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Autore: frammentidipregiudizi    06/11/2013    1 recensioni
Lindsay ha diciassette anni, più di cento paia di scarpe, un armadio pieno di vestiti, dieci cassetti dove sono riposti esclusivamente trucchi e smalti, e ha una sconfinata passione per la moda.
Dawn ha sedici anni, più di cento libri di magia e psicologia umana, tre case sull'albero, ventitré tazze dalle quali può prevedere il futuro e ha uno smisurato amore per la natura.
Come possono due adolescenti così diverse diventare l'una il rifugio dell'altra?
Due cuori spezzati dovuti ad amori non ricambiati o finiti, due anime sofferenti che guariranno poco a poco, due ragazze capaci di rialzarsi dopo ogni ferita, due guerriere che non hanno intenzione di arrendersi, due eroine sempre pronte a salvare loro stesse dal male.
Una toccante storia d'amore e di vera amicizia.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Dawn, Lindsay, Noah, Scott, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Spoiler! | Contesto: Contesto generale
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Non siamo qui a pettinare squali

Angolo autrice: Ciao! Allora, premetto col dire che sono felicissima di poter “collaborare” in questo FanDom! Adoro “A tutto Reality”, e scrivere su di esso è ogni volta un grandissimo piacere e onore!

Questo è il primo capitolo (o meglio, il prologo) della mia prima Long-Fic in assoluto! All’inizio ero indecisa se scriverla o no, ma alla fine ho ceduto.

Le due protagoniste saranno Dawn e Lindsay; riguardo quest’ultima, ho paura di averla resa OOC, ma non ho inserito l’avvertimento, perché preferisco aspettare prima un vostro eventuale giudizio riguardo ciò, anche perché tutti gli altri personaggi al di fuori di lei sono completamente IC.

Vi avverto anche che nella fan fiction potrebbero esserci spoiler della quinta stagione: All Stars.

Detto questo, buona lettura!
Enjoy
!

 

 

Non siamo qui a pettinare squali.

 

 

 

Prologo.

vaffanculo a voi e a me che vi corro dietro.

 

 

Avete presente quell’attimo in cui vi passa per la mente la paura che la realtà che state vivendo non sia reale?

Tra i tuoi mille pensieri dura soltanto un attimo, però è talmente fatale da farvi bloccare per un secondo il cuore.

Personalmente, subito dopo mi viene spontaneo toccare la mia stessa pelle con le dita di una mano, per sentire con certezza di essere reale, di esistere, di essere.

Quando ci pensavo mi sentivo come una vittima in un film thriller, come un tranquillo pensionato in un manicomio, come un claustrofobico rinchiuso in un pullman pieno di gente.
Tentavo di convincermi che quello che stessi vivendo fosse reale, perché volevo fosse così, perché mi creava timore il pensiero che sarei potuta svanire. Non sarei più stata carne, non sarei più stata energia. Il niente più assoluto. Quel pensiero mi ha sempre fatto paura.

Tranne una volta.

 

«Hey, tesoro! Cos’è quel muso lungo?», la voce di Leshawna, la quale accennava una nota di preoccupazione, sicuramente non avrebbe potuto che essere una melodia per il mio cervello e per la mia anima.

Era la sera del tre novembre, ed io ero appoggiata sullo lo schienale del sedile posteriore della limousine che mi stava trasportando direttamente verso l’inferno.

Alla mia sinistra erano seduti Leshawna e il suo fidanzat0 - nonché accompagnatore - Harold.

«Ho paura», le sussurrai con lo sguardo rivolto in avanti e gli occhi sbarrati, i quali avrebbero potuto riempirsi di lacrime da un momento all’altro. «L’idea di andare alla festa mi agghiaccia».

Leshawna mi guardava sorpresa quanto preoccupata. «Non sarà mica per…».

Annuii. Sì, era proprio per Tyler.

Erano passati quasi due mesi da quando la nostra storia era finita, o meglio, da quando lui scelse di farla terminare.

Una volta Beth mi disse: «Su molti blog i tuoi haters si stanno scatenando da quando ti sei lasciata con Tyler: ti insultano e ti prendono in giro».

All’inizio rimasi perplessa: io e il mondo di Internet eravamo due mondi separati. Sapevo – più o meno – cosa significasse blog. Mahaters”? Cos’era?

Intrigata, glie lo domandai. Avrei preferito non farlo.

«Gli haters sono coloro che ti detestano, che ti odiano, che non ti sopportano, che ti vogliono male», sebbene la voce di Beth fosse infinitamente dispiaciuta, la risposta fu netta e tagliente.

Sentii come una fitta al cuore, così forte a tal punto da fargli perdere qualche battito. Mi finsi arrabbiata con questi “haters”. Cominciai a dare loro degli stronzi.

Dopo qualche minuto mi allontanai con la scusa del bagno. Arrivata lì, esplosi in lacrime, ferita e a pezzi.

Qualche giorno dopo Tyler si mise con un’altra: la sua ex prima che arrivassi io. Soffrii moltissimo quando lo venni a sapere, ma cercai di non darlo troppo a vedere, facendomi forza. Ero sempre stata una ragazza che si era rialzata dopo ogni caduta da sola. Perché non ci sarei dovuta riuscire questa volta?

Avvertii le grandi braccia di Leshawna avvolgermi e stringermi a lei. Socchiusi gli occhi lentamente e appoggiai il capo sul suo soffice petto. In quel momento mi domandai se Harold fosse geloso di me, e il pensiero mi fece sorridere appena, leggermente divertita.

«Non preoccuparti, piccolina», mi carezzò la testa, facendomi sentire il calore e la protezione che non sentivo da tanto, troppo tempo. «Se qualcuno prova a dire o a fare qualcosa contro di te ‘sta sera, se la deve vedere con Leshawna».

«Grazie», mormorai piano, abbracciandola e stritolandola appena. Tra le braccia di Leshawna mi sentivo al sicuro.

Quella a cui stavamo andando era una serata organizzata da Cameron, il vincitore della quarta stagione di “A tutto reality” nonché mio compagno di squadra nella quinta stagione. Oltre a Tyler, mi sentivo anche in imbarazzo nell’andare a quella festa anche per la mia penosa ultima posizione nel cast di All Stars. Ero diventata Eziekel versione femminile, per caso? E, come se non bastasse, “preferibilmente” ognuno sarebbe dovuto entrare accompagnato da un’eventuale dama o cavaliere. Io ero da sola, e ciò mi scoraggiava molto.

«Tesoro, non ti devi preoccupare: lì ci sarà confusione, vedrai che nessuno noterà che non sei accompagnata», mi consolò Leshawna. «E sicuramente a nessuno importerà a che posto sei arrivata in quello stupido reality!».

Sbarrai gli occhi: come aveva fatto a capire quello a cui stavo pensando? Mi portai una mano sul viso, sfiorandolo appena un po’ confusa. Che Leshawna si fosse trovata in situazioni simili?

«Ragazze, siamo quasi arrivati», la voce di Harold mi fece sobbalzare. Mi rimisi composta e frugai nella mia borsetta bianca, tirando fuori da essa uno specchietto. Osservai la mia immagine all’interno di esso con accuratezza: i capelli erano in ordine, ma passai comunque le dita tra la mia lunga e morbida chioma bionda, lasciandole scorrere liberamente. Anche il trucco sembrava abbastanza in ordine, anche se purtroppo la matita blu scuro sull’occhio destro si era lievemente sbavata.

Nulla di grave, non si vede neanche, pensai. Al massimo sarei corsa in bagno per aggiustarla. Mi specchiai a lungo, ammirando la mia immagine e qualche volta assumendo espressioni buffe.

Riposi lo specchietto al suo posto quando sentii la limousine rallentare, per poi frenare.

Cominciai ad essere fin troppo tesa all’improvviso, e cercai di calmarmi facendo un profondo respiro; in questo momento Bridgette e le sue lezioni di meditazione mi sarebbero ritornate molto utili.

Aprii lo sportello, poggiando delicatamente le mie ballerine blu notte, intonate con il mio aderente vestito del medesimo colore, al collo portavo tre collane di perle, messe in ordine in base alla loro grandezza. I capelli erano sciolti e liberi, ma allo stesso tempo erano pettinati e ordinati. Appena uscita, vidi venir fuori anche Harold e Leshawna, che mi fecero un cenno e si avviarono verso un’enorme scalinata, la quale probabilmente ci avrebbe condotto verso la festa.

Inspirai intensamente, per poi assumere uno sguardo serio e sicuro di sé. Cominciai a salire la scalinata con passi eleganti, cercando di ignorare le mie gambe che divenivano più pesanti ad ogni gradino. E non era stanchezza.

Ero quasi al termine della scalea, quando il suono di un pianto mi bloccò.

  
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