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Autore: madeitpossible    05/11/2013    6 recensioni
Ogni giorno quando appoggio la testa su questo cuscino e il corpo su questo letto mi riaffiorano i ricordi di te e fanno male.
Questo letto sa ancora di te, te ne sei andata da cosi poco.
Ironico, di giorno sembrano mesi che non sei più con me.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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                                                                                           A te che mi hai sentito piangere.
 
 
Ogni giorno quando appoggio la testa su questo cuscino e il corpo su questo letto mi riaffiorano i ricordi di te e fanno male.
Questo letto sa ancora di te, te ne sei andata da cosi poco.
Ironico, di giorno sembrano mesi che non sei più con me.
In realtà sono esattamente novantaquattro giorni.
Novantaquattro giorni fa mi hai detto basta.
E io non riesco a darmi pace.
La cosa che mi distrugge di più è che continui a rispondere ai miei messaggi.
Non dovrei neanche mandarteli, lo so.
Ma è più forte di me e da come mi rispondi capisco che anche tu non stai bene.
Nella mia testa una sola domanda: perché?
La notte mi distrugge.
Non riesco a prendere sonno.
Da novantaquattro giorni mangio poco, dormo poco e non vivo.
Sento che bussano alla porta.
Ho un tuffo al cuore.
Mi alzo di scatto e corro verso essa.
Un flashback mi assale.
Tu davanti alla mia porta, con le lacrime agli occhi.
Mi baci e mi dici che sei tornata per restare.
Mi chiedi scusa.
Ancora.
E ancora.
Le tue labbra sono cosi fredde..
Non faccio in tempo a sfiorarti che mi sveglio in un letto bagnato dal mio stesso sudore.
Maledizione!
Un’altra volta.
Non ne posso più.
Da oggi ti dico io basta.
Devo riprendermi la mia vita.
Ho sprecato già troppi giorni a piangere su me stesso.
Non aprirò più il mio cuore a nessuno.
E’ come se te lo fossi portato con te.
Tientelo.
Non lo rivoglio più.
Basta mandarti messaggi depressi.
Basta sentirti dire le stesse identiche cose.
Basta chiamarti con il numero privato solo per sentire la tua voce dire: “Detective Beckett”.
Ultimamente quando vedevi il numero privato rispondevi: “Rick..”
Vai al diavolo.

Non ci siamo più visti.
Neanche per sbaglio.
New York è cosi grande.
Ammetto che ogni tanto mi appostavo davanti casa tua solo per vederti entrare.
Mi domando sempre: dove sei?

Sono in un locale con la musica alta con delle persone che fingono di conoscermi e di volermi bene dopo centosedici giorni.
Forse mi usano per i miei soldi.
Non mi importa.
Li lascio fare.
Ho bevuto qualche drink di troppo, ma ci vuole ben di più per vedermi brillo.

Ho ripreso in mano la mia vita.
Più o meno.
Ho smesso di scriverti.
E tu mi hai chiesto perché non mi facessi più sentire.
Mi sono messo a ridere ed ho eliminato il tuo numero dalla rubrica.
Mangio di più.
Il sonno è ancora un opzione.
Però ho ripreso a scrivere.
Ad uscire con della gente, con delle donne.
Mia madre fa finta di essere felice per me.
Mia figlia uguale.
Tanto lei è ad Amsterdam con Pi.
Mi sono iscritto in palestra.
La mia mente vaga sempre però.
Non mi probisco di pensarti ogni tanto.
Una bionda s’avvicina a me.
E’ carina e sa chi sono.
Faccio il galletto con lei.
Ci casca.
Ci sediamo in un divanetto insieme.
Mi fa una domanda che non comprendo.
Cerco una frase ad effetto che anche se non centra con la domanda che mi ha posto, andrà bene comunque.
Vago con lo sguardo.
E vedo quella schiena.
Quel sedere.
Quelle gambe.
Ho l’urto del vomito.
Mi alzo e mi dirigo verso il bagno.
Con la mia biondina che mi segue.
E urla: Rick! Rick! Fermati.
Mi giro per guardarti ancora.
Ma tu non mi vedi.
Vomito l’anima.
Mi pulisco.
Esco dal bagno.
Saluto la bionda.
Le dico che devo andare, che non sto bene.
Esco.
Sono nel parcheggio del locale.
Quando sento il rumore dei tuoi passi.
Sono di spalle eppure so che sei tu.
Posi una mano sulla mia spalla.
Mi volto.
Dio, sei bellissima.
Mi chiedi scusa.
Per davvero questa volta.
Sono reali le scuse che sento.
E’ davvero la tua voce che mi parla.
Ti avvicini e mi sfiori la guancia.
Brucia.
Sposto la testa.
Ti dico che accetto le scuse.
Ma che non tornerò indietro da te.
Sarai sempre una di quelle persone che mi faranno soffrire.
Sempre.
Sempre.
Sempre.
  
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