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Autore: blacknroll    05/11/2013    1 recensioni
“L’amore è perdersi soltanto per ritrovarsi di nuovo. L’amore sono le fitte al cuore e le lacrime che ti bruciano le guance, l’amore è poesie, è canzoni, gli sms alle due del mattino, è la luna piena d’estate. Capisci cos’è? L’amore è la mia mano nella tua, le tue braccia intorno alle mie spalle, è le tue labbra sulle mie. L’amore sei tu. Sei tu, sei tu e i tuoi occhi, il tuo naso, il tuo corpo, i tuoi giochetti, i tuoi obiettivi, i tuoi sogni. L’amore porta il tuo nome. E poco m’importa se sto morendo ancora, se sto male ancora. Poco m’importa se l’amore ti consuma l’anima e ti spacca le ossa. L’amore è così, vive, in te, nei nostri baci, nelle nostre carezze, vive in noi. L’amore ti porta dove cazzo ti pare e a me m’ha portato da te, e giuro non poteva esserci destinazione migliore.” Mi rispose lui piano, quasi sussurrando, come se sapesse che fosse l’ultima volta che me le avrebbe ripetute, come se volesse farmele rimanere impresse.
E ci riuscì.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Metropolitan guy”

 
21 Dicembre 2011


“Si, mamma sto bene….No, non ho bisogno che venga tu qui…. Mamma sto benissimo così davvero, ora mi lasci in pace? Starei in autobus. Ciao, buona giornata anche a te.”
Grugnì infastidita e gettai il telefono nella borsa.
“Genitori assillanti?” mi chiese un ragazzo che non avevo neanche mai notato.
“Si” risposi secca, l’ultima cosa che volevo era intrattenere conversazioni con gente sconosciuta.
“Comunque io sono Harry” mi disse dopo un po’ sorridendo teneramente, forse il sorriso più bello che avessi mai visto.
Non che fosse il mio hobby osservare i sorrisi della gente, diciamocelo sinceramente.
Ma questo ragazzo ispirava così tanta tenerezza da farmi salire un leggero diabete.
Non lo risposi, decisa ad ignorarlo.
“Beh, non sarebbe così brutto rispondere” sbottò lui, con le fossette che facevano capolino ai lati della bocca.
Aspettai ancora, osservandolo con aria di sfida fin quando non cominciò a ricambiare le mie occhiate.
Non riuscì a reprimere un piccolo sorriso, tanto che lui se ne accorse e gli si illuminarono gli occhi.
Gli feci una linguaccia e lui ricominciò a guardarmi in cagnesco.
“Questa è la mia fermata, ci si vede amico.”
Si alzò in contemporanea con me, e quasi non lo feci ruzzolare per terra passandoci affianco.
“Stronza” lo sentì sussurrare.
Sorrisi, quel ragazzo cominciava già a divertirmi.
 
23 Dicembre 2011


Mi trovavo di nuovo alla stessa ora, sulla stessa metropolitana, alla stessa fermata.
Strano perché oggi non dovevo lavorare e non avevo nessun impegno, ma qualcosa mi aveva spinto ad alzarmi e a camminare fin qui, il giorno prima della vigilia di Natale, quando tutti erano alle prese con i regali.
Forse quegli occhi verdi che mi scrutavano curiosi, o le fossette ai lati della bocca o i riccioli che ricadevano sulla fronte o semplicemente la voglia di stuzzicare un po’ quel ragazzino della metropolitana.
Mi sedetti al solito posto, aspettando l’ospite che avrebbe occupato il sediolino di fronte al mio.
 Ed eccolo arrivare, era più alto di quanto ricordassi, e portava ancora la stessa felpa dell’ultima volta, i capelli erano raccolti in cappellino e solo qualche ricciolo ricadeva sulla fronte. Sembrava diverso dall’ultima volta.
Si sedette di fronte a me silenzioso, senza nemmeno guardarmi in faccia, cosa che mi irritò non poco e fui costretta io ad cominciare.
“ Cos’è oggi non ti presenti?” dissi sorridendo, forse troppo per i miei gusti.
Il suo sguardo si alzò di scatto dal finestrino e mi guardò stranito, come a chiedere conferma che stessi parlando con lui. Accennai un si irritato, come poteva avermi già dimenticato?
“Tanto non ti interessa.” rispose stufato.
“ E se ti dicessi che oggi sono di buon umore?” dissi continuando a mantenere quel sorriso.
Si illuminò leggermente, e i suoi occhi ricominciarono a darmi tutta l’attenzione dell’ultima volta, come se ci fossi solo io in quello sporco pullman.
“Ok, ricominciamo tutto da capo. Io sono Rebecca Smith.” dissi decisa.
Feci uno sforzo per ricordarmi il nome che aveva pronunciato l’ultima volta, ma nulla.
“ Io sono Harry, Harry Styles” disse un po’ titubante.
“ E allora Harry Styles, cosa ci fai il giorno 23 Dicembre su questo stupido e sporco pullman?”
“ Niente, come te.” Mi guardò con occhi di sfida, e io non potetti fare che accettarla.
“E no bello,qua ti sbagli, io sto andando a lavoro.” Esclamai, stupita dalla sua affermazione.
“Ah si.” rispose a tono “proprio oggi, quando tutti i negozi sono chiusi per ferie? Per me stai aspettando qualcuno.”
“ E chi starei aspettando o mio mister So-tutto-io?”
Adesso aveva di nuovo ripreso a fissare il finestrino, senza più curarsi di me e di quello che mi stava attorno.
“Me.”  Rispose.
Lo guardai sconvolta.
“Tu sei fuori amico.” Cominciai a ridere senza sosta.
“ E tu lo sei almeno quanto me.”
Si alzò di scattò senza neanche darmi il tempo di formulare una risposta.
 
1 Gennaio 2012


È il sesto giorno che prendo questo dannato pullman, e di lui nessuna traccia.
Forse aveva ragione a dirmi che sono fuori almeno quanto lui, perché se non lo ero con molte probabilità lo sto diventando.
Si, perché normalmente non l’avrei mai e poi mai fatto, avrei lasciato stare e l’avrei subito dimenticato.
E invece è il sesto giorno che mi ritrovo qui, per di più con un pacchetto regalo in mano.
Che fine ha fatto la Rebecca di una volta?
Basta, perché se non c’è neanche oggi, giuro che lo butto nel cesso questo fottutissimo braccialetto.
Riparte la solita routine.
Mi siedo al solito sediolino, grugnisco a chi tenta di sedersi di fronte e se non arriva subito alla fermata successiva scendo.
Ma non so se è la fortuna o la sfortuna ad essere dalla mia parte che mi ritrovo spiaccicata al finestrino.
Mi giro più che infuriata verso il deficiente che ha avuto la brillante idea di mettersi in due su un sediolino da uno.
E cosa mi ritrovo?
Due occhi verdi che mi fissano divertiti.
Giuro che se non fossi bloccata talmente tanto verso il finestrino, ora sarebbe già morto.
“ Ma ti sembra il caso?!” urlo, facendo girare circa un quarto della gente nel pullman.
Lui di tutta risposta mi fissa sorridente e mi schiocca un sonoro bacio sulla guancia.
“ Styles, sei un uomo morto.” sussurro fuori di me.
In un paio di secondi la situazione si catapulta e mi ritrovo seduta sulle sue gambe a fissarlo, è ancora più bello del solito con la barba accennata e i ray-ban scuri, anche se non centrano un cazzo con la neve.
“Buongiorno anche a te mia piccola Rebecca.” sorride beffardo.
“ Togli subito quel piccola o potresti ritrovarti senza figli a vita.”
Rispondo ricambiando il sorriso, istintivamente tenta di portarsi le mani verso il pacco, e molla la mia presa, così fuggo subito verso il sediolino di fronte e sorrido vittoriosa.
Adesso me la paghi Styles.
“Cos’hai li in mano?” chiede con la stessa curiosità di un bambino.
“ Niente che ti riguardi.” Dico cercando di nascondere il pacchetto. Lui sospira, e allora mi accorgo che qualcosa non va, glielo chiedo più volte ma lui niente, ho deciso oggi si va con lui.
“Ma non devi lavorare?” dice sorridendo. Gli faccio la linguaccia.
“ Visto che hai deciso di essere così gentile con me, oggi ti porto in un posto speciale.” mi dice sorridendomi, e io mi beo di quella vista, e una serie di imagini mi passano per la mente, ma non ho il coraggio di farlo.
Eh si, Rebecca Smith non ha il coraggio, strano da dire ma è così.
Così per una volta lui fa la cosa giusta, mi giarda negli occhi e lentamente mi bacia. Assaporo l’attimo, cerco di cogliere tutte le sensazioni, come se fosse la prima e l’ultima volta.



Lo ricordo ancora quel giorno, oggi a distanza di ben 50 anni, quelle immagini sono ancora nitide nella memoria. Doveva essere la storia più bella, quel tipo di amore che chiamano amore vero, la gente per strada ci vedeva e ci sorrideva felice.
Ma infondo l’amore a quell’età cos’è? Ancora oggi non l’ho capito.
L’amore erano quei piccoli orfanelli che andammo a trovare il primo gennaio, quando tutti stavano festeggiando capodanno insieme.
L’amore era un ragazzo di soli 18 che aveva ancora paura del buio.
L’amore me lo disse lui cos’era, me lo disse mentre stava in un letto d’ospedale, mentre mi ripeteva che dovevo stare tranquilla, che era tutto apposto.
“ Harry ti prego, dimmi per l’ultima volta cos’è l’amore.” Chiesi mentre tutte le lacrime che stavo trattenendo minacciavano di uscire.
“L’amore è perdersi soltanto per ritrovarsi di nuovo. L’amore sono le fitte al cuore e le lacrime che ti bruciano le guance, l’amore è poesie, è canzoni,  gli sms alle due del mattino, è la luna piena d’estate. Capisci cos’è? L’amore è la mia mano nella tua, le tue braccia intorno alle mie spalle, è le tue labbra sulle mie. L’amore sei tu. Sei tu, sei tu e i tuoi occhi, il tuo naso, il tuo corpo, i tuoi giochetti, i tuoi obiettivi, i tuoi sogni. L’amore porta il tuo nome. E poco m’importa se sto morendo ancora, se sto male ancora. Poco m’importa se l’amore ti consuma l’anima e ti spacca le ossa.  L’amore è così, vive, in te, nei nostri baci, nelle nostre carezze, vive in noi. L’amore ti porta dove cazzo ti pare e a me m’ha portato da te, e giuro non poteva esserci destinazione migliore.” Mi rispose lui piano, quasi sussurrando, come se sapesse che fosse l’ultima volta che me le avrebbe ripetute, come se volesse farmele rimanere impresse.
E ci riuscì.
Quella notte dormimmo insieme, io appoggiata al suo petto, e lui che mi guardava continuandomi a ripetere che ero la ragazza più bella, e io per una volta gli credevo.
Non lo sapevo, non lo sapevo che se ne sarebbe andato una settimana dopo lasciandomi sola.

Non lo sapevo o forse non avevo mai voluto saperlo.
 
 
 
 

 
  
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