A te
A
te che sei l’unica al mondo,
l’unica
ragione per arrivare fino in fondo ad ogni mio respiro.
«Jasper,
cos’è quel muso lungo?»
La sua
risata cristallina riempì la mia stanza, mentre emozioni che non mi
appartenevano attraversavano il mio corpo ghiacciato, lo carezzavano come lingue
di fuoco, raggiungendo infine il mio cuore intorpidito.
Un
pizzico di preoccupazione mista a felicità.
E
amore. Un amore ingenuo, un amore innocente, un amore così forte da stravolgere
persino un cuore che ha ormai perso la capacità di battere.
Il mio
cuore.
Con
l’agilità di un felino, Alice salì sul divano su cui ero disteso, mettendosi
a cavalcioni sopra di me. Sentivo il suo poco peso sul mio corpo, il suo viso
perfetto a pochi centimetri dal mio.
Fissai
l’oro puro delle sue iridi, lievemente socchiuse, il profilo pallido delle
guance spezzato dal corvino dei suoi capelli, la curva perfetta delle labbra.
Sorrideva,
impertinente, decisa a sciogliere il silenzio in cui mi ero rifugiato.
La sua
mano destra scostò leggera una ciocca di capelli color grano che mi copriva lo
sguardo e che le impediva di contemplare il mio viso, come io stavo facendo col
suo.
Con
l’altra mano si puntellava sul mio braccio, così da potermi osservare
liberamente e senza cadermi addosso.
Non
che la cosa mi avrebbe recato disturbo.
«Allora?»
Un luccichio nel profondo dei suoi occhi, accompagnati dall’impazienza che mi
trasmetteva, mi convinsero a parlare.
Avvicinai
il mio viso al suo. Avvertii il leggero pizzicore di alcune sue ciocche di
capelli che mi sfioravano la fronte, ma non ci badai.
«Pensavo
al nostro incontro.» soffiai sulle sue labbra, prima di catturarle con le mie.
A
te che mi hai trovato all’angolo, coi pugni chiusi
Con
le mie spalle contro il muro, pronto a difendermi.
Con
gli occhi bassi stavo in fila con i disillusi
Tu
mi hai raccolto come un gatto, e mi hai portato con te.
Philadelphia
1948
Quel
giorno nevicava.
Avvertivo
i fiocchi freddi di neve anche attraverso il cappuccio nero che mi nascondeva
dalla poca luce del primo pomeriggio. Il cielo era completamente coperto, non un
raggio di sole riusciva a penetrare la cortina spessa delle nubi che
continuavano a versare lacrime di pioggia e neve. Eppure, non ero a mio agio.
Camminavo
veloce per le strade della città, deserta anche per via della bufera.
Ma
non ero invisibile ai pochi passanti come avrei voluto.
Il
mio cappotto nero spiccava in mezzo al candore della neve e attirava
l’attenzione delle poche persone quasi quanto la mia figura slanciata.
Decisi
di cercare un riparo, anche se non rischiavo di prendermi un raffreddore.
Per
di più, l’incontro con un qualche essere umano in un vicolo buio non mi
avrebbe giovato in quel momento. La mia mente era stanca, non riuscivo a
concentrarmi a dovere e i miei
occhi scuri tradivano la mia sete. Mi ritrovai improvvisamente davanti
all’ingresso di un locale sgangherato e anche attraverso i vetri sporchi si
potevano notare le poche anime all’interno.
Presi una boccata d’aria gelida – consapevole che all’interno l’odore del sangue avrebbe potuto stordirmi - , ed entrai.
Il profumo era anche più forte di quanto mi fossi aspettato.
Capelli umidi, vestiti bagnati non facevano che accentuare l’odore invitante e il mio desiderio di sangue. Alcune teste si voltarono al mio ingresso, prima di ritornare ai loro affari.
Solo una figura rimase a fissarmi. Tu.
Piegai la testa di lato, osservandoti a mia volta. Il tuo viso era diverso dai volti scuri che frequentavano quella bettola. Candido, luminoso, spezzato solo da alcune ciocche di capelli bruni che ti carezzavano le guance. Sembravi una bambola da collezione, seduta su uno sgabello al bancone, vestita di nero proprio come me.
Quello che più mi colpì, furono i tuoi occhi: liquidi, di un caldo color oro, incorniciati da ciglia lunghissime e nere.
Sapevo che non eri un essere umano.
Sapevo che eri uguale a me e al tempo stesso diversa, eccezionale.
Così, mi irrigidii quando con un balzo saltasti giù dallo sgabello dirigendoti verso di me con la grazia di una ballerina classica.
Pensai che volessi attaccarmi.
Pensai che volessi lottare per il controllo di quella bettola piena di caldi umani pulsanti di sangue e vita. Eppure, sorridevi.
E man mano che ti avvicinavi, le emozioni che provavi raggiungevano piano il mio cuore, accarezzandolo, riscaldandolo, risvegliandolo dal suo sonno.
Mi illusi di sentirlo battere.
«Mi hai fatto aspettare parecchio» sussurrasti, incantandomi con la tua voce musicale.
Ero stordito dalle tue emozioni. Fiducia, curiosità, allegria, e qualcosa di non meglio identificato. Mi limitai a chinare il capo, mentre alcuni ciuffi dorati mi coprivano lo sguardo:«Mi dispiace, signorina»
Se possibile, il tuo sorriso divenne ancor più luminoso.
Mi offristi la mano, io la presi, e mi portasti via con te.
«Grazie a te
lasciai quel mondo fatto di guerra e sangue. Grazie a te conosco un nuovo modo
di vivere, sebbene per me sia talvolta così difficile.»
Passai una mano
fra i suoi capelli corvini, scompigliandoli ancora di più, e tenendo il suo
viso ancora vicino al mio.
Abbozzai un
sorriso, e presto anche sulle sue labbra se ne disegnò uno.
Ascoltavo in
silenzio le emozioni degli altri, ma non ero abituato a mostrare i miei.
Ma con Alice
era tutto più semplice.
Spostai la
mano, seguendo leggera i contorni della sua guancia, soffermandomi sulle labbra
ancora piegate in un sorriso. Tornai ai suoi occhi, più intensi adesso, color
caramello fuso, mentre una nuova ondata di sentimenti mi colpiva.
E
poi ti ho visto con la forza di un aeroplano,
prendere in mano la tua vita e trascinarla in salvo.
«Ti sei presa
cura di me quando tu stessa scappavi da un passato invisibile.» Un sussurro
roco scappò alle mie labbra, mentre l’altra mano le carezzava dolcemente la
schiena. Alice rabbrividì appena sotto il mio tocco, mentre mi impossessavo
delle sue emozioni che come legna alimentavano il fuoco delle mie.
A
te che sei l’unica amica che io possa avere,
l’unico amore che vorrei, se non ti avessi con me.
Non potevo
trovare un’altra come Alice. Non volevo
trovare un’altra come Alice.
Avevo lei, e mi
bastava.
Era stata la
luce nella mia buia esistenza, colei che mi aveva ridato speranza.
Poggiai le mie
labbra sul suo collo scoperto: «Grazie a te, che hai dato un senso alla mia
esistenza, che altrimenti sarebbe stata inutile.»
La sua mano
destra afferrò la mia, mentre riabbassavo il capo, e poggiandomi nuovamente
contro la federa del divano di pelle beige.
La osservai
socchiudere gli occhi, lasciando che le ciglia lunghissime le carezzassero le
guancie.
Baciò
dolcemente la punta delle mie dita.
«Non c’è di
che» sussurrò contro la mia mano, un ultimo strascico del sorriso nella voce
dolce.
Le emozioni che provava addolcirono il mio sguardo, portandomi a cercare nuovamente un suo bacio.
Gratitudine.
Commozione.
Felicità.
Amore,
naturalmente.
E infine, desiderio.
A te che sei la miglior cosa che mi sia successa.
A te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più.
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Mi dispiace- mi dispiace - mi dispiace per l'enorme ritardo con Forgotten Sunset, per non aver recensito le bellissime storie che ho letto in questo periodo, per non aver avvertito in alcun modo nessuno.
Mi dispiace davvero, e spero di potermi far perdonare almeno un pochetto con questa One Shot.
So che è scritta malissimo, so che non è un granché, ma quando ho sentito "A te" di Mister Jovanotti (*-*) non ho potuto fare a meno di pensare ad Alice e Jasper.
Non so se siano OOC, dopotutto non si è mai visto il comportamento di Jasper e Alice
nell'intimità [ per così dire ò.ò ]
Amo il personaggio di Jazz con tutta me stessa, e non vedevo l'ora di scrivere qualcosa con lui protagonista.
Questa ff è ambientata in un tempo indefinito tra l'incontro tra i Cullen e Alice&Jazz e l'inizio di Twilight.
Spero apprezziate, spero non mi lancerete mouse in testa, e spero di riuscire a recensire storie come quella di Lilian Potter o Locke perchè non ne ho avuto proprio il tempo °-°
[ Il compito di Fisica incombe >.< ]
Dedicata alle lettrici di Forgotten Sunset, a chi recensirà e a chi solo leggerà.
W.
Ps= non badate agli errori grammaticali ç__ç Ne avrò fatti un sacco, è scritta davvero in fretta!
Se ce ne sono, ditemelo, che correggerò *-*