Sguardi
Da
lontano e in silenzio io la osservavo.
Sempre.
Per giorni e mesi e anni, forse.
Osservavo
lei, la ragazza triste, con quella che ho sempre ingenuamente
definito curiosità, ma che in realtà era qualcosa
di
più. Molto di più.
Io,
davvero, non le toglievo gli occhi di dosso neanche per un secondo,
non volevo perdermi nulla di lei.
E
persino ora, a distanza di parecchi anni, la saprei descrivere
perfettamente...
Era
bella lei, la ragazza triste, ma di una bellezza insolita e timida,
di una bellezza giovane che ti incantava.
Anch'io,
all'epoca, ero giovane. Giovane e stupido, perché non ho mai
avuto il coraggio di parlarle, o almeno, di avvicinarmi a lei.
Credevo
che potesse essere solo un miraggio, e che sarebbe svanita se solo mi
fossi avvicinato troppo. Così, fino alla fine, guardavo
quella
ragazza minuta, che mi appariva tanto fragile, e morivo dalla voglia
di stringerla tra le mie braccia, di accarezzare quei capelli scuri e
quella pelle tanto bianca da sembrare trasparente.
Era
una bambola di vetro, la ragazza triste.
Non
l'ho mai vista sorridere, sul serio, eppure ero sicuro che avesse il
sorriso più bello al mondo, un sorriso incorniciato da
labbra
dolci e rosa. Un sorriso per cui avrei dato tutto.
Avrei
rinunciato a qualsiasi cosa per di vederla sorridere. Sorridere per
me.
La
ragazza triste aveva occhi grandi e meravigliosi, occhi neri che brillavano.
Ma
tutti i suoi sguardi, quegli sguardi che sembravano sorridere, non
erano per me.
Lei
lo guardava, sempre, costantemente, e quando lo guardava io impazzivo
in silenzio.
Lui
era alto e forte e metteva paura. Aveva degli occhi... Due occhi
azzurri che ti impietrivano, che ti facevano gelare il sangue. Ma
quegli sguardi freddi non erano mai indirizzati verso la ragazza
triste. Dico mai.
Quando
lui la guardava -e lo faceva di rado, perché non voleva,
credo, che lei se ne accorgesse troppo- le rivolgeva i suoi sguardi
migliori.
Ed
erano sguardi dolci, di muta ammirazione, sguardi che la facevano
arrossire terribilmente.
Probabilmente,
erano gli stessi sguardi che le rivolgevo io, solo che lei desiderava
solo quegli occhi azzurrissimi che si scioglievano a guardarla.
Eppure,
non li ho mai visti parlare, non li ho mai visti nemmeno stare
vicini, sfiorarsi.
E
questo in parte mi rendeva felice, anche se l'attenzione della
ragazza triste mi era negata. Anche se il suo sorriso mi era negato,
così come mi era negato accarezzare quel viso, respirare il
profumo dei suoi capelli, baciare quegli occhi e quelle labbra...
Perdermi
in lei...
La
ragazza triste mi guardò negli occhi un'unica volta, solo
per
pochi istanti, ma quello che sarebbe potuto essere il momento
migliore della mia vita, si trasformò nel peggiore.
Il
peggiore nella maniera più assoluta.
Era
una mattina d'inverno, fredda e nebbiosa, il sole non si vedeva
nemmeno e tutto era ricoperto di brina sottile.
Lei
era poco distante da me, la sentivo vicina, ma tenevo gli occhi
bassi, fissi per terra. Troppo timido.
Quando
finalmente presi un po' di coraggio e la guardai, trovai quei grandi
occhi neri fissi nei miei. Un brivido mi corse veloce lungo tutta la
schiena, istintivamente scostai lo sguardo e lo vidi. Lui era accanto
a lei.
Dico
proprio accanto.
E
in quel momento mi accorsi, lo giuro, che lui e la ragazza triste si
tenevano per mano.
Io
mi sentii morire.
Morire,
ma non della morte dolce che avevo sempre assaporato standola a
guardare.
Era
una morte diversa, questa. Violenta.
E
faceva male, troppo.