Angolo autrice: Ciao! Allora, premetto col dire
che sono felicissima di poter “collaborare” in questo FanDom! Adoro “A tutto Reality”, e scrivere
su di esso è ogni volta un grandissimo piacere
e onore!
Questo
è il primo capitolo (o meglio, il prologo)
della mia prima Long-Fic in assoluto!
All’inizio ero indecisa se scriverla o no, ma alla fine ho ceduto.
Le due
protagoniste saranno Dawn e Lindsay; riguardo
quest’ultima, ho paura di averla resa OOC, ma non ho inserito
l’avvertimento, perché
preferisco aspettare prima un vostro eventuale giudizio riguardo
ciò, anche perché tutti gli altri personaggi al di fuori di
lei sono completamente IC.
Vi
avverto anche che nella fan fiction potrebbero esserci
spoiler della quinta stagione: All Stars.
Detto
questo, buona lettura!
Enjoy❤!
Non siamo qui a
pettinare squali.
Prologo.
―vaffanculo a voi e a me che vi corro dietro.
Avete
presente quell’attimo in cui vi passa per la mente la paura che la
realtà che state vivendo non sia reale?
Tra i
tuoi mille pensieri dura soltanto un attimo, però è talmente
fatale da farvi bloccare per un secondo il cuore.
Personalmente,
subito dopo mi viene spontaneo toccare la mia stessa pelle con le dita di una
mano, per sentire con certezza di essere reale, di esistere, di essere.
Quando ci
pensavo mi sentivo come una vittima in un film
thriller, come un tranquillo pensionato in un manicomio, come un claustrofobico
rinchiuso in un pullman pieno di gente.
Tentavo di convincermi che quello che stessi vivendo fosse reale, perché
volevo fosse così, perché mi creava timore il pensiero che sarei
potuta svanire. Non sarei più stata carne, non sarei più stata energia.
Il niente più assoluto. Quel pensiero mi ha
sempre fatto paura.
Tranne
una volta.
«Hey, tesoro! Cos’è quel muso lungo?»,
la voce di Leshawna, la quale accennava una nota di
preoccupazione, sicuramente non avrebbe potuto che essere una melodia per il
mio cervello e per la mia anima.
Era la
sera del tre novembre, ed io ero appoggiata sullo lo
schienale del sedile posteriore della limousine che mi stava trasportando
direttamente verso l’inferno.
Alla mia
sinistra erano seduti Leshawna e il suo fidanzat0 - nonché accompagnatore - Harold.
«Ho
paura», le sussurrai con lo sguardo rivolto in avanti e gli occhi
sbarrati, i quali avrebbero potuto riempirsi di lacrime da un momento
all’altro. «L’idea di andare alla festa mi agghiaccia».
Leshawna
mi guardava sorpresa quanto preoccupata. «Non sarà mica
per…».
Annuii.
Sì, era proprio per Tyler.
Erano
passati quasi due mesi da quando la nostra storia era finita, o meglio, da
quando lui scelse di farla terminare.
Una volta
Beth mi disse: «Su molti blog i tuoi haters si stanno scatenando da quando ti sei lasciata con
Tyler: ti insultano e ti prendono in giro».
All’inizio
rimasi perplessa: io e il mondo di Internet eravamo due mondi
separati. Sapevo – più o meno –
cosa significasse blog. Ma “haters”?
Cos’era?
Intrigata,
glie lo domandai. Avrei preferito non farlo.
«Gli
haters sono coloro che ti detestano, che ti odiano,
che non ti sopportano, che ti vogliono male», sebbene la voce di Beth fosse infinitamente dispiaciuta, la risposta fu netta
e tagliente.
Sentii
come una fitta al cuore, così forte a tal punto da fargli perdere
qualche battito. Mi finsi arrabbiata con questi “haters”.
Cominciai a dare loro degli stronzi.
Dopo
qualche minuto mi allontanai con la scusa del bagno. Arrivata lì,
esplosi in lacrime, ferita e a pezzi.
Qualche
giorno dopo Tyler si mise con un’altra: la sua ex prima che arrivassi io.
Soffrii moltissimo quando lo venni a sapere, ma cercai di non darlo troppo a
vedere, facendomi forza. Ero sempre stata una ragazza che si era rialzata dopo
ogni caduta da sola. Perché non ci sarei dovuta riuscire questa volta?
Avvertii
le grandi braccia di Leshawna avvolgermi e stringermi
a lei. Socchiusi gli occhi lentamente e appoggiai il capo sul suo soffice
petto. In quel momento mi domandai se Harold fosse geloso di me, e il pensiero
mi fece sorridere appena, leggermente divertita.
«Non
preoccuparti, piccolina», mi carezzò la testa, facendomi sentire
il calore e la protezione che non sentivo da tanto, troppo tempo. «Se
qualcuno prova a dire o a fare qualcosa contro di te ‘sta sera, se la
deve vedere con Leshawna».
«Grazie»,
mormorai piano, abbracciandola e stritolandola appena. Tra le braccia di Leshawna mi sentivo al sicuro.
Quella a cui stavamo andando era una serata organizzata da Cameron,
il vincitore della quarta stagione di “A tutto reality”
nonché mio compagno di squadra nella quinta stagione. Oltre a Tyler, mi
sentivo anche in imbarazzo nell’andare a quella festa anche per la mia
penosa ultima posizione nel cast di All Stars. Ero diventata Eziekel
versione femminile, per caso? E, come se non bastasse,
“preferibilmente” ognuno sarebbe dovuto entrare accompagnato da
un’eventuale dama o cavaliere. Io ero da sola, e ciò mi
scoraggiava molto.
«Tesoro,
non ti devi preoccupare: lì ci sarà confusione, vedrai che
nessuno noterà che non sei accompagnata», mi consolò Leshawna. «E sicuramente a nessuno importerà a
che posto sei arrivata in quello stupido reality!».
Sbarrai
gli occhi: come aveva fatto a capire quello a cui stavo
pensando? Mi portai una mano sul viso, sfiorandolo appena un po’ confusa.
Che Leshawna si fosse trovata in situazioni simili?
«Ragazze,
siamo quasi arrivati», la voce di Harold mi fece sobbalzare. Mi rimisi composta
e frugai nella mia borsetta bianca, tirando fuori da essa uno specchietto.
Osservai la mia immagine all’interno di esso con
accuratezza: i capelli erano in ordine, ma passai comunque le dita tra la mia
lunga e morbida chioma bionda, lasciandole scorrere liberamente. Anche il
trucco sembrava abbastanza in ordine, anche se purtroppo la
matita blu scuro sull’occhio destro si era lievemente sbavata.
Nulla di grave, non si vede
neanche, pensai.
Al massimo sarei corsa in bagno per aggiustarla. Mi
specchiai a lungo, ammirando la mia immagine e qualche volta assumendo
espressioni buffe.
Riposi lo
specchietto al suo posto quando sentii la limousine rallentare, per poi
frenare.
Cominciai
ad essere fin troppo tesa all’improvviso, e
cercai di calmarmi facendo un profondo respiro; in questo momento Bridgette e le sue lezioni di meditazione mi sarebbero ritornate
molto utili.
Aprii lo
sportello, poggiando delicatamente le mie ballerine blu notte, intonate con il
mio aderente vestito del medesimo colore, al collo portavo tre collane di
perle, messe in ordine in base alla loro grandezza. I capelli erano sciolti e
liberi, ma allo stesso tempo erano pettinati e ordinati. Appena uscita, vidi venir fuori anche Harold e Leshawna,
che mi fecero un cenno e si avviarono verso un’enorme scalinata, la quale
probabilmente ci avrebbe condotto verso la festa.
Inspirai
intensamente, per poi assumere uno sguardo serio e sicuro di sé.
Cominciai a salire la scalinata con passi eleganti, cercando di ignorare le mie
gambe che divenivano più pesanti ad ogni
gradino. E non era stanchezza.
Ero quasi
al termine della scalea, quando il suono di un pianto mi bloccò.