte addosso.
Harry era sicuro che fino a pochi secondi prima era disteso sul divano insieme a Blaise, a guardare qualche stupido film natalizio alla tv, stretti e coperti con una morbida coperta, la stessa che aveva Blaise sulle spalle quando si avvicinò al suo ragazzo.
«Nev che succede? Harry! Che ci fai qui?».
«Harry, non dovresti essere…» si fermò non finì la frase per non tradire l’amico che non sapeva che lui era conoscenza di un altro segreto.
«Scusate… io… non so perché sono venuto qui. Avevo bisogno di un amico…» finalmente parlò. Con voce spezzata e flebile.
Non notò l’occhiata preoccupata che si scambiarono i due padroni di casa e neppure gli occhi di Blaise che diventarono subito dopo furenti di rabbia prima di allontanarsi e tornare verso il salotto.
«Vieni Harry, ti preparo una tazza di tè» aiutò l’amico a togliersi il cappotto e dopodiché gli slegò anche la cravatta, nascondendola in una tasca.
«Nev io vado. Non so quando torno. Harry, fai come se fossi a casa tua».
Sparì, scandendo con chiarezza un indirizzo che Harry non conosceva.
Si fece accompagnare in cucina, dove si sedette e appoggiò i gomiti al tavolo, nascondendo la testa tra le mani.
«Non è venuto, vero?» chiese piano Neville avvicinando a lui la tazza con il tè e sedendosi accanto all’amico, posandogli una mano sulla spalla.
«No» rispose semplicemente. Poteva leggere la sua sofferenza attraverso gli occhi lucidi e tristi. Neville sentì di odiare Draco con tutte le sue forze. Si erano premurati tutti di dirgli quanto importante fosse quell’incontro per quel ragazzo, e fino all’ultimo fece la cosa sbagliata.
Poi allontanò quel pensiero, non poteva biasimarlo del tutto ma avrebbe, di gran lunga, preferito che lo rifiutasse con una degna spiegazione.
«Harry…» non finì la frase perché il Prescelto, il Salvatore del Mondo Magico… il grande Auror e ora insegnate di Difesa Contro le Arti Oscure era crollato sulla sua spalla, piangendo.
Da questo Neville si accorgeva di quanto fosse stato messo sotto pressione, sempre elogiato per la sua forza, quando avrebbe soltanto voluto gridare ed evadere sentendosi finalmente un fragile ragazzo.
Aveva solo ventiquattro anni, perché doveva farsi travolgere in quel modo dalle emozioni, farsi schiacciare e non poter essere finalmente libero?
«Sono rimasto lì un’ora Nev… ho sperato di vederlo arrivare, di dare finalmente un volto e una voce che finora avevo solo immaginato… invece anche lui ha deciso che devo stare da solo. Mi sono ripetuto questa domanda fino alla nausea… Neville perché tutti mi lasciano? Se ne vanno, mi promettono di restare e poi si allontanano…» sapeva che si stava riverendo alla sua famiglia, al suo padrino… a tutti quelli aveva perso.
Nell’arco di quegli anni la sua vita era stata costellata di perdite e morti, era assolutamente normale che Harry si affidasse così tanto a qualcuno, che agognasse una presenza accanto a lui in grado di sostenerlo.
Ginny si era presa gioco di lui, e con lei anche Malfoy… ma questo lui non lo sapeva.
Restò in silenzio, aspettando che Harry si calmasse, mentre i suoi deboli singhiozzi si confondevano con i rumori del temporale che stava imperversando fuori, tra tuoni e lampi che riflettevano perfettamente l’umore e l’animo a pezzi di quello che era ancora un giovane ragazzo, un giovane uomo.
 
 
[ 25 Dicembre. Kensington Church Street, Appartamento Draco Malfoy. 22:28 ]
 
Quando Blaise comparve nel suo salotto, trovò Draco ancora vestito e con il cappotto addosso.
Fuori cominciava a piovere e forti folate di vento muovevano i rami degli alberi vicino alla casa, era quello che stava guardando Draco, ipnotizzato dalle poche foglie scure rimaste attaccate ai rami quasi secchi e pronti a spezzarsi sotto quella forza travolgente. Le conosceva bene le tempeste Draco, se le ricordava chiare e mortali, disegnate per sempre nella sua mente.
Aveva paura dei temporali.
Ogni notte, quando ne arrivava uno, nel buio… il Signore Oscuro si animava.
Ad ogni tuono rimbombavano le urla delle Cruciatus inflitte solo per sadico divertimento.
E Draco, oramai, associava quel rumore alle stesse urla, che molto spesso erano le sue.
Per la seconda volta si strinse l’avambraccio sinistro, con forza.
Se avesse potuto graffiarsi via quel tatuaggio maledetto lo avrebbe fatto, nonostante il dolore… che sarebbe stato sempre minore di quello che gli provocava quel ricordo.
«Draco, dammi una valida ragione per ciò che hai fatto… del perché Harry Potter è a casa mia a singhiozzare come un bambino» supplicò Blaise, rivolgendosi con delicatezza al suo amico.
Così fragile e delicato, aveva paura che una parola pronunciata più forte potesse crepare quell’assurda teca sotto cui si era rifugiato, facendolo vacillare e cadere.
«Paura…» rispose con un filo di voce.
«Perché non vuoi farti salvare Draco?» era accanto a lui, mentre cercava di togliere la sua mano stretta ancora attorno al Marchio Nero.
Lo vide reagire appena, mentre finalmente si spogliava, dopo ore forse.
«Portami da lui Blaise…» lo guardò implorante.
Draco era così.
Sbagliava, pur essendo sicuro che lo stesse facendo… poi cercava di recuperare l’errore fatto, accorgendosi che ormai era troppo tardi.
Blaise sapeva che non era così drastica la situazione, potevano… dovevano ricominciare.
Se n’era accorto alla fine, e lo aveva accettato.
Il destino aveva giocato con loro fin dall’inizio, mille assurde coincidenze li avevano avvicinati, ma nell’assurdo la normalità si può creare, scoprire e plasmare: bastava volerlo, desiderarlo.
«No. Non puoi, rovineresti ancora di più la situazione. Dagli tempo».
Draco lo guardava ancora, i suoi occhi grigi sembravano ancora più chiari per quanto erano umidi; Blaise sapeva che appena sarebbe tornato a casa l’amico avrebbe pianto. Avrebbe riversato fuori tutto il nervoso e i suoi rimpianti, i nuovi nati di quella triste sera.
«È tutto nelle tue mani Draco».
Lo guardò crollare lentamente, pezzo per pezzo, lo vide diventare un cumulo di macerie mentre le lacrime scendevano lucide sulle sue guance contratte.
 
 

[ 6 Gennaio. Hogwarts - Aula DCAO. 15:24 ]
 
«Oggi faremo uno strappo alle regole. Non aspetteremo l’anno dei M.A.G.O.» vide tutta la sua classe diventare di colpo attenti.
«Questa sarà la prima lezione pratica… per imparare a evocare un Patronus».
Un forte boato si levò da quei ragazzi, uno fra tutti sembrava ancora più felice.
Era il compleanno di Dominic, e quello era il suo regalo.
Lo vide emozionato, sorridente, e fu per lui una grande conquista, un balsamo per quei giorni bui in cui si trovava.
Aveva fatto felice una persona.
In questo risiedeva la grandezza di Harry Potter: era pronto a combattere per rendere migliore la vita degli altri.
Nonostante fossero poche le persone che ricambiavano, e il sorriso sincero di quel ragazzino lo ripagò di tutti gli sforzi, della tenacia che utilizzava per non crollare davanti ai suoi alunni.
«Non vi assicuro che tutti, quest’oggi, riuscirete ad evocare un Patronus completo, corporeo. Ma ci proveremo, lavoreremo fin quando ognuno di voi conoscerà il suo protettore. Ora via tutti i libri, fuori le bacchette e in piedi, abbiamo un lavoro da fare!».
Con la classe in fermento e pronta a lavorare, Harry fu costretto ad allontanare i suoi problemi per dedicarsi ai suoi ragazzi, già con le bacchette in mano in attesa dei suoi ordini.
«Cominciate a dividervi in più gruppi da almeno cinque persone» correvano da una parte all’altra dell’aula cercando i compagni preferiti, creando piccoli gruppi affiatati.
«Bene, la cosa che dovete tenere a mente è: pensate al vostro ricordo più bello. Sfogliate le pagine della vostra memoria, trovate quel momento felice che vi rende tali anche ora. Può essere qualsiasi cosa. Sarà difficile i primi momenti, però l’importante è la sensazione di tranquillità e felicità che ciò a cui pensate vi trasmette».
Tutti lo guardavano ed annuivano, forse pensando alle loro passeggiate con i genitori, il loro primo amore o primo bacio, le loro soddisfazioni…
Quei ragazzi erano un piccolo mondo a sé, mossi da emozioni diverse, pensieri diversi che, però, si incontravano tutti insieme in quella stanza per portare a termine un compito.
«La formula è “Expecto Patronum”. Pronunciatela con convinzione, tenendo bene a mente il vostro ricordo. Sarà faticoso all’inizio, ma non abbattetevi. Chiaro?».
Prese a girare per l’aula, aveva deciso di far provare un gruppo alla volta per avere la possibilità di seguirli e correggere eventuali errori.
Sperava non chiedessero nessuna prova… non era in vena di felicità.
Un Dissennatore sarebbe rimasto a digiuno e se ne sarebbe andato via triste e sconsolato…
Alzò gli occhi e sbuffò.
«Dai Bale, comincia tu. Ricorda ciò che abbiamo detto».
Osservò la ragazzina grassottella che chiudeva gli occhi e respirava a fondo, concentrata.
Gridò la formula ma non accadde nulla, intanto anche gli altri cominciavano, con la stessa concentrazione della loro compagna. Da una o due bacchette fuoriuscì una piccola fiammella argentea, scomparsa subito dopo.
Nessuno di loro si abbatté, continuando a provare e riprovare, fin quando lo sbuffo leggero diventava appena appena più grande.
Non si stupì quando Wells fu l’unico a far uscire dalla sua bacchetta dei finissimi fili argentati che si dispersero nell’aria.
«Continuate ragazzi. Non fatevi abbattere! Non è facile. Alcune streghe e alcuni maghi nel corso degli anni non hanno mai prodotto un Patronus corporeo, ma non è quello l’importante. È il vostro protettore, agirà lo stesso. Tempo e allenamento e vedrete i risultati».
Sperava che i suoi ragazzi non dovessero mai ricorrere a quell’incantesimo per difendersi, per allontanare quelle creature. Si ritrovò a sperare con tutto il cuore di aver liberato le loro vite da quel pericolo che Voldemort aveva portato con sé, voleva un mondo tranquillo e sereno per tutte quelle creature.
 
«Ricordatevi di studiare la parte teorica dell’incantesimo, sarà quello importante per il vostro compito finale. Non affannatevi per evocarlo, prima o poi ci riuscirete. Ci alleneremo ancora e, se trovate un momento libero, riprovateci con calma. Non trascurate le altre materie però, non vorrei trovarmi la Preside McGranitt in preda all’ira per colpa mia».
«Perché dovrei, professor Potter?» la McGranitt comparve dalla porta dell’aula, facendo arrossire Harry e ridacchiare alcuni dei suoi più coraggiosi alunni, che si zittirono subito dopo.
«Harry hai finito la lezione?».
«Sì, stavo giusto dando alcuni compiti» disse indicando i ragazzi.
«Bene, possono tornare alle loro case tranquillamente allora. Andate ragazzi, su su».
Decine e decine di ragazzi si alzarono e uscirono dall’aula e poté notare Wells che cercava il suo sguardo, preoccupato.
«Vai Wells, passa dopo nel mio ufficio» annuì e uscì insieme ai suoi compagni.
L’attenzione era tutta sulla Preside a quel punto, che guardava Harry con occhi preoccupati, ricordandogli gli sguardi che riceveva durante il periodo di guerra.
«Che succede professoressa?» si agitò appena sulla sedia, cosa che la donna notò perché alleggerì lo sguardo.
«Niente di preoccupante, tranquillo. Mi premeva mostrarti un articolo uscito oggi, sono solo stupide insinuazioni, lo so io stessa, ma è giusto che tu lo legga. Ricordati solo come sono fatti lì al Profeta».
Prese il foglio di giornale che la Preside gli lasciò sulla scrivania prima di andarsene, così come era arrivata.
 
“COSA SUCCEDE AL GRANDE HARRY POTTER?”
 
Il grande titolo troneggiava nel centro della pagina, occupata per metà da una foto sgranata di lui e Malfoy fuori dalla Testa di Porco ad Hogsmeade; li avevano fotografati nel momento in cui Draco lo sorreggeva e Harry aveva cominciato a ridere. Sembravano una coppia di vecchi amici divertiti, peccato – o meglio – che non sapessero che lui era quello ubriaco e aiutato dalla sua grande ex nemesi.
Anche Draco aveva lo sguardo divertito mentre gli poggiava la mano sulla schiena e guardava il suo profilo. Indossava già la sua sciarpa così morbida…
Riprese a guardare l’articolo e leggere:
 
“Fonti più che autorevoli hanno fatto arrivare alle nostre orecchie questa nuova notizia. Avevamo ricevuto questa foto tempo addietro, rimasta in attesa di nuovi sviluppi che, stranamente, devono ancora avvenire. Aspettiamo comunque nuove dritte.
Passiamo ora al problema: Harry Potter in compagnia di Draco Malfoy, impegnati in atteggiamenti amichevoli.
Tutti sappiamo come il nostro Salvatore abbia testimoniato a favore del famoso figlio e della moglie di Lucius Malfoy: Draco Malfoy e Narcissa Black. Nessuno di noi però immaginava il rapporto nato tra i due, la loro estrema complicità.
Abbiamo la più che certa sensazione che i due si siano Smaterializzati vicino ai confini di Hogwarts e che abbiano continuato lì la loro giornata.
Tanto meglio, in fin dei conti dei Mangiamorte avevano già messo piede a Hogwarts anni addietro.
Dopo la morte del Preside Silente (tanto chiacchierato quanto ammirato) abbiamo assistito al degrado della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Dov’è la Preside Minerva McGranitt in questi casi?
Draco Malfoy e Harry Potter: chiunque di voi abbia delle notizie ci invii un gufo in redazione!”

 
Era la capacità della “Gazzetta del Profeta” quella di saper scrivere cazzate senza senso, per quel motivo aveva smesso di interessarsi a loro, cominciando a leggere con più interesse “il Cavillo” di Luna.
Di tutte quelle stupide parole messe lì a caso l’unica cosa che gli bruciò di più fu l’aver chiamato Draco ancora “Mangiamorte”, il dover rivangare ricordi dolorosi di anni fortunatamente passati. A nessuno di loro interessava che tutti i più pericolosi e colpevoli fossero rinchiusi per sempre tra le mura di Azkaban per i resto della loro vita. Harry era ancora e costantemente oggetto di pettegolezzi e insinuazioni.
Si alzò dalla cattedra quando la campanella suonò, strappò con cura la foto sua e di Malfoy e accartocciò il resto.
Non lo avevano ferito quelle idiote insinuazioni sul rapporto che aveva con quel ragazzo, anche se combatteva con la voglia di inviare un gufo e complimentarsi per la bella foto che avevano fatto, si trattenne solo per non alzare più polvere di quella che già annebbiava la vista di quei redattori.
 
 
[ 6 Gennaio. Kensington Church Street, Appartamento Draco Malfoy. 17:48 ]
 
Anche Draco aveva letto quell’articolo, e anche lui non se l’era presa. Ci era rimasto male, però.
Solo un poco.
Si sorprese con la reazione che ebbe alla visione della loro foto, sembravano veramente uniti, stretti da qualcosa, nonostante si fossero offesi per tutto il tempo antecedente alla foto e anche quello nell’ufficio di Potter.
Sapeva che per altro tempo sarebbe stato chiamato Mangiamorte dalla metà della popolazione magica, in fin dei conti ci aveva fatto l’abitudine… era solo il fatto che lo avessero scritto in un articolo “dedicato” a lui e a Potter.
«Vedi? Pensa a cosa verrebbe fuori se ci vedessero insieme, di nuovo…» disse passando a Pansy il giornale.
«Certo, perché adesso sei diventato il Buon Samaritano… non cerchi di sistemare le cose con Potter perché vuoi salvare la sua reputazione. Ma fammi il favore!» rispose acida Pansy, facendo scoccare la lingua contro il palato e alzandosi per recuperare dei cioccolatini.
«Non ho mai detto questo!».
«Si che lo hai detto! Stai cercando ogni scusa possibile per evitare di ammettere che hai sbagliato e che ti sei comportato da imbecille! Ma ti ho visto sai, ho visto come guardavi quella foto. Draco, svegliati fuori tesoro» sentenziò infine addentando un nuovo cioccolatino, abbandonando la testa all’indietro sul bracciolo del divano per guastarsi meglio la cioccolata che si scioglieva nella sua bocca.
Draco restava impassibile, sapeva che stava pensando a qualcosa, infatti poco dopo si alzò dal divano e andò a indossare le scarpe e il cappotto.
«Dove vai?».
«Adesso torno, aspettami qui e non finire tutti i miei dolci».
Uscì di casa e non sentì la risata soddisfatta della sua migliore amica.
 
 
[ 6 Gennaio. Hogwarts - Serre di Erbologia. 18:34 ]
 
Si era Materializzato davanti i cancelli di Hogwarts e aveva litigato per una buona mezz’ora con Gazza per farsi aprire.
Dovette arrivare la McGranitt e accompagnarlo dentro per convincere Gazza che quello non era un pericoloso criminale ma un ex alunno.
«Signor Malfoy, che ci fa qui?».
«Devo vedere Neville, la prego mi faccia entrare» i cancelli cigolarono e appena li passò sentì la forza degli incantesimi di protezione.
«Pensavo fossi qui per vedere Harry, dopo quell’articolo…»
«Si e no, la prego però di non dire niente a Harry di questa mia visita. Non le posso spiegare nient’altro» la donna continuava a camminare davanti a lui, verso il parco e verso le serre dove Paciock passava metà del suo tempo poi, improvvisamente, si fermò.
«Signor Malfoy, io non so cosa ci sia sotto ma le sto comunque dando il permesso di girare per la scuola nonostante non faccia parte del corpo docenti o degli alunni, si metta in testa una cosa però: Harry è già triste da giorni per qualche strano motivo, è abbattuto, non sorride… non so se lei c’entri in questa storia, solo faccia attenzione. Non è giusto che soffra in questo modo».
Si allontanò tornando dentro le grandi stanze del castello e lasciando Draco spaesato, quasi avesse dimenticato il motivo della sua strana visita a Neville.
Il caldo della serra gli fece rilassare i muscoli del volto ancora contratti in quella smorfia confusa nel vedere la sua ex professoressa parlargli in quel modo e vederla andare via con quel suo mantello molto simile al pastrano di Hagrid: doveva ancora capire quale delle due cose lo avevano scandalizzato di più.
«Paciock!» girò intorno a strane piante puzzolenti, addentrandosi poi tra una miriade di vasi che contenevano dei piccoli arbusti che con i loro rami bloccavano il passaggio.
«Paciock dove sei? È un inferno qui dentro…» abbassò subito il tono della voce quando vide Neville seduto attorno a un tavolo con altri quattro ragazzi che prendevano degli appunti.
Tutti lo stavano guardando con un sopracciglio alzato, sorpresi di vedere un biondo sconosciuto con delle foglie impigliare tra i capelli.
«Malfoy! Che diavolo ci fai qui? Come hai fatto ad entrare?» quando i quattro ragazzi sentirono il suo nome aprirono la bocca e si tirarono indietro sulla sedia.
«Mi ha fatto entrare la McGranitt».
«Ragazzi tornate dentro, studiate ancora e domani faremo un altro ripasso. In quanto a te…» e si girò minaccioso verso Draco che però aveva già raggiunto gli alunni e li stava fronteggiando.
«Guai a voi se dite solo una parola, non dite a nessuno di avermi visto? Intesi?» alzarono gli occhi e sbuffarono uscendo dalla serra e allontanandosi verso la scuola.
«Mi spieghi perché sei qui e hai anche impaurito i miei studenti?» teneva le mai sui fianchi e respirava a fondo, puntando i suoi occhi in quelli divertiti dell’inusuale visitatore.
«Fiori. Ho bisogno di fiori. Con dei significati ben precisi, anche se so che quell’imbecille non capirà mai cosa ci sta dietro…» preso dalla foga aveva cominciato a gesticolare, mentre Neville era tornato a sedersi, alzatosi poi subito dopo.
«Tieni» gli diede un foglio ed una penna e gli fece cenno di accomodarsi. «chissenefrega se non è la tua carta da lettere costosa. Muoviti, scrivi ciò che gli vuoi dire e io vado a preparare tutto».
Non sapeva se essere incazzato nero per il modo in cui si era permesso di rivolgersi a lui o se essergli grato per non aver provato a bloccarlo per difendere Harry, dandogli la possibilità di riprovare.
Lo ringraziò quando ormai non lo vedeva più e cominciò a scrivere; riempiva il foglio con delle parole e poi lo accartocciava bruciandolo, prendeva un’altra pergamena e ricominciava.
Quando Neville tornò lui aveva finito, aveva scritto poco: si era reso conto che alcune cose si potevano dire solo a voce.
«Giacinti porpora, amarillide, gigli, biancospino e una mia aggiunta personale: un garofano bianco» disse Neville appoggiando sul tavolo i fiori di cui aveva appena detto il nome. «Sigilla il biglietto, mi arrangio io a recapitargli tutto. Fidati di me Malfoy» glielo disse così, fuori dai denti, diretto.
Non poté far altro che seguire il suo consiglio, così gli porse la piccola e ultima lettera e con sguardo riconoscente si allontanò anche lui dalla serra, si voltò indietro una sola volta, e vide Neville impegnato a comporre un piccolo mazzo profumato di fiori.
 
 
[ 6 Gennaio. Hogwarts - Ufficio Insegnante DCAO. 21:32 ]
 
«Avanti».
La voce roca e spezzata, le dita nervose impegnate a tamburellare sul legno della scrivania, lo sguardo assassino.
Così lo trovò Dominic quando aprì la porta. Si pentì immediatamente quando i suoi occhi si posarono su di lui e il suo viso si deformò.
«Signore… ho sentito dei rumori».
Beh… aveva distrutto dei quadri orribili, ringhiato, imprecato e continuato a ringhiare e, forse, si era dimenticato di Imperturbare la stanza.
«Che ci fai fuori dal letto a quest’ora? E dov’è Gazza quando serve, cazzo!».
Dominic serrò la bocca improvvisamente, mentre Harry si rendeva conto di aver appena perso la pazienza davanti a lui.
«Scusa Dom».
«Che cosa le hanno fatto quei poveri fiori?» sulla sua scrivania versavano in condizioni orribili tutti i fiori che aveva trovato dopo essere tornato dalla cena. L’unico sopravvissuto era un bel giacinto color porpora.
«Il fiore del perdono» Harry strabuzzò gli occhi.
«Che cosa?».
«Questo» disse avvicinandosi e raccogliendo il fiore tra le mani. «Questo è il fiore del perdono».
Prese velocemente il foglio di pergamena che non aveva voluto leggere.
 
“Perdonami.
Dammi una seconda possibilità, o meglio… te ne chiedo una terza.
Capirai le mie parole.
Ti aspetto fra tre giorni ad Hyde Park, sulle rive del Serpentine, vicino al nostro albero. Ho notato che da quel punto preciso si ha una visione meravigliosa del tramonto, potremmo guardarlo insieme.
Sarò io ad aspettarti questa volta.”
 
Il fiore del perdono.
Voleva riprovare, conoscerlo… rivelarsi.
La sua serata cambiò improvvisamente, un sorriso comparve sul suo volto e i suoi occhi si posarono di nuovo in quelli di Dominic che aveva osservato la scena e capiva sempre meno di prima.
«Come fai a saperlo?».
Wells si mordicchiò un po’ il labbro, accarezzando i petali del fiore.
«Mia madre amava i fiori, passava giornate intere in giardino a curarli. Da quando è morta leggo ancora i libri che leggeva lei, li tengo vicino al letto».
Quel ragazzino, come poteva dimenticare che dietro a tutta quella ironia e furbizia si nascondesse quel grande peso, quella grande sofferenza?
All’inizio dell’anno la McGranitt lo aveva pregato di diventare un appoggio per lui, solo ora, a distanza di mesi, si accorse che era diventato molto di più: un fratello.
Condividevano il dolore che provoca la morte e, il suo, era stato un effetto collaterale di tutto quell’odio scaturito anni prima.
Si alzò dalla sedia e accolse il ragazzo tra le braccia, nonostante fosse alto quasi quanto lui lo sentì abbandonarsi e diventare più piccolo, più insicuro e indifeso.
«Vai a letto Dom, ci vediamo domani mattina per colazione».
Si allontanò da quell’abbraccio sincero e lo accompagnò fino alla porta, guardandolo andare via, verso i sotterranei, con le spalle ricurve e forse qualche lacrima.
 
Vagò con lo sguardo per il suo ufficio, il caos regnava sovrano e si sentiva talmente in colpa per quell’attacco d’ira che sistemò tutto in fretta con un colpo di bacchetta.
Quando aveva trovato quel mazzo di fiori aveva dato in escandescenza.
Dopo quell’incontro disastroso, in cui si era sentito preso in giro e anche abbandonato, cercava inutilmente di non pensarci, lottando anche contro la strana sensazione che gli derivava dal pensare a Malfoy.
Perché oltre a tutto quel casino cominciato per colpa sua, aveva anche quell’incredibile stronzo di Furetto che occupava i momenti liberi e tranquilli.
Si interrogava ancora su quell’episodio, sentendo il cuore accelerare i battiti e uno strano calore avvolgerlo.
Quando ricapitò, ed era esattamente in quel preciso momento, decise che ormai era l’ora giusta per tornare a casa.
Prima di entrare nel camino, però, raccolse quella gardenia.
 
 

[ 8 Gennaio. Kensington Church Street, Appartamento Draco Malfoy. 08:31 ]
 
«No, non mi ha detto niente Malfoy. Dagli tempo».
Draco era impegnato in una fitta conversazione con le testa di Neville, comparsa nel suo camino dopo che Blaise aveva perso la pazienza per le continue visite che faceva durante il giorno, così aveva dato a Draco due sole possibilità di parlare con il suo fidanzato: una alla mattina e una alla sera.
Quello era il terzo appuntamento mattutino, fortunatamente Blaise si alzava più tardi di Neville.
«Se non verrà sarà solo colpa tua!» l’immagine della sua testa sbuffò e sembrava pronta per ribattere, poi alzò gli occhi e lasciò perdere dando colpa all’isterismo che aveva colto quel ragazzo nelle ultime ventiquattro ore.
«Va bene, adesso posso usare il camino per andare al lavoro?».
Draco storse il naso e assottigliò lo sguardo, sembrava volesse incenerire la figura davanti a lui. «Non avete lezioni oggi» rispose come se fosse un’ovvietà.
«Draco, quando mai un professore mancava da scuola solo perché non aveva lezioni? La McGranitt mi uccide. Ci vediamo!».
Prima ancora che Draco potesse aprire la bocca per cercare di convincerlo ad aiutarlo ad autocommiserarsi… Paciock era sparito e al suo posto tornavano a vedersi le fiamme scoppiettanti del fuoco che aveva acceso poco prima.
Si strinse al collo il suo maglione preferito, l’unico capo d’abbigliamento logoro e consunto del suo guardaroba.
Aspettava l’inverno e il freddo pungente per indossarlo, per accoccolarcisi dentro. Avanzavano parecchi centimetri di stoffa dalle maniche che gli nascondevano le mani e le scaldavano alla perfezione, senza considerare la lunghezza e la larghezza di quel pezzo di stoffa.
Pansy evitava di abbracciarlo quando aveva quel coso addosso, era addirittura arrivata al punto di paragonarlo ad uno dei maglioni dei Weasley.
Se con Potter funzionerà, potresti riceverne anche tu uno per il prossimo Natale.
Si scottò la lingua con il caffè bollente, certi pensieri non doveva neppure immaginare di farli.
Aveva assolutamente bisogno di uscire di casa e passare le restanti trenta ore mancanti all’appuntamento pensando a qualcos’altro.
 
 
[ 8 Gennaio. Londra - Diagon Alley. 9:57 ]
 
Evitava di camminare troppo vicino alle persone, nonostante fosse inevitabile. Diagon Alley era sempre brulicante di persone indaffarate in qualche compera.
Cercava di evitare anche le coppiette, quelle giovani perlomeno, chiedendosi per quale motivo non lavorassero come tutte le persone normali… evitando di pensare al fatto che lui non aveva mai provato neppure a farlo.
Si trattenne nell’entrare a comprarsi altri vestiti, voleva semplicemente prendere un po’ d’aria fresca, sviarsi.
Il Ghirigoro aveva eliminato tutte quelle assurde decorazioni dalle vetrine, lasciando in bella vista tutti i nuovi arrivi e, con sua sorpresa, un’altra decina di Libro Mostro dei Mostri si azzannavano tra loro all’interno della gabbia in cui li aveva rinchiusi il proprietario.
Tornò in fretta a quella lezione di Cura delle Creatura Magiche e alla sceneggiata fatta per quell’ippogrifo e al conseguente pugno che si era beccato dalla Granger.
Sembrava che tutte le persone a cui pensava finivano per materializzarsi davanti ai suoi occhi, anche se non si soprese poi molto di trovare Hermione nel suo habitat naturale, tra i libri.
Decise di entrare, magari un libro da un migliaio di pagine poteva distrarlo almeno un po’, permettergli di non guardare una parete completamente spoglia e vedere la faccia da schiaffi dello Sfregiato…
«Draco!» si avvicinava a lui con calma, portando tra le braccia una decina di tomi giganti, che gli fecero passare la voglia di comprare anche uno solo.
«Dammi qui, ti aiuto» le prese tutti quei libri e la vide dare un’occhiata veloce allo scaffale in cui era fermo lui, qualcosa doveva aver attirato la sua attenzione perché lo prese e se lo portò al petto.
«Grazie. Ti aspetto» disse sorridendo verso di lui, nascondendo in maniera poco efficace il luccichio nei suoi occhi furbi.
«Ho fatto, volvevo solo dare un’occhiata» non la vedeva completamente con tutta quella fila di libri che gli nascondevano la visuale, facendolo rischiare di cadere rovinosamente a terra e di calpestare qualche bambino che correva per il negozio.
Uscirono senza neppure una borsa, ormai il negoziante conosceva a memoria l’indirizzo di casa sua e affidò il recapito a quei poveri gufi a cui sarebbe servita una settimana di ferie per lo sforzo.
«Hai voglia di prendere un caffè Draco?».
Non ne aveva voglia, il suo unico compito era quello di non pensare a Potter e passare del tempo con la sua migliore amica non era ciò che si definiva utile al suo scopo.
«Certo, perché no…» rispose alzando lievemente gli occhi al cielo e arrendendosi. Forse si era reso conto che non dedicare un pensiero a lui era decisamente difficile.
Entrarono al Paiolo Magico, facendo rinvenire il vecchio Tom che stava appoggiato al bancone con fare annoiato guardando il locale vuoto.
«Hermione! Signor Malfoy! Sedetevi avanti, arrivo subito» indicò loro un posto qualsiasi e cominciò a trotterellare verso di loro ancora prima che si sedessero.
Tornò subito dopo con una tazza di caffè bollente in una mano e con un tè nell’altra, scomparendo di nuovo dietro al banco a pulire, forse per la decima volta, i bicchieri ormai splendenti.
«Allora…»
«Già, allora… come stai?» chiese cercando di non sembrare nervoso, nonostante si fosse ricordato solo dieci minuti prima del cazzotto che aveva preso in pieno volto da quella manina così delicata.
«Bene, bene. Raccontami di Harry» non capiva che gusto ci provava quell’altro a parlare con una persona a cui non si poteva nascondere nulla… almeno Pansy era più subdola, lei girava attorno al discorso intortandolo talmente tanto da fargli ammettere ciò che voleva sentire senza che ne accorgesse.
Hermione invece andava direttamente al punto, facendo rabbrividire l’interlocutore.
«Non fare così Draco, so cos’è successo nel bagno. Quello che non capisco è perché non hai fatto nulla per prendertelo… un Malfoy che lascia perdere, non è da te».
«Dove vuoi andare a parare Hermione?» chiese debolmente, mentre appoggiava i gomiti sul tavolo e si sporgeva verso quegli occhi caldi, facendo crescere in lui il desiderio di utilizzare la Legilimanzia per capire che razza di intenzioni aveva, figurarsi, però, se una strega di tale livello non avesse padroneggiato con successo l’Occumanzia dopo tutti quegli anni.
«Deve esserci qualcosa sotto se adesso non sei con lui…» poteva vedere la curiosità logorarla, lei, la ragazza che sapeva sempre tutto, con la mano pronta ad alzarsi per rispondere ad una qualsiasi domanda… forse la risposta già la sapeva e non era pronta a crederci.
«Non dirmi che non hai pensato proprio a niente in questo mese…» cominciava a divertirsi.
«Beh, ho pensato ad un matrimonio, ma Asteria sta con Theodore Nott adesso. Ho pensato ad una storia con un altro ragazzo, o il ritorno di una cerca Laetitia… ma negli ultimi tempi non ci sono stati contatti strani con altre persone…» al che Draco la bloccò e si intromise nel suo monologo.
«Come fai… ah, certo» annuì ghignando, l’aveva fregato. «Voi Indicibili…».
Hermione prese quel commento come un complimento, sfoderando il suo più bel sorriso furbo, tornando seria subito dopo: «È il mio migliore amico, Draco».
Draco annuì, poi la lasciò continuare, aveva capito che teneva le ultime informazioni per il gran finale.
«Poi, però, ho notato che il tuo gufo – Muninn vero? A proposito proprio un bel nome – volava spesso per le zone di Hyde Park, molte volte incrociando un’altra civetta… e si da il caso che quella l’abbia regalata proprio io ad Harry per i suoi diciotto anni… quindi, mi chiedevo… che diavolo state combinando per le mutande di Merlino!» alzò la voce e la sua esclamazione arrivò fino a Tom che si defilò improvvisamente nelle cucine, scomparendo per un po’.
«Se già lo sai, perché sei qui a parlarmene Hermione?».
«Perché l’ho visto felice per uno sconosciuto, l’ho visto speranzoso di essere finalmente protagonista e non più spettatore… poi l’ho visto appassire di nuovo davanti ai miei occhi e tornare a rifiorire dopo il vostro bacio… ti vuole Malfoy, ma è combattuto e troppo leale… Harry non si arrende e tu con quelle lettere l’hai fatto risvegliare. E ora… il mio migliore amico ha aspettato tre giorni per dirmi del tuo rifiuto per paura di un mio giudizio…» si vedeva quanto le facesse soffrire quel discorso, come se si sentisse in colpa per aver messo in quelle condizioni una persona così importante per lei. «Per parlarmi del tempo che ha passato attendendo te… senza saperlo. Come vedi… lui non sa ancora che aspetta la stessa persona di cui si è infatuato in due modi diversi…»
Draco l’aveva osservata in religioso silenzio, guardando quella giovane donna combattere ancora per Harry.
«Gli ho chiesto di incontrarci…»
«Lui verrà di nuovo. Non deluderlo Draco… non capisco ancora in che modo siate arrivati a questo punto… voi due, due persone così diverse, nemici fino alla stregua delle vostre forze, sempre impegnati a superarvi, a vincere l’uno sull’altro, con quel fuoco bruciante di vittoria negli occhi».
Continuarono a parlare per un’altra ora, in cui Hermione gli raccontò ciò che era successo con Ginny, con i Weasley, degli anni della rinascita dopo la guerra.
Draco finì per confidare le sue paure ad una ragazza che aveva per anni sottovalutato per essere nata in una famiglia di Babbani, per colpa di pregiudizi inutili inculcati nella sua testa fin dalla sua nascita.
Però anche Draco era rinato… un ultimo passo e la tranquillità sarebbe arrivata.
«Perdonami per aver gridato… sai… gli ormoni…»
 
 
[ 8 Gennaio. Hogwarts - Lago Nero. 15:38 ]
 
«Hermione è incinta».
Aveva esordito così Ron, entrando nel suo ufficio, utilizzando la porta quella volta.
Aveva provato ad abbracciare l’amico, pronto a festeggiare quella meravigliosa notizia che ormai da tempo aspettava e che, finalmente, si era avverata.
Sarebbe stato divertente vedere il frutto dei cromosomi di quei due, già si vedeva pronto al S. Mungo a tenere tra le braccia il piccolo o la piccola nipotina…
Invece si trovava seduto su di una panchina a trattenere un Ron in preda ad un attacco di panico.
«Harry… diventerò padre… Hermione mi lascerà e porterà via mio figlio perché sarò un buono a nulla, mia madre e mio padre mi cacceranno di casa per averli delusi… George mi renderà la vita impossibile, Fred mi verrà a trovare nei sogni per completare il compito di George… Bill e Fleur non mi parleranno più… e infine Charlie mi darà in pasto ad uno dei suoi draghi».
«Non credo, Charlie sarà impegnato a fare compagnia a Pansy…»
«Cosa?! E me lo dici così!» rispose con la bocca piegata in una smorfia, nascondendo poi il volto tra le mani.
Era un’ora, o forse più, che Ron immaginava i suoi futuri nove mesi, e tutte le storie finivano sempre con Hermione che se ne andava. Non sapeva più come consolare l’amico.
«Ron ascolta, avere un figlio è una cosa splendida…»
«No aspetta. Harry… sono l’uomo più felice del mondo… so che Hermione è convinta che abbia la sfera emotiva di un cucchiaio…» Harry annuì confermando le sue parole. In molti casi Ron non si era mostrato molto aperto alla comprensione delle emozioni. «Ma ho passato tutta la notte a piangere dalla gioia, a coccolare la mia ragazza, a programmare il matrimonio nonostante lei volesse aspettare. Amo Hermione come non ho mai amato nient’altro in tutta la mia vita. Voglio che sia lei la donna con cui passerò l’esistenza… lei e i nostri dieci figli…»
«Ron, Herm è al corrente della quantità spropositata di figli che vuoi farle sfornare?».
«Non credo amico… meglio non parlargliene ora che è in preda a quelli che lei chiama ormoni…»
Risero, mentre Ron si rilassava appena. I suoi occhi brillavano di gioia tutte le volte che pronunciava le due parole più belle: “mio figlio”. La sua voce tremava di paura, d’amore… stava per intraprendere una strada faticosa, ed era pronto.
Ron non era più quel ragazzino dubbioso e poco attento, era un affermato Auror, perfetto nel suo lavoro… era un uomo dedito alla sua ragazza, ai suoi amici e alla sua famiglia… e, ora, stava per diventare padre.
Si emozionò anche Harry insieme a lui, dopo la centesima volta che ripeteva “Hermione darà alla luce mio figlio”. Aveva passato più della metà della sua esistenza insieme a loro due, aveva visto nascere il loro amore ancora prima che quei due se ne accorgessero. Era stato una spalla per Hermione mentre soffriva per lui, ancora cieco e ingenuo.
Erano la sua famiglia, la migliore che avesse mai potuto chiedere, ed ora stava per allargarsi.
 
Tornarono in ufficio quando il sole aveva già cominciato a tramontare e quando Harry aprì la grande porta, un ciclone li colpì. Hermione era al centro della stanza con le braccia conserte e lo sguardo incazzato e… urlava. Nessuno capiva bene che cosa… però urlava.
«Ronald!».
«Hermione… tesoro che cosa succede?» con prova di grande coraggio si avvicinò alla sua ragazza, quasi pronta a scagliare un Avada Kedrava su tutto ciò che si muoveva accanto a lei.
«Harry mi ha inviato un gufo dicendo di venire a prendere il mio ragazzo! E tu chiedi a me che cosa è successo?».
Tutti gli sguardi erano puntati in quello colpevole di Harry, che aveva abbassato le spalle e sfoggiava uno sguardo pentito.
«Scusa Ron… ma non ti calmavi… poi siamo usciti…»
«E sono arrivata io! Non vi ho trovati! Sono andata addirittura dalla McGranitt! Lei, Silente e Piton si congratulano, anche se quest’ultimo si augura che prenda tutto da me».
«Come dargli torto» asserì Ron stupendosi si aver appena dato ragione a Severus Piton.
«Herm non agitarti… siamo qui. È stata tutta colpa mia… però adesso abbracciami mammina!».
Non servì ripetere la frase un’altra volta.
Hermione si lanciò tra le braccia dell’amico, lasciandosi baciare i capelli e stringere forte.
Harry poteva sentire l’amore nascere anche in lui… un sogno di una vita più leggera.
 
 
[ 8 Gennaio. Kensington Church Street, Appartamento Draco Malfoy. 22:04 ]
 
«Le dovrò mandare dei fiori!».
«Paciock, quando la smetterai con queste piante?».
«Ti hanno fatto comodo però!».
Draco si zittì immediatamente, accompagnato dagli sbuffi annoiati di Blaise e Pansy.
Erano tutti riuniti a casa sua per una cena tranquilla, fin quando non aveva annunciato la futura nascita di un Weasley. E da lì le danze vennero chiuse solo in quel momento.
 
Nel calore della sua casa, circondato dai suoi più vecchi – e nuovi – amici, Draco si beava di quella compagnia, seduto nel suo grande divano ad ascoltare Pansy e le sue inutili scuse sul perché avesse cominciato ad uscire con Charlie Weasley, negando a tutti che la notte di Natale era stata fatale: un colpo di fulmine bell’e buono era scattato tra i due.
Almeno si asteneva a raccontare le loro performance, anche perché a Draco ben poco importava della mascolinità di Charlie Weasley e nemmeno delle posizioni che riusciva a fare la sua migliore amica, non era dello stesso avviso Blaise, che continuava a fare domande ben poco velate e molto dirette.
Tra le risate e le chiacchiere sentiva che mancava una certa presenza nella sua vita, cominciando a sentire addirittura il divano più scomodo, trovandosi ad immaginare di poggiare la testa sulle gambe di una persona, mentre le sue dita accarezzavano i suoi capelli…
«Draco…»
La solita guastafeste di Pansy lo stava scuotendo con forza, rompendo l’incanto immaginario delle dita d Potter tra i suoi capelli.
«Che vuoi Pan… stavo così bene».
«Stavi sorridendo per qualcosa… comunque Blaise ti aveva fatto una domanda, tesoro» non era un buon segno quella voce così lasciva, soprattutto il fatto che il suo amico pervertito avesse smesso di indagare nella vita sessuale di Pansy.
Neville continuava a restare in silenzio, divertito, mentre osservava il garofano che Harry gli aveva inviato e che lui aveva fatto incantare a Blaise con lo stesso incantesimo utilizzato per le sue camelie.
«Lo stiamo perdendo…» disse Pansy tra finte lacrime, portandosi il braccio davanti agli occhi e lasciarsi cadere all’indietro, sopra di lui, con fare teatrale.
L’unica cosa in grado di smorzare il divertimento dell’amica era farle il tanto odiato solletico, proprio vicino alle costole, lì sul fianco...
Li conosceva tutti i punti perfetti per farla impazzire e farla gridare per tutta la casa; ricordava ancora quando Blaise accorreva nel dormitorio dopo aver sentito le urla di Pansy, aspettandosi di coglierli in fallo durante qualche effusione più intima… invece li ritrovava sul letto, spettinati e con i vestiti stropicciati… a farsi il solletico.
«Ti stavo chiedendo se avevi preparato le scuse perfette per far perdonare a Potter la tua immensa stronzaggine».
E menomale che doveva essere un discorso tabù.
Affondò il viso tra i capelli di Pansy, che si era accoccolata sopra di lui, prima di recuperare la bacchetta appoggiata lì vicino e pensare tra sé l’incantesimo del suo padrino, senza mai levarsi il sorriso dalla faccia.
Levicorpus, e Blaise girava su se stesso appeso per un piede da funi invisibili, rosso dalla rabbia, che aumentava sempre di più quando gli arrivava l’irrefrenabile voglia di ridere, convinto però di dover tenere il muso per rendere più reali le sue minacce di morte lenta e dolorosa che gli stava augurando.
Quando lo fece riatterrare, molto più delicatamente di quanto sperava, lo vide rifugiarsi tra le braccia di Neville che tratteneva a stento le risate ma che, conoscendo il carattere del fidanzato, faceva di tutto per non scoppiare.
«Domani ho una giornata impegnativa… me ne vado a letto. Restate quanto volete. Pan, ti fermi?».
L’amica non rifiutò, quasi sicura che quella era una delle ultimissime notti che poteva passare nel letto del suo migliore amico, tra poco occupato da qualcun altro.
«E comunque Blaise… farò del mio meglio» salutò anche lui, baciandogli la guancia e stringendo poi la spalla di Neville, allontanandosi da quel trio chiassoso per abbandonarsi nel suo comodo lettone.
 
Quando Pansy arrivò in camera era già passata un’ora, e trovò l’amico impegnato a leggere un libro, nonostante sembrasse aver passato tutto quel tempo sempre sulla stessa frase, impossibilitato a concentrarsi.
Gli rubò uno dei quattro cuscini che teneva dietro alla schiena, tra le lamentele dell’altro che aveva finalmente chiuso il libro e si stava allungando per raccoglierla sul suo petto.
Era così comodo Draco, le sue braccia, nonostante fossero esili, erano accoglienti e forti, sempre pronte a raccoglierla.
«Non dici niente di me e Charlie?».
«In questi mesi ho imparato a credere nell’impossibile piccola Puffskein, è sempre un Weasley… ma non sono poi così male» era abbastanza per lei, tutto ciò che le serviva per essere più serena in quel nuovo progetto… aveva l’appoggio di Draco e tutto era perfetto.
 
«Draco…» gli accarezzò il petto lentamente. «Sei sveglio?».
«Sì tesoro, dimmi» era sicura che stesse dormendo, riconoscendo la voce leggera e ancora sognante, schiarita lievemente da un colpo di tosse per non farla sentire in colpa.
«Sei sicuro che domani tutto andrà al proprio posto?» lo sentì agitarsi un po’, prima che le sue braccia l’avvolgessero di nuovo e le sue labbra le baciassero la testa.
Nel buio completo della stanza lo sentì sospirare e poi risponderle piano, sussurrando appena un flebile: «Lo spero con tutto il cuore».
E lei se lo augurava in egual modo.
 












________

Sera :D
Sembra lungo questo capitolo, invece ho solo usato un carattere un più grande per sbaglio... la prima parte era tutta così e non avevo più voglia di rifare tutto quindi ho continuato con quella grandezza.
Pigra sono, pigra sarò per sempre!

Allora... diciamo che è un capitolo di passaggio in preparazione all'ultimo? Facciamo che sia così :D
Non potevo non parlare della gravidanza di Hermione, mi girava per la testa già mentre scrivevo il secondo capitolo, poi, fortunatamente,  ho aspettato.

La fine della storia è già scritta, appena finita fresca fresca... riletta e ora ci sto pensando...
Ho provato a cimentarmi in una Lemon... ho anche cambiato il rating in arancione. 

non ne ho idea, non sono assolutamente brava con scene di sesso, però ho voluto provarci, voi sarete i miei giudici :D
Manca solo l'Epilogo, e si sta delineando meglio di come lo avevo imaginato, devo solo riuscire a scriverlo e a non cambiarlo... sarà dura.
Ci penserò domani dopo lezione, 
Ho altre ore a disposizione.
Questo non è più uno spazio per parlarvi della storia ma è diventato un luogo disastrato... io sono un disastro!
Per questo vi lascio, liberandovi da queste parole a casaccio.


Vi ringrazio, come sempre, e vi chiedo di lasciare un piccolo segno..
Siamo alla fine...
Non lasciatemi proprio ora T.T
Un abbraccio!


 
  
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